Sonar: tra suoni e visioni
Canzoni pennute: quell’improbabile relazione tra il pollo e la musica

Come diceva Leo Longanesi… “Un vero giornalista spiega benissimo quello che non sa”. Io, più modestamente del grande elzevirista, pittore, disegnatore, editore ed aforista italiano… uso spesso il pretesto della musica per raccontare alcune mie viscerali passioni, come la cucina.
L’indimenticabile Fred a Detroit
Oggi parliamo di polli in musica. La prima cosa che mi viene in mente è il “confidenziale” Fred Bongusto che canta con eleganza gigiona Spaghetti a Detroit, canzonetta nella quale il protagonista si sottopone ad una dieta ferrea a base di pastasciutta, pollo con contorno di insalatina e caffè, ripensando con nostalgia alle pantagrueliche mangiate fatte nel Michigan. Come non citare poi, in questo contesto, i Chicken Mambo di Fabrizio Poggi?!? E i funambolici Chickenfoot… ne vogliamo parlare?!?
Una ricettina veloce veloce
A questo punto mi è venuta fame… e vi propino una ricettina sperimentata di recente, naturalmente a base del razzolante pennuto: gli arrosticini al miele! Ve la riassumo qui, con una piccola premessa: la cucina è spesso fatta di sapienti contrasti e, per certi versi, l’armonia di un piatto nasce proprio da connubi apparentemente irrealizzabili. Per esempio, può il latte convivere con il limone?
ARROSTICINI DI POLLO CARAMELLATI
Ingredienti per 4 persone:
1 petto di pollo da 500 gr.
Farina q.b.
1 bicchiere di latte
4 patate
Timo q.b.
Olio extravergine l’oliva
2 cucchiai di miele millefoglie
1 bicchiere di vino bianco
1 limone
Sale q.b.
Pepe q.b.
Preparazione
Tagliate a pezzetti il pollo e preparate gli spiedini, che metterete a marinare 15 minuti nel latte per ammorbidirli. Infarinateli e fateli cuocere in pentola con un filo d’olio, aggiustando di sale e pepe. Quando saranno dorati levateli dal fuoco e, nella medesima pentola, riducete il grasso di cottura con un bicchiere di vino bianco, due cucchiai grandi di miele millefoglie e il succo di limone. Fate poi caramellare gli spiedini nella riduzione ottenuta. Lessate le patate, schiacchiatele per bene, conditele con olio d’oliva, sale, pepe e timo e preparate delle quenelle (in italiano “chenelle”) aiutandovi con due cucchiai, che userete come contorno.
Cosa bere
E’ buona norma, se il piatto prevede l’utilizzo del vino come ingrediente, accompagnarlo col medesimo. Per questo piatto io ho usato (e bevuto) uno Chardonnay del Monferrato
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Sonar: tra suoni e visioni
Il Cavaliere e la rockstar mancina: che combinazione sorprendente…

Cosa c’entrano Silvio Berlusconi e Jimi Hendrix?!? Questa apparentemente sorprendente relazione lega i due personaggi per un dettaglio preciso, che non conoscono in molti. Si tratta del prezioso materiale con cui è stata costruita la bara che contiene il feretro con le spoglie di Silvio Berlusconi.
Il medesimo materiale
Il feretro che contiene i resti del Cavaliere è stato realizzato dai maestri artigiani dell’Art Funeral Italy di Caravaggio (BG). Una bara in legno di mogano con striature color rosso bruno proveniente dall’Honduras. Il medesimo legno con cui venivano costruite le leggendarie chitarre di Jimi Hendrix. Fra le tante, la meravigliosa Fender Stratocaster, quella principalmente associata alla sua iconografia, entrata nella storia del rock come simbolo di qualcosa che ha cambiato tutto. Il suo modo di suonare era qualcosa di mai visto prima, a partire dal fatto che continuasse a usare chitarre per destrimani pur essendo mancino. Ciò ha contribuito a creare quel sound unico che noi tutti apprezziamo, lo costringeva infatti a movimenti di dita non ortodossi.
