Cronaca
Equalize: dossieraggi, spionaggio e potere. L’inchiesta che svela i segreti dei potenti
Dossier riservati, spionaggi internazionali e giochi di potere: l’inchiesta Equalize svela una rete di influenze illecite che coinvolge figure di spicco della politica, imprenditoria e intelligence in Italia. Tra intercettazioni e profili riservati, emergono i tentativi di spionaggio sui vertici del Paese, come Ignazio La Russa e Matteo Renzi, la profilazione di magistrati e prefetti, e l’interesse per colossi energetici e sportivi.

L’inchiesta sulla piattaforma Equalize, accusata di spionaggio sistematico e dossieraggi illeciti, ha scosso l’Italia, portando alla luce una rete oscura che coinvolge politici, imprenditori e società di rilievo. Gestita da Enrico Pazzali, presidente di Fondazione Fiera Milano, e Carmine Gallo, ex poliziotto, la società si avvaleva di un sofisticato sistema di spionaggio, promettendo ai propri clienti accesso a informazioni riservate e, in alcuni casi, strumenti per influenzare rivali e ottenere vantaggi.
Nelle 1.217 pagine di richiesta di 16 misure cautelari da parte della Procura di Milano e nelle 513 pagine di ordinanza di custodia cautelare da parte del gip del Tribunale ci sono centinaia di intercettazioni. Alcune apparentemente clamorose anche se si tratta spesso di chiacchiere “da bar” tra i soci di Equalize che commentavano questo o quel fatto.
Nell’inchiesta su Equalize emergono per esempio conversazioni esplosive che coinvolgono Silvio Berlusconi e i suoi presunti rapporti con la mafia, stando agli scambi tra Nunzio Samuele Calamucci e Massimiliano Camponovo, intercettati e agli atti dell’inchiesta della Procura di Milano con la Direzione distrettuale antimafia.
La conversazione risale al 9 maggio 2023, con Camponovo che chiede a Calamucci aggiornamenti su alcune questioni. A un certo punto, l’investigatore domanda: “Ma cos’è quella roba lì invece del…di quella trascrizione?”. Calamucci risponde con una frase che sorprende l’interlocutore: “Quella è la vera prova di colpevolezza di Silvio Berlusconi di come ha preso i soldi dalla mafia…”.
Camponovo reagisce, incuriosito: “Wauuu dopo me la leggo anch’io allora…”, mentre Calamucci, ridendo, commenta: “Non l’hanno mai fatta pubblicare…”. L’investigatore replica: “Porca miseria… eh roba pesante insomma”. “Sì, sì,” conferma Calamucci, “vabbè era giusto, sai quelle letture così da…”. Camponovo prosegue: “Ma quindi non era vittima… Quindi era in affari che diverso”. Calamucci conferma: “Esatto: vittima le palle”. Il socio insiste: “Allora è vero quello che si legge in giro, insomma che era proprio in affari…”, a cui Calamucci risponde: “Sì, sì, sì…”.
Camponovo continua a cercare chiarimenti, chiedendo: “Non era… Non era a rischio di sequestro dei figli per cui passava i soldi… sai che c’era”. Calamucci chiarisce: “Ah… allora no… non so se… se lo vedi all’inizio ma troverai anche il carabiniere nome e cognome del carabiniere, che per casualità conosciamo anche che… ha fatto questa intercettazione in carcere”, riferendosi probabilmente a chi aveva redatto l’atto in esame.
La natura del documento commentato rimane incerta, e i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Varese riferiscono che la trascrizione citata rimane non identificata. Ma sottolinea quanto in profondità si fossero spinti gli affari illeciti di Equalize. Samuele Calamucci, hacker di punta e braccio destro di Gallo, si vantava intercettato: “Noi abbiamo la fortuna di avere clienti top in Italia”.
Dalle indagini della Procura di Milano emergono nomi di banche, colossi industriali, studi legali e aziende energetiche tra i clienti di Equalize. Se in alcuni casi i dossier reputazionali richiesti provenivano da fonti aperte, in altri la società mascherava come legale il risultato di accessi abusivi a dati sensibili.
