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Italia

Uno studio dell’Istat rivela: un italiano su cinque accetta la corruzione

La corruzione resta un problema significativo in Italia, soprattutto quando si tratta di garantire un lavoro per i figli. Tuttavia, l’indagine Istat segnala una riduzione delle richieste di denaro e del voto di scambio, suggerendo un miglioramento della situazione complessiva. La tolleranza verso la corruzione varia significativamente a livello territoriale e tra diversi gruppi della popolazione, indicando la necessità di interventi mirati per combattere questo fenomeno.

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    Secondo l’ultimo report dell’Istat che analizza la corruzione in Italia negli anni 2023 e 2024, la corruzione resta un problema rilevante, anche se le richieste di denaro in cambio di favori sono in diminuzione. Un italiano su cinque considera accettabile offrire denaro per ottenere un lavoro per un figlio, riflettendo una tolleranza preoccupante verso la corruzione quando si tratta di garantire un futuro ai propri cari.

    Quanto vuoi per dare un posto di lavoro a mio figlio…?

    L’Istat ha incluso nel suo report quesiti per valutare la tolleranza verso comportamenti corruttivi tra coloro che non hanno mai sperimentato direttamente la corruzione. Circa 8 milioni e 695 mila cittadini (20,1% della popolazione tra 18 e 80 anni) ritengono accettabile pagare per ottenere un lavoro per un figlio, con il 7,4% che lo considera sempre accettabile e il 12,7% solo in alcune circostanze. Inoltre, il 15,9% ritiene accettabile farsi raccomandare da familiari o amici per essere assunti.

    Voto di scambio, soldi, regalie e comportamenti illeciti

    Il report evidenzia anche che solo il 4,5% dei cittadini considera accettabile ottenere regali, favori o denaro in cambio del proprio voto alle elezioni. La tolleranza verso la corruzione aumenta tra coloro che conoscono qualcuno a cui è stato richiesto di fornire denaro in cambio di beni o servizi. Il 24,2% di queste persone ritiene accettabile pagare per ottenere un impiego per sé e il 28,7% per un figlio.

    Tolleranza per raccomandazioni e pagamenti

    La tolleranza verso la corruzione varia anche a livello territoriale. Nelle regioni del Centro Italia, dove il fenomeno è più prevalente, c’è una maggiore tolleranza verso comportamenti corruttivi. Il Sud registra una tolleranza del 23,4% per il pagamento di un lavoro per un figlio, mentre al Nord-Ovest e al Centro il 17,6% ritiene accettabile farsi raccomandare.

    Calo delle Richieste di Denaro

    Nonostante la tolleranza ancora presente, l’Istat segnala una diminuzione delle richieste di denaro alle famiglie in cambio di favori. Dal 2,7% al 1,3% delle famiglie hanno ricevuto tali richieste nel triennio precedente rispetto al 2015-2016. Anche il voto di scambio è in calo. Il 2,7% dei cittadini ha ricevuto offerte di denaro, beni o agevolazioni in cambio del voto, rispetto al 3,7% del 2015-2016. Il fenomeno è più comune nelle elezioni amministrative (1,9%) rispetto a quelle politiche ed europee (0,9%), con i picchi più alti al Sud (4,2%) e nel Centro (3,6%).

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      Italia

      Villa Certosa, la reggia da mezzo miliardo che fa gola agli sceicchi: tra leggende, trattative e voci mai sopite

      Stimata tra i 300 e i 500 milioni, Villa Certosa non è solo una villa: è un simbolo del potere berlusconiano. Secondo La Nuova Sardegna c’è un interessamento concreto da parte di un facoltoso arabo, ma il closing resta lontano.

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        Ogni estate, insieme alle cronache mondane della Costa Smeralda, riaffiora anche il tormentone di Villa Certosa. È il destino delle residenze diventate leggenda: non sono solo case, ma scenografie di un’epoca. La maxi-dimora sarda di Silvio Berlusconi, affacciata sul golfo di Porto Rotondo, torna oggi al centro dei riflettori con un nuovo, presunto corteggiatore: un magnate arabo pronto a farsi avanti con un’offerta da capogiro.

