Salute
Il batterio carnivoro che sta preoccupando il Giappone
La sindrome da shock tossico streptococcico (Stss) sta causando un’emergenza medica in Giappone, con 77 decessi registrati dall’inizio del 2024 fino a marzo.
A Tokyo sono in allarme più di quanto lo siano quando la terra gli trema sotto i piedi. La causa di questa preoccupazione è dovuto dall’elevato numero di persone affette da sindrome da choc tossico streptococcico causato da un batterio carnivoro che porta alla morte. Da inizio dell’anno questo batterio ha avuto una crescita esponenziale di casi. Finora sono stati registrati 77 decessi.
Di cosa si tratta
La sindrome da shock tossico streptococcico (Stss) è la causa di questa emergenza medica he sta affliggendo il Giappone. Il Ministero della Salute ha riportato 977 casi di Stss un numero che ha superato il record del 1999. Questa infezione batterica, causata principalmente dallo streptococco del gruppo A (GAS), è rara ma grave. Si sviluppa quando i batteri invadono i tessuti profondi e il flusso sanguigno.
Come si manifesta
I sintomi iniziali includono febbre, dolori muscolari e vomito, ma possono rapidamente peggiorare, portando a una bassa pressione sanguigna, gonfiore e insufficienza multiorgano, con un alto tasso di mortalità. Tra i sintomi anche infezioni alla gola che si manifestano soprattutto nei bambini. In rare circostanze lo streptococco A può diventare anche mortale quando il batterio produce una tossina capace di invadere il flusso sanguigno. Nei casi estremi può essere causa di fascite necrotizzante e choc tossico. La maggior parte delle persone affette da questo batterio ha manifestato problemi di salute con sistemi immunitari carenti, che riducono la capacità di combattere l’infezione. Anche con trattamento adeguato, la malattia rimane altamente letale, con un tasso di mortalità di circa il 30%.
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Salute
Piatti in ammollo nel lavandino: un’abitudine comune che può mettere a rischio la salute
Lasciare stoviglie sporche immerse nell’acqua sembra una soluzione pratica, ma può favorire la proliferazione di batteri e contaminazioni domestiche.
Lasciare piatti, bicchieri e posate in ammollo nel lavandino è un gesto quotidiano per molte persone: si rimanda il lavaggio, si pensa di ammorbidire lo sporco o semplicemente si aspetta di avere tempo. Tuttavia, quella che appare come una soluzione comoda può trasformarsi in un potenziale rischio per la salute, soprattutto dal punto di vista igienico-sanitario.
Un ambiente ideale per batteri e muffe
Il lavandino della cucina è uno dei punti più contaminati della casa. Quando i piatti sporchi restano immersi in acqua tiepida o a temperatura ambiente, si crea un contesto perfetto per la moltiplicazione di batteri, come Escherichia coli, Salmonella e Staphylococcus aureus, spesso presenti nei residui di cibo. L’umidità costante e la presenza di sostanze organiche accelerano la crescita microbica già dopo poche ore.
Secondo gli esperti di igiene domestica, l’ammollo prolungato non “neutralizza” i germi, ma al contrario li aiuta a diffondersi, formando veri e propri biofilm sulle superfici delle stoviglie, più difficili da eliminare con un semplice risciacquo.
Il rischio di contaminazione incrociata
Un altro problema riguarda la contaminazione incrociata. Se nello stesso lavandino finiscono piatti usati per carne cruda, uova o pesce insieme ad altre stoviglie, i microrganismi possono trasferirsi facilmente da un oggetto all’altro. Questo aumenta il rischio che batteri potenzialmente patogeni arrivino su piatti o posate che verranno poi utilizzati per alimenti pronti al consumo.
Il rischio è ancora maggiore se l’acqua dell’ammollo viene riutilizzata o se le stoviglie non vengono lavate subito con acqua calda e detergente adeguato.
Cattivi odori, insetti e scarichi ostruiti
Lasciare piatti sporchi nel lavandino favorisce anche la formazione di cattivi odori, dovuti alla decomposizione dei residui alimentari. Inoltre, l’umidità e il cibo attirano insetti come moscerini e scarafaggi, che possono diventare veicoli di ulteriori contaminazioni.
Non va poi sottovalutato il rischio per gli scarichi: grassi e residui che si staccano durante l’ammollo possono accumularsi nelle tubature, causando ostruzioni e favorendo la proliferazione di batteri anche all’interno delle canalizzazioni.
Ammollo sì, ma con criterio
Gli esperti non demonizzano del tutto l’ammollo, purché sia breve e mirato. Può essere utile per pentole incrostate o teglie molto sporche, ma dovrebbe durare il minimo indispensabile e avvenire preferibilmente con acqua calda e detergente. Subito dopo, è fondamentale procedere al lavaggio accurato e all’asciugatura.
Per le stoviglie di uso quotidiano, la soluzione migliore resta lavarle subito dopo i pasti, evitando accumuli nel lavandino.
Una questione di igiene quotidiana
In cucina, piccoli gesti fanno una grande differenza. Ridurre il tempo in cui i piatti restano sporchi e bagnati aiuta a mantenere un ambiente più sano, limitando la diffusione di germi e proteggendo la salute di tutta la famiglia. A volte, ciò che sembra una scorciatoia domestica può trasformarsi in un’abitudine da rivedere.
Salute
Smartphone in bagno? L’abitudine “innocente” che può danneggiare la salute
Portare il telefono con sé al WC è diventato un rito quotidiano. Ma trattenersi più del necessario in quella posizione aumenta la pressione sulle vene della zona anale e può concorrere alla comparsa di disturbi come le emorroidi. Per gli esperti, la regola è semplice: meno schermo, più rapidità.
