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Salute

Una doccia fredda al giorno toglie il medico di torno!

Incorporare docce fredde nella routine quotidiana può portare numerosi benefici per la salute fisica e mentale, come dimostrato da vari studi scientifici.

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    Insomma ci vogliono per forza convincere che sarebbe utile fare una doccia fredda, se non tutti i giorni almeno qualche volta a settimana. E’ un passaparola confutato peraltro da un crescente numero di ricerche tutte impegnate a suggerirci che le docce fredde o i bagni freddi possono avere effetti potenti sulla salute mentale e fisica. Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche, i primi studi sono molto promettenti. Vediamo se ci convincono…

    L’ipotesi dell’“Inverno Metabolico”

    Lo scienziato di Harvard David Sinclair ipotizza che l’esposizione al freddo sia benefica per gli esseri umani perché i nostri antenati vivevano all’aperto con temperature fluttuanti. Il comfort artificiale in cui viviamo oggi mina il nostro metabolismo. Per cui sarebbe necessario cercare un buon compromesso ed equilibrio.

    Migliora il benessere

    Uno studio pubblicato sull’European Journal of Applied Physiology ha rilevato che l’immersione in acqua fredda aumenta le concentrazioni di norepinefrina del 530% e di dopamina del 250%, ormoni che migliorano la motivazione e riducono le infiammazioni.

    Ottimo sostituto delle sostanze chimiche

    La professoressa di Stanford Anna Lembke prescrive la terapia con acqua fredda ai pazienti che soffrono di dipendenza. Le docce fredde sostituiscono l’effetto della dopamina indotto dai farmaci senza causare un crollo.

    Trattamento per la depressione

    Studi preliminari suggeriscono che l’acqua fredda può trattare depressione e ansia. Uno studio britannico descrive una giovane donna che non aveva più bisogno di farmaci dopo quattro mesi di nuoto in acque fredde.

    Migliora l’umore e il benessere

    Un altro studio britannico del 2020 ha rilevato che il nuoto in acqua fredda ha portato a riduzioni significative del cattivo umore e aumenti del benessere.

    Aumenta le prestazioni mentali

    Secondo Andrew Huberman, professore di Stanford, una doccia fredda al mattino affina l’acutezza mentale e la prontezza. Consiglia di farle nelle prime ore della giornata per non disturbare il sonno.

    Aiuta a perdere peso e migliora la sensibilità all’insulina

    Uno studio pubblicato sulla rivista Endocrine Society ha rivelato che l’esposizione al freddo stimola la crescita del grasso adiposo, aumentando il metabolismo e migliorando la sensibilità all’insulina.

    Facilita il recupero dopo esercizi ad alta intensità

    Secondo un articolo del 2022 sulla rivista Sports Medicine, l’immersione in acqua fredda è un efficace strumento di recupero post-esercizio, migliorando la potenza muscolare e riducendo il dolore.

    Previene alcune malattie

    Uno studio olandese su 3.000 partecipanti ha dimostrato che chi ha fatto una breve doccia fredda per un mese si è ammalato il 29% in meno rispetto a chi ha fatto solo docce calde.

    Attiva il sistema immunitario

    Uno studio cecoslovacco del 1996 ha dimostrato che l’immersione in acqua fredda attiva sensibilmente il sistema immunitario in giovani uomini.

    Il metodo Wim Hof

    Testato all’Università Radboud, il metodo Wim Hof, che include esercizi di respirazione e immersione nel freddo, ha mostrato una significativa riduzione delle infiammazioni.

    Utile per malattie autoimmuni come l’artrite

    Lo studio sul metodo Wim Hof ha implicazioni per condizioni associate a infiammazione eccessiva, come le malattie autoimmuni, mostrando risultati promettenti per l’artrite.

    Migliora la circolazione

    Uno studio del 2020 ha dimostrato che gli atleti che si immergevano in acqua fredda dopo l’esercizio hanno visto un aumento del flusso sanguigno.

    Rafforza la cognizione e la memoria negli anziani

    Uno studio tedesco del 1999 ha mostrato che l’acqua fredda può migliorare le funzioni cognitive negli anziani.

    L’approccio di Huberman

    Per iniziare con le docce fredde, Huberman suggerisce di contare i punti: impostare brevi obiettivi (ad esempio, rimanere 10 secondi) e aumentare gradualmente. Quindi suggerisce di farla diventare una routine quotidiana. Basterebbero Undici minuti di esposizione al freddo a settimana, con sessioni da 1 a 5 minuti ciascuna. L’acqua dovrebbe essere fredda senza miscelazioni.

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      Salute

      Natale goloso, non per forza ingrassato: i trucchi che funzionano davvero

      Dalle porzioni intelligenti all’attività fisica “di compensazione”, fino alle scelte consapevoli nei giorni clou: ecco i consigli dei nutrizionisti per vivere le feste con gusto, senza rinunce drastiche né rigidità inutili.

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      Natale senza sensi di colpa

        Il periodo più goloso dell’anno… e il più rischioso

        Il mese di dicembre concentra appuntamenti conviviali, dolci tradizionali e piatti calorici che, in pochi giorni, possono far aumentare l’introito calorico fino al 30% rispetto alla norma. Secondo varie osservazioni dell’Istituto Superiore di Sanità e di associazioni scientifiche in ambito nutrizionale, l’aumento medio di peso durante le feste oscilla tra 0,5 e 2 kg. Nulla di irreversibile, ma sufficiente a creare frustrazione a gennaio.
        La buona notizia? Non serve saltare cenoni o evitare ogni panettone: la chiave è la moderazione.

        Porzioni strategiche e piatti “furbi”

        I nutrizionisti concordano: gestire le quantità è più efficace che eliminare alimenti. Un piatto piccolo può aiutare a controllare la porzione senza sentirsi privati di nulla.
        Alcuni trucchi utili:

        • iniziare i pasti con verdure crude o cotte per favorire sazietà;
        • scegliere una sola portata ricca invece di antipasti + primi + secondi;
        • assaggiare i dolci tipici ma senza fare il bis;
        • alternare acqua ai brindisi per ridurre l’alcol, tra le principali fonti “nascoste” di calorie.

        Nei giorni tra una festa e l’altra, torna leggero

        Il vero “segreto” per non ingrassare non è rinunciare ai pasti importanti, ma bilanciare gli altri giorni. I dietologi suggeriscono di compensare con pasti più semplici e ricchi di fibre, come zuppe, legumi e verdure, evitando alcol e dolci quando non ci sono ricorrenze.
        Un principio confermato da molte linee guida internazionali: ciò che conta non è un singolo cenone, ma la media settimanale.

        Muoversi di più, anche senza palestra

        L’attività fisica resta l’alleata numero uno. Non serve correre una maratona: passeggiate dopo i pasti, qualche esercizio domestico o un pomeriggio all’aria aperta bastano per aumentare il dispendio energetico.
        Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, 150 minuti settimanali di attività moderata sono sufficienti per mantenere il peso stabile. Inserirli strategicamente nelle vacanze può fare la differenza.

        Non arrivare affamati alle cene

        Una delle abitudini più controproducenti è saltare pasti “per compensare”: questo porta ad abbuffate. Meglio mangiare uno spuntino sano prima di uscire, come frutta fresca, yogurt o una manciata di frutta secca.
        Arrivare al tavolo con la giusta fame — non con una voragine — aiuta a controllare le porzioni senza sforzo.

        Gestire il dolce più amato: panettone o pandoro?

        Dal punto di vista calorico, panettone e pandoro sono simili: circa 350-400 kcal per 100 g. La differenza la fanno le aggiunte (creme, glasse, farciture). Una fetta è compatibile con un’alimentazione equilibrata, purché consumata con consapevolezza.
        Molti nutrizionisti suggeriscono di godersela a colazione o come merenda, preferibilmente non subito dopo un pasto già ricco.

        La psicologia del buon senso

        Le feste non sono solo cibo: sono riti, tradizioni e relazioni sociali. La rigidità può generare stress e senso di colpa, controproducenti anche sul piano alimentare.
        Gli esperti di comportamento alimentare consigliano un approccio flessibile: prevedere qualche “strappo” piacevole e accettarlo senza rimorsi, mantenendo equilibrio negli altri momenti.

        In sintesi

        Godersi le festività senza ingrassare è possibile seguendo tre principi: moderazione, equilibrio e movimento. Nessun divieto assoluto, ma scelte ragionate che permettono di vivere il Natale con serenità — e con la stessa taglia a gennaio.

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          Salute

          Tatuaggi e sistema immunitario: i colori più comuni restano nei linfonodi per anni

          I ricercatori segnalano un’infiammazione prolungata che può ridurre la capacità difensiva e l’efficacia dei vaccini, sollevando interrogativi sulla sicurezza degli inchiostri più diffusi.

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          Tatuaggi e sistema immunitario

            Un tatuaggio può raccontare storie, passioni o ricordi, ma nuove evidenze scientifiche suggeriscono che i suoi pigmenti più usati non restano confinati alla pelle. I risultati emergono da uno studio internazionale coordinato dall’italiana Arianna Capucetti e da Santiago González dell’Istituto di ricerca in biomedicina di Bellinzona, pubblicato sulla rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America). La ricerca, che ha coinvolto dodici gruppi di ricerca in Europa, ha analizzato gli effetti dei pigmenti nero, rosso e verde, più diffusi negli inchiostri per tatuaggi.

            Il dibattito sui possibili effetti dei tatuaggi sulla salute va avanti da anni, soprattutto in relazione al rischio oncologico, senza però prove definitive. Questo nuovo lavoro si concentra sulla tossicità dei pigmenti e sul loro impatto sul sistema immunitario.

            Come agisce l’inchiostro nel corpo

            Lo studio, condotto su topi, ha mostrato che i pigmenti dei tatuaggi vengono rapidamente trasportati dal sistema linfatico ai linfonodi, organi fondamentali per la risposta immunitaria. Qui si accumulano in grandi quantità già poche ore dopo l’inoculazione dell’inchiostro.

            I ricercatori hanno identificato una risposta infiammatoria in due fasi:

            1. Fase acuta, che dura circa due giorni, durante la quale il sistema immunitario reagisce immediatamente alla presenza dei pigmenti.
            2. Fase cronica, che può protrarsi per anni: i pigmenti rimangono intrappolati nei macrofagi, le cellule immunitarie deputate a “digerire” agenti esterni. Non potendo smaltire l’inchiostro, queste cellule muoiono progressivamente, compromettendo la capacità difensiva del linfonodo.

            Gli effetti sono più evidenti con inchiostri rossi e neri, mentre quelli verdi mostrano un impatto minore ma comunque significativo.

            Implicazioni per la salute

            I dati suggeriscono che la presenza cronica di pigmenti nei linfonodi potrebbe:

            • ridurre l’efficacia dei vaccini
            • compromettere la risposta immunitaria a lungo termine
            • generare un’infiammazione silente che persiste per anni

            Gli autori sottolineano la necessità di approfondire ulteriormente i rischi e di sviluppare pigmenti più sicuri o procedure che limitino l’assorbimento sistemico.

            Un problema aggiuntivo è rappresentato dalla grande varietà di pigmenti e combinazioni presenti sul mercato. Nonostante i controlli, episodi di contaminazioni sono stati documentati: nel 2022, ad esempio, nove inchiostri contenenti sostanze potenzialmente cancerogene furono ritirati dal mercato italiano.

            Cosa significa per chi ama i tatuaggi

            L’allerta non significa vietare i tatuaggi, ma invita a un approccio consapevole: conoscere la composizione degli inchiostri, affidarsi a professionisti certificati e restare aggiornati sulle normative e sui controlli sanitari.

            In futuro, lo studio potrebbe orientare lo sviluppo di pigmenti biocompatibili che riducano l’accumulo nei linfonodi e limitino l’infiammazione cronica. Nel frattempo, gli esperti raccomandano prudenza, informazione e attenzione alla qualità degli inchiostri.

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              Salute

              Farmaci per il trattamento della depressione come funzionano

              Dagli SSRI agli SNRI, fino ai triciclici: l’efficacia degli antidepressivi è dimostrata, ma non per tutti e non in ogni situazione. Ecco cosa dicono gli studi e quali sono i reali benefici e limiti.

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              Farmaci per il trattamento della depressione

                Negli ultimi anni il ricorso ai farmaci antidepressivi è aumentato in molti Paesi, Italia compresa. Secondo dati dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), il consumo nazionale è cresciuto costantemente nell’ultimo decennio, segno di una maggiore attenzione al benessere psicologico ma anche di una persistente confusione su cosa questi medicinali facciano davvero.
                Gli antidepressivi non sono semplici “regolatori dell’umore” e, soprattutto, non agiscono come una scorciatoia emotiva: sono farmaci veri e propri, che intervengono sui meccanismi neurochimici alla base della depressione e di altri disturbi correlati.

                Come funzionano: il ruolo della serotonina e degli altri neurotrasmettitori

                La maggior parte degli antidepressivi di nuova generazione appartiene alla categoria degli SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina). Il loro compito è impedire la ricaptazione della serotonina — un neurotrasmettitore legato alla regolazione dell’umore, del sonno e dell’ansia — prolungandone la disponibilità nel cervello.
                Esistono poi gli SNRI, che agiscono anche sulla noradrenalina; i triciclici e gli IMAO, più datati e oggi usati solo in casi specifici; e farmaci più recenti che modulano diversi sistemi neurochimici.

                Gli studi scientifici confermano che questi medicinali sono efficaci soprattutto nelle forme moderate e gravi di depressione. Nelle forme lievi, invece, possono non essere più efficaci di un placebo, motivo per cui le linee guida internazionali raccomandano spesso un approccio psicologico come primo intervento.

                Cosa curano davvero — e cosa no

                Contrariamente a un’opinione diffusa, gli antidepressivi non eliminano la tristezza normale né rendono “felici”. Sono indicati per quadri clinici ben precisi:

                • depressione maggiore
                • disturbo d’ansia generalizzato
                • disturbo ossessivo-compulsivo
                • attacchi di panico
                • disturbo post-traumatico da stress
                • alcune forme di dolore cronico (per esempio neuropatico)

                Non sono invece utili per le difficoltà emotive comuni, lo stress passeggero o le crisi relazionali. In questi casi, l’uso improprio può portare a trattamenti non necessari, mentre un supporto psicologico sarebbe più indicato.

                Non agiscono subito: servono settimane

                Molti pazienti credono che gli antidepressivi producano un effetto rapido, ma non è così: richiedono 2–6 settimane per manifestare benefici significativi. Questo periodo serve al cervello per adattarsi ai cambiamenti neurochimici. Proprio per questo le terapie devono essere seguite con costanza e sotto supervisione.

                Effetti collaterali e miti da sfatare

                Gli antidepressivi moderni sono considerati sicuri e ben tollerati, ma possono comunque causare effetti indesiderati come nausea, insonnia, alterazioni dell’appetito e riduzione della libido. Nella maggior parte dei casi questi disturbi si attenuano nelle prime settimane.

                Un mito persistente riguarda la “dipendenza”: gli antidepressivi non creano dipendenza fisica come le benzodiazepine; tuttavia, una sospensione brusca può provocare sintomi da interruzione. Per questo la riduzione del dosaggio deve essere graduale e gestita da un medico.

                Perché la diagnosi è fondamentale

                La depressione è un disturbo complesso e multifattoriale, influenzato da genetica, ambiente, stress e vita sociale. Nessun farmaco può da solo affrontarne tutte le cause. Per questo gli specialisti raccomandano spesso una combinazione di terapia farmacologica e psicoterapia, ritenuta la più efficace nel prevenire ricadute e migliorare la qualità di vita.

                La scelta più efficace è quella personalizzata

                Gli antidepressivi sono strumenti preziosi per molte persone, ma la loro efficacia dipende dalla correttezza della diagnosi, dalla tipologia del farmaco e dalla risposta individuale.
                In un periodo in cui la salute mentale è al centro del dibattito pubblico, conoscere come davvero funzionano — al di là dei pregiudizi — aiuta a fare scelte più consapevoli e a chiedere aiuto in modo adeguato.

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