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Cronaca

In Palestina il ramadan finisce, ma la guerra no!

La fine del Ramadan può portare momenti di gioia e riflessione, ma per i palestinesi, la guerra continua. L’Eid al-Fitr è un promemoria amaro della necessità della pace

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Gaza ramadan

    Nel cuore della Striscia di Gaza, il Ramadan si è eclissato lasciando dietro di sé un’eco di dolore e distruzione. Mentre il mondo musulmano celebra l’Eid al-Fitr, segnando la conclusione del sacro mese di digiuno, i palestinesi si trovano a condividere questa gioiosa celebrazione tra le macerie e le cicatrici di un conflitto incessante.

    Nel campo degli sfollati di Al-Mawasi, situato nell’estremo sud della Striscia, si respira un’aria di ricerca di normalità. Sei mesi di battaglie hanno portato devastazione e privazione, ma l’Eid al-Fitr porta con sé una flebile speranza. I bambini, nonostante la fame e la scarsità, si sono uniti per festeggiare, cercando di dimenticare le loro pene quotidiane. Il cibo, scarseggiante, è un bene prezioso, e la Striscia deve fare affidamento sugli aiuti che giungono da oltre i confini.

    In un gesto di solidarietà senza precedenti, aerei provenienti da Francia, Germania, Giordania, Paesi Bassi, Regno Unito e Stati Uniti hanno lanciato pacchi di viveri, come paracadute di speranza, per la popolazione stremata di Gaza. Questi atti di compassione sono un segno tangibile di sostegno, un raggio di luce in un periodo segnato dal dolore e dalla distruzione. Tuttavia, nonostante le avversità, i palestinesi mostrano una resilienza straordinaria, aggrappandosi alla speranza e alla solidarietà mentre affrontano le sfide quotidiane.

    Ma la guerra ha lasciato una ferita profonda. Con oltre 33.000 vite spezzate, Gaza porta il peso di una tragedia incommensurabile. Le famiglie piangono i loro cari, mentre i cimiteri diventano silenziose testimonianze di questa devastazione. Sotto l’ombra di un embargo protrattosi per vent’anni, la popolazione musulmana di Gaza ha lottato con la privazione e il conflitto. Tuttavia, la loro fede e la loro forza interiore li sostengono, consentendo loro di perseverare nonostante le avversità.

    In ogni angolo del mondo, le comunità musulmane si uniscono in preghiera per i loro fratelli e sorelle a Gaza. A Berlino, una donna riflette sulle sofferenze causate dalla guerra, ricordando la fortuna di avere cibo e sicurezza. Anche il presidente turco Erdogan ha rivolto pensieri e preghiere ai palestinesi, definendo Gaza “una ferita aperta nella coscienza dell’umanità”.

    Sebbene la fine del Ramadan possa portare momenti di gioia e contemplazione, per i palestinesi la lotta continua. L’Eid al-Fitr diventa così un’amara chiamata alla pace e alla solidarietà in una regione dilaniata dalla guerra.

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      Cose dell'altro mondo

      Salvate il baccello Goroshek: tanto rumore per nulla, anzi… per un pisello

      Una coppia di turisti che subisce il furto delle valigie e del proprio peluche preferito, si vede proiettata in una spy story degna di un romanzo di John Le Carré…

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        Una storia che ha del surreale e che prende lo scorso 1° settembre, quando una coppia di tiristi russi, Karo Astapov e Ann, denunciano il furto dei loro bagagli, tra cui una contenente il loro pupazzo “Goroshek”: un baccello di pisello, simbolo del loro amore. E fin qui nulla di strano… a parte la scelta dell’oggetto che dovrebbe rappresentare il loro rapporto. Ma come si dice: contenti loro…

        Caccia al baccello

        Sul baccellone mettono una ricompensa di 20.000 euro a chi lo dovesse recuperare, scatenando una vera e propria caccia al tesoro nei vicoli di Roma. Com’era logico aspettarsi, il caso diventa virale: i volantini tappezzano i muri di Trastevere, e in rete le segnalazioni fioccano.

