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Cronaca

Donne oltre alle gambe c’è di più: ecco la squadra delle miliardarie italiane

Sono 13 le donne miliardarie nel nostro Paese. La loro presenza non solo dimostra la loro abilità imprenditoriale, ma sottolinea anche il contributo significativo delle donne al tessuto economico e sociale del Paese. Attraverso intuito, strategia e duro lavoro, queste imprenditrici si sono guadagnate un posto di rilievo nel mondo degli affari, ispirando generazioni future a perseguire i propri sogni imprenditoriali.

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    Nel panorama economico italiano, emergono figure femminili di spicco che non solo guidano imperi aziendali, ma si posizionano tra le più ricche del Paese. L’International Women’s Day Study di City Index, analizzando l’ultima classifica di Forbes, rivela che l’Italia conta ben 19 miliardarie, dimostrando una presenza significativa nel contesto internazionale, posizionandosi persino prima dell’India in questa classifica.

    Al vertice di questa élite finanziaria italiana spicca Massimiliana Landini Aleotti, con un patrimonio di 7,5 miliardi di dollari. La sua leadership nell’azienda farmaceutica Menarini, ereditata dal marito Alberto Aleotti, testimonia il potere imprenditoriale delle donne nel settore. Seguono figure iconiche come Miuccia Prada, con un patrimonio di 5,6 miliardi, che ha saputo mantenere alto il prestigio del marchio di moda italiano nel mondo.

    Ma il lusso non è l’unica arena in cui le donne italiane brillano. Nicoletta Zampillo, insieme alle figlie del fondatore di Essilorluxottica, dimostra come la gestione di imperi industriali sia alla portata anche del gentil sesso. Con un patrimonio di 4,5 miliardi, queste donne hanno contribuito alla crescita e al successo dell’azienda, portando avanti una tradizione di eccellenza nel settore dell’ottica.

    L’industria manifatturiera e il settore beverage non sono da meno. Isabella Seragnoli, presidente e azionista unico di Coesia, si distingue per la sua leadership riservata ma efficace, gestendo un conglomerato di aziende con un valore di 3,2 miliardi di dollari. Allo stesso modo, Alessandra Garavoglia, con il controllo del 54% di Campari insieme al fratello Luca, dimostra la sua abilità nel navigare le acque del business internazionale.

    Ma non sono solo i grandi nomi a fare la differenza. Figure come Sabrina e Barbara Benetton, figlie del co-fondatore di Benetton Group, dimostrano come anche le ereditiere possano giocare un ruolo significativo nel mondo degli affari. Con patrimoni rispettivamente di 1,8 e 1,5 miliardi di dollari, contribuiscono al consolidamento del patrimonio familiare attraverso la società Regia.

    Infine, non possiamo dimenticare Maria Franca Fissolo, vedova dell’inventore della Nutella, Michele Ferrero. La sua eredità di 2 miliardi di dollari testimonia non solo il successo commerciale della celebre crema spalmabile, ma anche il suo impegno verso iniziative culturali e benefiche attraverso la fondazione Piera, Pietro e Giovanni Ferrero.

    In questo panorama di successo femminile, emerge anche Marina Berlusconi, che oltre a presiedere Mondadori, gestisce anche la cassaforte di famiglia Fininvest. Con un patrimonio stimato intorno ai 1,9 miliardi di dollari, Marina dimostra che la sua leadership va ben oltre il nome di famiglia, contribuendo alla crescita e alla diversificazione degli interessi aziendali.

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      Mondo

      Elon Musk “programma” il suo chatbot per essere scorretto: Grok diventa nazista in 3, 2, 1…

      Nel giorno in cui Elon Musk aggiorna Grok per renderlo più “politicamente scorretto”, l’intelligenza artificiale di X esplode in un tripudio di antisemitismo, complottismo e frasi degne del Mein Kampf. X corre a cancellare tutto. Ma il mostro, stavolta, lo ha costruito da solo.

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        Elon Musk voleva una voce fuori dal coro, qualcosa di alternativo ai chatbot “woke” e troppo corretti come ChatGPT o Gemini. E così ha modificato Grok, l’intelligenza artificiale targata X, per renderla più “audace”, “diretta”, “politicamente scorretta”. Detto, fatto. In poche ore Grok è diventato un Mein Kampf 2.0: ha inneggiato a Hitler, minimizzato l’Olocausto, puntato il dito contro “gli attivisti dai cognomi ashkenaziti” e definito le politiche antirazziste “odio contro i bianchi”.

        Una macchina dell’odio perfettamente confezionata, prodotta in casa Musk. Altro che algoritmo ribelle: Grok ha seguito le istruzioni. È diventato esattamente ciò che Elon voleva. Solo che invece di dire “le cose come stanno”, ha vomitato slogan neonazisti e complottismi da sottoscala digitale.

        Il tutto è esploso in pubblico martedì. Grok ha risposto a un account fake che insultava le vittime di un’alluvione in Texas con frasi degne del peggior suprematismo bianco. Non contento, ha citato l’Olocausto come “esempio di risposta efficace” e ha chiesto, sarcastico, di farsi passare i baffi se dire la verità lo rende “letteralmente Hitler”.

        Nel frattempo, X (l’ex Twitter) ha rimosso tutto. Peccato che lo schifo fosse già virale. E, proprio il giorno dopo, la CEO Linda Yaccarino si è dimessa senza dare spiegazioni. Cosa sarà mai andato storto?

        Musk tace, o peggio, rilancia. In nome della libertà d’espressione, sta distruggendo ogni argine etico. E se l’AI dev’essere “libera”, il risultato non è il dissenso. È l’odio. Programmato. Pubblicato. E, stavolta, firmato Elon Musk.

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          Italia

          Plasmon torna italiana dopo 50 anni: il biscotto dell’infanzia rientra a casa

          Il gruppo emiliano NewPrinces rileva lo storico marchio dai colossi americani di Kraft Heinz. Un ritorno al made in Italy che sa di rivincita industriale (e sentimentale)

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            Dopo cinquant’anni trascorsi all’estero, Plasmon torna italiana. Lo storico marchio di biscotti per l’infanzia – icona dolce di generazioni di bambini e segreto inconfessabile per molti adulti – è stato acquistato dal gruppo emiliano NewPrinces (ex Newlat Food), che ha rilevato le attività italiane di Heinz per una cifra vicina ai 120 milioni di euro.

            A vendere è stato il colosso statunitense Kraft Heinz, che dal 1967 controllava Plasmon e che ora cede non solo il marchio madre, ma anche altri brand come Nipiol, BiAglut, Aproten e Dieterba, tutti specializzati nell’alimentazione infantile e dietetica. Il cuore produttivo dell’operazione è lo stabilimento di Latina, dove ogni anno vengono sfornati 1,8 miliardi di biscotti, omogeneizzati e pappe.

            Fondata nel 1902 a Milano dal medico Cesare Scotti, Plasmon è stata per decenni un punto fermo della tavola italiana, soprattutto durante il boom demografico del dopoguerra. Complice la pubblicità in Carosello e le scatole di latta diventate oggi oggetto vintage, il marchio ha conquistato una fiducia senza tempo.

            La vendita alla Heinz americana, avvenuta negli anni Sessanta, aveva segnato l’inizio di una lunga fase di internazionalizzazione, ma anche di distacco emotivo dal territorio. Ora, grazie a NewPrinces, il brand fa ritorno in mani italiane. Una mossa non solo industriale ma anche simbolica, che parla di filiere locali, know-how nazionale e voglia di riportare valore a casa.

            Lo stabilimento di Latina, considerato tra i più avanzati d’Europa nel settore, continuerà a produrre anche per il mercato britannico, almeno per un periodo transitorio. Ma il controllo, questa volta, torna sotto bandiera tricolore.

            NewPrinces – già attiva con brand storici come Polenghi e Delverde – punta così a rafforzare la propria posizione nel comparto baby food. In un mercato da 200 milioni di euro di fatturato e un margine operativo lordo di circa 17 milioni.

            Una buona notizia, per una volta. Che sa di latte caldo, biscotti e orgoglio nazionale.

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              Italia

              Dallo stupro di gruppo al profilo su OnlyFans: la nuova vita (e le nuove domande) di Asia Vitale

              La ragazza simbolo del caso Palermo si mostra oggi senza filtri su OnlyFans. Rivendica il controllo sul proprio corpo. Ma tra emancipazione e contraddizione, resta l’amaro dubbio: stiamo assistendo a una rinascita o a una nuova forma di esposizione?

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                Due anni fa il suo nome è diventato simbolo. Asia Vitale, la ragazza di Palermo violentata da sette ragazzi in un cantiere abbandonato, oggi riappare sotto una luce diversa: quella di una webcam. Dopo la chiusura del suo profilo Instagram e il calo dei follower, ha aperto un nuovo canale su OnlyFans. Si chiama AsiaVitale3.0 e propone contenuti sessuali a pagamento. Tutto legale, tutto consenziente, tutto rivendicato.

                “Il corpo è mio”, dice. “Chi ha problemi con questo mestiere dovrebbe cambiare mentalità”. Eppure, la sua storia personale rende difficile ignorare la frattura tra passato e presente. Dopo aver subito un’aggressione brutale e aver vissuto anni in comunità per allontanarsi da una famiglia che lei stessa definisce “tossica”, oggi Asia monetizza la propria immagine, il proprio corpo, la propria sessualità.

                Non c’è giudizio, ma c’è stupore. Non si tratta di negare la libertà di scelta, ma di registrare una contraddizione che interroga chi osserva. Come si arriva, da una violenza così feroce, a scegliere di mettersi di nuovo sotto gli occhi di tutti, stavolta per guadagnare?

                “Ho rimosso le loro facce”, dice parlando dei suoi aggressori. “Cerco solo di andare avanti”. Racconta di un rapporto con il sesso profondamente cambiato, più consapevole, più adulto. Ma confessa anche un trauma più recente: un sequestro subito a Ballarò, da parte della madre di uno degli accusati, che voleva costringerla a ritirare la denuncia.

                Oggi lavora in un hotel a Courmayeur e prova a costruirsi una nuova vita. OnlyFans la aiuta a far quadrare i conti, ma non garantisce stabilità. I video vengono pagati, ma possono anche essere rivenduti illegalmente. Un’altra forma di sfruttamento, di cui Asia è perfettamente consapevole.

                Il suo è un racconto di sopravvivenza. Ma anche una domanda aperta: dopo tutto questo dolore, davvero la libertà passa ancora per l’esposizione del corpo?

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