Connect with us

Sic transit gloria mundi

Morto a 60 anni il figlio di Gino Paoli: addio a Giovanni, grande giornalista, persona gentile, amico mio…

Giornalista appassionato, uomo gentile e amico vero: Giovanni Paoli ci ha lasciato improvvisamente a soli 60 anni. Ci restano i ricordi, le parole dette e quelle rimaste sospese in una conversazione che non finirà mai davvero. Rimarranno anche la sua dignità, la poesia dei suoi articoli e l’amore infinito per sua figlia.

Avatar photo

Pubblicato

il

    Mi è difficile scrivere queste righe. Vorrei che fossero parole leggere, di quelle che avrebbero saputo emozionarti, Giovanni. Ma oggi mi manca il fiato, perché quando un amico se ne va così, in silenzio, senza nemmeno il tempo di salutare, si resta sempre con qualcosa di non detto, sospeso.

    Con Giovanni Paoli ci siamo incontrati mille volte, scontrati altrettante, ci siamo abbracciati e abbiamo litigato. Mai, però, ci siamo mancati di rispetto. L’ultima volta, pochi giorni prima di Sanremo, al telefono ci siamo raccontati della fatica di essere giornalisti oggi, dei cambiamenti di un mestiere che entrambi abbiamo amato visceralmente. Era preoccupato per la piega che aveva preso il suo lavoro e della difficoltà di svolgerlo con dignità e passione.

    Quando lasciai la direzione di Dillingernews fu lui a prendere il mio posto. Lo fece senza esitazioni, con la stessa testarda passione, con quella sua maledetta voglia di raccontare la realtà, di dare notizie, di informare la gente su ciò che stava accadendo intorno a noi. Giovanni era così: un giornalista vero, autentico, uno che alla scrittura sapeva dare sempre qualcosa in più. Anche l’articolo più banale sotto la sua penna diventava poesia.

    Se n’è andato improvvisamente, per un infarto, lasciandoci tutti increduli. Per giorni le notizie sulla sua scomparsa si sono rincorse tra colleghi e amici: in tanti lo abbiamo cercato, gli abbiamo lasciato messaggi preoccupati nella segreteria telefonica muta. Poi è arrivata la notizia terribile, definitiva. Aveva solo 60 anni, Giovanni, ed era gentile, anche se con quel suo caratterino a volte un po’ spigoloso, che faceva parte del suo fascino.

    Certo, Giovanni aveva un padre importante e ingombrante come Gino Paoli, ma questa presenza non lo aveva aiutato, non gli aveva facilitato nulla. Anzi, parlandoci, ti rendevi conto di quanto quella figura così grande fosse complicata da gestire. Lui, però, non si era mai tirato indietro, né di fronte al peso di un cognome importante né davanti a quello ben più doloroso di una madre malata, di cui si prendeva cura con dignità e delicatezza anche nei momenti più difficili.

    E poi c’era sua figlia Olivia, che adorava e di cui parlava spesso, la sua gioia più grande, la sua opera d’arte più bella. Ecco, Giovanni era anche questo: un uomo capace di emozionarsi e di emozionare, capace di amare profondamente.

    Oggi Giovanni non c’è più, se n’è andato senza disturbare, quasi scusandosi di aver creato confusione. È così che mancherà a tutti noi: nella quotidianità di un messaggio, nel sorriso dietro una telefonata, nella discussione appassionata, nel rispetto che non è mai mancato, neppure quando si era in totale disaccordo.

    Ciao, Giovanni. Ci mancherai moltissimo.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Sic transit gloria mundi

      Santa Rita De Crescenzo vergine e martire (del trash televisivo e dei suoi stessi followers)

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        Ogni epoca ha i suoi santi. Noi, che non ci facciamo mancare nulla, abbiamo Rita De Crescenzo: patrona delle punturine di acido ialuronico, del silicone spacciato per estetica e dei monologhi social che neppure alla recita dell’asilo. «Ho paura, basta odio, basta violenza mediatica», piagnucola oggi la tiktoker partenopea, appena il sindaco di Castel Volturno le ha cancellato uno show. Una Madonna del trash che si immola sull’altare della visibilità, con tanto di rosario fatto di stories Instagram.

        Il problema, però, non è lei. È la folla che l’applaude. Migliaia di followers che la venerano nonostante accuse di spaccio per conto del clan Elia, minacce a un deputato («Devo essere il tuo incubo, è arrivata l’ora che ti distrugga io»), video dove la cultura del nulla diventa linguaggio quotidiano. Santa Rita del degrado non canta, non balla, non recita. Non sa fare assolutamente niente, eppure è riuscita a trasformare l’ignoranza in un titolo di studio, il pressapochismo in curriculum, l’urlato in vangelo.

        La sua difesa? «Sono una donna, una madre, una persona come tutte le altre». Tutte le altre chi? Quelle che fanno dei filtri TikTok un manifesto politico? Quelle che credono che il talento consista nel mettersi una minigonna fluorescente e ripetere frasi sconnesse in diretta?

        Il miracolo è che funziona: più la criticano, più sale. Più le istituzioni le chiudono le porte, più diventa martire. È la beatificazione trash: non serve saper cantare, scrivere, pensare. Serve piangere davanti a una telecamera, gonfiare le labbra fino a sembrare canotti e agitare le mani in aria come se fossero ali d’angelo caduto.

        Chi la segue, in fondo, non cerca un’artista. Cerca un’icona dell’idiozia elevata a forma d’arte, un simbolo che rassicura: “se ce l’ha fatta lei, posso farcela anch’io”. E infatti ce l’ha fatta. A diventare il monumento vivente di un Paese che si inchina al nulla e lo incorona.

        Meritiamo l’estinzione? Sicuramente. Ma tranquilli: prima dell’apocalisse ci sarà la sua prossima diretta online di Santa Rita, e sarà sold out.

          Continua a leggere

          Sic transit gloria mundi

          Caso Epstein, Melania Trump pronta a chiedere oltre un miliardo a Hunter Biden: “Accuse false e diffamatorie”

          Melania Trump ha minacciato una causa miliardaria contro Hunter Biden per aver dichiarato che sarebbe stato Epstein a presentarla al marito. Intanto i democratici puntano il dito sul trasferimento di Ghislaine Maxwell in un carcere meno severo.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            Melania Trump è passata al contrattacco. La first lady americana ha annunciato l’intenzione di fare causa a Hunter Biden, chiedendo un risarcimento da oltre un miliardo di dollari, dopo che il figlio del presidente ha affermato che sarebbe stato Jeffrey Epstein – il finanziere condannato per abusi sessuali e traffico internazionale di minori – a presentarla a quello che poi sarebbe diventato suo marito. Una ricostruzione definita dai legali di Melania “falsa, denigratoria, diffamatoria e provocatoria”.

            Le dichiarazioni di Biden risalgono a un’intervista di inizio mese, in cui aveva ripercorso i rapporti tra il presidente e il miliardario pedofilo, sottolineando vecchie frequentazioni poi interrotte “agli inizi degli anni Duemila”, come lo stesso Trump ha sempre sostenuto.

            Ma la vicenda non si ferma qui. I democratici della Commissione Giustizia della Camera hanno sollevato un polverone sul trasferimento di Ghislaine Maxwell – ex compagna e complice di Epstein – in un carcere federale del Texas con regime meno restrittivo. La donna, condannata a 20 anni, era detenuta a Tallahassee, in Florida, ma è stata spostata subito dopo un incontro con il vice procuratore generale Todd Blanche.

            Secondo il deputato Jamie Raskin, leader dei democratici in Commissione, il trasferimento “offre maggiore libertà ai detenuti” e “prima di questo caso era categoricamente vietato per chi fosse condannato per molestie sessuali”. In una lettera al procuratore generale Pam Bondi e al direttore del Bureau of Prisons William K. Marshall, Raskin parla di “preoccupazioni sostanziali” su possibili pressioni per indurre Maxwell a fornire una testimonianza favorevole al presidente, “violando le stesse politiche federali”.

            Un’accusa che, in un contesto già incandescente, riaccende i riflettori sul nodo più imbarazzante per la Casa Bianca: i rapporti passati tra il presidente e Jeffrey Epstein.

              Continua a leggere

              Sic transit gloria mundi

              Il Senato salva Sangiuliano dal processo per la “chiave di Pompei”: 112 voti bastano a fermare l’accusa di peculato

              Il caso ruotava attorno al simbolico omaggio di Pompei finito in un regalo privato. La Giunta per le immunità ha riconosciuto l’atto come compiuto nell’interesse pubblico e non come reato ordinario. I legali dell’ex ministro ricordano che la Procura aveva già chiesto l’archiviazione e che la chiave era stata acquistata e pagata, diventando sua proprietà.

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                Palazzo Madama ha fatto scudo all’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, bloccando il processo per peculato che rischiava di aprirsi attorno alla “chiave d’onore” di Pompei. Con 112 voti favorevoli e 57 contrari, l’aula del Senato ha respinto l’autorizzazione a procedere, accogliendo la linea della Giunta per le immunità: il gesto di donare la chiave a Maria Rosaria Boccia non costituirebbe reato ordinario, ma un atto riconducibile all’esercizio della funzione di governo e al perseguimento di un interesse pubblico preminente.

                La vicenda aveva incuriosito l’opinione pubblica nei mesi scorsi, trasformandosi in un caso mediatico: la chiave, simbolo del legame con la città archeologica, era stata regalata dall’ex ministro a una conoscente, scatenando polemiche e sospetti di appropriazione indebita. I difensori di Sangiuliano hanno sempre sostenuto la piena legittimità dell’operazione, ricordando che la Procura aveva già chiesto l’archiviazione e che, tramite la procedura prevista dalla legge, l’ex ministro aveva acquistato e pagato l’oggetto, diventandone il proprietario a tutti gli effetti.

                Il voto in aula è arrivato dopo una giornata di interventi accesi, tra ironie e schermaglie politiche. Il leghista Gian Marco Centinaio ha scherzato in diretta: «Lasciamo i colleghi nella suspense… Sim Salabim!», strappando un sorriso in un dibattito altrimenti teso.

                Non solo Sangiuliano: nella stessa seduta, Palazzo Madama ha affrontato altre questioni di immunità parlamentare. Maurizio Gasparri ha incassato il via libera dell’aula sulla sua insindacabilità per le frasi rivolte al magistrato Luca Tescaroli nel 2023, giudicate collegate ad atti parlamentari come interrogazioni e interventi in aula. A favore hanno votato 117 senatori, mentre 23 – tra M5s e Avs – hanno detto no.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù