Cronaca
INCHIESTA SUL CALCIO (1° parte) Cosa succede dopo Milano? Così la ‘Ndrangheta si è presa il pallone
Tra estorsioni, bagarinaggio e scommesse clandestine, la criminalità organizzata ha infiltrato il tifo organizzato in tutta Italia. Le recenti indagini su Inter e Milan aprono nuovi scenari su un fenomeno che coinvolge tutto il Paese.
No, non è finita qui. I 19 arresti dell’inchiesta milanese sulla contaminazione tra gruppi ultras e malavita organizzata rappresentano solo l’inizio di una vicenda destinata ad allargarsi a molte altre città italiane, con la prospettiva di ulteriori sviluppi. La parola d’ordine, come ha ripetuto oggi il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, è “tolleranza zero”. In conferenza ha detto che «il mio ufficio ha aperto una unità di analisi e impulso investigativo, un gruppo di lavoro che si occupa del condizionamento criminale delle attività sportive» e delle «logiche che sdoganano negli stadi la propaganda antisemita e razzista». Aggiungendo poi che è un’inchiesta dal «valore emblematico» e che «costringe ad aprire gli occhi su una realtà di rischi evidenti da tempo di deriva criminale negli stadi italiani e di condizionamenti criminali
della vita delle società. Bisogna smettere di far finta di niente».
Insomma, Milano non è un caso isolato: da Torino, a Roma, Genova, Catania, Palermo e Napoli, diverse curve ultras sono nel mirino delle forze dell’ordine. E non è difficile prevedere nuove strette e nuovi arresti. Le connessioni con la criminalità organizzata, come la ‘ndrangheta e la camorra, si estendono a molteplici attività illecite che gravitano attorno agli stadi, sfruttando le curve come terreno fertile per affari che poco o nulla hanno a che fare con il calcio.
Queste organizzazioni non si limitano a cercare il controllo della tifoseria, ma puntano su vari settori: merchandising illegale, vendita clandestina di biglietti, ristorazione all’esterno degli stadi, scommesse clandestine e persino traffico di stupefacenti. Un sistema criminale stratificato che si serve delle curve ultras per controllare ampie porzioni del business che circonda il calcio italiano. Il merchandising non ufficiale, venduto sia fisicamente fuori dagli stadi sia online, genera milioni di euro, spesso senza che le società calcistiche facciano nulla per fermare il fenomeno.
La compravendita di biglietti costituisce un’altra fonte di guadagno, con i gruppi ultras che spesso si arrogano il diritto di gestire questi flussi, tra biglietti omaggio e quelli destinati al pubblico. Le società calcistiche tendono a chiudere un occhio, a volte per quieto vivere, altre volte per non inimicarsi gruppi di tifosi che mantengono il controllo sulla curva e rappresentano una parte influente del tifo organizzato.
Ma è lo spaccio di droga che preoccupa maggiormente, essendo una delle attività principali gestite da criminalità organizzata all’interno delle curve. Le forze dell’ordine sono ben consapevoli di queste dinamiche e stanno intensificando le operazioni investigative, consapevoli che il problema è ben radicato e richiede una risposta decisa. Le curve ultras sono ora sotto il microscopio, e le operazioni come quella milanese potrebbero presto espandersi, portando alla luce nuovi scandali e collegamenti con la criminalità organizzata in tutto il Paese.
La lotta è appena iniziata, ma Milano è solo un punto di partenza: lo Stato mira a ridurre drasticamente l’influenza dei clan e delle ‘ndrine, rendendo chiaro che nessuno spazio sarà concesso a chi vuole trasformare il calcio in un terreno di conquista per attività criminali.
L’inchiesta di Milano: Inter e Milan al centro della bufera
L’inchiesta giudiziaria che ha coinvolto le curve di Inter e Milan ha rivelato un quadro inquietante di infiltrazioni mafiose, estorsioni e violenza, mostrando come il calcio milanese sia stato profondamente contaminato da interessi criminali. L’indagine, che ha portato all’arresto di 19 ultras tra le due tifoserie, ha evidenziato come le curve non siano più solo un luogo di passione sportiva, ma siano diventate un vero e proprio terreno fertile per attività illecite gestite dalla malavita organizzata, in particolare dalla ‘ndrangheta.
