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Cronaca

Emirates cerca assistenti di volo a 2.500 euro netti mese…

Emirates cerca 5.000 assistenti di volo con stipendi da 2.500 euro al mese, 30 giorni di ferie e viaggi scontati. Scopri i requisiti e le opportunità di carriera

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Emirates cerca 5000 assistenti di volo

    La compagnia aerea Emirates degli Emirati Arabi con hub principale a Dubai cerca 5.000 assistenti di volo. Lo stipendio è di 2.500 euro netti al mese, e in più sono garantiti 30 giorni di ferie all’anno oltre a un numero di viaggi iper-scontati.

    In dodici mesi Emirates ha aggiunto 2.600 assistenti di volo ai suoi Airbus A380 e Boeing 777-300. Al 31 marzo scorso, la compagnia contava 21.690 tra hostess e steward. Quest’anno, il numero salirà di altre 5.000 unità, secondo vice president of cabin crew Samantha James. La formazione per diventare assistente di volo della compagnia si svolge a Dubai, ed è aperta sia ai principianti che agli esperti.

    Requisiti per diventare assistente di volo Emirates

    Per prima cosa bisogna conoscenza la lingua inglese scritta e parlata (se conoscete altre lingue oltre l’italiano tanto di guadagnato sarà un valore aggiunto nel vostro cv). Bisogna essere portati per lavorare in team. Quello dell’assistente di volo è indubbiamente un lavoro di squadra. Tra i requisiti fisici bisogna avere una altezza minima di 160 cm, con braccia che raggiungono 212 cm.

    Requisiti per il visto di lavoro negli Emirati Arabi Uniti

    Per ottenere il visto e poter lavorare negli Emirati Arabi bisogna avere minimo un diploma di scuola superiore. Non bisogna avere alcun tatuaggio visibile mentre si indossa l’uniforme.

    Offerta contrattuale e benefici

    Lo stipendio proposto è di 2.500 euro al mese netti. A questo si aggiungono alcuni benefit come un alloggio fornito da Emirates, che comprende anche tutte le utenze e la gratuità del trasporto tramite navette da e per il lavoro. Inoltre, cosa gradita e inusuale nelle altre compagnie aeree, si assicura la partecipazione agli utili dell’azienda. Ma non basta. Sono garantiti 30 giorni di ferie annuali, oltre a una serie di biglietti scontati per sé, la famiglia e gli amici. Nel contratto sono inclusi anche una assicurazione medica completa e sconti presso migliaia di marchi e negozi al dettaglio.

    Ma quanto si lavora?

    La programmazione mensile dell’impegno lavorativo si riceve almeno due settimane prima dell’inizio del mese che prevede comunque circa otto giorni liberi da impegni.
    Le rotte della compagnia sono oltre 135 con città dislocate in più di 77 paesi. Ogni assistente ha la possibilità di scegliere le rotte e i voli preferiti.

    La formazione dura circa sette settimane e mezzo e prevede l’ospitalità, la sicurezza e l’utilizzo di diversi servizi. Una volta assunti si inizierà a lavorare in classe Economy. Poi si passerà alla Business e First class in base alle prestazioni e alle capacità acquisite. Naturalmente è prevista l’opportunità di avanzare come supervisori e capi cabina. Inoltre è possibile ottenere ruoli a terra come istruttori o reclutatori.

    Quanti sono gli italiani attualmente impiegati nella compagnia?

    Oggi sono oltre 710 gli assistenti di volo italiani impegnati nella compagnia Emirates che lavorano a fianco di colleghi provenienti da 140 diversi Paesi che parlano e 70 lingue.

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      Cronaca Nera

      L’estate calda dei “casi freddi”. Dopo Garlasco, si riapre anche il mistero McCann: ritrovati frammenti di vestiti e ossa.

      Un’area di 50 ettari setacciata da investigatori portoghesi e tedeschi riaccende le speranze: i reperti saranno ora analizzati nei laboratori. L’obiettivo è trovare la prova definitiva contro Christian Brueckner

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        A diciott’anni dalla scomparsa della piccola Madeleine McCann, qualcosa finalmente si muove. Dopo l’improvvisa riapertura del caso Poggi a Garlasco, un altro cold case si riaccende sotto il sole di giugno. E stavolta siamo in Portogallo, precisamente nella regione dell’Algarve, vicino a Lagos. È lì, a circa 30 miglia dal luogo dove Madeleine svanì nel nulla nel maggio del 2007, che nei giorni scorsi una squadra mista di investigatori tedeschi e portoghesi ha concluso una nuova perquisizione. Una tre giorni di ricerche intense che, inizialmente, sembravano non aver portato a nulla. Ma ora emerge un dettaglio inquietante: sono stati trovati frammenti di vestiti e resti ossei.

