Italia
A Lucca i soldi non si toccano! Nonna truffata manda in galera le ladre
Dove la parsimonia è un’arte, anche le truffatrici devono stare attente. Una pensionata di 93 anni sventa l’imbroglio e accoglie le finte segretarie con la polizia invece che con 6mila euro. Morale della storia? A Lucca non si regalano soldi, ma si servono lezioni memorabili.

Lucca è una città parsimoniosa, dove il denaro non si spreca, ma si custodisce con la stessa attenzione con cui si protegge la ricetta del buccellato. I lucchesi hanno una fama che, sebbene meno celebre di quella dei liguri e dei genovesi, è altrettanto radicata. La capacità di fiutare le truffe e di non cedere facilmente né alle richieste di denaro di amici e parenti e figuriamoci agli imbrogli. Sanno come mantenere il loro castelletto di denari ben custodito. e guai a chi glielo tocca. A incarnare perfettamente lo spirito della città questa volta è stata una nonnina di 93 anni, che ha sbaragliato due sedicenti truffatrici con la stessa freddezza con cui si può respingere un conto troppo salato al ristorante.
Una storia da raccontare nei bar di piazza San Michele
La pensionata, residente nel quartiere di Sant’Anna, ha ricevuto una telefonata che avrebbe fatto tremare chiunque. Un presunto maresciallo dei carabinieri le ha spiegato con voce grave che suo figlio aveva provocato un incidente e che servivano 6mila euro per evitare l’arresto. La dinamica della truffa è nota. Si paventa una tragedia, si introduce un “avvocato” pronto a risolvere tutto, e si inviano a domicilio due finte segretarie per ritirare il denaro. Ma la signora di Sant’Anna, con la saggezza di chi ha visto troppe fiere di paese per abboccare, ha ricostruito i fatti, chiamato la figlia e organizzato una controtruffa. Gli agenti della polizia, d’accordo con la centrale operativa, si sono messi in attesa dentro casa, pronti a servire alle due truffatrici il conto più salato della loro carriera.
Un tentata truffa a una lucchese troppo scaltra
Quando le due cittadine georgiane, Maka Gventsadze e Tamtaa Gogia, si sono presentate alla porta, pensando di incassare il bottino, hanno trovato gli agenti ad attenderle. Niente soldi, ma manette. A insospettirsi era stato anche un tassista, che aveva accompagnato le due dalla stazione senza che loro sapessero minimamente dove si trovassero né chi dovessero incontrare. Segno che il piano era ben strutturato, ma non abbastanza da superare l’occhio attento di una lucchese doc.
A Lucca non si scherza sui soldi
Ora, a Lucca si può discutere su molte cose—sulla vera ricetta del tordello, sull’eterno dibattito fra chi difende il carnevale di Viareggio e chi lo snobba—ma una certezza è assoluta. Qui non si regalano soldi facilmente. I liguri saranno famosi per la loro leggendaria parsimonia, ma i lucchesi sanno come tenersi stretto il portafoglio e, quando necessario, anche come far finire in galera chi cerca di alleggerirlo. Una lezione di economia e di astuzia che, probabilmente, farà scuola. E che, da oggi, chi pensa di venire a Lucca per giocare brutti scherzi farebbe bene a ripassare.
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Italia
Da prodigio digitale a santo millennial: ma la canonizzazione di Carlo Acutis divide fedeli e teologi
Acutis sarà canonizzato insieme a Pier Giorgio Frassati, ma l’annuncio ha scatenato un acceso dibattito. Il teologo Andrea Grillo parla di “fissazione distorta”, mentre migliaia di fedeli difendono il ragazzo e la sua devozione eucaristica.

Carlo Acutis sarà santo. Il prossimo 7 settembre, Leone XIV lo proclamerà tale nel corso di un concistoro che vedrà salire agli onori degli altari anche Pier Giorgio Frassati. La data è stata annunciata ufficialmente e segna un momento importante per la Chiesa cattolica, che si prepara a canonizzare un giovane vissuto nel pieno dell’era digitale. Ma non tutti, all’interno del mondo ecclesiale e teologico, condividono la scelta.