La Curva Nord dell’Inter e i legami con la ‘ndrangheta
Al centro dell’inchiesta c’è la Curva Nord dell’Inter, dominata da Marco Ferdico e dal suo gruppo. Ferdico, insieme ad altri capi ultras come Mauro Nepi e Matteo Norrito, gestiva un impero criminale che spaziava dalla vendita abusiva di biglietti, al controllo dei parcheggi fino al merchandising illegale. L’inchiesta ha rivelato come parte dei proventi illeciti fosse destinata ai Bellocco, una potente famiglia della ‘ndrangheta di Rosarno, Calabria, consolidando un legame stretto tra la curva interista e la criminalità organizzata.
Un ulteriore punto cruciale dell’inchiesta è l’omicidio di Antonio Bellocco, un fatto di sangue che ha svelato le lotte di potere all’interno della curva per il controllo dei proventi illeciti. Andrea Beretta, detenuto per l’omicidio di Bellocco, rappresenta un nodo centrale in questa vicenda. Le faide interne tra i gruppi ultras si sono rivelate letali, con dissapori legati alla gestione delle risorse economiche che hanno portato a violenze estreme, sottolineando come la curva interista sia diventata una vera e propria macchina di affari criminali.
La Curva Sud del Milan e l’egemonia di Luca Lucci
Dall’altra parte della città, la Curva Sud del Milan è stata dominata per anni da Luca Lucci, figura controversa già nota per i suoi legami con esponenti politici e dello spettacolo. Lucci, arrestato insieme a suo fratello Francesco e ad altri capi ultras come Christian Rosiello, gestiva una rete di potere che andava ben oltre il calcio, con attività che includevano estorsioni, aggressioni e traffico di droga. Uno degli episodi più emblematici è il pestaggio del personal trainer Cristiano Iovino, aggredito per aver avuto uno screzio con il rapper Fedez in una discoteca milanese, a dimostrazione di come il controllo della curva fosse associato a un vero e proprio sistema di potere mafioso.
Il sistema dei biglietti: tra pressioni e minacce
Uno degli aspetti più delicati dell’inchiesta riguarda il sistema di distribuzione dei biglietti. Gli ultras, con a capo Ferdico e Lucci, esercitavano forti pressioni sui dirigenti e i giocatori delle rispettive squadre per ottenere biglietti omaggio da rivendere a prezzi esorbitanti. L’episodio che ha coinvolto Simone Inzaghi, allenatore dell’Inter, è emblematico: Ferdico lo ha contattato direttamente per chiedere ulteriori biglietti per la finale di Champions League contro il Manchester City, minacciando di far scioperare la Curva Nord in caso di un mancato accordo. Le intercettazioni hanno rivelato un sistema consolidato di ricatti e pressioni che coinvolgeva anche ex giocatori come Marco Materazzi e dirigenti come Javier Zanetti.
Le connessioni con il mondo dello spettacolo
L’inchiesta milanese ha toccato anche personaggi del mondo dello spettacolo, come Christian Rosiello, guardia del corpo di Fedez, che è stato arrestato nell’ambito dell’inchiesta per il suo coinvolgimento nelle attività criminali legate alla Curva Sud del Milan. Questo dimostra come le connessioni tra gli ultras e la malavita vadano ben oltre il calcio, estendendosi a settori come la musica e l’intrattenimento, in un intreccio pericoloso che aumenta l’influenza di questi gruppi sulla vita pubblica milanese.
L’inchiesta “Alto Piemonte”: la Juventus e la ‘ndrangheta sotto i riflettori
Una delle inchieste più dirompenti degli ultimi anni è stata in questo senso l’indagine “Alto Piemonte” che già nel 2016 ha svelato collegamenti inquietanti tra i gruppi ultras della Juventus e la ‘ndrangheta. Questa inchiesta ha ben rivelato come la criminalità organizzata calabrese avesse infiltrato la curva bianconera, utilizzando il tifo come strumento per riciclare denaro e controllare attività illecite come il bagarinaggio. Al centro di questa rete criminale c’era Rocco Dominello, legato alla famiglia Dominello, un clan ‘ndranghetista di primo piano.
