Sonar: tra suoni e visioni
Addio a Paul Di’Anno, un metallaro con il cuore punk
Negli ultimi anni si esibiva sul palco cantando sulla sedia a rotelle. Nonostante tutto… solo l’anno scorso aveva tenuto 100 concerti, con l’energia di un tempo. La sua ex band degli Iron Maiden lo ricorda con commozione e riconoscenza.
L’ultima volta che ho visto Paul Di’Anno dal vivo era completamente calvo, estremamente sovrappeso e, purtroppo, costretto dalle sue gambe malandate sulla sedia a rotelle. Eppure teneva ancora il palco con grande energia, con il classico piglio di chi si aggrappa alla vita, non volendo assolutamente mollare, qualsiasi cosa accada. La sua storia verrà raccontata in un documentario che uscirà nel 2025 e a cui il cantante ha lavorato prima di morire.
Con gli Iron Maiden
Nonostante tutto si esibiva di frequente
Era malato da tempo: Paul Di’Anno, il primo cantante ufficiale degli Iron Maiden, scomparso a 66 anni nella sua casa di Salisbury. I gravi problemi di salute legati soprattutto alle condizioni delle sue gambe, non gli impedivano di esibirsi con la band che aveva formato dopo la sua uscita dagli Iron Maiden. Solo l’anno scorso si era esibito in oltre 100 concerti!
Sua la voce nei primi due dischi
Il suo vero nome era Paul Andrews, è stato il cantante nei primi due album del gruppo heavy metal britannico: Iron Maiden del 1980 e Killers del 1981. Senza che Bruce Dickinson (il suo sostituto dal terzo disco fino ad oggi) se ne abbia a male… ma per molti – me compreso – rimane lui il vero leader dei Maiden!
Anche la sua casa lo ricorda
È stata la sua casa discografica, la Conquest Music, ad annunciare la scomparsa. «Nato a Chingford, East London, il 17 maggio 1958, Paul è arrivato alla ribalta come cantante della band inglese heavy metal Iron Maiden tra il 1978 e il 1981. Ha cantato nel loro innovativo album di debutto Iron Maiden, e nell’influente follow up, Killers», si legge nel ricordo della sua label.
Ero presente al concerto milanese del 1980
Il mio ricordo dello show milanese nel 1980 al quale assistetti è nitidissimo, sembra davvero ieri. I Maiden suonarono come supporter ai Kiss al Velodromo Vigorelli, lo stesso che nel 1965 ospitò i Beatles. Un set di neanche 40 minuti, tiratissimo, che impressionò tutti i presenti, forse anche di più della band mascherata di Gene Simmons e soci, sicuramente divertente e colorata… ma meno talentuosa.
Un “ragazzaccio”
Da quando aveva lasciato gli Iron Maiden, Paul Di’Anno ha avuto una lunga e movimentata carriera discografica, con alcune uscite soliste e apparizioni come ospiti. Di’Anno si era unito agli Iron Maiden dopo un’audizione nel novembre 1978. La band era stata fondata dal bassista Steve Harris tre anni prima e, nel frattempo, aveva già cambiato due frontman. Lui diceva di se stesso: «Gli Iron Maiden erano dei ragazzi adorabili che avresti potuto presentare a tua nonna. Li avrebbe adorati. Ma se avesse incontrato me, sarebbe morta di infarto nel giro di un minuto… Ho portato loro la follia e un look esagerato».
L’addio della sua ex band
«La notizia della scomparsa di Paul Di’Anno ci ha profondamente rattristati». Inizia così il messaggio diffuso dai Maiden dopo aver appreso la morte del loro ex cantante. «Il contributo che ha dato agli Iron Maiden è immenso», continua il messaggio, «ci ha aiutati a intraprendere il cammino che stiamo facendo da quasi cinque decenni. Ricorderemo con affetto la sua presenza negli anni pionieristici come frontman e cantante, sia sul palco che nei primi due album, e come noi verrà ricordata dai fan di tutto il mondo. Siamo grati per aver avuto la possibilità di rincontrato un paio d’anni fa e passare dell’altro tempo con lui».
