Cronaca
Il meglio della società civile a supporto della Croce Rossa di Milano
Due nuove voci per guidare l’azione umanitaria a Milano: Claudia Granati Buccellati e Luigi Roth nel Consiglio Direttivo della Croce Rossa. Dichiara Roth: “Tra conflitti e povertà emergenti c’è bisogno di partecipazione, di aderire a una causa”.

L’imprenditrice Claudia Granati Buccellati e il manager Luigi Roth sono stati chiamati a far parte del Consiglio Direttivo della Croce Rossa di Milano. L’associazione ha voluto così rafforzare, con competenze qualificate e sensibilità consolidate, la propria capacità di leggere e affrontare le complesse sfide sociali, sanitarie e umanitarie che è chiamata ad affrontare. “In un’epoca come quella che stiamo attraversando, segnata da conflitti, povertà emergenti e rischi dovuti al cambiamento climatico, c’è molto bisogno di chi si prende cura degli altri. In modo professionale, con una lunga tradizione ed esperienza. E c’è bisogno di partecipazione, di aderire alle cause al servizio dell’umanità. Per questo siamo lieti e orgogliosi, Claudia Buccellati e io, di essere cooptati tra i Consiglieri del Comitato di Milano della Croce Rossa Italiana“.
Valore aggiunto e visione strategica
Un impegno, un’opportunità, un grande onore per entrambi” ha dichiarato Luigi Roth. Il Consiglio Direttivo è composto dal Presidente, Massimo M.A. Boncristiano, dal vicepresidente Paolo Bosso e da tre consiglieri, Barbara di Castri, Alberto Zappa ed Emanuele Vismara, tutti volontari a cui ora si aggiungono Claudia Granati Buccellati e Luigi Roth. “Abbiamo voluto rafforzare la nostra capacità di risposta e la qualità della nostra governance. Ci siamo impegnati a individuare figure provenienti dalla società civile in grado di apportare valore aggiunto, visione strategica e competenze di eccellenza alla nostra missione umanitaria” spiega il presidente Boncristiano.
Claudia Granati Buccellati è una delle voci più autorevoli del panorama culturale milanese. Ha contribuito alla realizzazione di progetti ad alto impatto sociale e alla valorizzazione delle comunità locali, con la sua visione solidale che integra prossimità territoriale e respiro globale rappresenta un contributo prezioso all’attuazione delle strategie di resilienza, inclusione e sviluppo promosse dalla Croce Rossa, sia a livello nazionale che internazionale.
Luigi Roth è stato volontario del Comitato di Milano in gioventù e insignito del massimo riconoscimento associativo, incarna l’unione virtuosa tra spirito di servizio e responsabilità istituzionale. Figura eminente del mondo imprenditoriale e culturale, ha sempre dimostrato una profonda attenzione alle istanze civili e sociali del Paese, mantenendo saldo il legame con i valori fondanti della nostra Associazione.
“Sono certo che, insieme, sapremo realizzare molte cose grandi per la Croce Rossa e per Milano. Sapremo dare risposte concrete e tempestive ai bisogni di questa città e, in particolare, alle esigenze delle persone più fragili e vulnerabili, che restano, oggi più che mai, i nostri destinatari più privilegiati”
ha sottolineato Boncristiano.
Il Comitato di Milano accoglie con fierezza e riconoscenza queste due prestigiose figure, certo che la loro presenza potrà arricchire ulteriormente la nostra azione quotidiana, contribuendo al consolidamento dell’impegno al servizio delle persone più fragili e dell’intera comunità.
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Mondo
Referto medico implacabile: Imane Khelif costretta a rivedere la sua carriera sportiva?
Il referto trapelato fornisce un dato genetico (cariotipo XY), ma non è la prova definitiva per squalificare Imane Khelif o per affermare che sia un uomo.

Il dibattito sulla partecipazione di Imane Khelif alle competizioni di pugilato femminile si è intensificato dopo la diffusione online di un presunto referto medico. Il documento, attribuito al Dr. Lal PathLabs di Nuova Delhi, indicherebbe la presenza di un cariotipo maschile (46,XY) in 30 cellule della pugile analizzate. Tuttavia, la sua interpretazione è ben più complessa di quanto possa sembrare a prima vista.
La questione del referto: è autentico e cosa implica?
Il referto circolato online non ha ricevuto conferma ufficiale né dal laboratorio né dalla stessa Imane Khelif. Sebbene il documento indichi un cariotipo XY, questo dato da solo non è sufficiente a sostenere con certezza che Khelif sia biologicamente un maschio nel senso comune del termine, né che vi sia stato un “imbroglio”. Lo stesso laboratorio, infatti, nel referto specifica che non sono state osservate anomalie cromosomiche numeriche o strutturali macroscopiche. Ma sottolinea che il test non rileva microdelezioni o mutazioni genetiche più sottili. Queste ultime potrebbero essere alla base di condizioni di Differenze dello Sviluppo del Sesso (DSD), che includono diverse forme di intersessualità. Il documento, inoltre, invita espressamente a una “correlazione clinica” («Results to be clinically correlated»). Ovvero una valutazione medica completa che tenga conto di anatomia, ormoni ed eventuali sindromi genetiche.
Cariotipo XY: la scienza oltre la semplificazione
La scienza medica ha da tempo chiarito che possedere un corredo cromosomico XY non equivale automaticamente a essere un uomo. Esistono condizioni genetiche rare, come la sindrome da insensibilità agli androgeni (AIS), in cui un individuo con cromosomi XY sviluppa caratteristiche femminili. Come spiegato dall’Istituto Superiore di Sanità, lo sviluppo delle caratteristiche sessuali è il risultato di una complessa interazione tra cromosomi e ormoni. Ci sono diverse condizioni che possono portare a uno sviluppo sessuale diverso da quello atteso in base al cariotipo di partenza. In tali casi, come ribadito dalla Società Italiana di Endocrinologia (SIE), pur essendo geneticamente XY, l’organismo potrebbe non rispondere agli ormoni maschili, portando a uno sviluppo femminile già in fase embrionale e all’attribuzione del genere femminile alla nascita.
Ma quindi quali saranno le mplicazioni per la carriera sportiva di Khelif?
La World Boxing ha stabilito che Imane Khelif non può partecipare a futuri eventi femminili senza sottoporsi a test cromosomici. Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO), tramite il suo presidente Thomas Bach, ha suggerito che i risultati trapelati siano frutto di una campagna di disinformazione russa, dato il disconoscimento dell’IBA da parte del CIO per dispute etiche e finanziarie. Tuttavia, l’autenticazione del laboratorio indiano che ha condotto i test aumenta la pressione sul CIO affinché chiarisca la sua posizione. Per quanto riguarda eventuali vantaggi sportivi, la SIE ha sottolineato che non ci sono evidenze scientifiche che dimostrino un beneficio atletico in queste condizioni.
Il referto trapelato fornisce un dato genetico (cariotipo XY), ma non è la prova definitiva per squalificare Khelif o per affermare che sia un uomo. La situazione richiede una comprensione più approfondita delle complesse intersezioni tra genetica, sviluppo sessuale e regolamenti sportivi.
Cronaca Nera
Il serial killer delle escort: «Ho ucciso anche Ana Maria. E ora cerco di ricordare quante altre»
Vasile Frumuzache, la guardia giurata che ha strangolato e decapitato Denisa Paun, confessa un secondo omicidio: Ana Maria Andrei, 27 anni, scomparsa nel luglio 2023. Trovati i resti dove aveva già abbandonato Denisa. Le indagini si allargano in Toscana e in Sicilia: si sospettano altri casi.

Non si ferma l’orrore attorno a Vasile Frumuzache, la guardia giurata romena di 32 anni che ha confessato l’omicidio di Denisa Paun, la connazionale di 30 anni strangolata e decapitata il 15 maggio scorso in un residence di Prato. Messo alle strette, Frumuzache ha confessato un secondo omicidio: quello di Ana Maria Andrei, 27 anni, anche lei escort e sua connazionale, scomparsa misteriosamente a fine luglio 2023.
Una rivelazione che conferma i sospetti più foschi: Denisa non era stata la prima vittima. Il killer ha ammesso di aver colpito un anno fa, nello stesso campo a Montecatini Terme dove ha abbandonato il corpo di Denisa: «Abbiamo discusso, l’ho accoltellata», ha detto. I carabinieri, grazie a un’intuizione durante i sopralluoghi nella proprietà dell’assassino a Monsummano Terme, hanno trovato una Bmw scura con tracce di vernice rossa, come l’auto che Ana Maria guidava prima di sparire. E non solo: dal cellulare della ragazza partì una telefonata verso quello di Frumuzache pochi minuti prima che Denisa venisse uccisa. «Non so perché l’ho fatta – ha detto lui – avevo bruciato il suo telefono ma conservato la scheda».
