Salute
Arriva la “Signora degli Anelli”, il parassita che sta invadendo il nord Italia
Strani anelli bianchi appesi ai rami stanno destando preoccupazione: la cocciniglia dai filamenti cotonosi si diffonde rapidamente, senza che esista ancora una vera soluzione.

Con l’arrivo della primavera, nei giardini e nei viali del Nord Italia è tornato un ospite indesiderato: la Takahashia japonica. Più conosciuta come la Signora degli Anelli, la cocciniglia dai filamenti cotonosi. Si tratta di un parassita che sta infestando sempre più piante, soprattutto in Lombardia. Chi l’ha già incontrata sa che non passa inosservata. I suoi ovisacchi, dalla forma bizzarra, sembrano piccoli totani appesi ai rami, e formano vere e proprie ghirlande bianche che inquietano chi le osserva. Dentro, le larve dell’insetto crescono, pronte a colonizzare le foglie delle piante ospiti appena raggiunta la maturità.
Non esiste una soluzione efficace per eliminare la Takahashia japonica
Originaria di Giappone, Corea del Sud e Cina, la Takahashia japonica ha fatto il suo primo ingresso in Italia nel 2017, con un avvistamento documentato in un parco di Cerro Maggiore, tra Milano e Varese. Da allora, la sua diffusione è stata inarrestabile, complici il vento e il trasporto involontario di ramaglie infestate. Oggi è particolarmente presente nel Comasco e nella provincia di Monza e Brianza, ma potrebbe espandersi ancora. L’aspetto più critico è l’assenza di trattamenti codificati per contrastarla. Non ci sono fitofarmaci specifici, e nemmeno il ricorso a insetti antagonisti, come le coccinelle, sembra essere una soluzione sicura: ne servirebbero in quantità enormi, con il rischio di alterare gli equilibri naturali.
Nessun pericolo per le persone, ma tanta confusione
Nonostante l’effetto visivo inquietante, la Takahashia japonica non rappresenta una minaccia per l’uomo o gli animali domestici. Anche se i suoi ovisacchi cadessero al suolo e venissero calpestati, non ci sarebbe alcun rischio di contagio o danni. Tuttavia, la sua presenza genera panico tra i cittadini. In molti, vedendo queste strane formazioni bianche, le scambiano per vermi o larve pericolose, e non sanno come comportarsi se compaiono nei loro giardini o balconi. Le segnalazioni alla polizia locale aumentano ogni giorno, mentre i Comuni cercano di rassicurare la popolazione senza avere risposte concrete su come arginare il problema.
Cosa si può fare?
Le piante più colpite sono l’acero, l’albizia, l’albero di Giuda, il carpino bianco, il gelso, l’olmo e il liquidambar (da non confondere con l’acero comune). L’unica strategia, per ora, è la rimozione manuale dei rami infestati, un’operazione da eseguire prima della schiusa degli ovisacchi, che avviene tra maggio e giugno. Ma qui sorge un altro problema. Il trasporto delle ramaglie verso le discariche rischia di espandere ulteriormente il parassita. Senza protocolli precisi, ogni intervento rimane sperimentale. Alcuni esperti suggeriscono l’uso di oli minerali e preparati microbiologici, ma non ci sono ancora conferme scientifiche sulla loro efficacia.
Contro la Takahashia japonica la lotta è aperta
La Regione Lombardia sta mappando la diffusione della cocciniglia attraverso l’app FitoDetective, per raccogliere segnalazioni e capire come muoversi. Ma fino a quando non verrà trovato un metodo sicuro per eliminarla, Takahashia japonica continuerà a diffondersi, creando disagi e preoccupazioni. E se il suo viaggio in Italia è iniziato solo pochi anni fa, il rischio è che la sua presenza diventi sempre più radicata.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Salute
Ti sei tuffato con troppa foga? Ecco perché l’acqua nelle orecchie rovina l’estate (e come liberarsene in un lampo)
Quando l’acqua resta intrappolata nell’orecchio dopo un bagno in piscina o al mare, può trasformare una giornata di relax in un incubo ovattato. Scopri perché accade, come evitarlo e soprattutto i rimedi più rapidi e sicuri per farla uscire. Anche quelli più strani, che però funzionano davvero.