        Un caso degno di Chi l’ha visto

        Naturalmente, al posto del vero Goroshek, iniziano a spuntare numerosi pupazzi simili. Ogni segnalazione viene attentamente esaminata da Karo, al suo rientro nella madre patria moscovita, anche se nessuna corrisponde al suo peluche. Tra i vari ritrovamenti, uno in particolare sembra portare a una svolta: un tizio, che mantiene l’anonimato, afferma di aver recuperato Goroshek a Villa Pamphili, allegando anche una foto. Dopo un’attenta analisi, Karo conferma che il pupazzo non è il loro: quello dello scatto ricevuto appare troppo nuovo e soffice rispetto al loro, vecchio di dieci anni e dall’aspetto più “magro”. D’altronde, 20.000 euro fanno gola a molti, soprattutto in questi tempi di “vacche magre”.

        Arriva pure, immancabile, la teoria complottista

        La surrealtà dell’episodio aumenta al palesarsi di alcune assurde teorie complottiste. Per alcuni il baccellone conterrebbe delle microspie, con la coppia russa presentata come spie del KGB. Il buffo Goroshek non sarebbe un semplice peluche di pessimo gusto ma uno strumento di intelligence gathering, utilizzato per raccogliere informazioni segrete, giustificando in questo modo la ricompensa sostanziosa offerta per il suo recupero.

        Non siamo spie

        Tutte cose che, nella scocciatura dello smarrimento, non possono che divertire i due russi. In una chat con il giornalista che segue la vicenda, Karo afferma ironicamente che, se davvero Goroshek contenesse microspie, lo avrebbero già ritrovato: “Non siamo spie, e non ci sono diamanti nascosti nel pupazzo”.

        Legame affettivo

        Sarà banale dirlo ma per i due russi il pupazzo vale molto di più dei soldi offerti per il suo ritrovamento. Per alcuni potrà sembrare una romanticheria fuori dal tempo ma loro ci tengono veramente. E se ne infischiano se la questione ha ormai assunto i contorni di una spy story in piena regola…


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          Cronaca

          Guidava con la patente revocata da 25 anni: 74enne scoperto a Palo del Colle dopo un incidente

          Un banale incidente stradale a Palo del Colle, in provincia di Bari, ha portato alla luce una vicenda surreale: un automobilista di 74 anni circolava senza patente da un quarto di secolo. L’uomo, coinvolto nello scontro con un’altra auto, non ha riportato ferite ma dai controlli della polizia locale è emerso che il suo titolo di guida era stato revocato nel 2000. Ora dovrà rispondere della violazione dell’articolo 116 del Codice della strada.

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            Per 25 anni ha guidato come se nulla fosse, nonostante la patente gli fosse stata revocata nel 2000. La sua lunga corsa è finita una mattina a Palo del Colle, in provincia di Bari, non per un blitz delle forze dell’ordine ma per un incidente stradale che, fortunatamente, non ha avuto conseguenze gravi.

            Lo scontro è avvenuto alla rotonda tra via Biebesheim e viale della Resistenza, complice il mancato rispetto della precedenza. Nessuno dei conducenti ha riportato ferite, ma il controllo di routine effettuato dagli agenti della polizia locale ha svelato la clamorosa irregolarità: uno dei due automobilisti, 74 anni, non avrebbe potuto trovarsi al volante. La sua patente, infatti, era stata revocata con provvedimento prefettizio nel lontano 2000.

            Da allora, però, l’uomo ha continuato a guidare come se nulla fosse, fino a quando l’incidente non ha fatto emergere la verità. Per lui è scattata immediatamente la contestazione per guida senza titolo, con la violazione dell’articolo 116 del Codice della strada. L’auto è stata posta sotto fermo amministrativo, mentre la vicenda ha acceso un riflettore sulla capacità dei controlli di intercettare situazioni potenzialmente pericolose per la collettività.