Nato a Londra nel 1991 e cresciuto a Milano, Acutis è morto nel 2006, a soli 15 anni, per una leucemia fulminante. Sin da piccolo aveva manifestato una devozione profonda per l’Eucaristia e la Madonna, tanto da diventare un riferimento spirituale per molti coetanei. Usando le sue competenze informatiche, creò una mostra virtuale sui miracoli eucaristici nel mondo, esposta ancora oggi in centinaia di parrocchie.
Francesco lo aveva beatificato il 10 ottobre 2020 ad Assisi, dove oggi il corpo del giovane riposa nella chiesa di Santa Maria Maggiore. La canonizzazione è stata resa possibile dal riconoscimento di un secondo miracolo, attribuito alla sua intercessione. Doveva essere il papa stesso a dichiararlo santo, ma la malattia ha costretto a rimandare: sarà il successore, Leone XIV, a concludere il processo.
Tuttavia, nelle ultime settimane, sono esplose le polemiche. Al centro del dibattito, l’intervento del teologo Andrea Grillo, docente al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo. In un post sul suo blog e in successive dichiarazioni, Grillo ha definito “assurda” la canonizzazione di Acutis, criticando aspramente l’approccio teologico che avrebbe nutrito la spiritualità del ragazzo. “Una teologia eucaristica vecchia, ossessiva, concentrata sull’inessenziale”, ha scritto. Per il teologo, il problema non starebbe tanto nel giovane, quanto in chi – durante la sua breve vita – gli avrebbe trasmesso una “maleducazione eucaristica” basata su un’idea “distorta” e miracolistica della fede.
Grillo si è scagliato in particolare contro la mostra sui miracoli eucaristici, considerata il simbolo di quella “comprensione difettosa e unilaterale” della spiritualità. Le sue parole hanno suscitato un forte clamore. Specialmente per la durezza dei toni e per il fatto che provengano da un professore di un’università pontificia. In rete, la reazione dei fedeli non si è fatta attendere. Migliaia di persone hanno difeso Acutis, ricordandone la semplicità, la gioia e la capacità di parlare di Dio con gli strumenti del suo tempo.
A intervenire anche il vescovo spagnolo José Ignacio Munilla, che ha definito “incredibile” l’attacco di Grillo. Sottolineando come sia “impossibile per certa teologia accettare che Dio possa intervenire soprannaturalmente nella storia”.
Al di là delle polemiche, la figura di Carlo Acutis continua a esercitare un’attrazione particolare, soprattutto tra i giovani. Viene considerato il primo beato della generazione millennial, capace di testimoniare la fede non solo attraverso le opere, ma anche usando il linguaggio del web. Diceva che l’Eucaristia era “la mia autostrada per il Cielo” e si offrì a Dio con una maturità spirituale che ha colpito profondamente chi lo ha conosciuto.
Nel 2020, la salma di Acutis fu esposta alla venerazione pubblica: colpì il fatto che il corpo fosse rimasto apparentemente intatto a 14 anni dalla morte, sebbene siano stati operati trattamenti conservativi. Oggi il suo santuario ad Assisi è meta di pellegrinaggi da tutto il mondo.
Il 7 settembre, Acutis diventerà ufficialmente santo. Ma il dibattito su cosa significhi davvero la santità, su quali modelli debbano essere proposti ai fedeli del futuro e su come la teologia debba dialogare con la spiritualità popolare, è tutt’altro che chiuso.
Italia
Meloni pronta a incontrare il professore del post shock che si è pentito
Dopo le polemiche e il tentato suicidio, il docente Stefano Addeo potrebbe avere un faccia a faccia con la premier. Da Palazzo Chigi arriva un’apertura.

Potrebbe davvero avvenire l’incontro tra Giorgia Meloni e Stefano Addeo, il professore di Marigliano finito al centro di una bufera mediatica per un post social in cui augurava la morte alla figlia della premier. Un gesto che ha scatenato indignazione trasversale e che lo stesso docente ha definito “stupido, scritto d’impulso”, chiedendo pubblicamente perdono. Travolto dalle polemiche e sospeso in via cautelare dalla scuola, Addeo ha anche tentato il suicidio. In un appello accorato, ha chiesto di poter parlare direttamente con la presidente del Consiglio: “Non cerco indulgenza, ma sento il bisogno umano di essere ascoltato”.