Estate. Sole, mare, tuffi e… un fastidioso gluck nell’orecchio che non se ne va. Sì, stiamo parlando dell’acqua intrappolata nel condotto uditivo: uno dei tormentoni estivi più insospettabili. Hai presente quella sensazione ovattata, tipo quando parli e ti senti “rimbombare dentro”? Ecco, è proprio quella. E spesso, più tenti di liberartene, più sembra attaccarsi peggio di una hit reggaeton passata in loop.
Ma perché succede? Il problema è che l’acqua, entrando con troppa pressione o in certe angolazioni (ciao tuffi acrobatici!), può restare intrappolata nel canale uditivo esterno, magari “sigillata” da un tappo di cerume. Già, perché il cerume – che normalmente protegge l’orecchio – in certi casi si compatta e fa da barriera. Il risultato? Un micro-acquario personale che può diventare un paradiso per batteri e lieviti. Ed è così che nasce l’otite estiva, detta anche “otite del nuotatore”.
Attenzione però: non serve nuotare come un delfino per beccarsela. A volte basta una doccia distratta o una nuotata coi bambini. E chi è più soggetto? Chi ha condotti più stretti, tappi di cerume frequenti o usa spesso i cotton fioc (che, spoiler, spingono il cerume ancora più in fondo).
Ma passiamo al sodo: come liberarsi dell’acqua nelle orecchie?
Primo rimedio: la testata alla gravità. Inclina la testa dal lato dell’orecchio tappato, salta su un piede solo e dai qualche colpetto con la mano aperta. Sembra una danza tribale? Forse. Ma funziona.
Secondo metodo: il sottovuoto casalingo. Tira il lobo verso il basso mentre tappi e stappi l’orecchio con il palmo: l’effetto ventosa può far uscire l’acqua intrappolata.
Terzo, per i più pazienti: il phon a distanza, con aria tiepida e a bassa potenza. Sempre muovendo l’orecchio per favorire l’evaporazione.
E poi ci sono i trucchi da nonna tech: una goccia di alcol borico o aceto bianco (se l’orecchio non è già irritato) può aiutare a disinfettare e ad asciugare.
Cosa non fare mai: infilare cotton fioc, forcine, dita o chiavi della macchina. L’orecchio non è un borsello.
Se però il fastidio dura più di 48 ore, o arriva dolore, febbre o secrezioni, niente fai-da-te: è ora di farsi vedere da un medico.
Intanto, per prevenire: usa tappi appositi per il nuoto, asciuga bene le orecchie dopo ogni bagno e… sì, anche limitare i tuffi a bomba può aiutare.
Perché tuffarsi è bello, ma farlo senza restarci “a mollo dentro” è ancora meglio.
Salute
Fare il bagno dopo mangiato: servono davvero tre ore di attesa? La verità dietro il mito della nonna
Per decenni ci hanno detto che entrare in acqua dopo pranzo è pericoloso. Ma cosa dice davvero la scienza? Quanto bisogna aspettare?

Dal panino in spiaggia alla grigliata al lago, il tormentone estivo è sempre lo stesso: “Hai mangiato? Allora niente bagno per tre ore”. Un consiglio che le nonne davano con convinzione, ma che oggi la medicina mette in discussione. Scopriamo perché non è poi così pericoloso tuffarsi subito dopo aver mangiato.
Un mito tramandato di generazione in generazione
Chi non ha mai sentito, almeno una volta, la fatidica frase: “Devi aspettare tre ore prima di fare il bagno, altrimenti ti viene una congestione”? Le nonne lo dicevano con tono perentorio, e guai a disobbedire. Ma da dove nasce questa convinzione? L’idea è che durante la digestione il sangue affluisca in gran parte allo stomaco, sottraendolo ai muscoli: se ci si tuffa e si inizia a nuotare, il corpo potrebbe andare in crisi, con conseguenze pericolose.
Congestione o crampo: cosa può succedere davvero?
Il timore più diffuso è quello della cosiddetta “congestione”, spesso confusa con i crampi muscolari. In realtà, la congestione digestiva è un fenomeno raro e molto specifico: può accadere se si entra in acqua fredda subito dopo un pasto abbondante, causando uno shock termico che interferisce con la digestione. Ma è un evento estremo, più legato alla differenza di temperatura tra il corpo e l’acqua che al pasto in sé.
