Cronaca Nera
Il celebre serial killer resta in carcere. Nessuna pietà per il Figlio di Sam
La negazione della libertà condizionata per David Berkowitz evidenzia la gravità dei suoi crimini e il profondo impatto che hanno avuto sulla società. Nonostante i suoi tentativi di mostrarsi pentito e riformato, la sua figura rimane indissolubilmente legata ai tragici eventi che lo resero famoso. Mentre il mondo continua a interrogarsi sui suoi crimini, una cosa è certa: la storia del Figlio di Sam non sarà dimenticata facilmente.
David Berkowitz, il famigerato serial killer noto come ‘Figlio di Sam’, continua a scontare la sua pena dopo più di 40 anni di carcere. La sua richiesta di libertà condizionata è stata negata per la dodicesima volta, segno che i suoi crimini efferati continuano a lasciare un’impronta indelebile nella memoria collettiva.
La cattura di David Berkowitz e la condanna
Arrestato nel 1977, David Berkowitz è stato riconosciuto colpevole dell’omicidio di sei persone a New York tra il 1976 e il 1977. Gli omicidi, che terrorizzarono la città, erano caratterizzati da una brutalità sconvolgente e da un modus operandi unico che coinvolgeva giovani donne e coppie. Lasciava messaggi inquietanti e biglietti accanto ai corpi delle sue vittime, in cui si firmava come ‘Figlio di Sam’.
Berkowitz ha affermato che un cane posseduto dal demone di un vicino, chiamato Sam, gli ordinava di commettere questi crimini. Questo dettaglio macabro contribuì a creare l’aura sinistra attorno alla sua figura.
La vita in carcere e le richieste di libertà condizionata
Condannato all’ergastolo, Berkowitz ha iniziato a chiedere la libertà condizionata dal 2002, con udienze programmate ogni due anni. Durante queste udienze, Berkowitz ha espresso il suo rimorso e ha chiesto scusa apertamente per i suoi crimini, sperando in una possibile riabilitazione. Tuttavia, il sistema giudiziario ha ritenuto che la sua liberazione non fosse appropriata, negandogli la libertà condizionata per la dodicesima volta.
L’impatto degli omicidi del Figlio di Sam
Gli omicidi del Figlio di Sam hanno lasciato una cicatrice profonda nella storia criminale degli Stati Uniti. Berkowitz, con la sua inquietante dichiarazione di essere guidato da un cane demoniaco, ha alimentato paure e miti che perdurano fino ad oggi. I suoi crimini hanno ispirato numerosi libri, documentari e film, facendo di lui uno dei serial killer più studiati e discussi di sempre.
La psicologia del serial killer
La storia di Berkowitz non è solo una cronaca di orrori, ma anche uno studio della mente umana. Psicologi e criminologi hanno esaminato a lungo le sue motivazioni e le sue dichiarazioni. Alcuni sostengono che il racconto del cane demoniaco fosse un modo per giustificare le sue azioni, mentre altri vedono in lui un esempio estremo di disordini mentali non trattati.
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Cronaca Nera
Filippo Turetta: gli appunti segreti sul telefono svelano chi era davvero. “Cose carine per Giulia” per il 2023
Tra propositi di cambiamento e pensieri ossessivi, ecco cosa emerge dagli screen del suo telefono. Il diario segreto digitale di Filippo Turetta: appunti metodici e propositi per Giulia Cecchettin
Filippo Turetta, l’assassino di Giulia Cecchettin, non solo ha lasciato dietro di sé una scia di orrore, ma anche un vero e proprio “diario segreto” digitale. Annotazioni metodiche, divise in sezioni ordinate, che rivelano molto su chi fosse realmente. Grazie alle informazioni trasmesse in esclusiva da Pomeriggio Cinque, emerge un ritratto inquietante dell’uomo, attraverso le schermate del suo telefono.
Tra le righe si trovano i “buoni propositi 2023” scritti da Turetta, che includono: “Aiutare Giulia a migliorare il profilo, allenarsi con costanza, andare a un concerto, apprezzare la vita.” A colpire è la metodicità con cui catalogava ogni pensiero, emozione e strategia, come se fosse in cerca di un riscatto o di un ordine nella sua vita personale e relazionale.
I pensieri ossessivi verso Giulia Cecchettin
Tra le note, emerge chiaramente un’ossessione per Giulia, la giovane vittima. Turetta elencava dettagliatamente “cose carine per lei”, come se si trattasse di un piano per riconquistarla o per mantenerla legata a sé. Annotava gesti quotidiani: “Mandarle un post al giorno su Instagram. Portarla a prendere le frittelle a mensa. Regalarle delle mimose il giorno della Festa della Donna.” Questo elenco preciso mostra un desiderio di controllo e di pianificazione maniacale, riflettendo una visione distorta e possessiva della relazione.