Un legno particolarmente prezioso
La bara si chiama 23 Duomo. Per realizzarla ci sono voluti circa 20 giorni, 10 solo per la lucidatura. Il legno con cui è stata realizzata è stagionato e di elevatissima qualità. Il materiale utilizzato è stato ricavato sezionando tronchi interi, in modo da non far perdere al materiale le sue naturali venature, valorizzando in questo modo l’impronta digitale del legname definita figurazione.
Solo per la verniciatura ci sono voluti 10 giorni di lavoro
Altra caratteristica peculiare nella realizzazione del feretro è la doppia verniciatura: un processo che ha richiesto ben 10 giorni di tempo. Sulla bara infatti, grazie alla doppia verniciatura del legno è stato possibile creare un duplice effetto, visibile al meglio sotto la luce solare. Il cofano, infatti, risulta perfettamente lucido, in grado di mettere in risalto le venature del pregiato legno. Le parti parti laterali della bara e della cornice sono invece satinate.
Quanto è costata?
Il proprietario dell’azienda costruttrice, quando si svolse il funerale di Stato del Cavaliere, non lo svelò per non meglio specificati motivi di riservatezza. Si tratta comunque dello stesso tipo di bara in cui giace l’imprenditore Leonardo Del Vecchio, scomparso nel 2022. L’azienda non ebbe ai tempi contatti diretti con la famiglia Berlusconi, realizzando la bara su commissione per terzi, in quanto solitamente progetta e realizza queste pregiate bare artigianali per diverse agenzie funebri.
Silvio e Jimi, due personaggi in totale antitesi, legati però dalla passione per le donne (clicca qui per un’altra sorprendente rivelazione)… e per questo aneddoto che avete appena letto. Riposino in pace, amen.
Sonar: tra suoni e visioni
Dove riposerà ora Brian Wilson: paradiso o inferno? God only knows…
Il mondo della musica dice addio a una leggenda che, con la sua arte, ha fatto sognare la California a milioni di persone. Wilson ha insegnato al mondo che anche la fragilità può diventare armonia e che il dolore può generare dtraordinaria bellezza. Con la sua scomparsa, non perdiamo solo un artista, ma un pezzo di cultura musicale del Novecento, che rimane viva nelle sue note, tra spiagge, nostalgia e infinite “Good Vibrations”.

Il geniale fondatore dei Beach Boys, è scomparso all’età di 82 anni. Musicista visionario e pioniere del pop-rock, ha rivoluzionato il suono degli anni ’60 con melodie indimenticabili e innovazioni tecniche di straordinaria inventiva. Malgrado un’esistenza segnata da profonde fragilità personali, Wilson ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della musica. Tra i commossi tributi dei suoi compagni di band e l’eredità immortale di capolavori come Pet Sounds, il suo nome rimane simbolo di un sogno americano che continua a risuonare tra le onde del tempo.
Un addio che commuove il mondo della musica
A stroncarlo, un disturbo neurocognitivo simile alla demenza, reso noto all’inizio di quest’anno. La notizia ha scosso il mondo della musica, generando una serie di tributi toccanti da parte dei suoi compagni storici di band e da figure iconiche del panorama musicale. Al Jardine, cofondatore dei Beach Boys e amico d’infanzia di Wilson, ha espresso il suo dolore con parole toccanti:
“Mi sentirò sempre fortunato ad averti avuto nella nostra vita. Eri un gigante umile che mi faceva sempre ridere. Ti sei riunito a Carl e Dennis, e ora cantate di nuovo quelle bellissime armonie.”
Anche Mike Love e Bruce Johnston hanno ricordato come, insieme a Brian, regalarono al mondo il sogno americano di libertà, ottimismo e gioia:
“La sua eredità vivrà attraverso le sue canzoni e nei nostri ricordi.”
