Italia
Cento dipendenti, zero voli: il Truman Show quotidiano dell’aeroporto di Comiso
Una struttura moderna e pienamente operativa che si anima solo due volte a settimana. Il resto del tempo è un presidio senza passeggeri, tra attese infinite, malinconia e speranze appese ai fondi pubblici e ai voli cancellati.

Alle 9 del mattino del martedì, a Comiso, scocca l’ora dell’illusione. L’aeroporto “Pio La Torre”, moderno e funzionale, immerso nella campagna ragusana, prende vita per un’ora scarsa, il tempo necessario ad accogliere e poi rimandare indietro il Volotea V72044 da Lille. Il volo atterra con anticipo e riparte puntuale. Nel frattempo, succede tutto e il contrario di tutto: si riapre il posto di polizia, arrivano gli agenti distaccati della Polaria, le saracinesche del bar si alzano per una fugace corsa al caffè, si accendono le luci del terminal, si vedono operai ai bagagli, addetti al check-in, movimenti che, per un attimo, fanno sembrare lo scalo un aeroporto vero. Poi, alle 10.30, tutto si spegne di nuovo.
Il silenzio torna a regnare. Le luci si abbassano, il bar chiude, i poliziotti se ne vanno. Resta solo un presidio silenzioso: una quarantina di dipendenti della Sac, tra manutenzione, sicurezza, amministrazione e traffico aereo. Altri 15 lavoratori della Gh Catania, che si occupa dei servizi a terra, restano “a disposizione” per eventuali emergenze, dirottamenti da Catania o maltempo improvviso. E poi ci sono loro, gli 11 vigili del fuoco in forza allo scalo, con mezzi speciali e turni regolari. Tutti lì, a presidiare un aeroporto dove i voli si contano sulle dita di una mano.
Una finta normalità
Il sabato va in scena la replica: Transavia da Parigi Orly, atterraggio alle 9.35, ripartenza alle 10.20. Due voli settimanali. Eppure la struttura continua ad assorbire energie, risorse e stipendi. Il resto del tempo, il terminal rimane un guscio vuoto: a parte qualche jet privato dirottato da Catania perché a Fontanarossa non c’è posto, o gli aerei militari che atterrano per esercitazioni.
Nelle ore notturne, tra mezzanotte e le sei, lo scalo Ibleo diventa una pista alternativa per i voli ritardatari diretti a Catania, il cui aeroporto è chiuso per lavori infrastrutturali. È il solo momento in cui la sua esistenza diventa davvero funzionale all’intera rete aeroportuale siciliana.
Un aeroporto fantasma (ma con buste paga)
I numeri sono paradossali: circa cento lavoratori ruotano attorno a uno scalo che al momento ha solo due voli di linea a settimana. I sindacati parlano apertamente di “dramma”. Filippo Scollo, segretario della Filt Cgil di Ragusa, è netto: «La preoccupazione è enorme, l’amarezza dei dipendenti ancora di più. È una situazione che si trascina da troppo tempo, ma ora ha assunto contorni insostenibili. I lavoratori stagionali non sono stati neppure richiamati: lo scorso anno ne furono assunti una ventina, oggi tutto è fermo».
L’appello ai vertici locali è caduto nel vuoto. «Abbiamo chiesto al Libero Consorzio di Ragusa di riattivare il tavolo di confronto sul futuro dello scalo. Serve un piano strategico, non parole», aggiunge Scollo.
Intanto, nel silenzio del terminal, si rincorrono le voci. «Ci parlano di Ita Airways, di cargo, di voli che stanno per arrivare — racconta un dipendente che preferisce restare anonimo —. Ma per ora vediamo solo promesse. E rimpiangiamo quando c’era Ryanair, con dieci voli al giorno, sempre pieni». Per molti, quella è stata l’unica vera stagione d’oro dell’aeroporto.
Il rilancio che non arriva
Comiso ha vissuto stagioni migliori. Inaugurato nel 2013 con grandi speranze, doveva alleggerire il traffico di Catania e offrire un’alternativa seria per il sud-est della Sicilia. Ma i numeri non sono mai stati solidi. La pandemia ha inferto il colpo di grazia. E da allora, tra tagli, disimpegni delle compagnie e mancanza di una strategia unitaria, si è aperta una fase di declino che pare oggi irreversibile.
C’è chi invoca una convenzione statale per garantire i collegamenti minimi, chi chiede l’ingresso nel piano dei trasporti d’emergenza per il Sud, chi immagina uno sviluppo sul fronte del cargo o dei voli charter turistici. Ma finché non arriveranno compagnie disposte a rischiare e investire, la realtà resterà quella di un Truman Show aeroportuale: accendere le luci per un’ora, due volte alla settimana. E sperare che, un giorno, atterri qualcosa di più di una promessa.
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Italia
La fabbrica che batte il tempo: la Fonderia Marinelli, in attività da oltre 1000 anni
Da prima delle crociate fino ai giorni nostri, la storica fonderia di campane di Agnone continua a suonare la sua tradizione.