Cosa dicono i medici oggi
Secondo i pediatri e gli esperti in medicina dello sport, il bagno dopo mangiato non è vietato, a patto che si rispettino alcune semplici regole. Dopo un pasto leggero, come un panino o un’insalata, non ci sono particolari controindicazioni. Se invece si è fatta una grande abbuffata — fritti, carne, alcol — allora è meglio attendere un po’, non tanto per paura di morire in mare, ma per evitare nausea, affaticamento o malessere.
Il vero pericolo: lo shock termico
Più che la digestione, il vero rischio riguarda l’impatto con l’acqua fredda. Entrare di colpo in mare dopo essere stati al sole può provocare un calo improvviso della pressione e causare svenimenti. Per questo, indipendentemente dal pasto, è sempre meglio bagnarsi gradualmente. La prudenza non è mai troppa, ma i catastrofismi da ombrellone si possono tranquillamente archiviare.
Quindi: bagno sì o bagno no?
La risposta è: dipende. Dal tipo di pasto, dalla temperatura dell’acqua, dallo sforzo fisico che si intende fare. Non servono tre ore di attesa, come ci dicevano le nonne, ma un po’ di buon senso. Evita le nuotate agonistiche dopo un pranzo da matrimonio, ma un tuffo rinfrescante dopo un toast? Promosso. Con buona pace della zia che urla “Esci subito, che ti prende il crampo!”.
Salute
Giappone: scoperto un farmaco per la ricrescita dei denti
Un’innovazione nella medicina dentale: la scoperta giapponese che potrebbe rivoluzionare il futuro dei trattamenti odontoiatrici

Un team di scienziati giapponesi ha sviluppato un farmaco rivoluzionario che potrebbe permettere la ricrescita dei denti persi. Questa scoperta promette di cambiare radicalmente l’approccio ai trattamenti dentali, offrendo una soluzione naturale a chi ha perso i denti a causa di malattie o incidenti. Attualmente in fase di sperimentazione clinica, il farmaco sfrutta le cellule staminali per stimolare la formazione di nuovi denti.
Dettagli e prospettive del farmaco innovativo
Il farmaco agisce attivando le cellule staminali presenti nella polpa dentale, favorendo la crescita di nuovi denti naturali. Questa scoperta potrebbe superare le attuali tecniche di impianto dentale, riducendo la necessità di protesi e offrendo una soluzione meno invasiva e più efficace per i pazienti. I risultati preliminari dei test clinici sono promettenti, e se continueranno a essere positivi, il farmaco potrebbe essere disponibile sul mercato entro pochi anni.
Implicazioni e futuro della ricerca
Questa innovazione rappresenta un passo avanti significativo nella ricerca medica e potrebbe migliorare notevolmente la qualità della vita di milioni di persone affette da edentulia. Il Giappone si conferma leader nelle innovazioni scientifiche e mediche, aprendo nuove prospettive nel campo della rigenerazione tissutale. I ricercatori sono fiduciosi che il farmaco non solo rivoluzionerà la medicina dentale, ma aprirà la strada a ulteriori scoperte nel trattamento delle patologie odontoiatriche.
Con un continuo impegno nella ricerca e nello sviluppo, questa scoperta potrebbe rappresentare una svolta epocale, ridando fiducia e speranza a chi ha perso i denti, migliorando la loro salute e benessere complessivo.
-
Gossip1 anno fa
Elisabetta Canalis, che Sex bomb! è suo il primo topless del 2024 (GALLERY SENZA CENSURA!)
-
Cronaca Nera12 mesi fa
Bossetti è innocente? Ecco tutti i lati deboli dell’accusa
-
Sex and La City1 anno fa
Dick Rating: che voto mi dai se te lo posto?
-
Speciale Olimpiadi 202412 mesi fa
Fact checking su Imane Khelif, la pugile al centro delle polemiche. Davvero è trans?
-
Speciale Grande Fratello10 mesi fa
Helena Prestes, chi è la concorrente vip del Grande Fratello? Età, carriera, vita privata e curiosità
-
Speciale Grande Fratello10 mesi fa
Shaila del Grande Fratello: balzi da “Gatta” nei programmi Mediaset
-
Gossip1 anno fa
È crisi tra Stefano Rosso e Francesca Chillemi? Colpa di Can?
-
Gossip12 mesi fa
La De Filippi beccata con lui: la strana coppia a cavallo si rilassa in vacanza