L’uomo che fece sognare la California
Brian Wilson non era solo la voce e l’anima dei Beach Boys: era un compositore geniale che, pur non avendo mai davvero cavalcato le onde con un surf, riuscì a tradurre in musica l’essenza della California. Dai primi successi come I Get Around e Help Me, Rhonda fino alla perfezione armonica di Good Vibrations, Wilson ha trasformato il pop in arte. Durante il periodo d’oro della band (1962-1966), i Beach Boys infilzarono 13 hit nella Top 10 di Billboard, diventando il simbolo musicale di una generazione. Il suo capolavoro, Pet Sounds (1966), ha influenzato i Beatles e cambiato per sempre il modo di concepire un album.
Paul McCartney dichiarò:
“È stato Pet Sounds a farmi perdere la testa. Nessuno è davvero istruito musicalmente finché non ha ascoltato quell’album.”
Genio fragile: tra ombre, abusi e rinascita
Dietro la genialità di Wilson si nascondeva un’anima tormentata. Vittima di abusi paterni, afflitto da crisi di panico e da una fragilità mentale crescente, Brian si allontanò dalle scene per rifugiarsi nello studio, tra eccessi di ogni tipo e isolamento forzato. Il controverso rapporto con lo psicoterapeuta Eugene Landy divenne quasi una prigionia, fino alla liberazione legale nel 1992. Ma la sua storia non finisce nel buio: nel 2004 completò Smile, l’album maledetto iniziato nel 1967 e poi abbandonato. Accanto a lui, Melinda Ledbetter, l’ex modella e venditrice di Cadillac che divenne la sua ancora di salvezza e moglie:
“Mi ha salvato la vita. Mi ha restituito fiducia e voglia di vivere.”
In pochi conoscono il rapporto della famiglia Wilson con Charles Manson
Un aspetto indiretto e inquietante era quello che legava i Wilson – più precisamente il fratello di Brian, anche lui membro dei Beach Boys – e Charles Manson, il famigerato criminale e leader della “Family” responsabile degli omicidi Tate-LaBianca nel 1969. Nel 1968, Dennis Wilson fece inconsapevolmente entrare Manson nella sua vita che, all’epoca, cercava di lanciare la sua carriera musicale. Dennis, affascinato dalla sua personalità carismatica e dal gruppo di donne che lo seguivano, lo ospitò per mesi nella sua villa a Sunset Boulevard, a Los Angeles. Manson e la sua “Family” si trasferirono nella casa di Dennis, causando danni enormi (si parla di oltre 100.000 dollari tra abusi di proprietà, spese, furti e distruzioni) e instaurando una presenza sempre più inquietante. Manson voleva diventare una rockstar. Incise alcune demo, e Dennis inizialmente tentò di aiutarlo, portandolo in studio e presentandolo ad alcuni produttori. I Beach Boys arrivarono persino a riarrangiare e pubblicare una sua canzone, Cease to Exist, ribattezzata Never Learn Not to Love, inclusa nel loro album 20/20 (1969). Tuttavia, non accreditarono Manson come autore, cosa che lo fece infuriare.
La rottura e le conseguenze
Quando Dennis iniziò a percepire il lato oscuro e minaccioso di Manson, anche sotto consiglio di Brian, tagliò i ponti. Non lo affrontò direttamente: cambiò casa senza dirgli nulla, lasciando l’abitazione con i Manson ancora dentro. Poco dopo, Manson si allontanò dal mondo della musica e virò verso la follia e la violenza che culminò negli omicidi dell’estate 1969.
Un’eredità musicale immortale
Anche dopo aver lasciato i Beach Boys negli anni ’80, Wilson non smise mai di fare musica. Tornò con la band nel 2012 per l’album That’s Why God Made the Radio, e recentemente aveva partecipato al documentario The Beach Boys di Frank Marshall, su Disney+, tornando simbolicamente sulla spiaggia di Malibu dove tutto era cominciato. La sua incredibile musica rimarrà eterna: non solo per i nostalgici del surf ma per tutti coloro che sanno riconoscere l’arte quando l’arte riesce a parlare al cuore.
Sonar: tra suoni e visioni
Il nastro perduto – e ritrovato – dei Beatles: il più grande errore della Decca
Un incredibile ritrovamento scuote il mondo della musica: un nastro del 1962 con 15 brani registrati dai Beatles per un’audizione alla Decca è stato scoperto per caso in un negozio di dischi a Vancouver. La storia di un rifiuto epocale e di un demo che, dopo oltre sessant’anni, riemerge dal passato.

L’audizione che avrebbe potuto cambiare la storia: il 1° gennaio 1962, quattro giovani musicisti di Liverpool arrivano negli studi della Decca Records a Londra per una delle audizioni più celebri della storia. Paul McCartney, John Lennon, George Harrison e il batterista Pete Best, ancora ignari del destino che li attende, suonano quindici brani selezionati dal loro manager Brian Epstein. Tra classici del rock’n’roll e le prime composizioni originali, il gruppo offre un assaggio del futuro che li renderà immortali. Ma il responso della Decca è un sonoro “No”.
“Le band con la chitarra sono finite”: il più grande abbaglio della musica
Dick Rowe, il produttore a cui viene attribuito (forse ingiustamente) il rifiuto, decreta la sentenza: “Le band che suonano la chitarra sono ormai finite”. Un’affermazione che, col senno di poi, suona come un’eresia musicale. Mentre i Beatles continuano la loro ricerca di un contratto, la Decca si rifà in parte firmando i Rolling Stones l’anno successivo. Ma ormai il danno è fatto: Epstein porta il demo rifiutato alla EMI, dove il produttore George Martin riconosce il talento della band e scrive la storia.
Un viaggio dal Regno Unito al Canada
Sessantatré anni dopo, la vicenda si arricchisce di un nuovo capitolo. Rob Frith, proprietario del negozio di dischi Neptoon Records di Vancouver, trova casualmente una bobina con l’etichetta “Beatles 60s Demos”. All’inizio pensa sia un bootleg, ma dopo averlo ascoltato in uno studio professionale si accorge che la qualità è incredibile: è un master! Ma come è finito un nastro storico dall’Inghilterra al Canada?
Una storia degna di un film
Entra in scena Jack Herschorn, ex proprietario del negozio Mushroom Records. A quanto pare, il nastro gli è stato dato da un produttore inglese negli anni ’70. “L’ho portato a casa e non l’ho mai venduto. Non mi sembrava giusto”, ha raccontato. Ed è così che, tra scatole impolverate e registrazioni dimenticate, un pezzo della storia dei Beatles è rimasto nascosto per decenni, aspettando il momento giusto per riemergere.
Che fine farà il nastro?
Rob Frith ha dichiarato di volerlo conservare, ma è disposto a darne una copia alla Decca se l’etichetta fosse interessata a pubblicarlo. Tuttavia, ha anche aggiunto con ironia: “Se Paul McCartney passasse di qui, sarei molto felice di darlo a lui di persona”. E chi può biasimarlo? In fondo, dopo aver subito il più grande rifiuto della storia della musica, sarebbe un colpo di scena perfetto se fosse proprio Paul a chiudere il cerchio.
Il rifiuto che ha creato una leggenda
Se la Decca avesse detto “sì”, i Beatles sarebbero diventati ciò che conosciamo oggi? Forse. O forse no. Il loro percorso ha preso la strada giusta solo dopo quell’iniziale insuccesso, dimostrando che il talento, unito alla determinazione e a una buona dose di fortuna, trova sempre la sua via. Oggi, mentre il mondo della musica si interroga sul destino di questo nastro, una cosa è certa: anche dagli errori più clamorosi possono nascere leggende.
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