Connect with us

Cronaca Nera

Crypto-sequestro a New York, Beatrice Folchi libera: “Solo un equivoco”

Beatrice Folchi, la “brunette” italiana coinvolta nel caso del sequestro di Michael Carturan, è stata rilasciata dopo poche ore: il giudice non ha convalidato l’arresto. Resta invece detenuto John Woeltz, investitore da cento milioni, accusato di torture per ottenere la password di accesso ai bitcoin. Si cerca un complice. Il padre della vittima: “Michael sta discretamente bene”.

Avatar photo

Pubblicato

il

    Il soprannome con cui i tabloid americani l’hanno ribattezzata – la “brunette” – fa pensare a un personaggio da spy story patinata. Ma la storia che coinvolge Beatrice Folchi, 24 anni, nata a Latina e trasferita da bambina negli Stati Uniti, ha contorni ben più oscuri.

    Secondo le autorità, Beatrice si trovava nell’appartamento dell’orrore di Soho quando il torinese Michael Valentino Teofrasto Carturan, 28 anni, designer e investitore in criptovalute, è stato tenuto prigioniero per due settimane. Torturato, secondo le accuse, per ottenere la password di accesso al suo portafoglio di bitcoin.

    Arrestata inizialmente assieme al presunto sequestratore, John Woeltz, 37 anni, la giovane è stata liberata poco dopo dal giudice. “Non sono agli arresti. Quello che ho da dire lo dirò con un avvocato”, ha dichiarato in inglese a una reporter americana, apparendo calma, ben vestita, con una borsa Stella McCartney da 1300 dollari e una ciocca di capelli sistemata davanti alle telecamere.

    Il suo nome, nel frattempo, ha cominciato a circolare ovunque. Il New York Post la descrive come una “bellezza mora di un metro e ottanta”. Su Linkedin si presenta con il nickname Bibi e racconta di aver studiato comunicazione e filosofia in Connecticut, collaborando poi con brand come Puma, Rolls-Royce, Bentley e Manchester City.

    Resta in carcere invece John Woeltz, soprannominato dai media “il crypto torturatore”. Un personaggio da romanzo: ricchissimo – si parla di un patrimonio da 100 milioni di dollari –, proprietario di un elicottero, descritto come un mix tra American Psycho e The Wolf of Wall Street. Le accuse a suo carico sono pesantissime: sequestro di persona, torture, possesso d’arma per scopi criminali.

    Carturan, secondo la ricostruzione, sarebbe stato aggredito il 6 maggio. Per due settimane sarebbe rimasto legato con cavi elettrici, umiliato e seviziato. In un’occasione, Woeltz gli avrebbe persino urinato addosso. Ma il giovane italiano è riuscito a liberarsi e a fuggire. Probabilmente, salvandosi la vita.

    Gli investigatori sono convinti che a Woeltz manchi un pezzo: un complice, “il terzo uomo”, ancora da identificare. Intanto, la famiglia Carturan si prepara a raggiungere New York. Il padre Maurizio ha detto: “Michael sta discretamente bene”. Ma le sue condizioni psicologiche, dopo quanto subito, restano da valutare.

    Negli Stati Uniti il sequestro di Carturan si inserisce in un fenomeno inquietante: i rapimenti mirati a estorcere criptovalute sono in crescita. In Connecticut una coppia fu speronata mentre cercava casa: sei uomini li rapirono per colpire il figlio, sospettato di un furto da 230 milioni in bitcoin. In Florida, tre adolescenti hanno rapito un cripto-investitore, sottraendogli quattro milioni.

