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Salute

Torcicollo: i rimedi della nonna per sbloccare il collo senza farmaci

Che sia colpa di una posizione sbagliata durante il sonno, dello stress o di un colpo d’aria, il torcicollo può essere una vera seccatura. Per fortuna, i rimedi della nonna vengono in soccorso con soluzioni naturali, dagli impacchi caldi al massaggio con oli essenziali, fino a esercizi mirati per sciogliere le tensioni.

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    Il torcicollo è una contrattura dei muscoli del collo che provoca dolore e difficoltà nei movimenti. Può essere causato da:

    • Una postura scorretta (soprattutto al computer o dormendo male).
    • Colpi d’aria o sbalzi di temperatura.
    • Stress e tensione nervosa.
    • Sforzi improvvisi o movimenti bruschi.

    Se il dolore è lieve o moderato, si può provare a scioglierlo con rimedi naturali prima di ricorrere ai farmaci.


    I rimedi della nonna per il torcicollo

    1. Il calore rilassante 🔥

    Il calore aiuta a sciogliere la contrattura e favorisce la circolazione. Puoi provare:

    • Borsa dell’acqua calda: applicala sulla zona dolente per 15-20 minuti.
    • Impacco di sale caldo: scalda del sale grosso in padella, avvolgilo in un panno e appoggialo sul collo.
    • Asciugamano caldo: bagnalo con acqua calda, strizzalo e applicalo sul collo per un effetto decontratturante.

    2. L’olio di rosmarino: il massaggio che scioglie la tensione 🌿

    L’olio essenziale di rosmarino è un potente antinfiammatorio naturale. Basta scaldare qualche goccia tra le mani e massaggiarlo delicatamente sul collo con movimenti circolari. In alternativa, si può usare l’olio di arnica, perfetto per rilassare i muscoli.

    3. Il rimedio della sciarpa di lana 🧣

    Le nonne lo sanno bene: tenere il collo al caldo accelera la guarigione! Una sciarpa di lana avvolta intorno al collo, anche di notte, aiuta a mantenere il calore e a ridurre la rigidità muscolare.

    4. L’infuso di zenzero e miele 🍵

    Lo zenzero è un antidolorifico naturale. Prepara un infuso con:

    • 1 cucchiaino di zenzero fresco grattugiato
    • 1 tazza di acqua bollente
    • 1 cucchiaino di miele
      Bevilo due volte al giorno per ridurre l’infiammazione dall’interno.

    5. Gli esercizi per sbloccare il collo 🏋️

    Se il dolore lo permette, fai qualche movimento dolce per rilassare la muscolatura:

    • Inclinazione laterale: inclina lentamente la testa verso una spalla e mantieni la posizione per 10 secondi, poi ripeti dall’altro lato.
    • Movimenti circolari: ruota il collo lentamente, prima in senso orario e poi antiorario.
    • Stretching con le mani: appoggia le mani dietro la testa e premi leggermente per allungare i muscoli.

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      Salute

      Endometriosi: come si manifesta e perché è fondamentale non ignorare i segnali del corpo

      Dolore pelvico, mestruazioni molto abbondanti, affaticamento e problemi digestivi sono soltanto alcuni dei campanelli di allarme. Diagnosi precoce e monitoraggio clinico possono fare la differenza in una patologia che richiede attenzione, ascolto e percorsi personalizzati.

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      Endometriosi

        L’endometriosi è una patologia ginecologica cronica caratterizzata dalla presenza di tessuto simile all’endometrio — la mucosa che riveste l’interno dell’utero — in zone dove non dovrebbe trovarsi, come ovaie, tube, peritoneo o, più raramente, intestino e vescica. Secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, riguarda circa il 10% delle donne in età fertile. Nonostante questa alta diffusione, rimane una delle malattie più difficili da identificare tempestivamente: i sintomi sono vari, non sempre specifici e facilmente confondibili con dolori mestruali “normali”.

        Il problema principale, spiegano gli specialisti, è proprio la normalizzazione del dolore femminile. Molte donne crescono pensando che soffrire durante il ciclo sia inevitabile, e questo ritarda la ricerca di aiuto. In realtà, un dolore pelvico intenso e ricorrente non è mai da ignorare, soprattutto se interferisce con attività quotidiane, lavoro o studio.

        Come si manifesta: sintomi da non sottovalutare

        Dolori mestruali molto forti (dismenorrea)

        Il sintomo più caratteristico è un dolore che va oltre il “fastidio mestruale” tipico: si tratta di crampi intensi che possono estendersi alla schiena e agli arti inferiori, spesso resistenti ai comuni analgesici.

