Connect with us

Cronaca Nera

Il giallo di David Rossi: nuova perizia e misteri irrisolti. E spunta l’ombra di un serial killer

La nuova inchiesta parlamentare, guidata dal deputato Gianluca Vinci, vuole fare luce su orari, spostamenti e testimonianze cruciali mai approfondite. Al centro dell’indagine, il ruolo di Giandavide De Pau, l’assassino di Roma che nel 2019 si autoaccusò della morte di Rossi. Un altro caso di omicidio a Siena, con un modus operandi simile, aggiunge nuovi interrogativi.

Avatar photo

Pubblicato

il

    La Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di David Rossi tornerà a Siena il 7 marzo per un nuovo sopralluogo sul luogo del presunto suicidio dell’ex capo della comunicazione di Monte dei Paschi. Dieci anni dopo quella notte del 6 marzo 2013, i dubbi sulle reali dinamiche della sua morte restano ancora irrisolti, tra ferite inspiegabili, video delle telecamere che mostrano dettagli anomali e incongruenze nelle testimonianze.

    «Vogliamo capire chi c’era quel giorno e come si è mosso», ha spiegato Gianluca Vinci, presidente della Commissione e deputato di Fratelli d’Italia. L’obiettivo è aggiornare la superperizia dei Ris, incrociando i nuovi accertamenti con i risultati della precedente indagine parlamentare guidata dal senatore Pierantonio Zanettin (Forza Italia), che aveva sollevato molte incongruenze senza mai trovare risposte definitive.

    Nuove perizie e un giallo mai comunicato alla Procura

    Per la prima volta, la Commissione ha deciso di dotarsi della consulenza di uno psicologo forense, il criminologo Edoardo Genovese, per analizzare il contesto psicologico attorno al caso.

    Ma il vero colpo di scena riguarda una figura inquietante, mai collegata ufficialmente al caso fino ad ora: Giandavide De Pau, il killer delle prostitute romane, arrestato per gli omicidi del 17 novembre 2022 a Roma.

    De Pau, infatti, nel 2019 si era autoaccusato della morte di David Rossi, ma la Commissione non ne fu mai informata dalla Procura di Siena. Un dettaglio che ora appare troppo importante per essere ignorato.

    Un altro omicidio con troppi punti in comune

    C’è di più: nei giorni successivi alla morte di Rossi, a Siena venne uccisa un’altra prostituta, con un modus operandi simile a quello utilizzato da De Pau. Per quell’omicidio è attualmente in carcere William Renan Vilanova Correa, coinquilino della vittima, che però si dichiara innocente.

    Correa in passato aveva rilasciato dichiarazioni clamorose, parlando di festini a cui avrebbero partecipato due magistrati che hanno svolto le indagini sul caso Rossi. Una rivelazione pesante, che si intreccia con le parole dell’ex colonnello dei carabinieri Pasquale Aglieco, il quale aveva raccontato alla Commissione come la scena del crimine fosse stata contaminata. Aglieco, che oggi si trova in Tunisia, è uno dei testimoni chiave della vicenda, ma la sua denuncia è stata archiviata.

    Le ombre su Mps e il ruolo della politica

    Se il caso di David Rossi è ancora aperto, molto lo si deve anche alla determinazione del legale della famiglia, Carmelo Miceli, ex deputato Pd, che ha continuato a chiedere giustizia nonostante le resistenze del suo stesso partito. Mps, per anni cassaforte della sinistra, continua a essere un nodo scomodo per il Pd, che ha sempre evitato di approfondire gli intrecci tra la banca e la politica locale.

    Un decennio di domande senza risposta

    A dieci anni dalla sua morte, David Rossi resta un mistero irrisolto. Suicidio o omicidio? Gli interrogativi sono ancora lì, incisi in quei frame sgranati delle telecamere, nelle ferite inspiegabili sul corpo, nelle testimonianze discordanti.

    Il 7 marzo, Siena tornerà a essere il centro di un’indagine che non si è mai chiusa davvero. La Commissione saprà finalmente dare le risposte che per troppo tempo sono rimaste nell’ombra?