        Le cifre ballano tra i 300 e i 500 milioni di euro, a seconda delle stime. Una valutazione che fa tremare i polsi anche agli sceicchi abituati a palazzi dorati. Secondo La Nuova Sardegna, l’interessamento c’è, ma da qui a parlare di vendita conclusa il passo è lungo: il famigerato “closing” resta ancora appeso, mentre per ora a circolare sono solo rumors e mezze conferme.

        Ma cosa rende Villa Certosa così contesa? I numeri aiutano a capirlo: 4.500 metri quadrati di superficie abitabile, 126 stanze, un parco di 120 ettari, porticcioli privati, piscine, grotte artificiali e persino un anfiteatro. Una “città nella città”, costruita per incarnare non solo il lusso, ma anche il gusto teatrale e scenografico del Cavaliere.

        In quelle sale hanno passeggiato e stretto mani George W. Bush, Tony Blair e Vladimir Putin. È qui che il Cavaliere riceveva capi di Stato e attori, amici e avversari politici, in un mix di mondanità e diplomazia che nessun’altra villa italiana ha mai saputo replicare. Non a caso qualcuno l’ha definita “la reggia del berlusconismo”, l’ottava meraviglia di un’epoca in cui politica e spettacolo erano due facce della stessa medaglia.

        Non è la prima volta che si rincorrono voci di vendita. Dopo la scomparsa del fondatore di Forza Italia, sono circolati nomi illustri: dal sultano del Brunei al colosso alberghiero Four Seasons, che però si è affrettato a smentire. Stavolta l’attenzione sarebbe di un facoltoso arabo di cui non trapela l’identità, ma che basta a far ripartire le chiacchiere da Porto Rotondo a Milano.

        Vendere Villa Certosa non significherebbe solo monetizzare un patrimonio immobiliare, ma consegnare a un nuovo proprietario un pezzo della storia recente d’Italia. Per la famiglia Berlusconi sarebbe un passaggio simbolico enorme, quasi la chiusura definitiva di un capitolo che ha segnato decenni di cronaca politica e mondana.

        Per ora, però, restano solo le indiscrezioni. E la domanda che aleggia tra i frequentatori della Costa Smeralda: Villa Certosa diventerà l’ennesimo trofeo nelle mani di un magnate straniero, o continuerà a resistere come monumento intoccabile al mito del Cavaliere?

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          Italia

          “Cercasi camerieri (purché non sardi)”: il caso Monkey infiamma Porto Torres, il titolare attacca i giovani locali

          Marco Corda, imprenditore e proprietario del bar Monkey, difende la sua scelta di privilegiare candidati non residenti in Sardegna. «Meglio chi viene da fuori e parla lingue che ragazzi viziosi, attaccati a mammina e incapaci di rispettare un contratto». Le sue parole dividono e infiammano i social.

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            «Il ragazzino sardo è maleducato, inaffidabile, non professionale». Una sentenza lapidaria, firmata Marco Corda, titolare del Monkey di Porto Torres, che con un post di ricerca personale ha trasformato un annuncio di lavoro in un caso nazionale.

            La frase incriminata è semplice: «Il Monkey seleziona cameriere e camerieri di sala, barman e barlady preferibilmente non residenti in Sardegna». Bastava quel “non residenti” per scatenare il putiferio. L’annuncio, ripreso e rilanciato da La Nuova Sardegna, è stato subito travolto dalle polemiche, costringendo il titolare a chiarire (e rincarare la dose) sui social.

            «Un’azienda fa i propri interessi e il mio curriculum parla chiaro», ha spiegato Corda. «Abbiamo sempre avuto staff locali, ma mai come quest’anno abbiamo avuto difficoltà. Non è il problema del portotorrese o del sassarese in sé. È che state crescendo una generazione di persone viziate, senza futuro, che non danno valore al denaro perché c’è mammina che si toglie il pane di bocca per dare 100 euro al figliolo, così il sabato notte si ubriaca o si droga».

            Parole dure, che hanno fatto infuriare più di un utente. Ma l’imprenditore non arretra: «Il problema è che spesso i ragazzi del posto non rimangono fino alla fine del contratto. Ti mollano dall’oggi al domani con scuse futili: devono andare ad Alghero a ballare o li ha lasciati la fidanzatina. Ben vengano i portotorresi validi, ma sono pochi».

            Il Monkey cerca personale per la stagione invernale 2026 e, tra i requisiti, Corda sottolinea anche la necessità di parlare lingue straniere: «Se vogliamo definirci una città turistica, bisogna parlare almeno l’inglese. Chi viene da fuori magari lo sa e porta valore».