Tra i clienti, anche Erg, colosso delle rinnovabili, che avrebbe pagato 117.500 euro per monitorare alcuni dipendenti. A questi ultimi, Equalize avrebbe installato software di intercettazione sui dispositivi, includendo messaggi WhatsApp, in un’operazione qualificata dagli inquirenti come “intercettazione abusiva”.
Un’altra azienda citata è Eni, che avrebbe versato 377.000 euro per produrre un dossier sull’imprenditore Francesco Mazzagatti. “Eni ribadisce di non essere mai stata, e di non essere, al corrente di eventuali attività illecite condotte da Equalize”, ha dichiarato l’azienda. Eppure il direttore legale Stefano Speroni risulta indagato per concorso in accesso abusivo.
Il controllo di Equalize su diversi politici è documentato dalle intercettazioni. Nel 2022, in vista delle elezioni regionali lombarde, Pazzali chiedeva a Gallo di fare uno screening dei candidati della lista Lombardia Migliore di Letizia Moratti, rivale di Attilio Fontana, che aveva nominato Pazzali ai vertici di Fondazione Fiera. “C’è un sacco di gente, guarda se conosci qualcuno. Se c’è qualcuno d’interessante da verificare,” dice Pazzali. “Sì, sì, li guardo tutti,” risponde Gallo.
L’indagine ha documentato accessi illeciti alle banche dati della polizia per verificare legami della squadra Moratti, con il supporto di Giuliano Schiano, finanziere della Dia di Lecce. “Anche grazie alle informazioni ottenute nell’agosto 2022 su Mariani,” afferma l’informativa, “Pazzali approccia quest’ultimo per ottenere informazioni sulla campagna elettorale della Moratti”.
L’inchiesta chiama in causa Attilio Fontana, governatore lombardo, che avrebbe richiesto a Enrico Pazzali informazioni compromettenti su Paolo Scaroni, presidente di Enel e del Milan, al fine di ostacolarne la nomina come CEO delle Olimpiadi Milano-Cortina 2026. In una telefonata, Pazzali riferisce che Fontana gli avrebbe chiesto di “accertare se Scaroni avesse dei precedenti o delle ‘cose in corso’”, con l’intento di “renderlo impresentabile” e bloccarne la candidatura.
“Lo vediamo, sì”, risponde l’ex poliziotto Carmine Gallo, socio di Pazzali, mostrando prontezza nel reperire le informazioni richieste. Il giorno successivo, l’hacker Giuliano Schiano, anch’egli agli arresti, accede ai database della banca dati interforze SDI e a Punto Fisco dell’Agenzia delle Entrate per trovare elementi compromettenti. Tuttavia, come emerge dalle indagini, la ricerca non rivela alcun elemento utile: Schiano riferisce che Scaroni era “pulito”.
Fontana ha negato ogni coinvolgimento, affermando di “non aver mai chiesto né ricevuto informazioni” da Pazzali e di non avere alcun interesse in dossier di questo tipo. Inoltre, ha sottolineato l’autonomia della Fondazione Fiera Milano e l’assenza di poteri di controllo diretti da parte sua sulla gestione interna dell’ente, ora che Pazzali si è autosospeso dalla presidenza.
Un altro dossier ha riguardato Ignazio La Russa, presidente del Senato. Il 19 maggio 2023, Pazzali chiede a Calamucci un report completo su La Russa e i suoi figli: “Quello deve essere rosso… condannato,” esprime Pazzali, deluso quando il sistema lo valuta “arancione”.
Tra le ricerche emerge anche Matteo Renzi, ma la richiesta solleva preoccupazione tra i collaboratori: “Caspita, quello va a fare Matteo Renzi! Ci manda qua la Finanza, i servizi, i contro servizi!” dice Gallo. Tuttavia, la piattaforma Beyond di Calamucci, ospitata su server esteri, avrebbe aggirato i controlli interni. “Se lo fai Italia su Italia, ci mettono le manette… on the road, è il nostro segreto,” spiegava Calamucci.
In una conversazione intercettata, Calamucci afferma l’importanza di mantenere una posizione bipartisan, spiegando a Giulio Cornelli che Pazzali è “sponsorizzato da Ignazio La Russa, Santanché, Fontana e da Silvio Berlusconi… Avendo lo sponsor di centrodestra, i contatti sono settanta per cento centrodestra, trenta il resto.” La società Equalize avrebbe anche tentato di influenzare incarichi chiave, come risulta da una telefonata di Pazzali con il ministro del Turismo Daniela Santanché.
La rete di Equalize non si fermava all’Italia: il gruppo manteneva contatti anche con intelligence straniere. L’8 febbraio 2023, i carabinieri hanno documentato l’incontro nella sede di Equalize tra Calamucci e due agenti del Mossad, pronti a pagare un milione per il monitoraggio di attacchi russi e dei flussi finanziari legati al gruppo Wagner. Calamucci confermava che il materiale fornito dagli agenti “è di sicuro interesse per Eni spa e per Stefano Speroni”.
Ma il valore delle informazioni era doppio: “Metà dei dati servono per combattere Wagner,” affermava, “mentre l’altra metà li hanno dati al Vaticano”. Nelle intercettazioni emerge una possibile collaborazione di Equalize con la Chiesa cattolica per finalità di intelligence. “La aiutiamo la Chiesa contro la Russia o no?” chiede Calamucci a Gallo. “Eh se ha bisogno!” risponde Gallo. “Ci darà un po’ di roba per l’anno prossimo?” continua Calamucci, lasciando intendere una possibile compensazione futura. Gallo replica ironico: “Se ci paga. È stato sempre gratis! Pro bono per il papa”.
Non mancavano gli sportivi.Anche la proprietà americana della AS Roma è stata coinvolta nell’indagine Equalize. Dan e Ryan Friedkin, sospettando una bonifica inefficace da parte di un’altra società, si erano rivolti a Gallo per un controllo completo della sede di Trigoria. “Mi ha spiegato lui che la proprietà è americana, sono degli americani i proprietari della società e quindi, quando hanno cambiato un pochettino la sede e tutto… Hanno affidato l’incarico a una società e si sono accorti che questa società stessa che doveva fare le bonifiche, loro stessi gli hanno messo qualcosa dentro,” raccontava Gallo.
Marcell Jacobs, oro olimpico nei 100 metri, è stato oggetto di un presunto dossieraggio commissionato da uno studio legale padovano. Dalle indagini emergono intercettazioni e tentativi di installare un trojan per monitorare Jacobs e il suo staff, incluso l’allenatore Camossi.
Non mancano nel dossier nemmeno episodi di spionaggio a sfondo personale e privato, come quello che vede coinvolto Fulvio Pravadelli, direttore generale della Veneranda Fabbrica del Duomo, il quale, in base agli atti, avrebbe incaricato Equalize di spiare il cantautore Alex Britti a causa di dissapori legati alla separazione di quest’ultimo da sua figlia. Britti, estraneo all’inchiesta, sarebbe finito inconsapevolmente nel mirino dell’agenzia che, secondo le carte, avrebbe acquisito dati riservati e tracciato le sue attività personali, confermando l’inclinazione dell’agenzia a usare metodi intrusivi, dalle intercettazioni ai dossier costruiti su commissione.
Il sistema orchestrato da Equalize si spinge fino alla sfera personale di personaggi pubblici e imprenditori, come nel caso del banchiere Matteo Arpe, che insieme al fratello Fabio avrebbe chiesto all’agenzia informazioni patrimoniali sulla moglie del padre per fini legati alla gestione dell’eredità familiare. “Notizie da usare in sede di negoziazione extragiudiziale sull’eredità” è quanto emerge dalle carte. Arpe, infatti, figura tra gli indagati per aver richiesto l’accesso abusivo alla banca dati della filiale di Alessandria di Banco BPM.
A volte sono semplici problemi di cuore a spingere qualcuno a rivolgersi a Pezzali e compagni. Leonardo Maria Del Vecchio, figlio del fondatore di Luxottica, è tra i clienti di spicco di Equalize. Stando alle intercettazioni, Del Vecchio avrebbe chiesto e ottenuto dossier su suo fratello Claudio e su un’ex fidanzata, la modella Jessica Serfaty sospettata di avere una storia con un altro uomo.
