Cronaca
In viaggio con papà: le vacanze della Salis col babbo in Sardegna
Una foto di Ilaria Salis col padre Roberto in barca: quanto basta per generare una polemica in piena regola. Gli antagonisti cronici non vanno mai in vacanza e si scatenano con commenti di vario tipo.
I suoi compiti politici l’aspettano ma, per il mese di agosto appena terminato, Ilaria Salis ha potuto godersi qualche momento di spensieratezza in compagnia anche di suo padre. E’ stato proprio lui a pubblicare di recente uno scatto social che – manco a farlo apposta – ha sollevato clamore. Generando una ridda di reazioni diverse, alcune delle quali trasformatesi in polemica.
Meta estiva la splendida Sardegna
L’estate 2024 per la Salis ha fatto rima con Sardegna, prima di tornare ai suoi compiti politici, sia nazionali che presso l’Europarlamento. Papà Roberto ha postato una foto in compagnia della figlia in barca. Il testo di accompagnamento naturalmente fa riferimento alle differenze col passato, in particolare con l’anno scorso quando la donna era rinchiusa in catena in Ungheria: “Questo agosto è stato incomparabilmente meglio di quello del 2023!”, ha scritto Roberto Salis con tanto di emoticon.
La foto “incriminata”…
E vai con la polemica
Una foto normale, un’istantanea dalle vacanze… che in breve è riuscita a creare la polemica. Le stesse reazioni che, un po’ di tempo fa, erano state innescate da un video della stessa Salis. Con lei sempre in vacanza, in quella occasione in un contesto montano, “per rigenerarsi”.
La bella vita che i politici si possono permettere, bla bla bla…
Haters, invidiosi, antagonisti politici di basso profilo, gente che non ha nulla di meglio da fare che scorrere i social altrui e sputare sentenze… chiamateli come meglio preferite. Nei commenti sotto la foto della Sardegna si possono leggere riferimenti alle questioni di “occupazione” delle case, come pure del salario che attualmente la donna percepisce essendo diventata un soggetto politico. “Certo, ora con i soldi che guadagna va in vacanza e fa la bella vita”, “Ma quella barca l’avete comprata/affittata o occupata?”. Questi solo un paio dei vari commenti che si possono leggere.
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Cronaca Nera
Caso Yara, Bossetti perde ancora: archiviata la denuncia contro la pm Ruggeri
La denuncia di frode processuale presentata da Massimo Bossetti contro la pm Letizia Ruggeri, per la gestione dei reperti nel caso Yara, è stata archiviata. Il giudice veneziano ha stabilito che non vi è stata alcuna anomalia o intento illecito nello spostamento delle provette con il Dna. Gli avvocati del condannato all’ergastolo non escludono una futura richiesta di revisione del processo.
Archiviato il procedimento per frode processuale che vedeva indagata la pm Letizia Ruggeri, la magistrata che ha condotto le indagini sul caso dell’omicidio di Yara Gambirasio. La decisione è stata presa dal gip di Venezia, Alberto Scaramuzza, che ha accolto la richiesta di archiviazione, ritenendo infondati i sospetti di illeciti nella gestione dei reperti del caso.
La denuncia contro la pm Ruggeri era stata presentata da Massimo Bossetti, il muratore condannato all’ergastolo per l’omicidio della tredicenne scomparsa nel novembre del 2010 e trovata morta tre mesi dopo. La vicenda riguardava il trasferimento di 54 provette contenenti il Dna dal frigorifero dell’ospedale San Raffaele di Milano all’ufficio Corpo di reati del tribunale di Bergamo. Secondo la difesa di Bossetti, lo spostamento avrebbe compromesso l’integrità dei campioni, rendendo impossibili ulteriori analisi sul Dna mitocondriale.
Nessun comportamento illecito
Il giudice Scaramuzza ha sottolineato che lo spostamento delle provette non rappresenta un comportamento anomalo o illegittimo da parte della pm Ruggeri. La decisione di trasferire i reperti non sarebbe stata motivata da intenti illeciti, ma piuttosto dal convincimento, fondato sulle sentenze di merito confermate in Cassazione, che ulteriori analisi sul Dna mitocondriale non avrebbero modificato l’esito delle indagini basato sul Dna nucleare.
“L’indagata aveva pieno diritto di ritenere che le analisi condotte sul Dna nucleare fossero sufficienti a provare con certezza la colpevolezza di Bossetti, e che eventuali ulteriori verifiche non avrebbero potuto metterne in discussione l’identificazione,” ha spiegato il gip nel provvedimento di archiviazione.
La reazione della difesa di Bossetti
Gli avvocati di Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, pur accettando la decisione del giudice, hanno ribadito che la destinazione dei reperti a un luogo non refrigerato rimane un fatto concreto, anche se non c’è stata frode processuale. “L’archiviazione esclude il dolo, ma conferma quanto accaduto,” hanno dichiarato i legali, lasciando intendere che il caso potrebbe ancora avere sviluppi.
Secondo la difesa, la posizione del pm Ruggeri non influirebbe su un’eventuale richiesta di revisione della sentenza di condanna, che Bossetti potrebbe avanzare in futuro. Una strada che gli avvocati non escludono di percorrere, nella speranza di ottenere nuovi esami sui reperti.
Il caso Yara e la battaglia legale
Il caso Yara Gambirasio, con la sua drammaticità e complessità, continua a suscitare attenzione e dibattito. L’omicidio della giovane ginnasta ha segnato profondamente l’opinione pubblica italiana e il lungo processo a carico di Massimo Bossetti, conclusosi con la condanna all’ergastolo, è stato caratterizzato da numerose polemiche e controversie.
Nonostante la definitiva sentenza di colpevolezza, il muratore bergamasco e la sua difesa non hanno mai smesso di lottare per una revisione del processo, contestando la gestione dei reperti e la metodologia delle analisi genetiche. La recente archiviazione del procedimento contro la pm Ruggeri rappresenta un ulteriore capitolo di questa intricata vicenda giudiziaria.
Mondo
Il Procuratore della Corte Penale Internazionale chiede l’arresto urgente di Netanyahu e di Sinwar
La Corte Penale Internazionale accelera sulle richieste di arresto di Benyamin Netanyahu, Yoav Gallant e i leader di Hamas, Yahya Sinwar e Mohammed Deif, a causa del peggioramento della situazione in Palestina e dei crimini contro l’umanità. Escluso dalla lista Ismail Haniyeh, ucciso a luglio
Il procuratore capo della Corte penale internazionale (Cpi), Karim Khan, ha formalmente chiesto alla Camera preliminare della Cpi di emettere con urgenza i mandati di arresto nei confronti del primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu, del ministro della Difesa Yoav Gallant e dei leader di Hamas, Yahya Sinwar e Mohammed Deif. La richiesta è motivata dal deterioramento della situazione in Palestina e dal protrarsi dei crimini di guerra e contro l’umanità che, secondo il procuratore, sono descritti nelle accuse già presentate a maggio.
La decisione di Khan riflette una crescente preoccupazione per l’escalation di violenze in Palestina, aggravata dalle azioni militari e politiche sul campo. L’obiettivo del procuratore è di fermare ulteriori atrocità e assicurare i responsabili alla giustizia internazionale.
Dal documento pubblicato sul sito della Cpi emerge anche che Ismail Haniyeh, capo dell’ufficio politico di Hamas, è stato rimosso dalla lista delle richieste di arresto dopo la sua uccisione a luglio a Teheran. Al contrario, il nome di Mohammed Deif, leader militare di Hamas, rimane nella lista fino a quando non ci saranno conferme affidabili sulla sua morte, avvenuta in un raid israeliano a Khan Yunis lo scorso luglio, secondo quanto dichiarato da Israele.
Questa mossa da parte della Cpi solleva questioni significative sul futuro degli equilibri geopolitici nella regione e mette sotto i riflettori la giustizia internazionale, che continua a monitorare attentamente il conflitto in corso.
