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Cronaca

Benvenuto Leone XIV, il nuovo papa che dovrà portare avanti la croce della pace

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    È il primo Papa nato negli Stati Uniti. La sua elezione rappresenta un segnale di continuità con il pontificato di Francesco e un’apertura alla Chiesa globale. Ha scelto il nome di Leone XIV.

    Habemus Papam. Dopo ore di attesa e una fumata bianca arrivata nel tardo pomeriggio, il Conclave ha scelto il nuovo Pontefice. Il cardinale statunitense Robert Francis Prevost è stato eletto Vescovo di Roma e 267esimo successore di Pietro. La folla in Piazza San Pietro ha accolto con emozione l’annuncio pronunciato dal loggione della Basilica, e il nome del nuovo Papa ha già iniziato a circolare tra i fedeli e i giornalisti presenti da ore sotto le finestre vaticane.

    Nato a Chicago il 14 settembre 1955, Prevost è un religioso agostiniano, ordinato sacerdote nel 1982. Dopo una formazione accademica solida, ha vissuto per oltre un decennio in missione in Perù, dove ha ricoperto incarichi pastorali e di governo all’interno dell’Ordine. È stato superiore della delegazione agostiniana e poi priore provinciale, prima di diventare vescovo di Chiclayo nel 2015. Da lì è stato chiamato a Roma, dove Papa Francesco lo ha voluto prima come membro e poi, nel gennaio 2023, come prefetto del Dicastero per i Vescovi: una delle posizioni più delicate della Curia romana.

    Lo scorso settembre, nel Concistoro che ha visto la nomina di 21 nuovi cardinali, Prevost è stato creato cardinale da Francesco, segno della piena fiducia del Pontefice argentino nei suoi confronti. A pochi mesi di distanza, la sua elezione a Papa conferma il suo ruolo centrale nella nuova geografia della Chiesa: un uomo del dialogo, con esperienza sul campo, ampio respiro internazionale e una conoscenza profonda delle dinamiche ecclesiali.

    Con la sua elezione, la Chiesa cattolica volta una pagina importante. Per la prima volta nella storia, il Papa è un cittadino degli Stati Uniti d’America: un evento simbolicamente potente in un’epoca in cui le tensioni geopolitiche, le sfide della secolarizzazione e le trasformazioni culturali pongono nuove domande al mondo cattolico. Prevost porta con sé la doppia identità di americano del Nord e latinoamericano d’adozione, avendo passato gran parte della sua vita in Sudamerica. Un ponte tra due mondi, due sensibilità, due esperienze ecclesiali.

    In attesa di conoscere il nome pontificale scelto dal nuovo Papa, l’attenzione si sposta ora sul suo primo Angelus, sul messaggio che vorrà dare alla Chiesa universale e sui gesti che accompagneranno l’inizio di questo nuovo pontificato. Intanto, Roma si prepara alla Messa di inizio del ministero petrino, che nei prossimi giorni vedrà convergere in San Pietro migliaia di fedeli e decine di delegazioni ufficiali da tutto il mondo.

    Nel frattempo, le campane suonano a festa. La sede vacante è finita. La Chiesa ha un nuovo pastore.

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      Cronaca Nera

      Angela Celentano, il braccio di ferro sul caso riaperto: la gip sfida l’archiviazione e ordina il test del Dna sulla ragazza turca

      A quasi trent’anni dalla misteriosa scomparsa di Angela Celentano, la giudice Colucci rifiuta di chiudere il fascicolo e apre a nuovi accertamenti: tra questi, un confronto genetico con la giovane donna ritratta in un video girato in Turchia e segnalata dalla blogger Trentinella. Una speranza, l’ennesima, per i genitori della bambina sparita nel nulla sul Monte Faito

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        Non è ancora il momento di abbassare le braccia. A quasi trent’anni dalla scomparsa di Angela Celentano, il caso viene riaperto. E a volerlo è un giudice. La gip di Napoli Federica Colucci ha detto no alla richiesta di archiviazione presentata dalla Direzione distrettuale antimafia partenopea e ha ordinato nuovi accertamenti sulla cosiddetta “pista turca”. Un’ipotesi investigativa controversa, discussa, spesso ridicolizzata. Ma che ora torna prepotentemente in scena, con tanto di richiesta formale di test del Dna sulla ragazza ritratta in una foto arrivata alla Procura tramite canali tanto informali quanto insistenti.

        Tutto ruota attorno a un volto femminile catturato da un video girato sull’isola turca di Buyukada e presentato da Vincenza Trentinella, una blogger che da anni sostiene di avere raccolto prove e testimonianze sulla sopravvivenza di Angela in Turchia. Una delle figure chiave di questo lungo e labirintico racconto è un prete, don Augusto, morto anni fa, che avrebbe saputo tutto durante una confessione. È lui ad aver indirizzato Trentinella verso quell’isola, dove la donna sostiene di aver incontrato “un uomo con una cicatrice al collo”, identificato come Fafhi Bey, che vivrebbe con una ragazza somigliante ad Angela.

        La Procura, però, non ci ha mai creduto fino in fondo. Ha sollecitato ripetutamente la collaborazione delle autorità turche, senza mai ricevere risposte convincenti. E ha puntato tutto su un elemento chiave: l’assenza di compatibilità somatica tra la ragazza della foto e Angela bambina. Un elemento che, unito all’inaffidabilità della fonte, ha portato il pm Giuseppe Cimarotta a chiedere la chiusura del caso.

        Ma la gip Colucci non è dello stesso avviso. Secondo la giudice, non sarebbero stati approfonditi tutti i possibili riscontri. E così ha ordinato un elenco di nuovi atti: tra questi, il più rilevante è la comparazione genetica tra la ragazza turca e il profilo di Angela Celentano, ottenuto anni fa dai genitori. Verranno inoltre ascoltati i testimoni turchi, tra cui un avvocato che potrebbe fornire informazioni decisive sull’identità della ragazza.

        Una decisione che riaccende le speranze – o le illusioni – della famiglia Celentano, che non ha mai smesso di cercare la verità da quel 10 agosto 1996, quando Angela, appena tre anni, sparì durante una gita familiare sul Monte Faito, tra Castellammare di Stabia e Vico Equense.

        Da allora, nessuna pista ha mai portato a un esito certo. Ci sono stati avvistamenti, segnalazioni, lettere anonime, sogni, medium. E ora questa ragazza, con un volto simile e una storia sospetta alle spalle. È solo l’ennesima falsa speranza o davvero, dopo quasi tre decenni, qualcosa si sta muovendo?

        Per ora resta una certezza: il fascicolo resta aperto. E la verità, se c’è, potrebbe essere nascosta dietro un Dna.

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          Italia

          Italia nella morsa del caldo africano: temperature fino a 41°C e rischio temporali al Nord

          Tra oggi e il 30 giugno l’anticiclone subtropicale domina la scena: afa intensa, notti tropicali e instabilità pomeridiana sulle Alpi.

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            L’ultima settimana di giugno si apre con l’Italia stretta nella morsa dell’anticiclone africano, che sta portando una delle ondate di calore più intense della stagione. Le temperature sono in costante aumento, con punte previste fino a 41°C sul Tavoliere delle Puglie e nell’entroterra sardo, mentre le minime notturne restano ostinatamente sopra i 20°C, regalando notti tropicali in molte città. Giovedì 26 giugno il tempo sarà in prevalenza stabile e soleggiato su gran parte del Paese, ma al Nord si farà sentire una certa variabilità: già dal mattino sono attesi rovesci sulle Alpi occidentali, in estensione nel pomeriggio ai rilievi lombardi e altoatesini, con possibili sconfinamenti verso le pianure piemontesi e venete. Non si escludono locali grandinate, soprattutto tra Alto Adige e Cadore. Al Centro e al Sud il sole sarà protagonista, con cieli sereni e temperature in ulteriore rialzo.