La richiesta, fatta per tutelare interessi familiari, viene descritta dall’hacker Calamucci come “l’affare della vita”. “Questo mi ha detto non ho limiti di budget: pago, faccio, disfo (…) Questo c’ha un patrimonio da tre miliardi, spenderà anche 2 o 300mila euro con noi,” racconta.
Nelle intercettazioni emerge inoltre una presunta estorsione subita da Del Vecchio a Montecarlo. L’ex carabiniere Vincenzo Giuseppe De Marzio spiega che il figlio del fondatore di Luxottica era stato avvicinato da un uomo, indicato come “Farid”, per un ricatto milionaria. “Questo qui sta facendo un’estorsione, voleva un milione,” riferisce De Marzio, che si offre di intervenire: “Se a Montecarlo voi avete bisogno, abbiamo la possibilità di…”. Le indagini rivelano anche come Del Vecchio, considerato uno degli uomini più ricchi d’Italia, fosse disposto a pagare ingenti somme per proteggere i suoi interessi e tenere sotto controllo i rapporti familiari.
Con oltre 800mila persone spiate e un totale di 52.811 estrazioni abusive di dati riservati dalle banche dati delle forze dell’ordine, Equalize emerge come un’agenzia dalle operazioni pericolosamente capillari, i cui legami e clienti si estendono dal mondo politico alle aziende fino a coinvolgere figure di spicco nel panorama pubblico italiano.
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Mondo
Il papa di Giorgia? Conservatore e colto come Benedetto. E la Meloni lavora sotto traccia
La premier spera in un Papa lontano dall’“uragano Francesco” e vicino alla linea teologica di Wojtyla e Ratzinger. I nomi che circolano a Palazzo Chigi: Giuseppe Betori in testa, ma anche Parolin come compromesso. Il ruolo chiave di Mantovano, ex presidente di “Aiuto alla Chiesa che soffre”, oggi regista silenzioso tra Curia e governo.

Giorgia Meloni, da sempre considerata legata alla tradizione più conservatrice della Chiesa, non ha mai fatto mistero della sua ammirazione per Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Papa Francesco, all’inizio, le appariva come un corpo estraneo. Ma in tre anni di governo a Palazzo Chigi, le distanze si sono accorciate. I contatti con il Vaticano si sono fatti frequenti e discreti. A fare da ponte tra i due mondi c’è Alfredo Mantovano, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, giurista, uomo di Chiesa e per molti l’interfaccia informale (e influente) tra la Santa Sede e il governo italiano. Una figura che conosce bene le gerarchie vaticane, i non detti, le attese. E che oggi, con un Papa defunto e un Conclave alle porte, lavora nell’ombra per portare a Santa Marta un successore più vicino alla sensibilità della premier.
Non è solo un auspicio, è una strategia. Palazzo Chigi osserva con attenzione il gioco delle alleanze cardinalizie e, senza dare nell’occhio, tesse la sua trama. L’identikit del Papa ideale per Meloni è chiaro: un uomo solido nella dottrina, sobrio nei toni, distante dalle aperture bergogliane su migranti, omosessuali e nuovi modelli di famiglia. Uno come Giuseppe Betori, attuale arcivescovo di Firenze, già segretario generale della CEI ai tempi di Camillo Ruini. Un prelato che non ha mai nascosto la sua distanza da Francesco, soprattutto sul tema delle migrazioni, e che rappresenta agli occhi della destra italiana un punto di equilibrio tra fede, tradizione e rigore morale.
Betori, tuttavia, non è l’unico nome sul taccuino di Mantovano. Il sottosegretario è stato presidente della fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), una realtà molto apprezzata da Francesco ma profondamente radicata nelle istanze più tradizionaliste del cattolicesimo. La sua rete comprende figure come Mauro Piacenza e Angelo Bagnasco, non più elettori ma ancora molto influenti nei corridoi della Curia. La loro azione è silenziosa ma costante, e si muove sotto la regia del decano delle strategie cardinalizie italiane: Camillo Ruini.