    A Las Vegas si organizzano corsi per imparare a fuggire se legati e imbavagliati. Carturan, forse, ne aveva visto uno. Oppure ha solo avuto sangue freddo. In ogni caso, è vivo. Ed è questo, per ora, l’unico lieto fine possibile in una vicenda dove il confine tra realtà e thriller si è fatto sottilissimo.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Cronaca Nera

      “Chiara uccisa da un sicario, Stasi sa ma non può parlare”: l’ipotesi shock dell’avvocato Lovati

      Massimo Lovati, avvocato vigevanese e difensore di Andrea Sempio, espone per la prima volta la sua visione alternativa del delitto di Garlasco. Una teoria senza prove, nata – dice – da un sogno: Chiara sarebbe stata assassinata da un sicario su mandato di ambienti ecclesiastici compromessi. “Alberto Stasi sa, ma deve tacere. Per salvarsi la vita”.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        «Un sogno. Scriva pure così: è un sogno». Ma il sogno dell’avvocato Massimo Lovati, esperto penalista vigevanese, ha contorni tanto precisi da sembrare quasi una sceneggiatura noir. Riguarda uno dei delitti più discussi degli ultimi vent’anni, quello di Chiara Poggi a Garlasco. E accusa: non Stasi, non Sempio, ma un killer professionista mandato da chi aveva interesse a tenere la ragazza zitta.

        Lovati, classe 1952 – nato proprio il 13 agosto, stesso giorno in cui nel 2007 Chiara fu massacrata –, difende Andrea Sempio fin dal 2016. Lo ha sempre dichiarato estraneo ai fatti. Ma solo recentemente ha iniziato a parlare di un altro scenario, mai emerso in aula e oggi affidato alle pagine della cronaca: «Chiara scoprì qualcosa che non doveva scoprire. È stata eliminata per quello. Non da Stasi. Ma da un sicario».

        Il nodo, secondo Lovati, ruoterebbe attorno al Santuario della Bozzola, a pochi chilometri da Garlasco. «Nel 2012 vennero fuori storie di esorcismi, pedofilia e ricatti. Ma quei riti c’erano anche prima. Lo sapevano tutti», dice. Un contesto torbido, che coinvolgerebbe ambienti religiosi e oratori, anche se – ci tiene a precisare – Sempio non ha nulla a che fare con quei giri: «Lui è un comunista, un disadattato. Non frequenta chiese».

        La tesi è estrema, e Lovati stesso la definisce “letteraria”. Ma ne parla con convinzione: «La figura del sicario è ben nota nella criminologia. Sono professionisti, non li scopri mai. Guardi Trotzky, ucciso in Messico. Anche nel delitto di Chiara l’esecuzione fu perfetta: confondere le acque era il vero obiettivo».

        Secondo l’avvocato, il racconto di Stasi sulla scoperta del corpo “non sta in piedi”. Troppe incongruenze, troppe versioni. «È stato imbeccato. Ha detto cose che non reggono. E quando menti così tanto è perché stai coprendo qualcosa o qualcuno». Ma perché farlo? «Perché l’alternativa era finire sottoterra».

        Una frase che lascia intendere tutto e niente. Ma quando gli si chiede chi sarebbero questi “mandanti”, Lovati è netto: «In bianco. Mi segue?». Il riferimento alla Chiesa è esplicito, e l’avvocato non si tira indietro: «Non sarebbe la prima volta. Vede cos’è accaduto con Emanuela Orlandi? Ma le ripeto: è un sogno. Non voglio guai».

        Nessuna prova, dunque. Solo suggestioni. Tanto che lo stesso Lovati ammette: «Forse è solo materiale per un romanzo. Magari un giorno lo scriverò». Intanto però la sua difesa per Andrea Sempio va avanti. Contestano le consulenze di parte e si preparano al confronto in aula: «Se si dovesse arrivare a processo, valuterà il giudice».

        Una cosa è certa: l’avvocato Lovati non è disposto a restare in silenzio. Anche se, a suo dire, qualcun altro è stato costretto a farlo.

          Continua a leggere

          Cronaca Nera

          Sequestrato e torturato a Soho: l’incubo newyorkese del designer torinese Michael Carturan

          Un italiano di 28 anni è stato tenuto prigioniero per due settimane in una casa di lusso nel cuore di Manhattan da un presunto imprenditore della criptovaluta. Arrestata anche una connazionale complice. Le indagini non escludono altri coinvolti

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            Alle 9.37 di un venerdì mattina qualsiasi, nel cuore patinato di Soho, Manhattan, l’agente di polizia addetto al traffico all’incrocio tra Mulberry e Prince Street è stato avvicinato da un ragazzo italiano. Era scalzo, visibilmente provato, e ha raccontato un incubo che sembrava uscito dalla sceneggiatura di un thriller. Il suo nome è Michael Valentino Teofrasto Carturan, ha 28 anni, è un designer torinese e ha detto di essere appena scappato da una casa dove era stato sequestrato e torturato per due settimane.