            «L’attività di vigilanza che stiamo conducendo negli ultimi mesi sta restituendo risultati importanti, consentendoci di individuare e sanzionare situazioni gravi che mettono a rischio la sicurezza della comunità» ha dichiarato il sindaco di Palo del Colle, Tommaso Amendolara. «È un segnale di attenzione che continueremo a mantenere alto».

            Una storia che dimostra quanto la prudenza non basti se la strada è condivisa anche con chi ignora da decenni le regole più elementari.

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              Politica

              Scatti hard, ricatti e massoneria: il caso Cocci scuote Fratelli d’Italia a Prato e rischia di travolgere le Regionali toscane

              La Procura di Prato indaga da cinque mesi. Cocci ammette la foto inviata in chat e conferma il ruolo di segretario della loggia Sagittario, la stessa finita nell’inchiesta che ha portato alle dimissioni dell’ex sindaca Bugetti. Il Pd attacca: «Perché ha taciuto sulla sua affiliazione?»

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                Una vicenda di ricatti, scatti hard e massoneria rischia di far saltare i piani del centrodestra toscano in vista delle Regionali di ottobre. Al centro c’è Tommaso Cocci, 34 anni, avvocato e fratello dell’attore Marco, capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio comunale a Prato fino al commissariamento di giugno. Doveva essere uno dei nomi forti della lista meloniana, ma ora la sua candidatura è appesa alle indagini della Procura.

                Tutto inizia a gennaio, con un adescamento online. Una foto privata inviata in chat viene usata come arma di ricatto: «Se ti candidi ti distruggiamo la vita», recitano le lettere anonime arrivate nelle settimane successive. Oltre all’immagine, sono state fatte circolare accuse pesanti: droga, comportamenti sessuali e legami con la massoneria. A marzo la segnalazione arriva ai pm, guidati dal procuratore Luca Tescaroli, che aprono un fascicolo per revenge porn ed estorsione.

                Cocci ha denunciato pubblicamente la trappola: «Un caso di revenge porn all’interno di un tentativo di estorsione». In un video sui social ha accusato gli autori di aver orchestrato «un’infamia che spinge le persone a gesti estremi». L’ombra del movente politico, interno allo stesso partito, resta sul tavolo: «Sospetto che ci sia la mano di un collega in competizione per le Regionali», avrebbe confidato agli inquirenti.

                Ma il caso si intreccia con un’altra vicenda che ha travolto la politica pratese: l’inchiesta della Dda fiorentina che a giugno ha portato alle dimissioni della sindaca Pd Ilaria Bugetti, accusata di corruzione. In entrambe le storie compare la loggia Sagittario, storicamente legata a Riccardo Matteini Bresci, imprenditore tessile e grande elettore locale, indagato per aver promesso pacchetti di voti. Cocci ammette di essere stato segretario della loggia, salvo precisare di essersi «messo in sonno» proprio a giugno.

                Il cortocircuito politico è evidente: FdI aveva usato per mesi l’arma della “questione massonica” contro il Pd, e ora si ritrova con il suo uomo di punta nella stessa rete di sospetti. Il Partito Democratico ha colto l’occasione per passare al contrattacco. «Perché Cocci non ha dichiarato subito la sua appartenenza alla loggia? – attacca il segretario provinciale Marco Biagioni – E se Fratelli d’Italia lo sapeva, perché ha coperto la notizia?».

                Intanto, la decisione sul futuro politico di Cocci è rimandata ai prossimi giorni. Il responsabile organizzativo FdI Giovanni Donzelli e la deputata pratese Chiara La Porta valutano se confermare la sua candidatura o puntare su un altro nome. Sullo sfondo resta un’inchiesta giudiziaria che promette di gettare nuove ombre su un voto già avvelenato.

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