Meloni non prende posizione ufficialmente, ma se potesse parlare liberamente non farebbe mistero della preferenza per un pontefice che riporti ordine, chiarezza e autorevolezza in una Chiesa da lei percepita come smarrita nei meandri del dialogo a tutti i costi. Un Papa che recuperi il profilo battagliero di Wojtyla senza gli slanci populisti di Francesco. O almeno, nella peggiore delle ipotesi, un mediatore. Un uomo come Pietro Parolin, il Segretario di Stato, abile diplomatico, stimato da Francesco ma non identificabile come continuatore puro della sua linea. Una figura che a Palazzo Chigi appare rassicurante, affidabile, meno incline a sbandamenti teologici.
Ciò che è certo è che a Giorgia Meloni il nome di Matteo Zuppi non piace. Il presidente della CEI, indicato da molti come l’erede più naturale del Papa defunto, è troppo sbilanciato a sinistra, troppo vicino a quel mondo che Meloni considera avversario politico. La battuta pronunciata entrando in Vaticano il 25 aprile – “Ricordiamoci della Liberazione” – è suonata come un messaggio. E non è passato inosservato.
In questo clima di attese e manovre, il governo italiano gioca le sue carte. Senza clamore, ma con determinazione. Il prossimo Papa sarà scelto dai cardinali, ma molti occhi resteranno puntati anche su Roma. Quella dei palazzi del potere temporale, dove si sogna un Pontefice meno profeta e più sovrano.
Mondo
Trump, l’autoincoronazione: “Voglio essere Papa”. E il delirio continua
Popolarità in caduta libera, sondaggi che lo sgonfiano, ma lui insiste: “Sono il migliore di sempre”. Sogna la tiara papale, minaccia chi non riporta le fabbriche in patria e attacca Powell, la Fed e i giudici. Perché il nemico è sempre là fuori. E lui, come sempre, si sente l’unico unto del Signore.

Donald Trump ha celebrato i suoi primi 100 giorni di secondo mandato come ci si aspetterebbe da un sovrano autoproclamato e incapace di contenersi. Lo ha fatto in Michigan, davanti a una platea scelta con cura, e con il solito show da comizio permanente. Nessuna traccia di tono istituzionale, nessuna analisi dei risultati effettivi, solo autocelebrazione, falsità sbandierate come dogmi e una battuta diventata emblematica del suo narcisismo galoppante: “Mi piacerebbe essere Papa. Sarebbe la mia prima scelta”. Sorriso compiaciuto, risatina complice, come sempre. Ma ogni battuta di Trump è un missile travestito da gag. E questa non fa eccezione.
Mentre la sua popolarità reale affonda – con un 39% di approvazione nei sondaggi, il dato peggiore per un presidente a questo punto del mandato dagli anni Cinquanta – lui rivendica “i 100 giorni più di successo della storia americana”. È la solita retorica che conosciamo: spararla grossa, mentire a raffica, trasformare ogni critica in un attacco da rispedire al mittente. I sondaggi? “Falsi”. L’economia? “Un trionfo, ma i media mentono”. La verità? Una variabile secondaria. E se la realtà non coincide con la narrazione, tanto peggio per la realtà.
Nel suo discorso ha attaccato tutti: i democratici, i giudici, la Fed, i migranti, la Cina. Ha lanciato l’ennesimo avvertimento alle case automobilistiche, minacciando di “massacrarle” se non riportano le fabbriche negli Stati Uniti. Ha detto che “solo tre migranti” sono entrati illegalmente nel Paese nell’ultimo mese – un dato inventato di sana pianta – e ha aggiunto che “con Biden sarebbero entrati 40 milioni di criminali”. Affermazioni che, in un Paese normale, dovrebbero scandalizzare anche i sostenitori più fedeli. Ma qui non siamo più nella politica: siamo nella costruzione di un culto personale, in cui il leader è l’unica fonte di verità.
Trump parla come un sovrano assoluto, agisce come un predicatore senza limiti e sogna di essere un Papa, ma senza regole, dogmi o Vangeli da rispettare. Il fatto che abbia citato l’ipotesi di diventare Papa – anche solo come boutade – racconta molto più di quanto sembri. Perché in fondo lui si vede già così: al di sopra di ogni giudizio, intoccabile, eterno. Una figura messianica, autorizzata a giudicare e condannare tutti, ma mai a rispondere di nulla. Ha persino indicato il suo “candidato” ideale al soglio pontificio: il cardinale newyorkese Timothy Dolan, vicino a posizioni conservatrici. Ma subito dopo ha chiarito che lui stesso sarebbe la scelta perfetta. È solo un gioco? Forse. Ma è lo stesso gioco che lo ha portato a negare la sconfitta elettorale, a incitare l’assalto al Congresso, a immaginare un terzo mandato come se la Costituzione fosse un ostacolo minore.