Mondo
Medjugorie e lo storico sì al culto del Vaticano: “Ma non parlateci dei veggenti…”
Dopo 43 anni di dibattiti, arriva il nulla osta per i pellegrinaggi a Medjugorje, riconoscendo i benefici spirituali del fenomeno senza confermare la veridicità delle apparizioni. Il Prefetto Fernandez: “Si conclude una storia lunga e complessa”.
È un via libera parziale ma significativo quello che arriva dal Vaticano su Medjugorje, luogo di apparizioni mariane al centro di controversie e dibattiti da oltre quattro decenni. La Dottrina della Fede, con l’approvazione di Papa Francesco, ha dato il nulla osta ai pellegrinaggi e al culto, riconoscendo “frutti spirituali positivi e abbondanti”, senza tuttavia autenticare i presunti eventi soprannaturali che dal 1981 avrebbero avuto luogo nel piccolo paese bosniaco.
Il documento pubblicato dal Prefetto della Dottrina della Fede, cardinale Victor Manuel Fernandez, è chiaro: il permesso non equivale a una conferma della veridicità delle apparizioni, ma vuole evidenziare che “lo Spirito Santo agisce fruttuosamente per il bene dei fedeli”. Le migliaia di pellegrini che ogni anno si recano a Medjugorje sono invitati a farlo “non per incontrare i presunti veggenti”, ma “per vivere un’esperienza di fede, per incontrare Maria, Regina della Pace, e Cristo”.
Un dibattito lungo 43 anni
Il percorso che ha portato a questo verdetto è stato lungo e complesso. Dalla prima apparizione, segnalata nel 1981, fino ad oggi, si sono succeduti opinioni diverse e contrastanti, coinvolgendo vescovi, teologi e commissioni. Una delle più importanti, guidata dal cardinale Camillo Ruini, aveva già evidenziato nel 2014 come molti messaggi fossero in linea con la dottrina cattolica, pur non certificando l’autenticità delle apparizioni.
Il verdetto della Dottrina della Fede giunge in un momento storico in cui le nuove regole del Vaticano permettono un ventaglio di risposte più ampio rispetto al tradizionale ‘sì’ o ‘no’ riguardo ai fenomeni soprannaturali. “È arrivato il momento di concludere questa lunga storia”, afferma Fernandez, e il documento rappresenta un tentativo di pacificazione tra le diverse posizioni in campo.
I “frutti positivi” e le questioni ancora aperte
Nonostante il nulla osta, il Vaticano mantiene una certa prudenza. I benefici spirituali del fenomeno sono riconosciuti, ma non si vuole creare l’illusione che l’autenticità delle apparizioni sia stata confermata. La maggior parte dei messaggi è ritenuta coerente con l’insegnamento cattolico, ma il documento sottolinea anche la presenza di alcuni elementi “confusi” che potrebbero offuscare l’immagine positiva dell’insieme.
La posizione sui veggenti rimane cauta. Pur non avendo trovato evidenze di falsificazioni o mitomanie, la Santa Sede evita di esprimere un giudizio definitivo sulla moralità delle persone coinvolte. Alcuni messaggi “si allontanano” dai contenuti edificanti riconosciuti, e il documento invita i fedeli a non farsi distrarre da questi pochi elementi discordanti.
Medjugorje, tra fede e cautela
Questo verdetto rappresenta un importante punto di svolta per Medjugorje. Se da un lato autorizza e incoraggia i pellegrinaggi, dall’altro mantiene un certo distacco critico nei confronti dei veggenti e delle loro presunte esperienze. Un equilibrio delicato che rispecchia la prudenza della Chiesa nel maneggiare fenomeni così controversi e seguiti a livello globale.
Il messaggio è chiaro: Medjugorje deve essere un luogo di incontro con la fede, non con la spettacolarizzazione delle apparizioni. In un mondo spesso attratto dal sensazionale, il Vaticano sembra voler riportare l’attenzione sull’essenza spirituale del luogo, valorizzandone i frutti positivi senza cadere nel culto della personalità o nell’idolatria dei veggenti.
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