La rete della ‘ndrangheta nelle curve
Rocco Dominello, grazie ai suoi legami con la ‘ndrangheta, ha gestito il controllo della curva Sud dell’Allianz Stadium, avvalendosi di gruppi ultras come i Drughi e i Viking. Il business del bagarinaggio era al centro delle operazioni, con guadagni di decine di migliaia di euro a partita. Questo sistema, orchestrato dalla ‘ndrangheta, non solo alimentava un vasto giro di denaro illecito, ma rafforzava anche il controllo territoriale della mafia calabrese nel mondo del tifo juventino.
La connessione tra la Juventus e gli ultras
L’inchiesta ha evidenziato come figure vicine alla società Juventus abbiano mantenuto rapporti con i gruppi ultras, anche se non direttamente coinvolte in attività criminali. Le intercettazioni tra Rocco Dominello e altri esponenti della curva hanno mostrato una collaborazione tacita, dove la criminalità organizzata esercitava pressioni attraverso il controllo del tifo.
Le infiltrazioni camorristiche nel tifo del Napoli
Anche le curve del Napoli, in particolare quella dello Stadio Diego Armando Maradona, sono da tempo terreno fertile per le infiltrazioni della malavita organizzata. In queste aree, la criminalità ha trovato un ambiente propizio per esercitare il proprio controllo sul bagarinaggio e sul merchandising illegale. Qui è la camorra ad aver capitalizzato sul fanatismo calcistico, utilizzando i gruppi ultras per ottenere guadagni da attività illecite, sia dentro che fuori lo stadio.
L’influenza della camorra sulle curve
Un caso emblematico risale al 2010, quando Antonio Lo Russo, figlio del boss Salvatore Lo Russo, venne immortalato a bordo campo durante una partita tra Napoli e Parma, con un pass da giardiniere. Le curve del Napoli, la A e la B, riflettono anche la divisione territoriale dei clan. La curva A era dominata da Gennaro De Tommaso, meglio noto come “Genny ‘a carogna”, mentre la curva B era sotto l’influenza del clan Lo Russo. Il controllo era tale che ogni curva rispecchiava il dominio del clan del quartiere da cui provenivano i tifosi.
Cambiamenti nelle curve di Genova: la minaccia per la tifoseria doriana
Situazione tesa dopo gli scontri post derby del 25 settembre, a Genova. Qui in passato, la curva genoana era considerata la più esposta alle infiltrazioni criminali. Tuttavia, spiegano gli esperti, la situazione sta cambiando. La tifoseria della Sampdoria, tradizionalmente più “tranquilla”, sta attraversando un momento di vulnerabilità a causa della crisi societaria sotto la presidenza di Massimo Ferrero. Questo ha portato alla crescita di nuovi leader nella Gradinata Sud, creando l’opportunità per personaggi legati alla criminalità di prendere il controllo. La gradinata doriana, un tempo meno permeabile, rischia di seguire la stessa traiettoria della curva genoana.
La figura controversa di Giuseppe Sculli
Figura chiave per far chiarezza sulla contiguità tra tifo e ‘ndrangheta è stata quella di Giuseppe Sculli, calciatore e idolo della Gradinata Nord. Sculli, nipote del boss mafioso Giuseppe Morabito, noto come “Tiradritto”, ha sempre avuto un’aura di sospetto intorno a sé per i legami con la mala calabrese. Sebbene mai condannato per reati legati alla criminalità organizzata, il suo intervento durante le proteste di partita Genoa Siena, in cui convinse i tifosi a cessare la protesta contro la squadra, fu un chiaro segnale del suo potere tra gli ultras genoani, confermato poi da intercettazioni telefoniche e confessioni.
La violenza del derby del 2024
Gli scontri violenti tra tifoserie genoane e doriane, avvenuti prima e dopo il derby del 25 settembre 2024, rappresentano un ritorno a un clima di tensione che sembrava scomparso da anni. Dietro queste esplosioni di violenza, non c’è solo la rivalità calcistica, ma anche una lotta per il controllo delle attività illecite, come il bagarinaggio, il traffico di droga e la gestione delle scommesse clandestine. Queste curve, più che luoghi di passione calcistica, sono diventate terreno di conquista per interessi criminali.