            L’annuncio nel frattempo è stato cancellato, ma il polverone resta. E nelle ultime repliche social, il titolare ha provato a smorzare i toni spiegando che «quasi tutto lo staff del Monkey è sardo» e che le candidature non isolane «sono due o tre». Troppo tardi: la bufera era già partita.

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              Italia

              Arriva il bonus donne 2025: un incentivo per favorire l’occupazione femminile

              Fino a 650 euro di agevolazioni e contributi mirati per le aziende che assumono forza lavoro femminile.

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                Nel panorama delle agevolazioni per il mercato del lavoro, il bonus donne 2025 è un incentivo significativo per promuovere l’occupazione femminile e incentivare le imprese a puntare su lavoratrici in condizioni di svantaggio. Dopo un periodo di incertezze e ritardi burocratici, il Ministero del Lavoro e il Mef hanno finalmente firmato i decreti attuativi. Via libera quindi all’esonero contributivo destinato ai datori di lavoro che assumono donne e giovani under 35.

                Come funziona e chi può beneficiare del bonus

                L’agevolazione riguarda le imprese private che, entro il 31 dicembre 2025, assumono donne con contratti a tempo indeterminato. Per queste assunzioni, le aziende potranno beneficiare di un esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali per un massimo di 24 mesi. Il suo valore può arrivare fino a 650 euro al mese per ogni lavoratrice assunta. L’incentivo si applica esclusivamente agli oneri previdenziali e non comprende i premi e i contributi destinati all’Inail. Tuttavia, l’aliquota utilizzata per calcolare le prestazioni pensionistiche della lavoratrice rimane invariata, garantendo così la continuità nei diritti previdenziali. Per poter accedere al bonus, le assunzioni devono determinare un incremento occupazionale netto, ovvero un effettivo aumento del numero di lavoratori rispetto alla media dei 12 mesi precedenti. Anche nel caso di contratti part-time, il calcolo tiene conto delle ore lavorate rispetto al tempo pieno.

                La novità del “doppio binario”

                Uno degli aspetti più innovativi dell’incentivo è l’introduzione del cosiddetto “doppio binario”, ovvero un sistema differenziato che distingue le imprese. Quelle situate nel resto d’Italia possono usufruire dell’agevolazione per assunzioni effettuate dal 1° settembre 2024 fino al 31 dicembre 2025. Le imprese operanti nelle regioni della Zona Economica Speciale (ZES) (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna), invece, stanno facendo domanda già dal 31 gennaio 2025.

                Nelle regioni del Mezzogiorno, inoltre, l’esonero contributivo è riconosciuto anche per l’assunzione di donne disoccupate da almeno 6 mesi, ampliando così la platea di beneficiarie rispetto al requisito generale di 24 mesi di disoccupazione valido per il resto del Paese. Ci sono alcune esclusioni importanti. L’incentivo non si applica ai contratti di lavoro domestico, quindi a colf, badanti e baby sitter, né ai contratti di apprendistato. Inoltre, l’agevolazione non è cumulabile con altri esoneri contributivi. E’ compatibile, invece, con la maxi-deduzione fiscale del 120% sulle nuove assunzioni, permettendo alle imprese di ottenere un doppio vantaggio economico.

                L’obiettivo del bonus

                Questo incentivo all’assunzione nasce con l’intento di incentivare l’ingresso e la stabilizzazione delle donne nel mondo del lavoro, contrastando la disoccupazione femminile e favorendo una maggiore equità occupazionale. Le risorse stanziate dal governo evidenziano l’importanza strategica della misura. Sono stanziati 7,1 milioni di euro per il 2024, 107,3 milioni di euro per il 2025, 208,2 milioni di euro per il 2026, e 115,7 milioni di euro per il 2027. L’investimento è significativo e punta a sostenere la crescita economica attraverso un maggiore coinvolgimento delle donne nel mercato del lavoro.

                In attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale

                Sebbene i decreti attuativi siano stati firmati, per l’operatività effettiva dell’incentivo è ancora necessario il parere della Corte dei Conti, a cui seguirà la pubblicazione ufficiale in Gazzetta Ufficiale. Solo allora le imprese potranno iniziare a presentare le domande per ottenere l’esonero contributivo.

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