        Dolore pelvico cronico

        Non riguarda solo i giorni del ciclo. Può presentarsi anche ovulando, durante l’attività fisica o senza un motivo apparente, diventando continuo o periodico.

        Dolore durante i rapporti (dispareunia)

        La presenza di tessuto endometriosico in profondità può rendere il sesso doloroso, un aspetto che molte donne evitano di raccontare per imbarazzo o pudore.

        Problemi intestinali o urinari

        Gonfiore, stitichezza, diarrea, dolore alla minzione o alla defecazione possono comparire soprattutto in prossimità del ciclo, quando l’infiammazione aumenta.

        Affaticamento e senso di spossatezza

        Non è solo fisico: l’endometriosi può incidere sulla qualità del sonno e sulla concentrazione.

        Difficoltà a concepire

        In alcuni casi la malattia si accompagna a problemi di fertilità, sebbene molte donne con endometriosi riescano comunque a rimanere incinte con o senza trattamenti specifici.

        Perché è fondamentale non trascurare i sintomi

        Il ritardo diagnostico è ancora molto diffuso: la media europea è tra i sette e i nove anni dall’esordio dei primi segnali. Ignorare il dolore o considerarlo “normale” significa permettere alla malattia di progredire, aumentando l’infiammazione e il rischio di complicazioni come aderenze, cisti ovariche (endometriomi) o compromissione della fertilità.

        Un’identificazione precoce consente invece di intraprendere percorsi terapeutici adeguati, che possono includere:

        • gestione del dolore con farmaci mirati;
        • terapie ormonali per ridurre l’infiammazione;
        • fisioterapia del pavimento pelvico;
        • supporto psicologico, quando necessario;
        • interventi chirurgici nei casi più complessi.

        Non esiste una cura definitiva, ma è possibile controllare la sintomatologia e migliorare significativamente il benessere quotidiano.

        Ascoltare il corpo è il primo passo

        Capire quando un sintomo non è più “normale” è un atto di consapevolezza. Parlare con il proprio medico, descrivere con precisione il tipo di dolore e tenere traccia del ciclo mestruale può facilitare il processo diagnostico. L’endometriosi non è una malattia invisibile, ma una patologia che ha bisogno di essere riconosciuta e gestita con competenza e tempestività.

        Investire nella propria salute, informarsi e chiedere aiuto non è debolezza: è un gesto di forza e un modo per riprendersi il controllo della propria vita.

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          Salute

          Formicolio alle dita della mano: cause, segnali da monitorare e possibili rimedi

          Dalla semplice compressione dei nervi alle neuropatie: quando il “pizzicore” è passeggero e quando, invece, è il caso di rivolgersi a un medico.

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          Formicolio alle dita della mano

            Il formicolio alle dita della mano è un sintomo molto diffuso, spesso innocuo ma talvolta spia di condizioni che meritano attenzione. La sensazione, descritta come un “addormentamento” o come piccoli aghi che pungono la pelle, può comparire all’improvviso o svilupparsi gradualmente. Capire perché accade è fondamentale per scegliere il trattamento più adatto.

            Tra le cause più frequenti c’è la compressione temporanea dei nervi. Ad esempio quando si dorme con il braccio in una posizione scomoda o si mantiene a lungo una postura rigida davanti al computer. In questi casi il fastidio tende a scomparire in pochi minuti o dopo qualche semplice movimento.

            Più complesso, invece, il caso del sindrome del tunnel carpale, una condizione dovuta alla compressione del nervo mediano all’altezza del polso. Questo disturbo è spesso associato a movimenti ripetitivi della mano e può causare formicolio, perdita di sensibilità e talvolta dolore, soprattutto durante la notte. Anche problemi cervicali, come un’ernia del disco o un’infiammazione dei muscoli del collo, possono provocare sensazioni di intorpidimento che si irradiano fino alle dita.

            Non va trascurata la possibilità che il formicolio sia legato a disturbi sistemici, tra cui diabete, carenze vitaminiche — in particolare della vitamina B12. O patologie che coinvolgono il sistema nervoso periferico. In questi casi il sintomo tende a essere più persistente e può riguardare entrambe le mani.