Ammettiamolo: il cellulare in bagno è ormai il nostro inseparabile compagno. Un messaggino, due scroll sui social, un video da finire… e quei pochi minuti si trasformano in una sosta molto più lunga del previsto. È un’abitudine comunissima, soprattutto nei Paesi occidentali, eppure non è esattamente un toccasana.
La posizione seduta sul water, spiegano i professionisti della salute – dai gastroenterologi ai fisioterapisti del pavimento pelvico – non è pensata per essere mantenuta a lungo. Quando ci intratteniamo oltre il necessario, magari distratti da notifiche e feed infiniti, si crea una pressione continua sulle vene situate all’interno e intorno all’ano. Questo può favorire l’insorgenza o l’aggravamento delle emorroidi, un disturbo molto diffuso, che colpisce uomini e donne di ogni età.
Gli specialisti ricordano che, da seduti sul WC, i muscoli del pavimento pelvico restano in tensione. Inoltre, la circolazione venosa della parte bassa del bacino può risultare meno fluida rispetto alla postura eretta. Il problema non nasce da un singolo episodio, ma dalla ripetizione quotidiana di questa abitudine: un “rituale digitale” che, prolungandosi negli anni, può trasformarsi in un fattore di rischio.
Non a caso, numerosi medici suggeriscono di limitare la permanenza in bagno allo stretto necessario: idealmente non più di pochi minuti. Non perché ci sia una soglia universale e definitiva, ma perché il tempo aggiuntivo spesso non serve a nulla. È la distrazione del telefono a farci restare ben oltre il momento in cui il nostro corpo ha già completato la sua funzione fisiologica.
Segnali da non trascurare
Se dopo essere andati in bagno compaiono sangue sulla carta igienica, dolore, sensazione di peso o piccoli rigonfiamenti percepibili al tatto, è importante non ignorare i sintomi e rivolgersi al proprio medico o a uno specialista. Le emorroidi, nella maggior parte dei casi, vengono gestite con trattamenti conservativi o cambiando alcune abitudini quotidiane. Evitare lunghe sedute sulla toilette, curare l’alimentazione e mantenere una corretta idratazione sono tra le misure più citate nella prevenzione.
Un’occasione per rallentare davvero
C’è poi un altro aspetto tutt’altro che secondario: il tempo. Restare incollati allo schermo mentre si è in bagno è… semplicemente una perdita di minuti che potremmo impiegare molto meglio. Gli esperti del benessere invitano a riflettere sull’opportunità di trasformare la sosta in bagno in un momento di autenticità: niente schermi, niente distrazioni. Un piccolo esercizio di attenzione al corpo e a ciò che ci chiede.
In fondo, la soluzione più semplice è anche la più salutare: lasciare lo smartphone fuori dalla porta e ricordarsi che la toilette non è una sala d’attesa digitale. Una volta completata la missione, alzarsi e tornare alle proprie attività. Un gesto banale che può fare la differenza nel lungo periodo.
Perché sì: meno tempo sul water significa più tempo di vita reale.
Salute
Cosa succede davvero quando si smette di fumare: il corpo cambia prima di quanto pensi
Dai primi minuti senza sigaretta ai benefici che si consolidano negli anni: smettere di fumare avvia una vera e propria rinascita fisica e mentale, anche dopo decenni di dipendenza.
Spegnere l’ultima sigaretta non è solo una decisione simbolica, ma l’inizio di una trasformazione profonda per l’organismo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, smettere di fumare in qualsiasi momento della vita riduce significativamente il rischio di malattie cardiovascolari, respiratorie e oncologiche. E i benefici iniziano molto prima di quanto si immagini.
Le prime ore: il corpo reagisce subito
Già dopo 20 minuti dall’ultima sigaretta, la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa iniziano a normalizzarsi. Entro 8 ore, i livelli di monossido di carbonio nel sangue diminuiscono, permettendo all’ossigeno di tornare a circolare in modo più efficiente. Dopo 24 ore, il rischio di infarto comincia a ridursi.
I primi giorni: arrivano le difficoltà, ma anche i primi miglioramenti
Tra le 48 e le 72 ore può comparire l’astinenza: irritabilità, mal di testa, insonnia e desiderio intenso di nicotina. È una fase delicata, ma temporanea. In parallelo, i polmoni iniziano a liberarsi dal muco e le terminazioni nervose recuperano gradualmente olfatto e gusto, rendendo i sapori più intensi.
Dalle settimane ai mesi: respirare diventa più facile
Dopo 2-12 settimane migliora la circolazione sanguigna e aumenta la capacità polmonare. Salire le scale o camminare a passo sostenuto richiede meno sforzo. Tosse e fiato corto diminuiscono, mentre il sistema immunitario diventa più efficiente nel contrastare infezioni respiratorie.
I benefici a lungo termine
Dopo un anno senza fumo, il rischio di malattia coronarica si riduce di circa il 50%. Dopo 5 anni diminuisce sensibilmente il rischio di ictus e alcuni tumori. A 10 anni, la probabilità di sviluppare un cancro ai polmoni si dimezza rispetto a chi continua a fumare. Anche pelle, denti e capelli mostrano miglioramenti evidenti, grazie a una migliore ossigenazione dei tessuti.
Mente e qualità della vita
Contrariamente a un luogo comune diffuso, smettere di fumare non peggiora l’umore nel lungo periodo. Studi clinici dimostrano che ansia e stress tendono a ridursi dopo i primi mesi, con un miglioramento generale del benessere psicologico e dell’autostima.
Non è mai troppo tardi
Che si smetta a 30 o a 60 anni, il corpo risponde positivamente. Ogni sigaretta evitata è un passo verso una vita più lunga e più sana. Con il supporto di medici, centri antifumo e terapie mirate, dire addio al fumo non è solo possibile: è un investimento concreto sul proprio futuro.
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