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Italia

Casa dolce casa ma quanto mi costi? Milano da record, Palermo la più economica

Mutui, bollette e spese condominiali pesano sul bilancio delle famiglie, ma i costi cambiano radicalmente da Nord a Sud. Ecco le città più care e quelle più convenienti.

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    Mantenere una casa in Italia è una spesa sempre più impegnativa e varia notevolmente a seconda della città in cui si vive. Dai costi del mutuo alle bollette, passando per la tassa sui rifiuti e le spese condominiali, il divario tra Nord e Sud è sorprendente. Chi vive a Milano deve mettere in conto una spesa che sfiora i 2.000 euro al mese, mentre a Palermo bastano poco più di 700 euro. Milano si conferma quindi la città più costosa, con una spesa media annuale superiore ai 24.000 euro. Segue Roma con circa 21.000 euro. La capitale lombarda vanta prezzi elevati per tutte le voci di spesa, a partire dal mutuo naturalmente. Acquistare un immobile di 100 mq in zona semicentrale costa mediamente 465.000 euro, e la rata mensile si aggira intorno ai 1.700 euro, un valore altissimo rispetto alla media nazionale.

    Mutui a parte ogni mese se ne vanno 2/300 euro di media

    Roma non è da meno, con un costo per la stessa metratura pari a 410.000 euro, e un mutuo che pesa per circa 1.500 euro al mese. Anche Firenze e Bologna rientrano tra le città più care, con rate mensili che superano 1.000 euro, mentre al Sud la situazione è ben diversa. Palermo permette di acquistare una casa spendendo molto meno e il mutuo si attesta su 489 euro al mese, mentre a Bari la cifra sale a 619 euro. Anche le utenze e le spese condominiali incidono fortemente sul bilancio familiare e mostrano una differenza marcata tra Nord e Sud. A Milano, la somma delle bollette di luce, gas, acqua e le spese di manutenzione e condominio raggiunge quasi 300 euro al mese, mentre Torino e Genova seguono a ruota. Al contrario, nel meridione il peso di queste voci è sensibilmente inferiore. A Cagliari, Palermo e Bari, si riesce a mantenere queste spese sotto i 200 euro mensili.

    Al sud tassa rifiuti più alta

    Curiosamente, nonostante il Sud sia generalmente più conveniente, la tassa sui rifiuti (Tari) è più alta nelle città meridionali rispetto al resto d’Italia. Fa eccezione Genova, che risulta essere la città con la Tari più elevata, pari a 501 euro annui, seguita da Napoli e Cagliari, mentre Bologna è la città con il costo più basso. La fotografia della spesa per la casa in Italia mostra quindi un netto divario tra le città del Nord e quelle del Sud. Con Milano che si conferma il centro più dispendioso e Palermo quello più conveniente. Il distanza tra le due realtà è impressionante, con una differenza del 47% nei costi di mantenimento tra le due estremità del Paese.

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      Italia

      Santanchè, nuovo fallimento: liquidazione giudiziale per Ki Group Holding e 1,4 milioni di debiti

      Dopo Bioera e Ki Group srl, la stessa sorte tocca a Ki Group Holding spa, azienda del gruppo “bio” un tempo guidato da Daniela Santanchè e dal suo ex Canio Mazzaro. Il tribunale parla di “insolvenza conclamata” e di “definitiva incapacità” a onorare i debiti. Nomina di un curatore e indagini in corso.

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        Nuovi guai giudiziari per la galassia imprenditoriale che fu di Daniela Santanchè. Il tribunale di Milano ha infatti dichiarato la liquidazione giudiziale – il vecchio “fallimento” – per Ki Group Holding spa, un’altra delle società del gruppo “bio” un tempo sotto la guida della ministra del Turismo e dell’ex compagno Canio Mazzaro. A stabilirlo un collegio di giudici composto da Laura De Simone, Luisa Vasile e Francesco Pipicelli.

        Non c’è soluzione

        Nell’atto di otto pagine, i giudici spiegano che la società non ha presentato “alcuno strumento di regolazione della crisi né il ricorso per omologa dell’accordo di ristrutturazione dei debiti”. In altre parole, nessuna via d’uscita. E la situazione appare chiara: “l’impresa si trova concretamente in stato di insolvenza”, con “ingenti debiti erariali e previdenziali di circa 1,4 milioni di euro, sorti a partire da ottobre 2020”, scrivono i magistrati.