Riposa in pace Paul.
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Sonar: tra suoni e visioni
Canzoni pennute: quell’improbabile relazione tra il pollo e la musica
Come diceva Leo Longanesi… “Un vero giornalista spiega benissimo quello che non sa”. Io, più modestamente del grande elzevirista, pittore, disegnatore, editore ed aforista italiano… uso spesso il pretesto della musica per raccontare alcune mie viscerali passioni, come la cucina.
L’indimenticabile Fred a Detroit
Oggi parliamo di polli in musica. La prima cosa che mi viene in mente è il “confidenziale” Fred Bongusto che canta con eleganza gigiona Spaghetti a Detroit, canzonetta nella quale il protagonista si sottopone ad una dieta ferrea a base di pastasciutta, pollo con contorno di insalatina e caffè, ripensando con nostalgia alle pantagrueliche mangiate fatte nel Michigan. Come non citare poi, in questo contesto, i Chicken Mambo di Fabrizio Poggi?!? E i funambolici Chickenfoot… ne vogliamo parlare?!?
Una ricettina veloce veloce
A questo punto mi è venuta fame… e vi propino una ricettina sperimentata di recente, naturalmente a base del razzolante pennuto: gli arrosticini al miele! Ve la riassumo qui, con una piccola premessa: la cucina è spesso fatta di sapienti contrasti e, per certi versi, l’armonia di un piatto nasce proprio da connubi apparentemente irrealizzabili. Per esempio, può il latte convivere con il limone?
ARROSTICINI DI POLLO CARAMELLATI
Ingredienti per 4 persone:
1 petto di pollo da 500 gr.
Farina q.b.
1 bicchiere di latte
4 patate
Timo q.b.
Olio extravergine l’oliva
2 cucchiai di miele millefoglie
1 bicchiere di vino bianco
1 limone
Sale q.b.
Pepe q.b.
Preparazione
Tagliate a pezzetti il pollo e preparate gli spiedini, che metterete a marinare 15 minuti nel latte per ammorbidirli. Infarinateli e fateli cuocere in pentola con un filo d’olio, aggiustando di sale e pepe. Quando saranno dorati levateli dal fuoco e, nella medesima pentola, riducete il grasso di cottura con un bicchiere di vino bianco, due cucchiai grandi di miele millefoglie e il succo di limone. Fate poi caramellare gli spiedini nella riduzione ottenuta. Lessate le patate, schiacchiatele per bene, conditele con olio d’oliva, sale, pepe e timo e preparate delle quenelle (in italiano “chenelle”) aiutandovi con due cucchiai, che userete come contorno.
Cosa bere
E’ buona norma, se il piatto prevede l’utilizzo del vino come ingrediente, accompagnarlo col medesimo. Per questo piatto io ho usato (e bevuto) uno Chardonnay del Monferrato
Sonar: tra suoni e visioni
Il Re è vivo e vegeto
Una data che ogni amante del rock conosce bene: oggi ci lasciava Elvis Presley, a soli 42 anni. Un artista che più di ogni altro ha contribuito a cambiare il panorama della musica giovane del XX secolo.
Il 16 Agosto 1977 ci lasciava Elvis Presley, il mio primo vero rock’n’roll hero. Quel giorno, poco dopo mezzanotte, Elvis torna nella sua residenza a Graceland, dopo essere stato dal dentista per una visita. Fino alle prime ore del mattino resta sveglio con la famiglia e il suo staff, si rilassa e cura gli ultimi dettagli del nuovo tour che deve partire da Portland, nel Maine, l’indomani. Verso le 7 del mattino si ritira nella sua camera per riposare fino alla partenza in aereo della sera ma… in tarda mattinata viene trovato privo di sensi nella sua stanza da bagno. Malgrado tutto ciò che verrà fatto dai medici per salvargli la vita, muore all’età di soli 42 anni.