            Un racconto surreale, che però ha trovato subito conferma. Pochi minuti dopo, un camion dei pompieri e tre volanti della polizia hanno raggiunto il civico 38 di Prince Street. Dietro il cancelletto in ferro battuto, una lussuosa townhouse di quattro piani, valutata 25 milioni di dollari e affittata per 75mila al mese, era diventata teatro di sevizie da film horror.

            All’interno, gli agenti hanno arrestato John Woeltz, 37 anni, originario del Kentucky, noto nel mondo della finanza alternativa come imprenditore e influencer della comunità crypto. Al momento dell’irruzione, tentava la fuga: piedi scalzi, accappatoio bianco, mani ammanettate dietro la schiena. In casa, gli inquirenti hanno trovato foto Polaroid di Carturan legato a una sedia, i piedi immersi in una bacinella d’acqua, il volto terrorizzato mentre una pistola gli viene puntata alla tempia. In un’altra immagine, compare un taser. Gli strumenti di tortura erano ancora lì, insieme a una pistola e a sostanze stupefacenti.

            Il motivo? Le password del portafoglio digitale di Carturan, che Woeltz avrebbe voluto estorcergli. Per costringerlo, gli aveva messo al collo un Apple Tag, il dispositivo usato per localizzare oggetti smarriti. Lo aveva minacciato di amputargli mani e piedi con una motosega. L’italiano ha raccontato di aver tentato più volte la fuga, convinto che quel venerdì sarebbe stato il suo ultimo giorno di vita.

            Con Woeltz è stata arrestata anche una connazionale: Beatrice Folchi, 24 anni, trasferita negli Stati Uniti da bambina. Lavorava per l’americano, ed è accusata di sequestro di persona. Secondo la famiglia, sarebbe stata già rilasciata, ma le indagini vanno avanti: non si esclude la presenza di un terzo complice.

            I due italiani si conoscevano da tempo. Carturan era in affari con Woeltz, almeno così risulta alle autorità. Ma la famiglia del giovane torinese era all’oscuro di tutto: delle criptovalute, delle sue attività a New York, persino del fatto che fosse negli Stati Uniti. Il 6 maggio, giorno del suo arrivo a Manhattan con un visto turistico, era stato accolto proprio da Woeltz nella lussuosa townhouse che avrebbe dovuto essere una base di lavoro. È lì che il presunto imprenditore lo ha imprigionato, strappandogli il passaporto e lasciandolo isolato dal mondo.

            Misterioso, Carturan non ha profili social né presenza digitale. Ha studiato al liceo artistico Cottini di Torino, si è formato nell’ambito dell’orticoltura e del design di giardini, ha vinto concorsi. Poi un buco nero. Le forze dell’ordine stanno cercando di ricostruire i suoi ultimi spostamenti e le reali motivazioni del viaggio.

            Un frammento inquietante arriva da una vicina, Jennifer Crawford, che ha raccontato a la Repubblica di un party sfarzoso tenutosi proprio nei giorni precedenti all’irruzione: “Ho visto portare fiori per centinaia di dollari. Non avrei mai immaginato un epilogo simile”.

            Il console italiano a New York, Fabrizio Di Michele, si è recato in ospedale per incontrare Carturan, ma il giovane era già stato dimesso. La famiglia, al momento, non ha richiesto assistenza consolare.

            Mentre le indagini vanno avanti e Woeltz viene formalmente incriminato per aggressione, sequestro di persona e possesso d’arma per scopi criminali, resta da chiarire l’esatto ruolo della rete di persone coinvolte. Il confine tra business e minaccia, tra crypto e crimine, in questa storia è diventato troppo sottile. E per Michael Carturan, l’unico obiettivo ora sembra essere ricominciare a vivere.