Se pensate che la longevità aziendale sia un fenomeno recente, vi sorprenderà sapere che esiste un’impresa che ha attraversato dieci secoli di storia. Ha sopravvissuto a guerre, rivoluzioni e trasformazioni industriali. Nel cuore del Molise, ad Agnone (provincia di Isernia), si trova la Pontificia Fonderia di Campane Marinelli, la più antica azienda italiana e una delle più longeve al mondo. Fondata nel 1040, questa impresa familiare non ha mai smesso di produrre campane con tecniche medievali tramandate da generazione a generazione. Nel museo della fonderia si trova una campana risalente al 1339, una prova concreta di una storia che ha attraversato i secoli, dal Medioevo ai giorni nostri. Nonostante le innovazioni tecnologiche, il bronzo viene ancora fuso e lavorato con maestria, senza che nessuna macchina moderna riesca a sostituire la sapienza delle mani esperte degli artigiani.
Le altre eccellenze italiane
Se la Fonderia Marinelli è la più antica, l’Italia vanta altre imprese che hanno saputo conservare la propria identità e il proprio saper fare nel tempo. Tra le eccellenze italiane, spicca la Barone Ricasoli, fondata nel 1141. Nel cuore della Toscana, questa azienda vinicola è legata al Castello di Brolio, e ha attraversato quasi nove secoli di produzione, mantenendo sempre una posizione di rilievo nel settore del Chianti. Nel mondo del vetro artistico, invece, il primato va alla Barovier & Toso, attiva dal 1295 a Murano. Questa storica vetreria ha creato alcune delle murrine più pregiate e riconoscibili, con pezzi esposti nei musei di tutto il mondo. Altre realtà di lunga data includono la gioielleria Torrini, fondata nel 1369 a Firenze, e la Marchesi Antinori, che opera nel settore vinicolo dal 1385, con una tradizione familiare che si è tramandata per 26 generazioni.
Italia
Fiuto di cane, fiuto di “mazzetta”: quando a Sorrento scodinzola la giustizia
Altro che investigatori segreti o agenti sotto copertura: il vero protagonista del blitz anti-corruzione a Sorrento è stato Gringo, un pastore tedesco addestrato a fiutare banconote. I “cash dog”, eroi a quattro zampe della Guardia di Finanza, hanno fiutato più soldi nascosti di quanto la politica locale ne abbia mai dichiarati. Una storia che sa di farsa italiana, dove il migliore amico dell’uomo si rivela anche il peggiore incubo del corrotto.

In una trama degna di un film grottesco, il sindaco di Sorrento, Massimo Coppola, è stato arrestato durante un blitz della Guardia di Finanza che ha portato alla luce 285 mila euro in contanti. Nascosti ovunque: nelle case, nei tavoli da biliardo, persino tra le mura domestiche del cosiddetto “Lello il sensitivo”, definito dagli inquirenti come l’intermediario occulto del Primo cittadino. A mettere la parola “fiutato” sulla questione è stato Gringo, un cash dog che ha individuato mazzette occultate meglio di un contabile svizzero.
Chi sono i “cash dog”?
No, non si tratta di una nuova criptovaluta. I cash dog sono unità cinofile addestrate a rilevare l’odore delle banconote. Non il profumo del potere, ma quello della carta stampata (meglio se non dichiarata). Usati dalla Guardia di Finanza nei casi di evasione fiscale, riciclaggio e corruzione, questi cani sono il peggior nemico delle bustarelle. Il loro addestramento parte da cuccioli e si basa su un sistema di gioco, fiducia e premi. Nessun metodo coercitivo: la motivazione è tutto. Fino ad oggi conoscevamo i quattrozampe antidroga, da oggi alla ribalta ci sono anche i cani che fiutano la cartamoneta.
Dal tavolo da biliardo ai milioni di Bergamo
Il caso di Gringo non è isolato. Nel 2022, Grisby, un Malinois, scoprì in provincia di Bergamo un caveau con oltre 2,5 milioni di euro in contanti, orologi di lusso, gioielli e lingotti. Un bottino degno di un supervillain, sgamato da un cane con il naso fino. Eppure, in Italia, queste unità lavorano nel silenzio, lontano dai riflettori, e restituiscono alla giustizia quello che l’uomo tenta disperatamente di nascondere.
Riconoscono l’odore della cellulosa
Oggi si preferisce addestrare anche meticci, non solo Pastori Tedeschi o Labrador: il talento per il fiuto delle mazzette non guarda il pedigree. Darin, un meticcio della Guardia di Finanza di Barletta, è tra i più operativi nel team antidroga e antivaluta. La regola è semplice: se c’è odore di soldi, loro lo trovano. Anche sotto terra.
Il vero problema? Non sono i cani, ma chi li rende necessari
Il lato amaro della vicenda è che i cash dog stanno diventando indispensabili. Non per hobby, ma per necessità. La corruzione continua a infestare la pubblica amministrazione italiana come umidità nei muri di una casa mal costruita. Se servono cani per sniffare i soldi di un sindaco, forse la domanda non è “quanto sono bravi i cash dog?”, ma piuttosto “quanto siamo messi male?”.
