Italia
Bombe d’acqua, gavettoni, farina e qualche lacrima: arriva l’ultimo giorno di scuola
Tra battaglie con uova e cori da stadio, l’addio agli anni scolastici è un mix perfetto di festa e nostalgia. Ma non toccate gli insegnanti!!

L’ultimo giorno di scuola da sempre ha quel sapore di libertà assoluta, di quando si può osare quache gesto di goliardia. Ma senza toccare gli insegnanti, per carità. Anche se qualcuno non fatica ad accettare questi gesti e sta al gioco ribattendo colpo su colpo. E’ il trionfo delle giornate senza compiti. E così, i corridoi – spesso con la complicità degli stessi presidi – si trasformano in campi di battaglia, dove farina, schiuma da barba e gavettoni diventano armi ufficiali per il gran finale. Al liceo Brera di Milano, per esempio, vanno forte i fumogeni e i coriandoli. Al Volta è tradizione saltare nella fontana, mentre al Parini gli studenti si fanno la guerra con uova e farina come se fosse un’epica rivincita contro anni di verifiche a sorpresa. Le maturande del Coreutico Tito Livio sono uscite per l’ultima volta dall’aula con il rito salto portafortuna, toccando la cima della porta.
I docenti dell’istituto Cavalieri di Milano e dell’Alessandrini di Vittuone, alle pizzate di classe, si sono trovati a dover risolvere un compito in classe preparato sagli alunni, una verifica per scoprire quanto li conoscessero. “Abbiamo scritto aneddoti e dovevano indovinare chi era il protagonista. Poi dovevano confidarci qual era stato per loro il momento che gli resterà nel cuore. E gli abbiamo messo sotto gli occhi una cartina della classe coi banchi senza nome, per vedere se sapevano collocarci al posto giusto“. Per una volta i ruoli sono stati rovesciarti commuovendo un po’ tutti.
Ma non è solo una giornata di delirio organizzato
Tra una doccia imprevista di schiuma e un bagno di acqua ghiacciata, ci sono anche momenti di commozione. Per esempo quando i professori vanno in pensione vengono consegnate lettere strappalacrime. Ma non solo. In questi giorni TikTok è un tripudio di filmati che testimoniano le catene umane di studenti che omaggiano i loro insegnanti per il lavoro svolto. Una testimonianza di quanto quei professori, oltre a insegnare la propria materia, nel corso della loro carriera hanno saputo creare relazioni umane importanti indelebili.
Ciao scuola ci mancherai
E i maturandi? Tra scherzi e sfide, si accorgono che dalla scuola non vogliono davvero andarsene. Poi arriva il tempo del conto alla rovescia verso la maturità, con le recensioni dei commissari d’esame che si rincorrono sul TikTok. “Severo ma giusto”, “Aiuta sempre gli studenti”, oppure l’inquietante “Non vorrei essere in voi”. Pregate!!
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Italia
Spid a pagamento? Neanche per sogno, basta sapere dove guardare
Aruba e Infocert introducono un costo per il rinnovo, ma esistono alternative gratuite: ecco come mantenere l’identità digitale senza mettere mano al portafoglio.

Lo Spid, strumento essenziale per accedere ai servizi digitali della Pubblica Amministrazione, si sta trasformando. Dopo anni di gratuità, infatti, alcuni provider iniziano a far pagare il rinnovo. Aruba ha aperto la strada, imponendo una tariffa di 5,98 euro all’anno a partire da maggio, mentre Infocert seguirà a luglio. Se non si vuole pagare per lo Spid, fortunatamente ci sono soluzioni. Il primo consiglio è cambiare gestore. Poste Italiane, che gestisce il 70% delle utenze, non ha annunciato l’introduzione di alcun costo, quindi chi ha attivato il servizio con loro può continuare a usarlo gratuitamente.
Il governo punta sulla Carta d’identità elettronica
Un’alternativa è la Carta d’Identità Elettronica (CIE), che il governo sta spingendo come sostituto dello Spid. La CIE è gratuita, consente di accedere agli stessi servizi ed è utilizzabile anche fuori dai confini italiani. E’ gestita dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e per ora ha svolto un ruolo marginale (solo 52 milioni di accessi nel 2024 a fronte di 48,2 carte distribuite).
Spid: perchè questi cambiamenti?
Dietro al cambiamento, c’è la necessità di garantire la sostenibilità economica del sistema. I provider hanno chiesto al governo un supporto finanziario di 40 milioni di euro, che dovrebbe essere sbloccato a fine luglio. Su questo il ministro della Pubblica amministrazione, Zangrillo si sente di assicurare che i soldi saranno disponibili allo scoccare della scadenza della convenzione tra Stato e fornitori di Spid di fine luglio. Allo stesso tempo sottolinea che “…già esiste un’alternativa gratuita che consentirà di avere uno strumento tecnologico simile allo Spid e funzionerà oltre i confini del nostro paese“.
Italia
Referendum 2025: un flop con affluenza al 30%. Governo rafforzato o democrazia indebolita?
I referendum 2025 si concludono con un dato inequivocabile: nessuno dei cinque quesiti referendari ha raggiunto il quorum del 50%+1 degli aventi diritto. Mezz’ora fa, alla chiusura dei seggi, l’affluenza parziale si attestava a circa il 30%. Un risultato che conferma il trend negativo di partecipazione popolare ai referendum abrogativi in Italia. Riaccendendo il dibattito sull’utilità di questo strumento democratico.

Per il momento le reazioni più veloci sono state quella da parte del mondo di centro-destra. Il primo a gridare vittoria è Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio: “Il governo Meloni esce rafforzato, la sinistra indebolita”. Per Fazzolari, l’astensione è un chiaro segnale di fiducia all’esecutivo. Differente la disamina di Matteo Salvini, che ribadisce il no a una “cittadinanza facile” con un perentorio “la cittadinanza non è un regalo”. Anche Massimiliano Fedriga, presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, difende l’astensione come legittima scelta democratica.
Renzi e Calenda: referendum ideologici e poco chiari
Renzi definisce i quesiti sul lavoro “ideologici”, mentre Carlo Calenda – nonostante le difficoltà con la tessera elettorale – ha voluto votare: “È un dovere civico, ma questi referendum ci lasciano perplessi”. Vincenzo De Luca esprime una personale nota critica: “Strumento non adatto a temi complessi. Servono soluzioni parlamentari e collaborazioni, non scontri ideologici.”
Ma chi ha votato davvero?
Secondo un’analisi del sito YouTrend, a votare sono stati soprattutto i cittadini dei grandi centri urbani, più istruiti e multiculturali. Nelle città con oltre 100.000 abitanti, l’affluenza ha superato il 27%, con picchi nei comuni con una percentuale significativa di laureati e stranieri residenti.
Parte la raccolta firme verso l’abolizione del quorum
Nel frattempo, il comitato “Basta quorum!” ha depositato una proposta di legge costituzionale per abolire il quorum nei referendum abrogativi, ritenuto ormai uno strumento “anacronistico e dannoso per la partecipazione”. La raccolta firme è già attiva online tramite SPID o CIE.
Sensibilità civica in crisi o strumento da riformare?
Il Referendum 2025 ripropone una domanda cruciale per la nostra democrazia: l’astensione è un diritto o una strategia per disinnescare il voto? Mentre il governo festeggia un risultato a suo favore, cresce la consapevolezza generale che il meccanismo referendario vada riformulato, in nome di una partecipazione più inclusiva e rappresentativa.
Che cosa è costata questa tornata referendaria
Il ripensamento incontra anche la linea della razionalizzazione delle risorse economiche, espressa dai “non voto”. Consultando i documenti ufficiali, ovvero, il Dl 27/2025 (anche noto come decreto elezioni), approvato dal governo Meloni, si parla di un costo di 1.030 euro a sezione, su un totale di 61.591 sezioni e di 185 euro per ciascuno dei 1492 seggi speciali allestiti, ad esempio, negli ospedali. Ci sono, poi, gli elettori all’estero (5,3 milioni) per i quali il decreto del Consiglio dei Ministri ha ipotizzato un costo medio di 4,50 euro ciascuno per la posta prioritaria. Calcolatrice alla mano, quindi, i referendum 2025 hanno avuto un costo di circa 88 milioni di euro (87.564.750). A questa cifra naturalmente bisognerebbe aggiungere i costi legati all’impiego delle forze dell’ordine e del personale pubblico ai seggi che, però, sono stati utilizzati anche per i ballottaggi per il secondo turno delle elezioni amministrative.
Italia
Casa dolce casa ma quanto mi costi? Milano da record, Palermo la più economica
Mutui, bollette e spese condominiali pesano sul bilancio delle famiglie, ma i costi cambiano radicalmente da Nord a Sud. Ecco le città più care e quelle più convenienti.

Mantenere una casa in Italia è una spesa sempre più impegnativa e varia notevolmente a seconda della città in cui si vive. Dai costi del mutuo alle bollette, passando per la tassa sui rifiuti e le spese condominiali, il divario tra Nord e Sud è sorprendente. Chi vive a Milano deve mettere in conto una spesa che sfiora i 2.000 euro al mese, mentre a Palermo bastano poco più di 700 euro. Milano si conferma quindi la città più costosa, con una spesa media annuale superiore ai 24.000 euro. Segue Roma con circa 21.000 euro. La capitale lombarda vanta prezzi elevati per tutte le voci di spesa, a partire dal mutuo naturalmente. Acquistare un immobile di 100 mq in zona semicentrale costa mediamente 465.000 euro, e la rata mensile si aggira intorno ai 1.700 euro, un valore altissimo rispetto alla media nazionale.
Mutui a parte ogni mese se ne vanno 2/300 euro di media
Roma non è da meno, con un costo per la stessa metratura pari a 410.000 euro, e un mutuo che pesa per circa 1.500 euro al mese. Anche Firenze e Bologna rientrano tra le città più care, con rate mensili che superano 1.000 euro, mentre al Sud la situazione è ben diversa. Palermo permette di acquistare una casa spendendo molto meno e il mutuo si attesta su 489 euro al mese, mentre a Bari la cifra sale a 619 euro. Anche le utenze e le spese condominiali incidono fortemente sul bilancio familiare e mostrano una differenza marcata tra Nord e Sud. A Milano, la somma delle bollette di luce, gas, acqua e le spese di manutenzione e condominio raggiunge quasi 300 euro al mese, mentre Torino e Genova seguono a ruota. Al contrario, nel meridione il peso di queste voci è sensibilmente inferiore. A Cagliari, Palermo e Bari, si riesce a mantenere queste spese sotto i 200 euro mensili.
Al sud tassa rifiuti più alta
Curiosamente, nonostante il Sud sia generalmente più conveniente, la tassa sui rifiuti (Tari) è più alta nelle città meridionali rispetto al resto d’Italia. Fa eccezione Genova, che risulta essere la città con la Tari più elevata, pari a 501 euro annui, seguita da Napoli e Cagliari, mentre Bologna è la città con il costo più basso. La fotografia della spesa per la casa in Italia mostra quindi un netto divario tra le città del Nord e quelle del Sud. Con Milano che si conferma il centro più dispendioso e Palermo quello più conveniente. Il distanza tra le due realtà è impressionante, con una differenza del 47% nei costi di mantenimento tra le due estremità del Paese.
-
Gossip1 anno fa
Elisabetta Canalis, che Sex bomb! è suo il primo topless del 2024 (GALLERY SENZA CENSURA!)
-
Cronaca Nera11 mesi fa
Bossetti è innocente? Ecco tutti i lati deboli dell’accusa
-
Sex and La City1 anno fa
Dick Rating: che voto mi dai se te lo posto?
-
Speciale Olimpiadi 202410 mesi fa
Fact checking su Imane Khelif, la pugile al centro delle polemiche. Davvero è trans?
-
Speciale Grande Fratello9 mesi fa
Helena Prestes, chi è la concorrente vip del Grande Fratello? Età, carriera, vita privata e curiosità
-
Gossip1 anno fa
È crisi tra Stefano Rosso e Francesca Chillemi? Colpa di Can?
-
Speciale Grande Fratello9 mesi fa
Shaila del Grande Fratello: balzi da “Gatta” nei programmi Mediaset
-
Gossip10 mesi fa
La De Filippi beccata con lui: la strana coppia a cavallo si rilassa in vacanza