In una giornata di vacanza estiva si spegne il rock’n’roll
Rammento che quel giorno io ero al mare a Lavagna (GE). A differenza dei miei coetanei, indaffarati nella nobile arte del “tacchinaggio da spiaggia”, abbagliati da forme più o meno seducenti racchiuse in colorati bikini… mi trovavo da solo, seduto nella veranda del bar alla prese con il mio primo radio-registratore Philips. Stavo ascoltando una radio locale e, ad un certo punto, le trasmissioni vennero interrotte per dare la funesta notizia della scomparsa del Re. In un’assolata giornata di vacanza se ne andava The King.
Le ultime immagini
Rivediamolo in alcune immagini amatoriali girate da un fan durante il suo ultimo concerto, svoltosi alla Market Square Arena di Indianapolis, il 26 Giugno 1977, davanti a 18mila spettatori. La qualità del girato non è un granchè… ma il valore storico è innegabile.
La cronaca dell’ultima volta
Elvis arriva all’aeroporto di Indianapolis a bordo del suo jet privato, chiamato Lisa Marie in onore di sua figlia. Ad attenderlo c’è Ernie Ruggeri, un funzionario della RCA che gli consegna uno speciale vinile di colore blu del suo ultimo album Moody Blue. Successivamente si reca allo Stouffers Indianapolis Inn per riposare un po’ prima dello spettacolo delle 20:30. Esistono numerose testimonianze dello show, riportate sia dai giornalisti, che dal pubblico e dai musicisti.
Sull’ultima apparizione ufficiale di Elvis, i giornali del giorno successivo furono concordi: un grande spettacolo, eseguito col cuore in mano, tanto che anche i musicisti della band si commossero, come pure il pubblico. Nel libro Elvis In Concert di Sebastiano Cecere, viene descritto un “clima fantastico” che si poteva percepire durante lo show. Anche Elvis fu soddisfatto della sua esibizione, tanto che è possibile vedere il suo compiacimento nelle foto e video del momento in cui si dirige verso la sua limousine, prima di sfrecciare fuori dallo stadio con lo speaker che declama l’abituale annuncio “Ladies and gentleman, Elvis has left the building”.
Neanche due mesi dopo la dipartita
Da lì a poco meno di due mesi, Elvis avrebbe lasciato questo mondo, perdendo la vita a Graceland, la sua villona di Memphis (oggi visitabile e meta di costanti pellegrinaggi). Il giorno successivo sarebbe partito il sesto tour dell’anno, inaugurando a Portland nel Maine, per concludersi il 28 Agosto a Memphis. La sua morte scosse il mondo intero, tanto che ancora oggi in molti stentano a credere che sia successo realmente.
I commenti di alcuni fan eccellenti
Bruce Springesteen dirà: “Ci sono stati molti ragazzi in gamba, molti pretendenti, ma c’è stato un solo re”. E John Lennon affermerà: “Prima di Elvis non c’era nulla!”.E anche se Indro Montanelli buonanima scriverà con la sua proverbiale ironia “Anche noi italiani dobbiamo qualcosa a Elvis Presley: quella di offrirci una delle rare occasioni in cui preferiamo essere italiani piuttosto che americani”… per molti di noi quel ragazzone dal ciuffo ribelle e dal sorriso ammaliante rimane un’icona fondamentale del XX secolo. Capace di fondere mirabilmente il country dei bianchi e il nero rhythm and blues, rappresentando soprattutto un controverso simbolo di ribellione della cultura americana.
Qualcuno sostiene che Elvis sia ancora vivo… e tutto sommato non ha tutti i torti. Non chiamateli “complottisti” ma solamente grandi amanti del talento immortale del Re del Rock’n’Roll!
Sonar: tra suoni e visioni
9 agosto1986, io c’ero: lo show dei misteri, l’ultimo dei Queen con Freddie
Oggi è l’anniversario dell’ultimo concerto dal vivo dei Quenn con Freddie Mercury. Riviviamolo nei ricordi di Luca Varani nel suo blog Sonar.
Oggi ricorre una data importante per gli amanti del rock, e, nella fattispecie, per i fan dei Queen. In Inghilterra, precisamente a Knebworth Park (nei pressi di Stevenage), si tiene I’ultimo concerto della storia dei Queen nella loro formazione originale, con Freddie Mercury alla voce. Ma non è questo l’unico motivo per il quale questo show passerà alla storia. Svariati motivi l’hanno portato ad essere definito il “concerto dei misteri”.