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Cronaca Nera

      Garlasco, tensione in diretta tra Sciarelli e l’avvocato di Stasi: «Se l’è presa…» E Savu dal carcere accusa: «Andava con tutte»

      Durante la puntata è tornato anche l’ex avvocato di Sempio, Massimo Lovati, che ha commentato le indagini sulla presunta corruzione dell’ex pm Venditti: «Un’accusa che fa ridere»

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        A Chi l’ha visto?, la puntata di mercoledì 5 novembre si è trasformata in un confronto acceso sul caso Garlasco, a 17 anni dall’omicidio di Chiara Poggi.
        La conduttrice Federica Sciarelli ha ospitato in studio Antonio De Rensis, avvocato di Alberto Stasi, condannato a 16 anni per l’omicidio della fidanzata. Ma il clima si è surriscaldato dopo le parole di Flavius Savu, il cittadino romeno rientrato in Italia dopo un mandato di arresto internazionale per estorsione aggravata ai danni dell’ex rettore don Gregorio Vitali.

        Le accuse di Savu

        Dalla cella, in un audio mandato in onda in esclusiva, Savu ha puntato il dito contro Stasi: «Perché l’ha uccisa? Lui andava con tutte. Chiara Poggi l’ha scoperto e gli aveva detto che avrebbe parlato».
        Parole pesanti, che hanno provocato la reazione immediata del legale.

        La replica dell’avvocato De Rensis

        «La vita di Alberto Stasi è stata vivisezionata durante le indagini – ha detto De Rensis – mentre altre cose sono state guardate velocemente. Alberto era tutto il giorno all’università, impegnato con la tesi. Se avesse avuto un’altra relazione, nel clima colpevolista del 2007 lo avremmo saputo dopo due secondi».

        Quando Sciarelli, notando la sua irritazione, gli ha detto «Avvocato, lei se l’è presa», il legale ha ribattuto con fermezza: «No, sono tranquillissimo. Non vedo l’ora che questo signore vada in procura. Credo che non sarà importante ciò che potrà dire, ma ciò che potrà dare. Se ha davvero delle informazioni, le comunichi. Magari se all’epoca fossero state scandagliate tutte le vite come quella di Alberto, oggi non saremmo qui».

        Il ritorno di Lovati

        La serata ha visto anche il ritorno in video di Massimo Lovati, ex legale di Andrea Sempio, finito di recente al centro di un’indagine per presunta corruzione dell’ex pm Vincenzo Venditti, che nel 2017 aveva archiviato la posizione del suo assistito.
        «Non riesco a capire come possa profilarsi un’accusa del genere verso quell’uomo – ha dichiarato Lovati –. Questa indagine è solo un apripista, un grimaldello per arrivare ad altro. Per me, fa ridere».

        L’avvocato ha poi ammesso di aver ricevuto compensi per circa 15-16 mila euro dal team difensivo di Sempio: «Andavo a ritirare la mia parte, che veniva consegnata allo studio Soldani. Dividevamo per tre, la matematica non è un’opinione».
        Una versione smentita dagli avvocati Soldani e Grassi, che hanno ribadito di non aver mai ricevuto soldi dal loro assistito, ma solo “visibilità”.

        A 17 anni dal delitto, il caso di Garlasco continua a sollevare domande, sospetti e nuove tensioni, anche in diretta tv.

          Continua a leggere

          Cronaca Nera

          Omicidio Meredith, parla Mignini: «Una nuova pista, un nome mai emerso». E riapre il caso di Amanda Knox e Raffaele Sollecito

          Giuliano Mignini rivela di aver trasmesso alla Procura un nome inedito. L’ex magistrato non assolve Knox e Sollecito: «Erano gli unici presenti. Circostanze fortunate per loro». Mentre la nuova pista prende forma, tornano dubbi, ferite e domande su uno dei casi più mediatici della cronaca italiana.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            Diciotto anni dopo, il caso Meredith Kercher torna a farsi sentire come un eco che non si spegne mai. A riaccendere la miccia è Giuliano Mignini, il magistrato che coordinò le indagini sull’omicidio della studentessa inglese uccisa a Perugia nel 2007. Una dichiarazione, una suggestione, e il fascicolo rientra nell’immaginario di un Paese che quel delitto non l’ha mai davvero archiviato.

            Mignini parla di una nuova informazione arrivata di recente: «Una fonte che ritengo affidabile mi ha fatto il nome di un individuo, mai preso in considerazione prima d’ora. Una persona che potrebbe essere implicata nell’omicidio e che scappò all’estero pochi giorni dopo il delitto». Una frase che pesa, perché arriva da chi quella storia l’ha vissuta dall’interno. E perché, per la prima volta, si cita un potenziale nuovo protagonista.

            La Procura di Perugia, per ora, non conferma l’apertura di un nuovo fascicolo. Ma Mignini specifica: «Ci sono elementi che potrebbero far pensare che questa persona abbia un qualche coinvolgimento nella vicenda. Ho segnalato la cosa alla Procura di Perugia». Poi un retroscena: «Se avessi conosciuto certi particolari all’epoca, avrei sicuramente approfondito. Purtroppo, per anni, chi sapeva non ha parlato per paura».

