Cronaca
Le spese folli del CPR in Albania: un milione al mese solo per gli agenti italiani
Con 1120 posti nel CPR e 300 nell’hotspot sulla costa, il centro di detenzione per migranti in Albania avrà un costo mensile di circa un milione di euro solo per gli stipendi e le diarie degli agenti italiani. Sindacati di polizia e forze dell’ordine esprimono perplessità sul rapporto agenti-detenuti e sui ritardi nell’apertura.

Il centro per il trattenimento dei migranti in Albania è diventato una vera e propria macchina mangiasoldi per il governo italiano. Con 1120 posti nel CPR e altri 300 nell’hotspot sulla costa, la spesa non si limita solo alla gestione dei migranti, ma si concentra soprattutto sugli agenti italiani che verranno inviati lì. Ecco il conto: 30 mila euro al giorno, ovvero un bel milione di euro al mese solo per pagare gli stipendi e le diarie degli agenti. E con trecento agenti sul posto, il tutto diventa una ghiotta occasione per chi vuole fare un po’ di soldi extra.
Agenti fortunati in fila per l’Albania
Chi l’avrebbe mai detto che andare a fare il proprio dovere in Albania potesse diventare così vantaggioso? Tra i poliziotti, carabinieri, finanzieri e agenti penitenziari c’è la fila per andare a Gjader, dove è stato costruito il CPR. Il motivo? Un bel bonus di 130 euro lordi al giorno, più vitto, alloggio e il biglietto aereo pagato per tornare a casa. E così, per 45 posti disponibili, sono arrivate ben 3 mila domande. Non male per 4-6 mesi di lavoro, con la possibilità di tornare in Italia ogni tanto, a spese dell’amministrazione.
Le perplessità dei sindacati: un paradiso per pochi, un incubo per molti
Non tutti, però, vedono di buon occhio questa iniziativa. Gennarino De Fazio della Uilpa penitenziaria non si è trattenuto nel dire la sua a La Stampa: «Una volta si tendeva a chiudere le carceri sotto i cento posti perché antieconomiche. Ora se ne costruisce una molto piccola, con un rapporto agenti – detenuti decisamente sproporzionato. Se in Italia c’è un poliziotto ogni tre reclusi, lì ce ne saranno tre per ogni detenuto». Insomma, un vero e proprio paradiso per gli agenti, ma non certo per i contribuenti che vedono salire i costi.
Inaugurazione eterna: la grande attesa
E se c’era chi sperava di tagliare il nastro in grande stile già a giugno, magari per impressionare gli elettori, si è dovuto ricredere. L’inaugurazione del CPR è slittata di mese in mese: prima luglio, poi agosto, e ora siamo a settembre e ancora niente. Giorgia Meloni lo voleva pronto per le elezioni europee, ma a quanto pare il progetto sta procedendo con la stessa velocità di una tartaruga zoppa.
La gestione del CPR e il contingente interforze
Nel frattempo, mentre si aspetta l’apertura ufficiale, si sa già chi presidierà la struttura: un “contingente interforze” composto da trenta carabinieri, centosettantasei poliziotti e altri agenti presi dalle squadre mobili, Digos, polizia scientifica e uffici immigrazione. Anche loro non se la passeranno male: 100 euro al giorno in più sullo stipendio, vitto e alloggio a carico dell’amministrazione, e la possibilità di tornare a casa dopo un mese, salvo imprevisti.
Il CPR in Albania è ormai al centro delle polemiche: tra costi esorbitanti, incentivi che fanno gola e ritardi infiniti, il progetto rischia di diventare un gigantesco buco nero per le finanze pubbliche. Ma per ora, il grande sogno migratorio del governo resta in stand-by.
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Mondo
Elon Musk “programma” il suo chatbot per essere scorretto: Grok diventa nazista in 3, 2, 1…
Nel giorno in cui Elon Musk aggiorna Grok per renderlo più “politicamente scorretto”, l’intelligenza artificiale di X esplode in un tripudio di antisemitismo, complottismo e frasi degne del Mein Kampf. X corre a cancellare tutto. Ma il mostro, stavolta, lo ha costruito da solo.

Elon Musk voleva una voce fuori dal coro, qualcosa di alternativo ai chatbot “woke” e troppo corretti come ChatGPT o Gemini. E così ha modificato Grok, l’intelligenza artificiale targata X, per renderla più “audace”, “diretta”, “politicamente scorretta”. Detto, fatto. In poche ore Grok è diventato un Mein Kampf 2.0: ha inneggiato a Hitler, minimizzato l’Olocausto, puntato il dito contro “gli attivisti dai cognomi ashkenaziti” e definito le politiche antirazziste “odio contro i bianchi”.
Una macchina dell’odio perfettamente confezionata, prodotta in casa Musk. Altro che algoritmo ribelle: Grok ha seguito le istruzioni. È diventato esattamente ciò che Elon voleva. Solo che invece di dire “le cose come stanno”, ha vomitato slogan neonazisti e complottismi da sottoscala digitale.
Il tutto è esploso in pubblico martedì. Grok ha risposto a un account fake che insultava le vittime di un’alluvione in Texas con frasi degne del peggior suprematismo bianco. Non contento, ha citato l’Olocausto come “esempio di risposta efficace” e ha chiesto, sarcastico, di farsi passare i baffi se dire la verità lo rende “letteralmente Hitler”.
Nel frattempo, X (l’ex Twitter) ha rimosso tutto. Peccato che lo schifo fosse già virale. E, proprio il giorno dopo, la CEO Linda Yaccarino si è dimessa senza dare spiegazioni. Cosa sarà mai andato storto?
Musk tace, o peggio, rilancia. In nome della libertà d’espressione, sta distruggendo ogni argine etico. E se l’AI dev’essere “libera”, il risultato non è il dissenso. È l’odio. Programmato. Pubblicato. E, stavolta, firmato Elon Musk.
Italia
Plasmon torna italiana dopo 50 anni: il biscotto dell’infanzia rientra a casa
Il gruppo emiliano NewPrinces rileva lo storico marchio dai colossi americani di Kraft Heinz. Un ritorno al made in Italy che sa di rivincita industriale (e sentimentale)

Dopo cinquant’anni trascorsi all’estero, Plasmon torna italiana. Lo storico marchio di biscotti per l’infanzia – icona dolce di generazioni di bambini e segreto inconfessabile per molti adulti – è stato acquistato dal gruppo emiliano NewPrinces (ex Newlat Food), che ha rilevato le attività italiane di Heinz per una cifra vicina ai 120 milioni di euro.
A vendere è stato il colosso statunitense Kraft Heinz, che dal 1967 controllava Plasmon e che ora cede non solo il marchio madre, ma anche altri brand come Nipiol, BiAglut, Aproten e Dieterba, tutti specializzati nell’alimentazione infantile e dietetica. Il cuore produttivo dell’operazione è lo stabilimento di Latina, dove ogni anno vengono sfornati 1,8 miliardi di biscotti, omogeneizzati e pappe.
Fondata nel 1902 a Milano dal medico Cesare Scotti, Plasmon è stata per decenni un punto fermo della tavola italiana, soprattutto durante il boom demografico del dopoguerra. Complice la pubblicità in Carosello e le scatole di latta diventate oggi oggetto vintage, il marchio ha conquistato una fiducia senza tempo.
La vendita alla Heinz americana, avvenuta negli anni Sessanta, aveva segnato l’inizio di una lunga fase di internazionalizzazione, ma anche di distacco emotivo dal territorio. Ora, grazie a NewPrinces, il brand fa ritorno in mani italiane. Una mossa non solo industriale ma anche simbolica, che parla di filiere locali, know-how nazionale e voglia di riportare valore a casa.
Lo stabilimento di Latina, considerato tra i più avanzati d’Europa nel settore, continuerà a produrre anche per il mercato britannico, almeno per un periodo transitorio. Ma il controllo, questa volta, torna sotto bandiera tricolore.
NewPrinces – già attiva con brand storici come Polenghi e Delverde – punta così a rafforzare la propria posizione nel comparto baby food. In un mercato da 200 milioni di euro di fatturato e un margine operativo lordo di circa 17 milioni.
Una buona notizia, per una volta. Che sa di latte caldo, biscotti e orgoglio nazionale.
Italia
Dallo stupro di gruppo al profilo su OnlyFans: la nuova vita (e le nuove domande) di Asia Vitale
La ragazza simbolo del caso Palermo si mostra oggi senza filtri su OnlyFans. Rivendica il controllo sul proprio corpo. Ma tra emancipazione e contraddizione, resta l’amaro dubbio: stiamo assistendo a una rinascita o a una nuova forma di esposizione?

Due anni fa il suo nome è diventato simbolo. Asia Vitale, la ragazza di Palermo violentata da sette ragazzi in un cantiere abbandonato, oggi riappare sotto una luce diversa: quella di una webcam. Dopo la chiusura del suo profilo Instagram e il calo dei follower, ha aperto un nuovo canale su OnlyFans. Si chiama AsiaVitale3.0 e propone contenuti sessuali a pagamento. Tutto legale, tutto consenziente, tutto rivendicato.
“Il corpo è mio”, dice. “Chi ha problemi con questo mestiere dovrebbe cambiare mentalità”. Eppure, la sua storia personale rende difficile ignorare la frattura tra passato e presente. Dopo aver subito un’aggressione brutale e aver vissuto anni in comunità per allontanarsi da una famiglia che lei stessa definisce “tossica”, oggi Asia monetizza la propria immagine, il proprio corpo, la propria sessualità.
Non c’è giudizio, ma c’è stupore. Non si tratta di negare la libertà di scelta, ma di registrare una contraddizione che interroga chi osserva. Come si arriva, da una violenza così feroce, a scegliere di mettersi di nuovo sotto gli occhi di tutti, stavolta per guadagnare?
“Ho rimosso le loro facce”, dice parlando dei suoi aggressori. “Cerco solo di andare avanti”. Racconta di un rapporto con il sesso profondamente cambiato, più consapevole, più adulto. Ma confessa anche un trauma più recente: un sequestro subito a Ballarò, da parte della madre di uno degli accusati, che voleva costringerla a ritirare la denuncia.
Oggi lavora in un hotel a Courmayeur e prova a costruirsi una nuova vita. OnlyFans la aiuta a far quadrare i conti, ma non garantisce stabilità. I video vengono pagati, ma possono anche essere rivenduti illegalmente. Un’altra forma di sfruttamento, di cui Asia è perfettamente consapevole.
Il suo è un racconto di sopravvivenza. Ma anche una domanda aperta: dopo tutto questo dolore, davvero la libertà passa ancora per l’esposizione del corpo?
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