Il futuro delle curve genovesi
Mentre le forze dell’ordine continuano a monitorare la situazione, le curve di Genova restano in bilico. Se la gradinata Nord ha già dimostrato di essere permeabile alle influenze della criminalità organizzata con personaggi discussi come Massimo Leopizzi, capo ultras della Brigata Speloncia, formazione di estrema destra presente in gradinata nord, legato a reati di violenza e possesso di armi., la gradinata Sud potrebbe subire lo stesso destino. Le società calcistiche Genoa e Sampdoria sono ora chiamate a confrontarsi con una realtà in cui la criminalità si insinua nelle loro tifoserie, minando ulteriormente la stabilità di un ambiente già fragile.
Continua
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Mondo
Sudditi in apprensione per Re Carlo: il sovrano interrompe le cure e partono i preparativi per il funerale.
Carlo interrompe momentaneamente le cure contro il cancro, mentre nel Regno Unito cresce l’apprensione. I preparativi per il funerale sono già in corso, ma il sovrano si sente pronto a tornare ai suoi impegni ufficiali.
Nelle ultime settimane, la notizia della sospensione delle cure contro il cancro per Re Carlo ha sollevato non poche preoccupazioni nel Regno Unito. Il sovrano, che aveva annunciato la sua malattia tempo fa, ha momentaneamente interrotto il trattamento medico, scatenando voci su una possibile imminente fase terminale.
Nonostante i timori, fonti vicine alla Famiglia Reale rassicurano che questa pausa sia una decisione positiva. Re Carlo, infatti, si prepara a partire per un viaggio ufficiale di dieci giorni in Australia, con partenza fissata per il 18 ottobre. Questo segnale potrebbe indicare che le sue condizioni non siano così gravi come si temeva inizialmente.
Parallelamente, è stato confermato l’avvio dei preparativi per il funerale di Stato, una prassi tradizionale che viene attivata anche quando la salute del sovrano non è necessariamente critica. L’operazione Menai Bridge, il nome in codice per i piani legati al funerale di Re Carlo, prosegue senza sosta, come richiesto dal protocollo reale, e ha destato non poche reazioni nei media britannici.
Il Regno Unito resta comunque in apprensione, e la notizia che il Re si senta abbastanza in forma da sospendere le cure per adempiere ai suoi impegni ufficiali è stata accolta con sollievo. Tuttavia, resta il clima di incertezza: l’annuncio del proseguimento dell’operazione Menai Bridge ricorda ai sudditi che, nonostante l’ottimismo, il sovrano potrebbe essere più fragile di quanto non sembri.
Tra le figure istituzionali, il sindaco di Londra e altri leader politici hanno espresso i loro auguri al sovrano, auspicando una ripresa stabile e duratura delle sue funzioni, sottolineando quanto la sua presenza e guida siano ancora fondamentali per il Regno Unito.
Politica
Possibile ritiro di Elly Schlein? Paolo Gentiloni in pole per la successione alla guida del Pd
Le recenti dichiarazioni della segretaria del Pd alimentano voci su un suo possibile ritiro. Con le sfide elettorali in vista, il futuro del partito si gioca tra l’autonomia regionale e la cittadinanza. Se Schlein non dovesse superare questi test, il nome di Paolo Gentiloni diventa sempre più forte per la sua successione.
Le recenti parole di Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico (Pd), hanno suscitato nuove speculazioni sul suo futuro alla guida del partito. Dopo aver dichiarato che la politica per lei è un “contratto a termine”, Schlein ha lasciato intendere la possibilità di un ritiro anticipato se i risultati elettorali non saranno favorevoli. Questa dichiarazione ha fatto emergere voci riguardo al suo possibile successore, con un nome su tutti che spicca: Paolo Gentiloni, ex presidente del Consiglio e figura di spicco del partito.
Le elezioni: una prova di fuoco per Schlein
Il destino della leadership di Schlein dipenderà dai prossimi appuntamenti elettorali, in particolare dai referendum sull’autonomia regionale e sulla cittadinanza. Il successo o il fallimento di questi referendum sarà decisivo per valutare la capacità di Schlein di guidare il partito verso una vittoria, o almeno di consolidare una base elettorale forte. Il referendum sull’autonomia sarà un banco di prova cruciale per la coalizione di centrosinistra, di cui il Pd è il principale promotore. La scommessa di Schlein è quella di unire le forze progressiste in un fronte compatto, ma questo tentativo è ostacolato dalle crescenti tensioni interne e dai rapporti complicati con Giuseppe Conte del Movimento 5 Stelle e Matteo Renzi di Italia Viva.
Le pressioni interne e l’ombra di Gentiloni
Se il Pd non dovesse ottenere risultati soddisfacenti, le correnti moderate del partito, capitanate da esponenti di spicco come Dario Franceschini, Stefano Bonaccini e Lorenzo Guerini, potrebbero spingere per un cambio di leadership. In questo scenario, Paolo Gentiloni, figura di equilibrio e con una vasta esperienza istituzionale, emerge come il candidato ideale per prendere le redini del partito. Gentiloni è visto come un profilo capace di rassicurare le aree più moderate del Pd e potrebbe rappresentare una scelta strategica per consolidare il partito in una fase particolarmente delicata.
Mondo
Trump in missione a Detroit… per insultare Detroit! La gaffe che fa discutere nel Michigan
La battaglia per la Casa Bianca si fa sempre più accesa, ma Trump inciampa in una dichiarazione contro Detroit. Le reazioni politiche non si fanno attendere, con il sindaco e la governatrice del Michigan pronti a rispondere colpo su colpo.
Donald Trump non smette mai di far parlare di sé e stavolta il suo bersaglio è stata proprio la città che lo ospitava: Detroit. Durante un discorso tenuto all’Economic Club, in un contesto cruciale come quello dell’industria automobilistica, il tycoon ha lanciato una stoccata che ha lasciato a bocca aperta molti dei presenti: “Se Kamala Harris diventerà presidente, l’intero Paese finirà per essere come Detroit. Avrete un disastro tra le mani”. Una dichiarazione pesante che ha sollevato un’ondata di critiche da parte delle autorità locali.
Inizialmente, Trump sembrava voler fare retromarcia, descrivendo la città come “in via di sviluppo”. Tuttavia, il danno era ormai fatto, e le sue parole non sono passate inosservate. Il sindaco di Detroit, Mike Duggan, ha risposto immediatamente, definendo il commento “un insulto gratuito” e sostenendo che molte città dovrebbero seguire l’esempio di Detroit, che ha saputo rialzarsi senza l’aiuto di Trump. Anche la governatrice democratica del Michigan, Gretchen Whitmer, ha risposto su X (precedentemente noto come Twitter), assicurando che “gli abitanti di Detroit non dimenticheranno queste parole a novembre”.
Nel frattempo, a Pittsburgh, Barack Obama ha ripreso a martellare il suo ex rivale, non risparmiando colpi ironici e sarcasmo. “Trump è come Fidel Castro”, ha affermato l’ex presidente democratico, “farfuglia per ore e fa discorsi sconclusionati”. Obama ha continuato il suo attacco ironizzando sulla presunta incapacità del miliardario di svolgere compiti comuni, come cambiare la gomma di un’auto, e ha scherzato sulla sua tendenza a lamentarsi per anni delle elezioni. Tuttavia, non ha perso l’occasione per parlare seriamente della questione economica: “La sua economia sembrava buona solo perché era la mia”, ha detto Obama, sottolineando che un ritorno di Trump al potere significherebbe “mettere le mani nelle tasche degli americani”.
L’incontro tra Obama e Trump attraverso le loro dichiarazioni ha acceso ulteriormente il clima pre-elettorale. Da un lato, Trump continua a promettere misure estreme, tra cui la pena di morte per gli immigrati illegali che uccidono cittadini americani e l’applicazione di una vecchia legge del 1798 per espellere gli stranieri irregolari. Dall’altro, Obama ha cercato di galvanizzare l’elettorato democratico, esortando a votare Kamala Harris e dipingendo Trump come un pericolo per la democrazia americana.
La battaglia verbale tra i due ex presidenti e le risposte dei leader locali come Duggan e Whitmer sono solo l’ultimo esempio di come la corsa alla Casa Bianca stia diventando sempre più tesa, con ogni commento che potrebbe rivelarsi decisivo nelle urne. Detroit, uno dei principali centri industriali del Michigan, stato chiave per la vittoria presidenziale, è diventata così il nuovo campo di battaglia simbolico tra i due colossi della politica americana.
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