Ecco perché il paragone papale non è un semplice guizzo narcisista. È la logica conseguenza di una visione del potere dove non esistono contrappesi, e dove l’autorità non si eredita né si guadagna: si prende, si impone, si venera. Trump, il presidente che ballava con i Village People alla fine dei comizi, oggi si atteggia a profeta perseguitato. Il papa laico di una religione che ha un solo comandamento: “Io ho sempre ragione”.
Nel suo discorso ha anche attaccato Jerome Powell, presidente della Fed, accusandolo dell’inflazione. Una manovra prevedibile, per attribuire a qualcun altro gli effetti delle sue stesse scelte, in particolare la guerra dei dazi, che ha messo in ginocchio interi settori produttivi. Ha difeso Elon Musk, definito “un grande uomo” vittima del boicottaggio, e si è perfino intestato la difesa della festa di Cristoforo Colombo, come se fosse stato lui a salvarla dall’oblio. Fatti, date, proporzioni: tutto piegato a una narrazione autocelebrativa senza freni.
E intanto il dato politico resta: il gradimento è ai minimi storici, l’economia traballa, le tensioni internazionali aumentano. Ma Trump è già proiettato oltre. Parla come se fosse già in campagna per il 2028. Del resto, lo è sempre stato. La campagna di Trump non finisce mai. È una messa continua, una liturgia dell’ego, con lui al centro dell’altare, tra un tweet e un inchino.
Italia
Bollette elettriche: ecco gli sportelli che ti fanno risparmiare
Bollette, al via gli sportelli per lo sconto sulla luce (da 113 euro all’anno): ecco dove sono.

Risparmiare sulla bolletta della luce è possibile per 11,5 milioni di italiani, grazie a un servizio di consulenza gratuita che aiuta i cittadini vulnerabili a passare al Servizio a Tutele Graduali (STG), con uno sconto da almeno 113 euro all’anno. L’iniziativa, promossa dal deputato leghista Alberto Gusmeroli, permette agli utenti over 75, disabili, persone in difficoltà economica, chi utilizza apparecchi medicali e chi risiede in isole minori, di lasciare il mercato libero o il regime di maggior tutela per accedere all’STG. Tuttavia, il cambio può essere richiesto solo online ed è disponibile fino al 30 giugno 2025.
Sportello di consulenza: ecco i documenti necessari
Per facilitare il passaggio al STG, Gusmeroli, sindaco di Arona (Novara), ha aperto uno sportello dedicato per assistere i cittadini nella compilazione della richiesta. Il servizio, finanziato con fondi del PNRR, è attivo tre giorni alla settimana: martedì: 9:00 – 13:00 / mercoledì: 14:00 – 18:00 / venerdì: 8:30 – 11:30. Per effettuare il cambio di fornitore, è necessario portare: il documento d’identità, l’ultima bolletta elettrica, l’indirizzo email e numero di telefono, e l’IBAN (se si desidera la domiciliazione bancaria).
Bollette elettriche: è ora di cambiare
L’iniziativa, nata ad Arona, si sta espandendo velocemente anche in altri territori. Alcuni comuni del Piemonte, come Oleggio, Dormelletto, Pisano, Oleggio Castello e Macugnaga, hanno già attivato lo sportello. Prossimamente, apriranno punti di consulenza anche nel Cuneese, nel Torinese e in Toscana. Al di fuori del Piemonte, infatti, il servizio è già operativo a Massa in Toscana, città di Andrea Barabotti, co-firmatario dell’emendamento. Grazie a questa rete di assistenza, i cittadini vulnerabili potranno accedere più facilmente agli sconti previsti dal Servizio a Tutele Graduali, riducendo così le spese energetiche annuali. Una opportunità per migliorare l’accessibilità alle agevolazioni e semplificare il processo di cambio fornitore.
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