              Continua a leggere

              Cronaca Nera

              Dal frate alla food blogger: che fine hanno fatto i ragazzi di Garlasco, 18 anni dopo il delitto di Chiara Poggi

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                Diciotto anni fa erano ventenni con l’estate addosso. Adolescenti di provincia, cresciuti tra le scuole e le partite a calcetto nella bassa lomellina. Oggi sono uomini e donne adulti, ciascuno con una vita diversa, più o meno lontana da Garlasco e da quella villetta in via Pascoli. Ma il tempo, nella cronaca, non basta a cancellare. Con le nuove indagini riaperte dalla procura di Pavia sul delitto di Chiara Poggi, è tornata a emergere la rete degli amici di allora: volti noti e meno noti, rimasti nel cono d’ombra di una tragedia mai dimenticata.

                Marco Poggi, l’ingegnere silenzioso

                Il fratello della vittima, Marco Poggi, oggi vive a Mestre, lontano da Garlasco e da quel dolore che ha segnato per sempre la sua giovinezza. Dopo la laurea in ingegneria, ha scelto l’anonimato. Non ha mai rilasciato dichiarazioni, nemmeno dopo la condanna di Alberto Stasi nel 2015. Le nuove ombre sull’inchiesta, però, lo hanno riportato sotto i riflettori. Per lui il passato non è mai passato.

                Andrea Sempio, da “amico di famiglia” a indagato

                Andrea Sempio, grande amico di Marco e vicino di casa della famiglia Poggi, è oggi al centro della cosiddetta “pista alternativa”. Vive a Voghera, in una casa di corte, e lavora in un negozio di telefonia a Montebello della Battaglia. Il suo nome riemerse nel 2016, quando un consulente nominato dalla difesa di Stasi trovò nel computer di Chiara una ricerca con il suo nome. Oggi è difeso dall’avvocata Angela Taccia, che da ragazza faceva parte della stessa comitiva.

                Angela Taccia, l’amica diventata avvocata

                Classe 1988, ex fidanzata di Alessandro Biasibetti, Angela Taccia è oggi protagonista dell’inchiesta: è la legale di Sempio. Un cortocircuito narrativo quasi cinematografico. La ragazza del gruppo, diventata avvocata a Milano, si ritrova a difendere un amico d’infanzia proprio nel caso che ha stravolto la vita di tutta la comitiva.

                Alessandro Biasibetti, da oratorio a ordine domenicano

                Tra i più religiosi del gruppo, Alessandro Biasibetti era noto per il suo impegno in parrocchia. Oggi è Fra Alessandro, diacono domenicano ordinato a dicembre dello scorso anno. Ha studiato a Pavia e poi a Roma. È rientrato nel caso per via dell’incidente probatorio disposto dalla Procura: anche il suo DNA sarà analizzato, come quello di molti amici dell’epoca.

                Roberto Freddi e Mattia Capra, il consulente e il carrozziere

                Roberto Freddi lavora oggi come consulente aziendale, mentre Mattia Capra fa il carrozziere, proprio come nel 2007. Entrambi sono stati coinvolti nelle nuove analisi biologiche ordinate dagli inquirenti. Persone normali, vite normali. Ma ancora inchiodate a una pagina di cronaca che non smette di far rumore.

                Marco Panzarasa, il miglior amico di Stasi

                All’epoca dei fatti era il miglior amico di Alberto Stasi, oggi è un avvocato affermato a Pavia. Anche il suo DNA sarà prelevato nell’ambito dell’incidente probatorio. Mai stato coinvolto direttamente nell’inchiesta, oggi si trova a fare i conti con un passato che torna a bussare con insistenza.

                Le gemelle Cappa, tra fotografia e jet set

                Paola e Stefania Cappa erano note nei giorni del delitto per quel famoso fotomontaggio davanti alla villetta, diventato simbolo delle “piste alternative” cavalcate dagli innocentisti. Oggi Paola è fotografa e food blogger, si divide tra l’Italia e Ibiza. Stefania, invece, è avvocata dal 2012, lavora nello studio legale del padre a Brera e ha sposato Emanuele Arioldi, campione di equitazione e rampollo della famiglia Rizzoli.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù