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Cronaca

La valigia in aereo? Meglio che la lasci a casa…

Aggiungere un bagaglio al tuo volo può influenzare notevolmente il costo complessivo del viaggio. Ecco un riepilogo dei costi aggiuntivi per aggiungere un bagaglio a mano o da stiva con alcune compagnie aeree.

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    Quali sono le politiche del bagaglio delle compagnie low cost? Abbiamo fatto una simulazione sulla tratta Milano Barcellona chiedendo i prezzi ad alcune compagnie low cost in partenza su quella tratta nel mese di giugno. Ciascun vettore ha una propria politica rispetto al bagaglio che è utile conoscere, prima di prenotare il proprio biglietto. Lo sappiamo tutti ormai che il costo del biglietto varia a seconda dei diversi servizi che si aggiungono di volta in volta. In alcuni casi il trasporto della ‘valigia’ può far lievitare notevolmente il prezzo finale del volo. La maggior parte delle compagnie low cost consente l’imbarco gratuito di un bagaglio a mano, ma di piccole dimensioni.

    Prendila piccola piccola

    Ma proprio piccole soprattutto dopo la pandemia Covid. Infatti le dimensioni dei bagagli e borse che viaggiano gratuitamente sono variabili fra 40 e 60 cm di altezza, 30 e 40 cm di lunghezza, 20 e 25 cm di larghezza. Le dimensioni previste per il bagaglio a mano a pagamento e quello registrato in stiva presentano differenze maggiori a seconda del vettore. Di seguito trovate un breve riassunto della politica dei bagagli di alcune compagnie low che operano in nel nostro Paese.

    Su un Milano-Barcellona un trolley a mano arriva a costare più di 100 euro

    Prenotato con un mese di anticipo sulla data prevista per il viaggio si scopre che il costo del biglietto costa 170 euro se si viaggia senza bagaglio, o meglio con uno zainetto o una borsa piccola da riporre sotto il sedile anteriore. Senza bagaglio le scelte più economiche sono Easyjet (168 euro andata e ritorno), Ryanair (202 euro) e Wizzair (175 euro). Se invece si decide di portare almeno un trolley (trolley o borsa da 56 x 45 x 25 cm) le compagnie iniziano a fare qualche difficoltà. E ciascuna ne ha una propria.
    Confrontando i prezzi di biglietti aerei con aggiunta di un bagaglio sempre sulla stessa tratta Milano Barcellona le cose cambiano: per andata e ritorno Wizzair permette di aggiungere il trolley con un sovrapprezzo di 45,84 euro, Ryanair chiede 47,50 euro in più, mentre EasyJet ti aggiunge ben 102,96 euro per portare un trolley a mano.

    Ma c’è anche di peggio

    Con la compagnia low cost spagnola Vueling la situazione peggiora. Il costo del biglietto “basic” è di 237,98 euro e per portare il bagaglio bisogna aggiungere 127 euro. Totale 364 ,98 euro.

    Ma ci sono anche i voli che includono il bagaglio

    I voli di linea comprendono il bagaglio nel costo del biglietto aereo. Oggi i prezzi delle compagnie low cost praticamente non esistono più come una volta. Non si trovano quelle offerte a 9,99 euro praticati prima del Covid soprattutto Ryanair ed Easyjet. La compagnia aerea italiana ITA Airways il prezzo del biglietto sale a 356,42, bagaglio a mano e da stiva inclusi. Ma il ritorno da Barcellona vola verso Roma e non Milano. Ancora più costosa Iberia, compagnia di bandiera spagnola. Tra Milano Malpensa a Barcellona il biglietto costa 600 euro.

    E se il bagaglio va in stiva…

    La risposta è: un vero dramma per chi desidera viaggiare a costi contenuti. Con l’aggiunta di un bagaglio da stiva infatti (con un peso compreso tra i 15 e i 20 kg) i prezzi totali dei biglietti lievitano ulteriormente. Per portare una valigia da stiva, Ryanair chiede di aggiungere quasi 75 euro per andata e ritorno alla tariffa base, Easyjet 124 euro, Wizzair 115 e Vueling ben 258 euro.

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      Italia

      Non solo sabbia e mojito: ecco i crimini più assurdi commessi in spiaggia

      Dai furti di ombrelloni “prenotati” con la scusa dell’asciugamano al lancio di gelati in faccia, la cronaca balneare racconta un’Italia surreale. In alcune località sono intervenuti i carabinieri per sedare vere e proprie risse per il posto in prima fila. E la fantasia dei “criminali da ombrellone” pare non conoscere limiti.

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        C’è chi aspetta l’estate per rilassarsi e chi, invece, la vive come un’occasione per dare libero sfogo alla propria follia. Non si tratta di metafora: le cronache locali sono ogni anno teatro di episodi che sembrano scritti da uno sceneggiatore impazzito. Reati piccoli, certo, ma non per questo meno degni di nota. Anzi: a volte fanno più ridere che indignare.

        Succede così che in Versilia un turista lombardo sia stato denunciato per “appropriazione indebita” dopo aver sottratto un lettino prenotato con il celebre trucco dell’asciugamano. “Non c’era nessuno!”, si è giustificato. Peccato che il legittimo proprietario fosse semplicemente al bar a prendersi un caffè.

        A Rimini, invece, la polemica ha raggiunto l’apice quando due famiglie si sono affrontate a colpi di paletta e secchiello per la supremazia su una buca scavata con grande impegno dai figli. I bagnini, increduli, hanno dovuto chiedere l’intervento della polizia municipale. “Era una trincea perfetta, non potevamo cederla”, ha dichiarato il padre, visibilmente scosso.

        E non mancano i casi più… gastronomici. A Taormina, un venditore ambulante ha denunciato un cliente per “aggressione con cono gelato”: l’uomo, insoddisfatto del gusto, gliel’ha spiaccicato in faccia. Testimoni riferiscono che si trattava di pistacchio.

        Ci sono poi episodi al limite dell’incredibile, come quello avvenuto a Ostia, dove una donna ha tentato di vendere “l’accesso esclusivo” al mare, piazzando una transenna con tanto di cartello: “Ingresso privato, 10 euro”. L’arenile, ovviamente, era demaniale.

        Non siamo ancora ai livelli del furto di sabbia – che resta il classico per eccellenza, soprattutto in Sardegna – ma anche quest’anno il repertorio estivo promette bene. E mentre i tribunali archiviano questi piccoli deliri sotto voci come “lite condominiale balneare”, resta il dubbio: siamo noi a impazzire con il caldo, o il mare tira fuori la nostra vera natura?

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          Italia

          Francobolli ritirati per mancanza del tedesco: la gaffe di Urso fa infuriare il Tirolo

          Il governatore Kompatscher attacca: «Il termine Alto Adige-Südtirol è ufficiale. È inaccettabile ignorarlo». I francobolli dedicati a Latemar e Catinaccio saranno ristampati con la versione bilingue, dopo la figuraccia istituzionale

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            Non si tratta di una banconota né di un documento ufficiale, ma l’assenza della parola Südtirol su un francobollo è bastata a scatenare una bufera politica. Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, guidato da Adolfo Urso, ha disposto il ritiro immediato di due francobolli appena stampati che raffiguravano le Dolomiti altoatesine – il Latemar e il Catinaccio – ma privi della denominazione in lingua tedesca. Una svista? Più che altro, un incidente diplomatico.

            Il motivo del contendere è proprio l’indicazione geografica: sui francobolli compariva solo la dicitura “Trentino-Alto Adige”, senza la corretta e costituzionalmente sancita forma bilingue “Trentino-Alto Adige/Südtirol”. Una mancanza che, in una provincia a statuto speciale dove il bilinguismo è obbligatorio per legge, ha il sapore dell’affronto istituzionale.

            A scatenare l’altolà è stato il presidente della Provincia autonoma di Bolzano, Arno Kompatscher, che non ha usato mezze misure: «Mi sono arrabbiato, è già successo in passato con le Odle. Una volta può capitare, ma stavolta c’è stata poca sensibilità. Il termine Alto Adige-Südtirol è nella Costituzione: è la denominazione ufficiale della regione. È inaccettabile».

            Il Mimit ha ammesso l’“anomalia” e ha ordinato il blocco della distribuzione. I francobolli appartenevano alla serie “Turistica – Patrimonio naturale e paesaggistico” e sarebbero dovuti essere messi in vendita da Poste Italiane. Al loro posto, ne verrà stampata una versione corretta, con le scritte in entrambe le lingue: italiano e tedesco. Il tutto grazie anche alla mediazione del deputato altoatesino Marco Galateo, volto di Fratelli d’Italia in Regione.

            La polemica ha riportato a galla la sensibilità, ancora fortissima, che circonda l’identità linguistica del territorio altoatesino. In Alto Adige, ogni toponimo, cartello o documento deve riportare sempre entrambe le lingue, pena accuse di discriminazione culturale. E anche un piccolo francobollo può trasformarsi in un caso politico.

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              Politica

              Bengasi chiude i cancelli: la figuraccia internazionale di Piantedosi (e dell’Europa)

              Missione saltata, delegazione espulsa, onta pubblica: la trasferta del Viminale in Libia orientale si trasforma in un boomerang diplomatico. E Bengasi lancia un messaggio chiarissimo: “Qui comandiamo noi”.

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                Atterrano, si guardano intorno, pronti per stringere mani, scattare foto e pronunciare le solite frasi fatte tipo “collaborazione fruttuosa”, “dialogo costruttivo”, “fronte comune sui flussi migratori”. E invece… “Preparatevi a ripartire”. No, non è l’incipit di un racconto comico, ma la sintesi cruda della missione (fallita) del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e della delegazione Ue a Bengasi. Una scena da film, solo che il genere è commedia nera: atterrati a Benina, dichiarati personae non gratae e gentilmente accompagnati alla porta d’imbarco. Game over in meno di un’ora.

                Per la cronaca, con Piantedosi c’erano anche i ministri dell’Interno di Grecia e Malta, oltre al Commissario europeo alle Migrazioni, Margaritis Schinas. Un bel team. Una missione “strategica”. Un disastro annunciato.

                La Libia, lo sanno anche i sassi, è un Paese spaccato in due: a ovest il governo riconosciuto da ONU e amici, a est il blocco filorussissimo della Cirenaica, che ha già fatto capire più volte che l’Europa può bussare, ma a porte chiuse. E invece la delegazione Ue è arrivata come se nulla fosse, con la delicatezza di un elefante in una cristalleria tribale. Risultato: tutti a casa, senza passare dal via.

                Il comunicato del governo libico orientale è stato più esplicito di una testata diplomatica: “Violazioni delle procedure”, “mancanza di rispetto delle leggi libiche”, “sovranità nazionale calpestata”. E, ciliegina sulla torta, la definizione lapidaria: “persona non grata”. Tradotto: “non ci servite, non vi vogliamo, non fate finta che sia un incidente. Non è un incidente. È un messaggio”.

                E che messaggio. Dietro il linguaggio istituzionale c’è una verità politicamente scottante: la Libia non è più terreno neutro, ma un campo minato dove le missioni europee entrano a proprio rischio e pericolo. E in questo caso, senza nemmeno il rischio: solo il pericolo, concretizzato in una figuraccia mondiale.

                Il Viminale, che già non brilla per agilità diplomatica, ora dovrà spiegare come mai una missione internazionale sia stata gestita con tanta leggerezza, come se Bengasi fosse un quartiere periferico di Roma e non una roccaforte semi-autonoma in mano a milizie e potentati locali. Ma soprattutto, dovrà spiegare perché si continui a credere che basti l’etichetta “Unione Europea” per farsi spalancare tutte le frontiere. Siamo nel 2025: quella stagione è finita.

                E l’Europa? Zitta. Come al solito. O, nella migliore delle ipotesi, affaccendata a trovare una frase abbastanza vuota da suonare importante e abbastanza ambigua da non dare fastidio a nessuno. Un comunicato stampa in corpo 10, senza firme né conseguenze. Diplomazia 2.0: quando prendi schiaffi, fai finta di non sentirli.

                Intanto, dal lato libico, il premier della Cirenaica Osama Saad Hammad gongola. Ha umiliato mezza Europa con una nota stampa e un cambio di gate. E ha fatto passare un messaggio chiaro: “la Libia orientale non è vostra alleata, né vostra cliente”. Potete mandarci soldi, droni, corsi di formazione per la guardia costiera, ma non vi illudete di comandare. Quello l’abbiamo già fatto noi, con voi sulla pista d’atterraggio.

                Il paradosso? Piantedosi era andato in missione per parlare – manco a dirlo – di migranti. Tema che in Libia è una questione di potere, milizie, traffici, porti. Cioè esattamente tutto ciò che l’Europa continua a fingere di non vedere. E in cambio, si becca l’ennesimo no secco, urlato a voce bassissima ma risuonante fino a Roma.

                In un mondo normale, questa debacle avrebbe provocato dimissioni, interrogazioni, crisi diplomatiche. Invece, probabilmente, finirà con qualche riga sui giornali e un’altra missione “strategica” già programmata tra un mese. Magari stavolta a Tripoli. O a Tobruk. Basta che si apra la porta. E che qualcuno, almeno una volta, controlli prima chi c’è dietro.

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