Gli investigatori hanno ritrovato resti di Ana Maria, insieme a una parrucca proprio nel punto indicato dal killer. E adesso, mentre proseguono le ricerche nella zona, si allarga la lente degli investigatori coordinati dal procuratore Luca Tescaroli. La nuova pista? Possibili altri delitti. Si indaga su decine di denunce di scomparsa in Toscana negli ultimi sette anni e nella provincia di Trapani, dove Frumuzache ha vissuto prima di trasferirsi nel Pistoiese.
L’uomo sembra aver seguito una sorta di rituale macabro: lo stesso coltello da cucina che avrebbe usato nel primo omicidio, lo ha portato con sé anche la notte dell’assassinio di Denisa. «Non l’ho usato», ha detto. Ma gli inquirenti sospettano che fosse un simbolo della sua violenza seriale.
La confessione di Frumuzache apre scenari cupi. Mentre la cronaca si popola di dettagli inquietanti, i carabinieri scavano nel passato dell’uomo e nelle ombre di una vita apparentemente normale: padre di due figli e impiegato come guardia giurata. Eppure, dietro la facciata, si cela una spirale di violenza che potrebbe aver lasciato altre vittime.
Cronaca Nera
Delitto di Garlasco, la famiglia Cappa: “Basta illazioni. Non tollereremo oltre queste menzogne”
Le gemelle Paola e Stefania Cappa finiscono al centro delle ricostruzioni più fantasiose sul delitto di Garlasco. Il consulente dei Poggi chiede nuovi prelievi di Dna, la famiglia Cappa si difende: “Inaccettabile”. Intanto la Procura allarga le indagini sull’ora della morte di Chiara Poggi.

“Non passa giorno senza che vengano diffuse le più assurde e implausibili pseudo-informazioni”. La famiglia Cappa rompe il silenzio e risponde alle illazioni sul delitto di Garlasco, che continuano a trascinare le gemelle Paola e Stefania nell’occhio del ciclone. “Non tollereremo oltre questo modo di agire illecito e contrario alle norme di civile convivenza”, scrivono i legali in una nota al vetriolo. Il messaggio è chiaro: basta speculazioni.
Intanto, mentre le ombre e i sospetti continuano ad addensarsi, il consulente dei Poggi, Marzio Capra, ha chiesto di ampliare i prelievi di Dna oltre la lista prevista. Un elenco che già comprende nomi noti: Alberto Stasi, condannato a 16 anni; Andrea Sempio, indagato in questa nuova inchiesta; la famiglia Poggi e gli amici più vicini alla vittima. Ma Capra spinge per estendere i controlli a chiunque abbia toccato i reperti, dai medici legali ai tecnici, “per evitare che, fra anni, un eventuale ‘Ignoto 3’ o ‘Ignoto 4’ sia in realtà il Dna di un carabiniere o del mio stesso”.
Nel frattempo, la Procura di Pavia non si limita a rileggere le tracce biologiche. Il nuovo fascicolo sta rivalutando anche la possibile ora della morte di Chiara Poggi. Una variabile che potrebbe rimettere tutto in discussione: secondo la difesa, se Stasi fosse “togliuto” dalla scena del crimine nella finestra tra le 9.12 e le 9.35, il delitto potrebbe essersi consumato più tardi, almeno di 11 minuti, quando Chiara non risponde a un “squillo” del fidanzato alle 9.46.
Le ricostruzioni, però, non coincidono. Il primo medico legale, Marco Ballardini, parlava di un decesso tra le 10.30 e le 12.00. La perizia collegiale del 2009, invece, rinunciò a fissare un’ora precisa. La verità, ancora oggi, resta sospesa. Ma la famiglia Cappa non ci sta a finire di nuovo nella gogna mediatica. “Basta veleni e fantasie. Noi ci difenderemo in tutte le sedi”. Il maxi incidente probatorio è alle porte. E Garlasco, 17 anni dopo, non smette di far parlare di sé.
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