        I creditori si mettono in fila

        Il tribunale parla di “definitiva incapacità dell’impresa di fare fronte regolarmente alle proprie obbligazioni” e di “assenza di credito da terzi e mezzi finanziari propri” per soddisfare i debiti. Da qui la decisione di nominare un curatore, Marco Garegnani, e ordinare al debitore di depositare entro tre giorni tutta la documentazione fiscale e contabile, oltre all’elenco dei creditori.

        Se ne riparla il prossimo ottobre

        Il prossimo appuntamento è fissato per il 15 ottobre, con l’udienza per l’esame dello stato passivo. La liquidazione di Ki Group Holding arriva dopo analoghi provvedimenti che, già nei mesi scorsi, hanno colpito altre società del gruppo: nel gennaio 2024 Ki Group srl e, a dicembre, Bioera spa.

        Indagata per bancarotta

        Intanto la posizione di Daniela Santanchè – già a processo per falso in bilancio e imputata per truffa legata al crac di Visibilia – torna sotto la lente della Procura di Milano. Già dopo il fallimento di Ki Group la senatrice di Fratelli d’Italia risultava indagata per bancarotta. E ora, con il crac di Bioera e Ki Group Holding, è probabile che le indagini vengano unificate in un unico fascicolo. A occuparsene sono i pm Marina Gravina e Luigi Luzi, coordinati dall’aggiunto Roberto Pellicano. La stessa Gravina aveva insistito in udienza per la liquidazione giudiziale, mentre i legali della società si erano rimessi alla decisione del giudice Pipicelli.

        Ulteriori complicazioni

        Il nodo principale restano i debiti accumulati, che superano i 400 mila euro solo con il fisco, come denunciato dall’Agenzia delle Entrate. Da qui l’istanza di fallimento presentata dall’Erario stesso, convinto che la liquidazione fosse l’unica strada percorribile. Il caso, insomma, si complica ulteriormente. Con un destino giudiziario sempre più incerto per la rete di aziende bio legate alla ministra

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          Italia

          Italia tra inflazione e crescita: il difficile equilibrio dei salari reali

          Lo shock inflazionistico ha riportato i salari reali ai livelli del 2000, ma la ripresa economica offre segnali di miglioramento. La Banca d’Italia analizza i problemi e le prospettive del Paese.

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            L’economia mondiale attraversa un momento di grande incertezza, e l’Italia non è immune dalle difficoltà globali. Fabio Panetta, Governatore della Banca d’Italia, ha illustrato nelle sue considerazioni finali e nella relazione per il 2024 gli aspetti più critici dello scenario attuale, con particolare attenzione al mercato del lavoro e al potere d’acquisto delle famiglie. Uno dei punti cardine del suo intervento riguarda la stagnazione dei salari reali, un problema che ha radici profonde nella bassa produttività dell’economia italiana. Nonostante alcuni segnali positivi, lo shock inflazionistico degli ultimi anni ha riportato i livelli retributivi al di sotto di quelli del 2000, compromettendo la capacità di spesa delle famiglie.

            Un contesto globale difficile

            Panetta ha evidenziato le incognite internazionali che influenzano l’economia italiana. Le tensioni geopolitiche, le dispute commerciali e i conflitti in corso hanno incrinato la fiducia globale, tanto che il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha abbassato le stime di crescita mondiale per il prossimo biennio a meno del 3%, molto al di sotto della media dei decenni passati. La trasformazione economica è evidente: nel 2000, i Paesi del G7 generavano quasi la metà del PIL globale, oggi la loro quota si è ridotta a meno di un terzo. L’ordine multilaterale che regolava i rapporti tra Stati è entrato in crisi, sostituito da un sistema multipolare, dominato sempre più dai rapporti di forza economici e politici.

            I progressi dell’Italia

            Nonostante le difficoltà, la Banca d’Italia sottolinea che l’Italia ha rafforzato alcuni fondamentali della sua economia. Rispetto a quindici anni fa, quando le valutazioni sul debito pubblico iniziavano a peggiorare, il Paese ha migliorato la sua posizione patrimoniale verso l’estero, passata da -20% del PIL a +15%. Anche il sistema bancario ha compiuto passi significativi, consolidandosi e migliorando la sua stabilità. Panetta ha spiegato che crescita economica e stabilità dei conti pubblici sono strettamente legati. Una finanza pubblica solida favorisce gli investimenti, mentre una crescita sostenuta rende meno gravoso il consolidamento di bilancio.

            Emergenza demografica e rilancio del lavoro

            Uno dei problemi più seri riguarda la bassa natalità e l’invecchiamento della popolazione. Secondo l’Istat, entro il 2040 il numero di persone in età lavorativa calerà di 5 milioni, con una riduzione del PIL stimata nell’11% (pari all’8% in termini pro capite). Per contrastare questo declino, servono politiche mirate a migliorare l’inclusione lavorativa delle donne, che in Italia hanno ancora uno dei tassi di occupazione più bassi d’Europa. Inoltre, è necessario favorire un’immigrazione regolare qualificata e incentivare il rimpatrio dei 700.000 italiani emigrati nell’ultimo decennio.

            Il nodo dei salari reali e della produttività

            Panetta ha fatto chiarezza su un tema spesso dibattuto: il livello dei salari reali. La loro stagnazione è direttamente legata alla produttività, che in Italia cresce molto meno rispetto agli altri Paesi europei. Negli ultimi anni, gli aumenti retributivi sono stati insufficienti per garantire una crescita solida. L’inflazione ha eroso il potere d’acquisto, riportando le retribuzioni indietro di oltre due decenni, al di sotto dei livelli del 2000. Il vero rilancio passa attraverso l’innovazione, l’accumulazione di capitale e un’azione pubblica incisiva, in grado di migliorare la competitività del Paese e garantire salari più alti e sostenibili nel tempo. Nonostante il quadro complesso dalla relazione della Banca d’Italia emergono alcuni segnali positivi. Il potere d’acquisto delle famiglie ha ripreso a crescere nel 2024, con un aumento dell’1,3%, favorito dalla riduzione dell’inflazione e dall’aumento dell’occupazione. Anche le prestazioni sociali, in particolare le pensioni, hanno continuato a espandersi, sostenendo il reddito delle famiglie.

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              Italia

              Benvenuti in Italia, dove i concerti trap finiscono… in galera!

              Quando il palco diventa una cabina telefonica… carceraria. Durante un’esibizione a Catania, infatti, il trapper Baby Gang mostra al pubblico una videochiamata con Niko Pandetta, attualmente detenuto a Nuoro. L’episodio, degno di una commedia all’italiana, ha scatenato un’indagine delle forze dell’ordine. Ma com’è possibile telefonare liberamente dal carcere? E perché certi “idoli” piacciono tanto ai giovanissimi?

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                One Day Music Festival 2025, Plaia di Catania, 20.000 persone in delirio. Sul palco, Baby Gang (solo il nome è già tutto un programma) – all’anagrafe Zaccaria Mouhib, già noto alle cronache giudiziarie – improvvisa una “telefonata” con il cantante Niko Pandetta. Niente di male, direte voi? Peccato che Pandetta si trovi in carcere a Nuoro, condannato per spaccio ed evasione.

                Un duetto in videochiamata

                Il risultato? Una videochiamata degna dei migliori film di Totò e Peppino, con tanto di applausi e urla da stadio: “Voglio un ca**o di casino per Niko Pandetta!” urla Baby Gang, prima di intonare il brano Italiano insieme al suo amico recluso.

                Musica, manette e marketing: il nuovo trio delle meraviglie

                Nel Paese in cui si bloccano i concerti per una bestemmia ma si applaude una videochiamata con un detenuto, l’assurdo diventa normalità. Le forze dell’ordine ora cercano di capire se il collegamento sia stato in diretta – il che sarebbe molto più grave – o solo una “replica registrata”. In entrambi i casi, qualcosa non torna. Anzi, qualcosa non funziona da tempo.

                Già noto alle forze dell’ordine

                Baby Gang, dal canto suo, non è nuovo ai guai con la giustizia. A marzo è stata confermata la sua condanna per una sparatoria a Milano. Due anni e nove mesi per una notte da “action movie” in zona corso Como, con due feriti. Eppure, resta una delle icone più seguite della scena trap italiana.

                C’è poco da ridere

                Mentre i due trapper fanno ascolti da milioni e muovono folle di giovanissimi, resta un interrogativo scomodo: com’è possibile che un detenuto comunichi con l’esterno in questo modo? Ma, soprattutto: com’è possibile che a nessuno sembri più sorprendente?!? Forse, in questa barzelletta chiamata Italia, i veri prigionieri sono cultura, legalità e buon senso, murati vivi sotto strati di beat, dissing e applausi facili. E ogni palco diventa il sipario perfetto per una tragicommedia che ormai fa ridere solo chi non l’ha capita.

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