Un incontro che sa da fare…
Ora, da Palazzo Chigi arriva una prima apertura: “Sì, sembra che questo incontro si farà. Ma non fatemi dire altro”, ha dichiarato una fonte vicina alla premier. Nel frattempo, il professore ha ribadito le sue scuse in un’intervista al quotidiano Roma, spiegando di aver scritto il post in un momento di forte turbamento emotivo, dopo aver visto un servizio sulla guerra a Gaza. “Mi sono svegliato e ho detto: Madonna mia, cosa ho scritto. L’ho cancellato subito”, ha raccontato.
Un momento di confronto tra Meloni e il professore
Nonostante il pentimento, il governo considera il gesto incompatibile con il ruolo di educatore, e le polemiche non si placano. Il deputato di Fratelli d’Italia Alessandro Urzì ha dichiarato che Addeo “si è dimostrato inadeguato per la seconda volta”, criticando la sua scelta di legare le scuse a una rivendicazione politica. Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha espresso solidarietà a Meloni e alla figlia Ginevra, telefonando personalmente alla premier per manifestare la sua vicinanza. Meloni, in un post su X, ha parlato di “odio ideologico” e di un “clima malato” che travalica ogni limite: “Esistono confini che non devono essere superati mai”.
Italia
Spionaggio illegittimo, telefoni sorvegliati: si allarga l’inchiesta sui giornalisti intercettati
L’indagine delle Procure di Roma e Napoli coinvolge Dagospia, Fanpage e Mediterranea. Si cercano tracce del software israeliano Graphite o di altri spyware governativi. Renzi: “Se si spiano i giornalisti, non è più democrazia”

Lo scandalo sulle intercettazioni illegittime si allarga ogni giorno di più. Dopo la scoperta che il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, è stato spiato per oltre cinque mesi tramite il software spia Graphite, le Procure di Roma e Napoli hanno deciso di estendere le verifiche ad almeno altri sei cellulari. L’ombra del monitoraggio illegale tocca testate giornalistiche di primo piano come Fanpage e Dagospia, ma anche organizzazioni civiche e sociali.
Il sospetto è che sui dispositivi siano stati installati spyware in grado di trasformare un telefono in una videocamera e un microfono sempre attivi. Tra i coinvolti, oltre a Cancellato, ci sono anche il fondatore di Dagospia Roberto D’Agostino, i giornalisti Eva Vlaardingerbroek e Ciro Pellegrino, e tre attivisti della Ong Mediterranea Saving Humans: Luca Casarini, Giuseppe Caccia e don Mattia Ferrara.
I pubblici ministeri hanno disposto accertamenti tecnici irripetibili per stabilire se i dispositivi contengano tracce di Graphite, un software sviluppato dalla società israeliana Paragon, teoricamente destinato all’uso esclusivo da parte di enti governativi. Ma è proprio questo a sollevare interrogativi: chi avrebbe potuto utilizzarlo in Italia, e con quale autorizzazione?
L’indagine – che per ora resta formalmente contro ignoti – si concentra su reati come accesso abusivo a sistema informatico, intercettazione e installazione illecita di strumenti di spionaggio. Le accuse sono pesanti, anche perché riguardano giornalisti e attivisti civili, soggetti che godono di una tutela speciale nelle democrazie occidentali.
A sottolineare la gravità della situazione è stato anche Matteo Renzi. “Se davvero sono stati spiati i giornalisti di Dagospia, Fanpage e altri, siamo davanti a una svolta clamorosa. Io non condivido sempre le loro idee, ma se il governo italiano continua a far finta di nulla. Siamo in presenza di un fatto gravissimo”, ha dichiarato. “Nelle democrazie non si spiano i giornalisti. Se si spiano i direttori delle testate giornalistiche, non è più democrazia. Tutti zitti anche stavolta? #ItalianWatergate”.
Nel procedimento sono coinvolti anche l’Ordine dei Giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, che potranno nominare propri consulenti tecnici. L’attenzione è massima: l’indagine potrebbe scoperchiare un sistema di sorveglianza ben più vasto di quanto si immaginasse. E intanto, la libertà di stampa italiana si ritrova con un’altra ferita aperta.
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