Un concerto intriso di domande
Dopo questo show, che mi vedeva fra il pubblico, passato alla storia per i suoi tanti misteri, la band inglese non ha più effettuato concerti dal vivo fino alla scomparsa di Mercury, avvenuta più di 5 anni dopo. Rappresentanto anche l’ultimo concerto per il bassista John Deacon che, come gli amanti dei Queen sanno, si è allontanato dalla band dopo la morte del leader.
Ricordi personali
Il biglietto d’ingresso costava 14,50 sterline, acquistato in prevendita dal mio amico William (morto due anni fa, pace all’anima sua) che me lo consegnò al mio arrivo a Londra il giorno prima del concerto. Apprezzai molto i supporter, gli scozzesi Big Country, che già conoscevo in Italia, possedendo qualche loro disco. Annoiandomi a morte con gli Status Quo, che non ho mai particolarmente amato. Quel giorno indossavo una maglietta dei Rolling Stones e una guardia all’entrata la squadrò, guardandomi poi negli occhi con un’espressione stupita: forse pensò che avevo sbagliato concerto. I Queen arrivarono a bordo di un elicottero, sorvolando la vasta area piena di pubblico da ore (i giornali poi parleranno di circa 125.000 persone). Per quanto riguarda la scaletta era la classica di quel tour, comprese diverse cover che già avevo sentito attraverso qualche registrazione illegale: su tutte… Tutti Frutti di Little Richard, uno dei capisaldi del rock’n’roll!
Silenzio assoluto sull’AIDS fino al giorno prima della morte di Mercury
Nel 1987 l’indimenticabile Mercury scopre di avere l’AIDS (e non come ci viene erroneamente mostrato nel biopic Bohemian Rhapsody, prima dello show del Live Aid nel 1985). D’accordo con i suoi compagni di sempre, decide di proseguire l’attività solo registrando in studio, lontano dai riflettori che avrebbero impietosamente messo a nudo la progressione del virus. Un desiderio, quello di non informare il pubblico della sua malattia che durò fino al giorno prima della sua morte.
Fitto lancio sul palco
Durante l’esibizione di Belouis Some, cantante poco conosciuto che aveva introdotto i Queen prima di Big Country e Status Quo, il nervosismo del pubblico impaziente era palpabile. Un tizio accanto a me, urlando qualcosa di incomprensibile in un inglese stretto (e ipotizzo piuttosto… gergale) scaglio qualcosa sul palco, che cominciò ad essere oggetto di lanci ripetuti di bottiglie rotte, rendendo il clima piuttosto pericoloso. Belouis Some non era affatto piaciuto all’audience che reagiva in questo modo, il caldo afoso e la birra che scorreva a fiumi rendeva tutto ancora più allarmante.
Viene ucciso uno spettatore
Durante il concerto un uomo morì per dissanguamento in seguito ad una coltellata. Infatti alla fine ci misi circa tre ore ad uscire dal parco perchè la polizia fermava i presenti per raccogliere testimonianze. Nella calca persi anche i miei occhiali da sole. Li avevo acquistati poco prima di entrare nella zona del concerto: ricordo che erano belli, sembravano quelli che indossava Elvis Presley a fine carriera…
Non esiste una registrazione ufficiale dello show
Le uniche registrazioni che ci sono pervenute rappresentano spezzoni realizzati dagli spettatori. In realtà una registrazione – peraltro video – esiste: si tratta di una ripresa amatoriale, piuttosto traballante ma preziosa dal punto di vista documentaristico, realizzata da uno spettatore, che registrò tutto lo show da uno schermo posizionato vicino allo stage. Questa:
Esiste anche un bootleg in vinile (un disco stampato illegalmente, senza l’autorizzazione da parte della band), chiamato Electric Magic. Un titolo non casuale, visto che durante quella serata vennero impiegate apparecchiature particolari in modo da evitare agli spettatori più lontani dallo stage palco di percepire il suono distorto o in ritardo. Purtroppo non fa parte della mia collezione, mannaggia…
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