        Una notizia che, se confermata dalle analisi in corso, potrebbe dare una svolta decisiva all’indagine più seguita e discussa degli ultimi decenni. Madeleine McCann, tre anni appena, era in vacanza con i genitori nel resort Praia da Luz quando sparì dal lettino in cui dormiva. Da allora, ipotesi, avvistamenti, depistaggi e teorie complottiste si sono susseguite senza tregua. Ma di prove, nessuna. E soprattutto: del corpo della bambina, mai traccia.

        Ora però qualcosa sembra cambiare. Secondo quanto riportato dalla Cnn Portugal, “durante la perquisizione sono stati sequestrati diversi oggetti che saranno ulteriormente esaminati dalla polizia tedesca”. Oggetti che comprenderebbero anche “campioni di vestiti e ossa”, come riportato anche dal quotidiano Correio da Manhã. Gli inquirenti, per il momento, mantengono il più stretto riserbo. Ma fonti vicine all’indagine confermano che “i materiali saranno ora analizzati attentamente nel laboratorio della polizia per valutarne la potenziale rilevanza ai fini delle indagini”.

        Il sospettato numero uno resta sempre lui: Christian Brueckner, cittadino tedesco già detenuto in Germania per reati sessuali, incluso l’abuso su minori. All’epoca della sparizione, Brueckner viveva non lontano dal resort della famiglia McCann. Da anni gli inquirenti tedeschi cercano di incastrarlo, ma senza mai trovare una prova inconfutabile. Potrebbero essere proprio questi frammenti a segnare il punto di svolta.

        Secondo quanto riferito dai media lusitani, l’intera area setacciata dagli investigatori la scorsa settimana — circa 50 ettari di territorio collinare attorno a una vecchia diga — era già stata indicata in passato come luogo potenzialmente interessante. Ma solo oggi, con l’ausilio di nuove tecnologie e la pressione crescente della magistratura tedesca, si è deciso di intervenire in modo più sistematico. Una fonte investigativa ha dichiarato: “Non possiamo confermare ufficialmente la correlazione con Madeleine, ma è chiaro che questa è la nostra speranza”.

        Una speranza che tiene col fiato sospeso non solo i genitori della piccola, ma milioni di persone che da anni seguono la vicenda con apprensione. Kate e Gerry McCann, che non hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali dopo la notizia dei ritrovamenti, si sono detti in passato “determinati a conoscere la verità, qualunque essa sia”. Negli ultimi anni hanno più volte ribadito di voler semplicemente “sapere cosa è accaduto a Madeleine, per poter finalmente trovare pace”.

        Questa nuova fase dell’inchiesta è stata condotta in stretta collaborazione con l’autorità giudiziaria tedesca, che da tempo coordina il fascicolo contro Brueckner. Le autorità tedesche credono che Madeleine sia stata uccisa poco dopo il rapimento, e Brueckner — attualmente in carcere per altri crimini — sarebbe il responsabile. Ma finora, nessun corpo, nessuna prova. Solo indizi e testimonianze, spesso contraddittorie.

        Resta da capire se i frammenti ritrovati possano davvero parlare dopo tutto questo tempo. Gli esami in laboratorio inizieranno in settimana, ma i risultati — avvertono gli inquirenti — non saranno immediati. L’obiettivo è isolare tracce di Dna compatibile con quello della bambina, o identificare elementi riconducibili alla sua scomparsa.

        Nel frattempo, sul caso si sono riaccesi anche i riflettori mediatici. In Germania, Gran Bretagna e Portogallo i principali quotidiani hanno rilanciato la notizia con grande evidenza. E in Italia, proprio mentre la cronaca riporta in primo piano altri cold case riaperti dopo anni di silenzio, il nome di Madeleine torna a scuotere coscienze e interrogare giustizia e opinione pubblica.

        Forse, dopo diciott’anni di buio, il mistero più inquietante del nuovo millennio si prepara ad avere un epilogo. Forse.

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          Italia

          E’ arrivata la prima ondata di caldo ma non è quella definitva

          Temperature in forte aumento, città arroventate e primi temporali. Una tregua in settimana ma poi si ricomincia. L’estate bussa.

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            L’estate sembra davvero entrare nel vivo. Questo è il primo fine settimana rovente. Da ieri il caldo intenso si fa sentire con temperature che hanno raggiunto i 37°C, a cui si aggiunge un’afa che rende l’atmosfera opprimente, soprattutto nelle ore serali e notturne. Secondo il bollettino del Ministero della Salute, sei città italiane sono già da bollino rosso, ovvero a rischio massimo per la salute: Bolzano, Campobasso, Perugia, Rieti, Roma e Frosinone. Altre cinque sono in bollino arancione, con temperature elevate ma un rischio più contenuto: Bologna, Brescia, Firenze, Latina e Torino. Le previsioni indicano cielo sereno su gran parte del Paese, con temporali isolati solo sulle Alpi Occidentali. Ma a rendere la situazione ancora più difficile è l’umidità, che fa crescere il disagio percepito sia di giorno che di notte.

            Quando arriverà un po’ di refrigerio? Domani…

            Da questa sera assisteremo ai primi segnali di cambiamento. Dall’Inghilterra arriverà un vortice di aria più fresca, che provocherà forti temporali sulle Alpi, sulla parte alta della Pianura Padana e sull’Adriatico centrale. Il contrasto tra l’aria caldissima preesistente e quella più fresca in arrivo potrà generare fenomeni intensi, con raffiche di vento improvvise, rovesci e possibili grandinate. Da domani16 giugno, il peggioramento si sposterà al Nord e al Centro, con precipitazioni più diffuse, specialmente sulla Riviera Romagnola nel pomeriggio. In ogni caso, le temperature rimarranno elevate, e questa prima ondata di caldo segnerà ufficialmente l’inizio della stagione torrida.

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              Italia

              Maria Rosaria Boccia sotto inchiesta: la laurea è vera o no?

              La Guardia di Finanza ha acquisito atti e documenti per fare luce sul titolo di studio della venditrice di abiti da sposa diventata consulente. L’inchiesta è partita da una segnalazione dell’università Pegaso. Dubbi anche sulla tesi: sarebbe molto simile a quella di un’altra studentessa laureata alla Luiss

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                È partita da una segnalazione dell’Università Telematica Pegaso l’inchiesta che oggi coinvolge Maria Rosaria Boccia. La procura di Napoli ha aperto un fascicolo per truffa, falso in atto pubblico e plagio, ipotizzando irregolarità nel percorso accademico della donna, nota alle cronache come ex collaboratrice del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.

                L’indagine è condotta dai pm Ciro Capasso, Claudio Onorati e Vincenzo Piscitelli, con il supporto della Guardia di Finanza. Gli accertamenti si stanno concentrando su tre atenei: la Pegaso, dove Boccia avrebbe conseguito la laurea in Economia Aziendale; la Parthenope, presso cui risultava iscritta in precedenza; e la Luiss di Roma, che rientra nel caso per una curiosa coincidenza: una tesi molto simile a quella presentata da Boccia è stata discussa da un’altra studentessa dell’ateneo nel 2019.

                La Gdf ha chiesto agli atenei documentazione completa: file digitali, esami sostenuti con relativi voti, video delle sessioni a distanza, libretti universitari, autocertificazioni e ogni altro elemento utile a ricostruire la carriera accademica della studentessa. Particolare attenzione è rivolta al passaggio tra la Parthenope e la Pegaso: gli investigatori vogliono capire se l’autocertificazione con cui Boccia ha dichiarato gli esami già svolti fosse veritiera.

                Ma a far esplodere il caso sarebbe stata proprio la tesi finale. Un lavoro accademico su cui l’università Pegaso ha avviato già da settembre un’istruttoria interna, dopo che alcuni dubbi erano stati sollevati da un’inchiesta giornalistica. L’ateneo ha comunicato di aver agito “nel pieno rispetto della trasparenza e della legalità”, e ha confermato di essere parte lesa nel procedimento.

                Il sospetto degli inquirenti è che la tesi possa essere stata in larga parte copiata da un’altra, discussa alla Luiss sei anni fa. A confermarlo potrebbe essere un’analisi con software antiplagio già in uso in molte università italiane. Se le analogie saranno confermate, il reato di plagio si aggiungerà al quadro, aggravando ulteriormente la posizione della Boccia.

                Per ora la diretta interessata non ha rilasciato dichiarazioni. Ma il caso è destinato ad avere conseguenze anche fuori dall’aula di tribunale, soprattutto per i legami politici e istituzionali che la donna aveva coltivato negli ultimi anni. E resta aperta la domanda più semplice e più spinosa: quella laurea, c’è davvero?

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