            I rimedi dipendono dalla causa. Per i casi più semplici, come la pressione prolungata, può essere sufficiente cambiare posizione, fare brevi pause durante le attività manuali o eseguire esercizi di stretching per mano, polso e avambraccio. Nel tunnel carpale possono essere utili tutori notturni o terapie fisioterapiche mirate. Mentre nei disturbi cervicali lavorare sulla postura e rafforzare la muscolatura del collo è spesso efficace.

            Quando il formicolio diventa ricorrente, si accompagna a perdita di forza, dolore crescente o difficoltà nei movimenti fini, è consigliabile consultare un medico. Una valutazione specialistica può includere esami neurologici o test diagnostici, utili a stabilire un percorso di cura più preciso.

            Il formicolio alle dita, insomma, non va allarmisticamente interpretato come segnale di una malattia grave, ma non dovrebbe neppure essere ignorato se persiste. Ascoltare il proprio corpo e intervenire sui fattori di rischio, come postura e sovraccarico, resta la strategia più efficace per mantenere in salute mani e polsi.

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              Salute

              Hitler e il DNA, tra ipotesi e scienza: cosa sappiamo davvero sulla Sindrome di Kallmann

              Le analisi genetiche presentate da Hitler’s DNA: Blueprint of a Dictator suggeriscono una possibile predisposizione alla Sindrome di Kallmann, ma non confermano le teorie diffuse da decenni. Ecco cosa è accertato, cosa resta nel campo delle ipotesi e in che cosa consiste davvero questo raro disturbo.

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              Hitler e il DNA

                Il dibattito sulle condizioni di salute di Adolf Hitler torna al centro dell’attenzione dopo la presentazione del documentario in due puntate Hitler’s DNA: Blueprint of a Dictator, trasmesso da Channel 4 nel Regno Unito. L’indagine, guidata dalla genetista Turi King – nota per aver identificato i resti del re Riccardo III – analizza presunti campioni biologici attribuiti al Führer, con l’obiettivo di ricostruirne il profilo genetico.

                Secondo quanto anticipato dalla produzione, i risultati indicherebbero una possibile predisposizione alla Sindrome di Kallmann, una forma rara di ipogonadismo caratterizzata da un deficit nella produzione di ormoni legati allo sviluppo sessuale e da alterazioni dell’olfatto. Tuttavia, gli stessi autori precisano che non si tratta né di una diagnosi certa né della conferma delle voci circolate per decenni sul presunto micropene del dittatore.

                Ad oggi, non esiste alcuna pubblicazione scientifica peer-reviewed che confermi il sequenziamento del DNA di Hitler, né l’autenticità dei campioni utilizzati. Le uniche informazioni storicamente documentate riguardano un testicolo non disceso, riportato in alcune fonti mediche del periodo, e una possibile ipospadia, ma nessuna delle due condizioni permette di trarre conclusioni sulle dimensioni genitali o sulla sua vita personale.

                La Sindrome di Kallmann è descritta dai Manuali MSD come una forma di ipogonadismo secondario causata dal mancato rilascio di due ormoni chiave – l’LH e l’FSH – da parte dell’ipotalamo e dell’ipofisi. La Mayo Clinic e la Cleveland Clinic confermano che la condizione può portare a pubertà ritardata, infertilità, ridotto desiderio sessuale e, nei maschi, talvolta a micropene e testicoli ritenuti. Uno dei segni distintivi è la perdita totale o parziale dell’olfatto (anosmia o iposmia), dovuta all’alterata migrazione dei neuroni che controllano le gonadotropine durante lo sviluppo fetale.

                La diagnosi, spiegano gli esperti, si basa su esami del sangue, test genetici e valutazione dell’olfatto, mentre il trattamento prevede terapie ormonali sostitutive, con testosterone nei maschi ed estrogeni e progesterone nelle femmine. Le terapie possono favorire lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari e, in alcuni casi, la fertilità.

                Gli autori del documentario sottolineano un punto centrale: anche se alcune predisposizioni genetiche fossero confermate, non avrebbero alcuna correlazione con le scelte politiche o le atrocità commesse dal leader nazista. Gli storici concordano che ridurre il totalitarismo e la Shoah a un’ipotesi medica sarebbe non solo infondato, ma pericolosamente fuorviante.

                L’interesse scientifico rimane dunque circoscritto alla ricerca: un tentativo di interpretare i limiti e le trasformazioni della genetica applicata al passato, più che la volontà di riscrivere la storia. Perché, come ricordano gli studiosi coinvolti, nessun dato biologico potrà mai spiegare o attenuare la responsabilità umana dietro una delle pagine più tragiche del Novecento.

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