            Per domani il caldo africano aumenta

            Venerdì 27 giugno l’alta pressione si rafforza ulteriormente, garantendo condizioni di stabilità quasi ovunque. Solo l’Alto Adige potrebbe vedere qualche isolato temporale pomeridiano. Il caldo si farà ancora più opprimente, con valori massimi tra i 36 e i 39°C nelle zone interne del Centro-Sud e delle isole maggiori. L’afa sarà particolarmente intensa nelle ore serali, soprattutto nei grandi centri urbani. Sabato e domenica il copione non cambia: sole dominante, qualche nube di calore sulle Alpi e sull’Appennino settentrionale, ma senza fenomeni significativi. Le temperature resteranno elevate, con lievi flessioni solo all’estremo Sud. Secondo le proiezioni a medio termine, questa fase di caldo africano intenso potrebbe proseguire anche nei primi giorni di luglio, con l’anticiclone subtropicale ancora ben saldo sul Mediterraneo.

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              Cronaca

              Tel Aviv sospende temporaneamente gli aiuti umanitari a Gaza

              Israele sospende temporaneamente gli aiuti umanitari a Gaza su richiesta di Bezalel Smotrich, mentre Netanyahu incarica l’IDF di garantire che i materiali non finiscano nelle mani di Hamas.

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                Israele ha fermato, per il momento in via temporane, tutti gli aiuti umanitari in favore di Gaza per evitare che finiscano nelle mani di Hamas, dopo la pressione del ministro di ultradestra Bezalel Smotrich. Il governo è al lavoro per stilare un piano militare per garantire la sicurezza delle consegne, con controlli più stringenti, monitoraggi e possibili interventi mirati lungo i valichi di accesso a Gaza. Una decisione che arriva in un clima dalla tensione crescente tra il governo israeliano e i gruppi di controllo nella Striscia di Gaza.

                Hamas non deve entrare in possesso degli aiuti

                L’annuncio ufficiale della sospensione degli aiuti a Gaza è stato reso noto da fonti interne a Channel 12 e riportato dal Times of Israel. L’azione segue la minaccia di dimissioni avanzata da Bezalel Smotrich, ministro di ultradestra nel governo israeliano. Smotrich ha posto come condizione irrinunciabile l’adozione di misure che blocchino il passaggio degli aiuti umanitari nelle mani di Hamas. Una posizione che ha costretto il governo a sospendere per il momento le consegne, per evitare che i materiali finiscano ai militari palestinesi.

                Le direttive per l’IDF

                Benyamin Netanyahu, attraverso il suo ufficio, ha comunicato tempestivamente la sua reazione a questa complessa situazione, incaricando l’esercito israeliano, l’IDF, di predisporre un piano entro 48 ore. L’obiettivo che si vuole ottenere è quello di creare una strategia operativa per evitare che Hamas sottragga gli aiuti umanitari in direzione di Gaza. Netanyahu ha inoltre evidenziato la necessità di assicurare che gli aiuti arrivino realmente alle persone bisognose, senza permettere alle organizzazioni responsabili di attacchi o ostilità di trarne vantaggio.

                La gestione degli aiuti

                La Striscia di Gaza dipende in larga parte dagli aiuti umanitari che entrano attraverso i corridoi controllati da Israele e da altri attori internazionali. La presenza di Hamas rende complicato il trasferimento sicuro e trasparente di cibo, materiali di prima necessità e medicine. Il governo di Israele ha sempre manifestato l’intenzione di aiutare i civili, ma il rischio di riciclaggio delle risorse da parte di gruppi armati ha alimentato la diffidenza. Questa sospensione delle forniture è il segno di una difficoltà precisa nel bilanciare esigenze umanitarie e obiettivi di sicurezza.

                Pressione via via in aumento

                Gli operatori umanitari segnalano come questa situazione provochi un ulteriore aggravio della crisi per il popolo, già allo stremo per le condizioni economiche e sociali nella Striscia. Una decisione che, naturalmente, si ripercuote anche nelle relazioni internazionali intorno al conflitto israelo-palestinese. Svariate organizzazioni umanitarie hanno ribadito l’assoluta necessità di mantenere attivi i canali di soccorso. Nel frattempo, la posizione del governo israeliano, influenzata dalle spinte interne più radicali, contribuisce ad aumentare la pressione diplomatico-politica nel Medio Oriente, segnali inequivocabili di un irrigidimento delle posizioni e di aumento della tensione generale.

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