            Nel frattempo, la storia resta segnata dalla condanna di Rudy Guede — oggi libero — e dall’assoluzione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito dopo un percorso giudiziario infinito. Una conclusione che Mignini non ha mai considerato soddisfacente. «Le circostanze sono state fortunate per loro», osserva. E aggiunge: «Sicuramente Knox e Sollecito pensano di aver “stravinto” ma la realtà è ben diversa. Bastava che l’avvocato Biscotti non chiedesse il rito abbreviato per Guede e la condanna sarebbe stata certa anche per loro».

            Non un’accusa esplicita, ma un’ombra che torna. «Sono stati assolti con formula dubitativa», ricorda l’ex pm. «Gli unici presenti sul luogo del delitto erano con certezza conclamata Amanda Knox e quasi certamente Raffaele Sollecito. Il dubbio è su quello che hanno fatto. Hanno partecipato o sono stati solo spettatori?». Una domanda che sembra avere perso i confini del processo per diventare terreno di memoria, convinzioni personali, ferite istituzionali.

            Diciotto anni dopo, Meredith Kercher resta al centro di una storia giudiziaria che continua a interrogare più che a rassicurare. E nell’Italia che osserva questi ritorni, c’è una sensazione sospesa: come se il tempo avesse provato a chiudere una porta che qualcuno, ancora oggi, non riesce a sigillare.

              Continua a leggere

              Cronaca Nera

              “Corona aveva rapporti con i clan”: le rivelazioni del pentito William Alfonso Cerbo, detto “Scarface”

              William Alfonso Cerbo, 43 anni, ex collettore economico del clan Mazzei di Catania, ha raccontato ai pm della Dda di Milano che Fabrizio Corona “si rivolgeva a Gaetano Cantarella quando aveva problemi su Milano”. Tra i ricordi, una richiesta di “recupero di 70mila euro a Palermo” e una cena con Lele Mora legata all’Ortomercato.

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                Il pentito William Alfonso Cerbo, detto “Scarface”, ha chiamato in causa Fabrizio Corona nel corso del maxi processo “Hydra” sulla presunta alleanza tra Cosa Nostra, ’ndrangheta e camorra in Lombardia. Davanti ai pm della Dda di Milano Alessandra Cerreti e Rosario Ferracane, Cerbo ha raccontato di essere stato “collettore economico a Milano del clan Mazzei di Catania” e di aver avuto contatti diretti con il mondo dello spettacolo.

                Secondo quanto emerge dai verbali, l’ex re dei paparazzi “si rivolgeva a Gaetano Cantarella, storico affiliato al clan Mazzei, quando aveva problemi su Milano o per un recupero credito di 70mila euro a Palermo legato a una truffa subita da un suo amico”. Cerbo ha anche ricordato che “Corona e Cecilia Rodriguez vennero nella mia discoteca a Catania”, sottolineando come Cantarella avesse rapporti con “diversi personaggi dello spettacolo”.

                Nel corso dei sei interrogatori, tra settembre e ottobre, Cerbo – oggi 43enne – ha ammesso la propria “partecipazione al reato associativo” e depositato una memoria di 27 pagine in cui elenca i punti della sua collaborazione con la giustizia. Tra questi, la scomparsa di Cantarella, ucciso nel 2020 in un episodio di lupara bianca su cui indagano i magistrati milanesi.

                In un altro capitolo della memoria, Cerbo parla anche di Lele Mora. “Una domenica sera andammo a cena a casa di Lele Mora a discutere di affari all’Ortomercato”, ha raccontato. “Voleva sapere che tipo di frutta avrei potuto fornire, le quantità e i prezzi. Mi disse di avere rapporti stretti con il presidente della Sogemi e che sarei potuto essere utile grazie ai miei prezzi”.

                Cerbo sostiene di aver inviato all’ex agente dei vip “il package della frutta in arrivo”, che Mora avrebbe poi girato a contatti all’interno del mercato ortofrutticolo milanese.

                L’inchiesta “Hydra” coordinata dalla Dda di Milano mira a ricostruire le connessioni economiche e criminali tra le principali organizzazioni mafiose in Lombardia. E le parole di “Scarface” – tra imprenditori, personaggi televisivi e affari illeciti – aggiungono un tassello inquietante alla trama di rapporti tra mondi apparentemente lontani.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù