Cronaca Nera
Sempio, l’alibi scricchiola: il giallo dello scontrino, la libreria chiusa e le risposte contraddittorie
Lo scontrino trovato un anno dopo nel cassetto, la libreria chiusa, il cellulare che “non aggancia” Vigevano e un dialogo captato dai carabinieri: nuovi dubbi sulla versione di Sempio per la mattina dell’omicidio Poggi

Cosa lega un semplice scontrino da 1 euro al delitto di Garlasco? È su quel pezzetto di carta che si regge da anni l’alibi di Andrea Sempio, l’amico di Marco Poggi, fratello della vittima, che fin dalle prime fasi dell’inchiesta ha sostenuto di trovarsi a Vigevano la mattina in cui Chiara Poggi venne uccisa. Oggi, però, quell’alibi presenta più di una crepa.
Il biglietto del parcheggio, emesso alle 10.18 del 13 agosto 2007 in piazza Sant’Ambrogio, è stato ritrovato nell’auto di famiglia dal padre di Sempio solo una settimana dopo il delitto e consegnato ai carabinieri oltre un anno più tardi, durante il secondo interrogatorio del figlio. Conservato per mesi in un cassetto, viene oggi considerato l’unico elemento materiale che collocherebbe Sempio fuori da Garlasco, proprio mentre Chiara veniva uccisa nella sua abitazione.
Eppure, intorno a questo scontrino, emergono dettagli che sollevano interrogativi. Sempio ha sempre dichiarato di essere andato a Vigevano per acquistare dei libri, trovando però la libreria chiusa. Un dettaglio apparentemente secondario, che assume un peso diverso quando nel 2017, sotto intercettazione, Sempio stesso si mostra titubante. Riferendosi al verbale con i magistrati, confessa al padre: «Mi han chiesto se ero andato a Vigevano. Siccome ero andato a comprare il cellulare e non i libri, hanno rilevato il mio cellulare lì. Ho detto che non mi ricordo».
Un cambio di versione che mina la coerenza del racconto. Anche perché, dai tabulati, emerge che il cellulare di Sempio, tra le 9.58 e le 12.18, ha sempre agganciato la cella di Garlasco, mai quelle di Vigevano. La spiegazione ufficiale è che per Vodafone, «in astratto», questo scenario sarebbe possibile. Ma i tracciati delle celle di Vigevano non vennero mai acquisiti.
Ci sono poi altri dettagli che aggiungono mistero. Sempre Sempio, parlando con il padre, rileva una discrepanza sull’effettivo momento in cui lo scontrino fu trovato. «Ne abbiamo cannata una», dice al padre, «che io ho detto che lo scontrino era stato ritrovato dopo che ero stato sentito, tu hai detto che l’abbiamo trovato prima». Il padre prova a rassicurarlo: «A me sembra la prima, però non cambia niente».
In realtà cambia eccome. Perché lo scontrino rappresenta la chiave di volta dell’alibi di Sempio e ogni incertezza temporale attorno alla sua scoperta alimenta dubbi e sospetti. Anche il gip, nel decreto di archiviazione del 2017, nota che Sempio effettuò una sola chiamata alle 9.58, agganciando la cella di Garlasco, e che solo dopo, tra le 10 e le 11, si sarebbe spostato a Vigevano, rientrando poi in paese senza mai essere tracciato dalle celle cittadine.
A rendere ancora più ambigua la ricostruzione ci sono poi le dichiarazioni dei genitori di Sempio: entrambi confermano che il figlio quella mattina avrebbe preso l’auto per andare in libreria, ma secondo il figlio sarebbe stato invece un negozio di cellulari. Inoltre, l’agenda con la lista degli impegni di quella giornata, elemento utile a chiarire i movimenti, non è mai stata trovata.
Sempio era già stato sentito nel 2007, come amico della famiglia Poggi, ma solo dieci anni dopo, con la riapertura dell’inchiesta, la sua posizione è stata nuovamente approfondita. La procura aveva già rilevato criticità nella sua versione, ma ora, con l’indagine nuovamente aperta dopo le ultime rivelazioni sul DNA trovato sulle unghie della vittima, anche l’alibi del parcheggio rischia di crollare sotto il peso delle contraddizioni.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Cronaca Nera
“Lo scopo dell’avvelenamento era l’aborto, non l’omicidio di Giulia Tramontano”: le motivazioni della sentenza su Impagnatiello
Per i magistrati l’avvelenamento con topicida serviva a provocare la perdita del feto, che l’uomo considerava un ostacolo alla sua vita e alla sua carriera. Nessuna prova di un piano omicida coltivato nel tempo: il proposito di uccidere Giulia sarebbe maturato poche ore prima del delitto, dopo l’incontro tra la giovane e l’altra donna con cui il barman aveva una relazione.

Lo scopo dell’avvelenamento non era l’omicidio di Giulia Tramontano ma “l’aborto del feto”. Così scrive la Corte d’Assise d’Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza che ha confermato l’ergastolo per Alessandro Impagnatiello, escludendo però la premeditazione. Secondo i giudici, l’ex barman aveva individuato nel bambino che Giulia portava in grembo “il problema” da eliminare per proteggere la sua carriera e la sua vita privata.
Il verdetto chiarisce che “non vi sono prove” per retrodatare l’intento omicida rispetto al 27 maggio 2023, giorno in cui la giovane fu uccisa. Le 59 pagine depositate spiegano che, pur riconoscendo la crudeltà e il vincolo della convivenza, non si può parlare di un piano coltivato nel tempo. Il proposito omicida sarebbe maturato solo nel pomeriggio del delitto. Quando Impagnatiello si rese conto che Giulia e l’altra donna con cui aveva una relazione si erano incontrate, scambiandosi confidenze.
Alle 17 l’uomo lasciò il lavoro all’Armani Hotel e rientrò in motorino a Senago. Due ore dopo, quando Giulia mise piede nell’appartamento, fu aggredita e colpita con 37 fendenti, 11 dei quali mentre era ancora viva. Un arco temporale giudicato “troppo breve” per configurare la premeditazione. Assente anche in quelle che la Corte definisce “azioni neutre”, come il rincasare e attendere la convivente.
Per i magistrati Impagnatiello non ha ucciso la compagna perché lei voleva lasciarlo o per timore di controversie giudiziarie future. La molla, si legge, fu l’umiliazione subita quando la donna lo smascherò davanti a chi rappresentava, per lui, la sua “proiezione pubblica”: il palcoscenico del bar milanese dove lavorava. Un colpo insopportabile per il suo narcisismo.
La sentenza conferma l’ergastolo, ma esclude la premeditazione che la sorella di Giulia, Chiara, aveva invocato pubblicamente. Resta così un verdetto che sottolinea la brutalità del gesto, ma delimita il contesto in cui maturò, senza riconoscere un piano elaborato in anticipo.
Cronaca Nera
Torturato per dieci giorni e ucciso in diretta sui social: non era una messinscena, aperta un’inchiesta sugli “amici” dello streamer
Non più intrattenimento ma violenza reale. Raphael Graven, streamer con oltre mezzo milione di follower, è morto dopo giorni di dirette estreme. I legali dei due complici parlano di “finzione”, ma le immagini mostrano strangolamenti, ingestione di sostanze tossiche e colpi violentissimi. La procura apre un’inchiesta: i primi ad essere interrogati saranno proprio i due “amici”.

Raphael Graven, conosciuto in rete come Jeanpormanove, non era un esibizionista qualsiasi. A 46 anni, con oltre 582mila follower su TikTok e migliaia di spettatori fissi sulle dirette, aveva costruito la sua notorietà sulle “sfide impossibili”, al limite della sopportazione fisica. Ma il gioco è finito in tragedia. Dopo più di dieci giorni di live ininterrotti sulla piattaforma Kick, lo streamer è morto in diretta, mentre veniva sottoposto a sevizie sempre più estreme da parte dei suoi due complici, noti come Naruto e Safine.
Strangolamenti, pugni al volto, vernici gettate in testa, ingestione di sostanze tossiche: un crescendo di violenze spacciate per “contenuto estremo” che in realtà celavano sofferenza autentica. Lo dimostrano i video, che raccontano ben più di una “messinscena” come sostengono i legali dei due uomini. Per oltre dieci minuti, il corpo senza vita di Graven è rimasto esposto in diretta, sotto lo sguardo incredulo di migliaia di spettatori, prima che qualcuno interrompesse la trasmissione.
La procura ha aperto un’inchiesta. I primi a essere interrogati saranno proprio Naruto e Safine, i due che lo hanno accompagnato nelle ultime ore e che hanno continuato a spingerlo in performance sempre più estreme. La linea difensiva punta a presentare tutto come spettacolo, ma per gli investigatori la realtà appare diversa: la sofferenza era autentica e i segni lasciati sul corpo lo confermano.
Jeanpormanove aveva scelto Kick dopo aver abbandonato Twitch, piattaforma dai regolamenti più rigidi che già lo aveva messo nel mirino. Qui aveva trovato un terreno fertile per moltiplicare le sfide e alimentare la propria fama. Un pubblico pronto a cliccare, commentare e condividere, mentre la spirale di violenza diventava intrattenimento.
Ora la morte dello streamer obbliga a guardare oltre lo schermo: non più “content”, ma vita reale spinta fino al limite, dove l’applauso dei follower si trasforma in complicità silenziosa.
Cronaca Nera
La trappola del falso Matteo Bocelli: anziana pronta a versare migliaia di euro, salvata dalla direttrice delle Poste
Una pensionata, convinta di dover fare un bonifico a Matteo Bocelli, stava per consegnare i suoi risparmi a un gruppo di truffatori che le avevano fatto credere di ricevere un regalo dal figlio del celebre cantante. A bloccare l’operazione è stata la direttrice dell’ufficio postale, che ha preso tempo fingendo un guasto e ha avvisato i carabinieri.

Una pensionata, convinta di dover fare un bonifico a Matteo Bocelli, stava per consegnare i suoi risparmi a un gruppo di truffatori che le avevano fatto credere di ricevere un regalo dal figlio del celebre cantante. A bloccare l’operazione è stata la direttrice dell’ufficio postale, che ha preso tempo fingendo un guasto e ha avvisato i carabinieri.
Testo
«Devo fare un bonifico a Matteo, il figlio di Andrea Bocelli». Con questa frase una donna anziana si è presentata allo sportello dell’ufficio postale di Negrar di Valpolicella, in provincia di Verona, convinta di star facendo un favore al giovane tenore e pronta a versare migliaia di euro. In realtà si trattava dell’ennesima truffa orchestrata da criminali che usano nomi celebri per raggirare persone fragili.
La pensionata, come racconta il Corriere della Sera, aveva ricevuto sul cellulare un messaggio con la promessa di un regalo da parte della famiglia Bocelli. Poco dopo, un presunto autista le aveva chiesto di versare denaro su un conto per il recapito del pacco. La donna non aveva dubbi sulla veridicità della richiesta e, senza esitazione, si era recata alle Poste.
A salvarla è stata l’intuizione della direttrice, Cristina Remondini. «La cliente chiedeva di effettuare un versamento in denaro e quando ho letto la causale mi sono subito insospettita», ha raccontato. Per guadagnare tempo e far ragionare la donna, la funzionaria ha finto un problema tecnico al terminale. Nel frattempo, ha contattato i carabinieri e avvisato il marito della signora.
Quando l’uomo è arrivato in ufficio, la truffa è emersa in tutta la sua chiarezza. I due coniugi si sono poi recati in caserma per sporgere denuncia, mentre l’audio e i messaggi ricevuti sono stati acquisiti dagli inquirenti.
Il meccanismo era semplice e subdolo: fingere di essere un personaggio noto, in questo caso Matteo Bocelli, e convincere la vittima a versare denaro in cambio di un regalo inesistente. Una variante del cosiddetto “pacchetto truffa” che continua a mietere vittime soprattutto tra gli anziani.
Grazie alla prontezza della direttrice, questa volta i risparmi della donna sono stati salvati. Un intervento che conferma quanto la vigilanza quotidiana di chi lavora a contatto con il pubblico possa fare la differenza contro chi sfrutta ingenuità e buona fede.
-
Gossip2 anni fa
Elisabetta Canalis, che Sex bomb! è suo il primo topless del 2024 (GALLERY SENZA CENSURA!)
-
Sex and La City1 anno fa
Dick Rating: che voto mi dai se te lo posto?
-
Cronaca Nera1 anno fa
Bossetti è innocente? Ecco tutti i lati deboli dell’accusa
-
Speciale Grande Fratello1 anno fa
Helena Prestes, chi è la concorrente vip del Grande Fratello? Età, carriera, vita privata e curiosità
-
Speciale Olimpiadi 20241 anno fa
Fact checking su Imane Khelif, la pugile al centro delle polemiche. Davvero è trans?
-
Speciale Grande Fratello12 mesi fa
Shaila del Grande Fratello: balzi da “Gatta” nei programmi Mediaset
-
Gossip1 anno fa
La De Filippi beccata con lui: la strana coppia a cavallo si rilassa in vacanza
-
Gossip1 anno fa
È crisi tra Stefano Rosso e Francesca Chillemi? Colpa di Can?