Italia
Siamo tutti malati di porno! La dipendenza è una malattia reale
Sempre più accessibile e spesso violenta, la pornografia online crea dipendenza, con gravi ripercussioni sulla vita reale e sulla salute sessuale, soprattutto tra i giovani.

La dipendenza da porno è reale. Un fenomeno in crescita che, purtroppo, è ancora troppo spesso sottovalutato o ridicolizzato. La realtà è ben diversa: si tratta di una patologia seria, che affligge un numero crescente di persone, con conseguenze significative sulla loro vita e sulle relazioni. La disponibilità costante e gratuita di contenuti pornografici di ogni tipo, complice l’ampia diffusione di internet e, in particolare, degli smartphone, ha amplificato il problema. Guardare materiale pornografico di per sé non è pericoloso, ma lo diventa quando l’eccitazione si trasforma in una compulsione che genera problemi nella vita quotidiana, nelle relazioni interpersonali e nella salute sessuale dell’individuo.
Le storie reali di una dipendenza silenziosa
Le testimonianze raccolte dal Guardian offrono uno sguardo toccante sulla gravità di questa dipendenza. Tony, un cinquantenne, ha trascorso ben otto anni della sua vita guardando pornografia. Una vera e propria “seconda vita” nascosta a familiari e amici, intensificatasi con l’avvento di internet. Tony descrive il suo comportamento come quello di un tossicodipendente, con ripetuti tentativi di smettere, ma senza successo. La sua dipendenza ha compromesso l’intimità con la sua compagna, generando vergogna e difficoltà nel parlare del suo problema. Il caso di Tony non è affatto isolato. I dati di Ofcom rivelano che solo a maggio 2023, ben un terzo degli adulti del Regno Unito (circa 13,8 milioni di persone) ha guardato contenuti pornografici online. Un dato in crescita, spinto dall’uso massivo dei telefoni cellulari, con una netta predominanza maschile (due terzi del totale).
Stiamo attenti agli adolescenti
Se gli adulti sono a rischio, i giovani lo sono ancora di più. Si stima che nel Regno Unito gli adolescenti vedano il loro primo contenuto pornografico intorno ai 12 anni. Spesso si tratta di materiale violento ed estremo, decisamente inadatto a chi si affaccia per la prima volta al mondo della sessualità. La storia di Jack, un ventenne che ha visto il suo primo porno a 9 anni durante una gita scolastica, è esemplare. La curiosità e l’eccitazione iniziali si sono trasformate in una vera e propria compulsione, portandolo a perdere interesse per la vita quotidiana e le sue gioie. La sua vita sessuale reale ne ha risentito gravemente. La differenza tra la realtà e la rappresentazione idealizzata e spesso distorta dal porno ha creato problemi di disfunzione erettile e insoddisfazione. Jack descrive la difficoltà di mantenere l’erezione per la mancanza di intensità rispetto alla “masturbazione di un tossicodipendente desensibilizzato“, non potendo più “cliccare sui tanti video disponibili per trovare qualcosa di nuovo e più stimolante“.
Come uscire dal porno?
La dipendenza da pornografia è, a tutti gli effetti, una malattia da curare. Come ogni altra dipendenza, richiede un approccio terapeutico specifico per superare la compulsione e ricostruire una vita sana. Non si tratta semplicemente di “smettere di guardare porno“, ma di affrontare le radici psicologiche e comportamentali che alimentano il problema.
Il primo passo è ammettere di avere una dipendenza e di aver bisogno di aiuto. La vergogna, come nel caso di Tony, è un ostacolo significativo, ma superarla è cruciale. La terapia psicologica, in particolare la terapia cognitivo-comportamentale (CBT), si è dimostrata efficace nel trattamento delle dipendenze. Un terapeuta può aiutare a identificare i fattori scatenanti, a sviluppare strategie di coping e a modificare i modelli di pensiero e comportamento disfunzionali. E’ anche importante partecipare a gruppi di auto-aiuto, come quelli per le dipendenze sessuali o da internet. Può offrire un ambiente di supporto, comprensione e condivisione di esperienze con persone che affrontano problemi simili. Questo riduce il senso di isolamento e fornisce strumenti pratici per la gestione della dipendenza.
In alcuni casi, può essere utile una “disintossicazione” temporanea o permanente dall’accesso a internet e ai dispositivi che consentono l’accesso alla pornografia. L’uso di filtri o blocchi sui dispositivi può essere un aiuto. La terapia può aiutare a riparare le relazioni danneggiate dalla dipendenza e a sviluppare una sessualità sana e appagante, basata sull’intimità e sulla connessione emotiva, piuttosto che sulla stimolazione compulsiva. Indispensabile anche curare una corretta e completa educazione sessuale. Giò. Una educazione che affronti anche i rischi della pornografia online e promuova una visione sana e rispettosa della sessualità, è fondamentale per proteggere i giovani.
Il caso inglese, con le sue statistiche allarmanti, sottolinea l’urgenza di affrontare questo problema a livello sociale e individuale. La dipendenza da pornografia non è un vizio, ma una malattia che richiede cura, empatia e un serio impegno per il benessere delle persone colpite.
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