Le note sui suoi fallimenti e le insicurezze
Accanto ai propositi romantici, Turetta teneva un’altra cartella intitolata “Cose che non vanno”, un vero e proprio inventario di tutto ciò che lo tormentava: “Non mi ha mandato un messaggio affettuoso dopo la buonanotte. Non mi ha invitato alla festa di compleanno di Elena. Non mi include nella sua vita lasciandomi sempre solo.”
Queste annotazioni riflettono una forte insicurezza e un senso di abbandono, che si traducevano in una crescente frustrazione. Turetta non si limitava a riflettere sui suoi errori: creava veri e propri piani per migliorarsi, includendo appunti su come affrontare le sue debolezze: “Non litigare perché peggiora solo le cose. Ridurre l’over thinking.”
L’autocritica feroce e l’ossessione per il cambiamento
Il telefono di Turetta custodiva anche elenchi di propositi personali che riflettevano la sua costante autocritica: “Smettere di sentirmi in colpa. Ridurre la procrastinazione. Essere sempre produttivo.” Alcuni dei punti annotati riguardano la sua routine quotidiana, mostrando la sua ossessione per il controllo: “Spalmare creme viso e mani giornalmente. Caricare più post e storie.”
Non mancano riferimenti alla sua insicurezza fisica, con commenti duri come: “Ho i piedi piatti, ho i denti storti, sono povero e non sono bello.”
I pensieri finali: ansia e pentimento
Turetta mostrava un lato vulnerabile e angosciato anche nelle note che riguardavano il suo stato mentale: “Non ce la faccio, non ho voglia e non riesco a fare niente.” Altri appunti rivelano una lotta interiore tra il desiderio di migliorarsi e il senso di inadeguatezza che lo perseguitava: “Mi inc** e dico cattiverie e poi mi pento e ci sto male.”*
Le sue parole dipingono il ritratto di una persona alla deriva, incapace di gestire le proprie emozioni e relazioni, intrappolato in un ciclo di autocommiserazione e pentimento.
Cronaca
Povera Saman, uccisa dai genitori e tradita dal fidanzato per cui era scappata di casa
“Saman senza alleati: “Tradita dal fidanzato. Pensavano a un figlio, ma poi sentiva un’altra”. Il cuore di Saman Abbas si spegne nell’illusione di un amore tradito, mentre Ayub Saqib, il suo fidanzato, emerge come l’ombra dell’inganno nella sentenza della Corte d’Assise. Tra chat segrete, promesse infrante e tragici silenzi, il destino di Saman si intreccia con la menzogna e il tradimento, portando alla luce una verità tanto sconvolgente quanto dolorosa.”
“Saman senza alleati: “Tradita dal fidanzato. Pensavano a un figlio, ma poi sentiva un’altra”. Saman Abbas avrebbe vissuto con il connazionale pakistano Ayub Saqib solo un’illusione d’amore. L’unico barlume di una persona che fosse davvero legata a lei viene spento dalla Corte d’Assise.
La leggerezza di Saquib
Il progetto di un matrimonio, ed emerge ora, anche quello di un figlio, sarebbero stati presi con molta leggerezza da Saqib, oggi 26enne: alla luce della sua condotta, a lui, costituito parte civile, non è stato riconosciuto alcun risarcimento. Nelle motivazioni della sentenza per l’omicidio della 18enne pakistana, i giudici Cristina Beretti e Michela Caputo analizzano una chat tra Saqib e una seconda ragazza: “È il giorno stesso della scomparsa di Saman che Saqib, evidentemente molto angosciato per le sue sorti – scrivono in modo caustico – avvierà una lunghissima conoscenza via chat con un’altra ragazza, che contattò il primo maggio 2021 su WhatsApp, intrattenendo con lei una conversazione incessante fino al 17 giugno 2021 solo perché quel giorno fu sequestrato il suo telefono”.
Le chat con l’altra
Da questa chat “emerge la scarsissima affezione di Saqib verso Saman, che di lui era tanto innamorata da aver messo tutto a repentaglio. Nei primi giorni il suo atteggiamento, non conoscendo la sorte di Saman, poteva reputarsi sintomatico della scarsissima serietà delle sue intenzioni e di totale mancanza di rispetto: si pensi solo che voleva sposarla e avevano provato ad avere un bambino.
Nessun rispetto per Saman
Nei giorni successivi alla scoperta della tragedia, assume caratteri e significati sui quali si preferisce sorvolare per rispetto alla giovane vittima”. In questo periodo di un mese e mezzo la chat “è composta di quasi cinquemila pagine”. Tra i messaggi che lui invia alla “nuova fiamma”, sempre il primo maggio 2021 se ne trovano alcuni “dal tenore eloquente e analogo a quelli che lui, fino a poche ore prima, inviava a Saman”.
Ti amo, ma non era vero
Nei giorni successivi alla scoperta da parte di Saqib della sparizione di Saman, all’una di notte del 7 maggio ripostò il messaggio “Ti amo vita mia” senza avere risposta, e aggiunse come per sollecitarla: “Una persona che ama poi risponde con tanto amore”. Dal cellulare del giovane emergono poi “informazioni su viaggi a Milano fatti da lui quando Saman era ancora viva e a lei tenuti nascosti, screenshot di contatti con altre giovani e foto scambiate con loro”.
Lui ha chiesto a Saman di tornare a casa
In base alle testimonianze delle assistenti sociali e dell’educatrice della giovane uccisa, è “provato” che “è stato lui ad aver compromesso il percorso di Saman in comunità, determinandola più volte a scappare e fomentando in lei diffidenza e sfiducia verso la struttura e i suoi operatori”. Si rileva che “è lui ad aver mentito a operatrici e assistenti sociali quando, dopo l’ultima fuga della ragazza datata 11 aprile 2021, sarà contattato più volte per avere informazioni su Saman, e lui negò di trovarsi insieme a lei a Roma”. Secondo la Corte “è lui a determinare Saman a fare rientro a casa, per un motivo, questo sì futile, come il recupero dei documenti, peraltro scaduti, stressandola in modo incessante”.
Solo mezze verità
Dopo la scomparsa di Saman, “Saqib ha poi atteso cinque giorni prima di rivolgersi ai carabinieri, cui ha raccontato sempre e solo mezze verità”. In un altro passaggio delle motivazioni della sentenza si rimarca che, sulla necessità di accelerare le nozze nonostante l’indisponibilità dei documenti e rischi legati al ritorno di Saman a casa, lui ha detto in udienza che altrimenti “sarebbe andata di nuovo in comunità e poi era difficile”, negando invece “di essere a conoscenza che il matrimonio gli avrebbe permesso di richiedere un permesso di soggiorno”.
Cronaca
Denise Pipitone, la madre: “Ho la foto di una ragazza che sembra mia figlia”
Il mistero della scomparsa di Denise Pipitone potrebbe finalmente risolversi grazie a una nuova segnalazione, rivelata dalla madre Piera Maggio. Con una foto potenzialmente rivelatrice in mano, Maggio continua la sua incrollabile ricerca della verità dopo 20 anni di speranze e dolori. Un capitolo nuovo si apre in questa intricata vicenda che ha scosso l’Italia.
Una nuova segnalazione potrebbe finalmente gettare nuova luce sul mistero che avvolge la scomparsa di Denise Pipitone, la bambina di quattro anni sparita nel nulla a Mazara del Vallo nel settembre del 2004. Questa sorprendente notizia è stata divulgata dalla madre, Piera Maggio, che ha condiviso il suo costante spirito di speranza nel ritrovare sua figlia.
Maggio ha descritto l’emozione di aver ricevuto una foto di una ragazza che potrebbe potenzialmente essere Denise. “C’è una ragazza, una minore, straordinariamente somigliante a mia figlia”, ha dichiarato. “Quell’immagine risale a molti anni fa e stiamo cercando di individuare l’anno quando è stata scattata e chi erano quelle persone. Non mi innamoro di un’immagine perché la ritengo assolutamente, con alta probabilità, di mia figlia”, ha aggiunto, sottolineando la determinazione nel perseguire ogni possibile pista.
“Continuerò a considerare la scomparsa di Denise come un rapimento finché non avrò prove concrete del contrario”, ha ribadito Maggio. “Io e mio marito siamo impegnati nella ricerca da vent’anni. Finché non verrà fuori la verità, non potrò trovare pace. La mia non è la vita tipica di una madre; devo essere forte e andare avanti, ma ogni giorno le sfide mi logorano”, ha confessato la madre con sincera tristezza.
Riguardo alle segnalazioni ricevute, Maggio ha spiegato che continuano a giungere molte informazioni su Denise, ma che stanno concentrando gli sforzi sulle segnalazioni più credibili. “C’è una pista che stiamo seguendo”, ha dichiarato. “Questa bambina ha molte somiglianze con Denise. Stiamo lavorando con gli avvocati per verificare ulteriormente, e se non riusciamo a chiuderla, renderemo pubblica questa pista”.
Infine, Maggio ha rivelato i sospetti che ancora la tormentano insieme a suo marito, Piero Pulizzi. “Mio marito ha perso tre figlie”, ha raccontato. “Abbiamo ancora dei sospetti sulle due figlie di Piero avute dal matrimonio con Anna Corona. Da quando è scomparsa Denise, lui non le ha più frequentate. Abbiamo le idee molto chiare sui fatti accaduti, nonostante la sentenza di terzo grado non cambi il nostro punto di vista”, ha concluso.
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