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Italia

Addio alla carta d’identità cartacea: perché conviene agire subito

Dal 3 agosto 2026 non sarà più valida per l’espatrio: ecco cosa cambia e come prepararsi per tempo.

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    La carta d’identità cartacea, simbolo di un’epoca ormai al tramonto, ha i giorni contati. A partire dal 3 agosto 2026, non sarà più valida per viaggiare all’estero, indipendentemente dalla data di scadenza riportata sul documento. La causa è il Regolamento Europeo 1157/2019, che impone standard di sicurezza più elevati per i documenti d’identità, tra cui la presenza della MRZ (Machine Readable Zone), una sezione leggibile dalle macchine assente nei vecchi documenti cartacei.

    Perché la scadenza è anticipata

    Sebbene il regolamento europeo preveda il passaggio completo al formato elettronico entro il 2031, l’assenza della MRZ nei documenti cartacei italiani ha anticipato la loro decadenza di cinque anni. Questo significa che milioni di cittadini dovranno aggiornare il proprio documento prima della scadenza ufficiale, pena l’impossibilità di espatriare. Secondo le stime, circa 5 milioni di carte cartacee saranno ancora in circolazione nel 2026. Molti di questi documenti appartengono a cittadini residenti in piccoli comuni, dove l’emissione della CIE è iniziata più tardi. Per evitare code e disagi, i comuni stanno già invitando i cittadini a prenotare per tempo un appuntamento all’anagrafe. La richiesta della CIE può essere fatta anche se il documento attuale non è ancora scaduto.

    Come ottenere la CIE

    La procedura è semplice ma richiede organizzazione: serve una fototessera recente, il codice fiscale e la vecchia carta d’identità (o una denuncia in caso di smarrimento). Per i minori, è necessaria la presenza di entrambi i genitori. Il costo è di 22 euro e la consegna avviene entro sei giorni lavorativi. La carta viene recapitata a casa o ritirata in Comune.

    Un documento, due identità

    Oltre a essere un documento fisico, la CIE è anche una chiave d’accesso digitale ai servizi della Pubblica Amministrazione. Con le credenziali CieID, sarà possibile accedere ai portali istituzionali senza bisogno deL’unica eccezione riguarda i cittadini italiani residenti fuori dall’Unione Europea iscritti all’AIRE, che continueranno a ricevere la carta cartacea finché i consolati non saranno abilitati al rilascio della CIE. Inoltre, dal 3 agosto 2026 non sarà più possibile richiedere documenti cartacei d’urgenza per viaggi imminenti. L’unica eccezione riguarda i cittadini italiani residenti fuori dall’Unione Europea iscritti all’AIRE, che continueranno a ricevere la carta cartacea finché i consolati non saranno abilitati al rilascio della CIE. Inoltre, dal 3 agosto 2026 non sarà più possibile richiedere documenti cartacei d’urgenza per viaggi imminenti. Quindi meglio non aspettare l’ultimo minuto per mettersi in regola. La nuova carta d’identità non è solo un obbligo, ma anche un’opportunità per entrare a pieno titolo nell’era digitale.

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      Italia

      Italia nella morsa del caldo africano: temperature fino a 41°C e rischio temporali al Nord

      Tra oggi e il 30 giugno l’anticiclone subtropicale domina la scena: afa intensa, notti tropicali e instabilità pomeridiana sulle Alpi.

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        L’ultima settimana di giugno si apre con l’Italia stretta nella morsa dell’anticiclone africano, che sta portando una delle ondate di calore più intense della stagione. Le temperature sono in costante aumento, con punte previste fino a 41°C sul Tavoliere delle Puglie e nell’entroterra sardo, mentre le minime notturne restano ostinatamente sopra i 20°C, regalando notti tropicali in molte città. Giovedì 26 giugno il tempo sarà in prevalenza stabile e soleggiato su gran parte del Paese, ma al Nord si farà sentire una certa variabilità: già dal mattino sono attesi rovesci sulle Alpi occidentali, in estensione nel pomeriggio ai rilievi lombardi e altoatesini, con possibili sconfinamenti verso le pianure piemontesi e venete. Non si escludono locali grandinate, soprattutto tra Alto Adige e Cadore. Al Centro e al Sud il sole sarà protagonista, con cieli sereni e temperature in ulteriore rialzo.

        Per domani il caldo africano aumenta

        Venerdì 27 giugno l’alta pressione si rafforza ulteriormente, garantendo condizioni di stabilità quasi ovunque. Solo l’Alto Adige potrebbe vedere qualche isolato temporale pomeridiano. Il caldo si farà ancora più opprimente, con valori massimi tra i 36 e i 39°C nelle zone interne del Centro-Sud e delle isole maggiori. L’afa sarà particolarmente intensa nelle ore serali, soprattutto nei grandi centri urbani. Sabato e domenica il copione non cambia: sole dominante, qualche nube di calore sulle Alpi e sull’Appennino settentrionale, ma senza fenomeni significativi. Le temperature resteranno elevate, con lievi flessioni solo all’estremo Sud. Secondo le proiezioni a medio termine, questa fase di caldo africano intenso potrebbe proseguire anche nei primi giorni di luglio, con l’anticiclone subtropicale ancora ben saldo sul Mediterraneo.

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          Italia

          Stop al Senato per il terzo mandato: l’emendamento della Lega bocciato per la quinta volta

          L’emendamento proposto dalla Lega per consentire un terzo mandato ai governatori regionali è stato nuovamente respinto in Commissione Affari Costituzionali del Senato. Con solo 5 voti favorevoli e 15 contrari, l’iniziativa sostenuta da Roberto Calderoli non supera l’esame parlamentare. La questione divide la maggioranza e solleva interrogativi sulla riforma del regionalismo italiano.

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            La Commissione Affari Costituzionali del Senato ha bocciato per la quinta volta l’emendamento della Lega sul terzo mandato per i governatori regionali. Il voto si è concluso con 5 favorevoli (Lega, Italia Viva e Autonomie) e 15 contrari, a cui si aggiungono le astensioni dei senatori di Fratelli d’Italia Alberto Balboni e Domenico Matera.

            Calderoli attapirato

            Il ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli ha espresso delusione per l’esito della votazione, sottolineando come l’emendamento sia stato presentato più volte senza successo, ribadendo la convinzione che la possibilità di un terzo mandato sia “giusta, sia per le Regioni a statuto speciale che per quelle ordinarie”.

            La posizione dei partiti: frizioni nella maggioranza

            La bocciatura dell’emendamento ha rivelato tensioni interne alla maggioranza di centrodestra. Calderoli ha criticato apertamente Forza Italia, definendo il loro atteggiamento un “muro” incomprensibile, mentre ha mostrato apertura verso Fratelli d’Italia, che pur astenendosi ha dimostrato secondo il ministro una certa “disponibilità al dialogo”. Il voto, quindi, non solo segna una battuta d’arresto per la Lega, ma evidenzia anche le divergenze strategiche tra le forze della coalizione di governo.

            Un dibattito che dura da anni

            La questione del terzo mandato per i governatori è da tempo oggetto di discussione politica. Attualmente, la legge prevede un limite di due mandati consecutivi per i presidenti di Regione. L’obiettivo dell’emendamento era modificare questa norma, estendendo la possibilità di rielezione anche oltre i due mandati consecutivi. Secondo i sostenitori della riforma, permettere un terzo mandato garantirebbe continuità amministrativa e valorizzazione del consenso elettorale. I contrari, invece, temono derive personalistiche e una riduzione del ricambio democratico.

            Implicazioni future e prospettive

            La nuova bocciatura non chiude il dibattito. Calderoli ha già annunciato l’intenzione di riproporre l’emendamento, segnale che la Lega non intende arretrare sulla questione. Tuttavia, senza un accordo più ampio tra le forze di maggioranza, è difficile immaginare un esito diverso. Nel frattempo, il tema del regionalismo differenziato e della governance locale rimane centrale nel confronto politico, soprattutto in vista delle prossime elezioni regionali, dove il limite ai mandati sarà ancora una volta decisivo per molte candidature.

            Il Parlamento coi piedi di piombo

            La bocciatura dell’emendamento sul terzo mandato rappresenta un punto fermo nel confronto istituzionale tra riformismo e conservazione dei limiti attuali. La Lega punta alla riforma, ma il Parlamento si mostra cauto. Intanto, le Regioni e i loro cittadini osservano da vicino, in attesa di capire quale sarà il futuro della leadership territoriale in Italia.

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              Italia

              Caro svegliati c’è da andare in guerra. Ecco chi partirebbe in caso di conflitto

              Dalle forze armate ai riservisti, fino ai civili: ecco chi potrebbe essere chiamato alle armi se l’Italia entrasse in un conflitto.

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                In un mondo sempre più instabile, con tensioni tra Stati Uniti e Iran che sfiorano la linea rossa e scenari da terza guerra mondiale che sembrano meno fantascientifici, molti si chiedono: se l’Italia entrasse in guerra, chi verrebbe chiamato a combattere?

                Alzarsi e partire?

                La risposta è meno semplice di quanto sembri. In base all’articolo 5 del Trattato NATO, l’Italia è obbligata a intervenire in difesa di un alleato attaccato. Ma prima che scattino le sirene, serve una decisione formale del Parlamento e un decreto del Presidente della Repubblica per dichiarare lo stato di guerra. In caso di coinvolgimento diretto, i primi a essere mobilitati sarebbero i militari di carriera: esercito, marina, aeronautica, carabinieri e guardia di finanza. Restano invece esclusi i corpi civili come vigili del fuoco, polizia locale e penitenziaria.

                In caso di guerra tutti in trincea dai 18 ai 45 anni donne incluse

                Se le forze armate non bastassero, toccherebbe ai riservisti, ovvero ex militari congedati da meno di cinque anni. Il governo sta anche lavorando a una legge per creare una riserva ausiliaria di 10.000 ex militari volontari sotto i 40 anni, pronti a essere richiamati in caso di emergenza. E i civili? Entrerebbero in gioco solo in caso di estrema necessità, come una minaccia diretta alla sicurezza nazionale. In quel caso, potrebbero essere arruolati uomini e donne tra i 18 e i 45 anni, previa visita medica. Le donne in gravidanza sarebbero esentate, così come chi risulta non idoneo. La leva obbligatoria, sospesa nel 2004, potrebbe essere riattivata con un decreto del Presidente della Repubblica.

                Non ti puoi rifiutare

                E no, non ci si può rifiutare. L’articolo 52 della Costituzione è chiaro: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”. Rifiutare la chiamata, salvo gravi motivi di salute, è considerato un reato.

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