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Cronaca

L’inciampo di Trump: che brutta idea inimicarsi i fan di Taylor Swift

Una frase che Trumpo potrebbe rimpiangere di aver pubblicato sul suo social Truth, rivolta alla popstar che starebbe incanalando un numero enorme di voti verso la sua rivale politica, Kamala Harris.

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    “Odio Taylor Swift”. Lo scrive in maiuscolo Donald Trump sul suo social Truth. Una reazione quantomeno poco strategica, a seguito del dibattito scatenato dall’endorsement della famosissima popstar nei confronti della candidata Kamala Harris.

    Dietro a queste iniziative ci sarebbe Laura Loomer

    A distanza di pochi giorni dalla notte del dibattito in tv (sostanzialmente perso) contro la Harris a cui ha fatto seguito l’endorsement della cantante pop, il tycoon prende posizione sul suo social e il post, immediatamente, diventa virale. Con l’immediato rilancio di suoi amici, tra cui Laura Loomer, l’attivista di estrema destra che da qualche settimana sembra diventata l’ombra inseparabile dell’ex presidente a stelle e strisce.

    Cospirazionista e maestra di fake news

    E’ la nuova musa di Trump: Laura Elizabeth Loomer, 31 anni, influencer di Tucson, Arizona. Sull’aereo personale per andare a Philadelphia e partecipare al duello tv con Kamala Harris, Trump ha fatto salire questa attivista di destra, ebrea, cospirazionista, odia tutti e non teme nessuno. Lei è stata al suo fianco anche durante la commemorazione, a New York, dell’attacco alle Twin Towers. Si tratta della persona attualmente più ascoltata dall’ex presidente, quella che appare nei video abbracciata a lui. Sui social qualcuno comincia addirittura a sostenere che ci sia molto di più di un’amicizia. E’ lei che il 13 luglio, a poche ore dall’attentato a Trump, aveva indicato su X il mandante, ovvero il presidente Joe Biden.

    Trump “tradito” dalla popstar: almeno lui crede così…

    Già nelle scorse settimane si era molto conversato sulla rete circa i fake diffusi dalla campagna di Trump, in cui si attribuiva alla Swift l’endorsement all’imprenditore. Ma già lo scroso febbraio il leader repubblicano si era detto sicuro che “in alcun modo la giovane artista avrebbe potuto sostenere “il corrotto Joe Biden” ed “essere sleale nei confronti dell’uomo che le ha fatto guadagnare così tanti soldi”. Valutazione totalmente errata…

    L’appoggio dei divi può risultare decisivo

    Gli osservatori politici attribuiscono alla Swift e al suo potere di attrarre ed indirizzare i giovani una fortissima responsabilità, anche se il peso del suo endorsemente nei confronti della Harris
    deve ancora essere valutato in maniera precisa. Sembra però ormai chiaro che il duello all’ultimo voto tra Donald Trump e Kamala Harris passi anche per l’appoggio delle star che, come è noto, spostano l’opinione pubblica. Diventando, almeno sulla carta, testimonial fondamentali per i candidati americani. Tra i due pretendenti alla Casa Bianca, quella che sembra vincere la partita dei supporter famosi è proprio Kamala Harris.

    Le star che contano appoggiano la Harris

    Dalla sua parte moltissimi attori celebrati. A partire da Robert De Niro e Steve Buscemi, tra le star di Hollywood che hanno preso parte a Paisans for Kamala, un live streaming organizzato da italoamericani noti con la finalità raccogliere donazioni per la campagna presidenziale di Harris-Walz. Poi ci sono George Clooney, Julia Roberts, Barbra Streisand, Jane Fonda, Beyoncé, John Legend, Katy Perry, Ben Stiller e, naturalmente, gran parte della comunità afroamericana, capitanata dal regista Spike Lee, la produttrice Shonda Rhimes e l’attrice Viola Davis.

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      Italia

      Maria Rosaria Boccia sotto inchiesta: la laurea è vera o no?

      La Guardia di Finanza ha acquisito atti e documenti per fare luce sul titolo di studio della venditrice di abiti da sposa diventata consulente. L’inchiesta è partita da una segnalazione dell’università Pegaso. Dubbi anche sulla tesi: sarebbe molto simile a quella di un’altra studentessa laureata alla Luiss

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        È partita da una segnalazione dell’Università Telematica Pegaso l’inchiesta che oggi coinvolge Maria Rosaria Boccia. La procura di Napoli ha aperto un fascicolo per truffa, falso in atto pubblico e plagio, ipotizzando irregolarità nel percorso accademico della donna, nota alle cronache come ex collaboratrice del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.

        L’indagine è condotta dai pm Ciro Capasso, Claudio Onorati e Vincenzo Piscitelli, con il supporto della Guardia di Finanza. Gli accertamenti si stanno concentrando su tre atenei: la Pegaso, dove Boccia avrebbe conseguito la laurea in Economia Aziendale; la Parthenope, presso cui risultava iscritta in precedenza; e la Luiss di Roma, che rientra nel caso per una curiosa coincidenza: una tesi molto simile a quella presentata da Boccia è stata discussa da un’altra studentessa dell’ateneo nel 2019.

        La Gdf ha chiesto agli atenei documentazione completa: file digitali, esami sostenuti con relativi voti, video delle sessioni a distanza, libretti universitari, autocertificazioni e ogni altro elemento utile a ricostruire la carriera accademica della studentessa. Particolare attenzione è rivolta al passaggio tra la Parthenope e la Pegaso: gli investigatori vogliono capire se l’autocertificazione con cui Boccia ha dichiarato gli esami già svolti fosse veritiera.

        Ma a far esplodere il caso sarebbe stata proprio la tesi finale. Un lavoro accademico su cui l’università Pegaso ha avviato già da settembre un’istruttoria interna, dopo che alcuni dubbi erano stati sollevati da un’inchiesta giornalistica. L’ateneo ha comunicato di aver agito “nel pieno rispetto della trasparenza e della legalità”, e ha confermato di essere parte lesa nel procedimento.

        Il sospetto degli inquirenti è che la tesi possa essere stata in larga parte copiata da un’altra, discussa alla Luiss sei anni fa. A confermarlo potrebbe essere un’analisi con software antiplagio già in uso in molte università italiane. Se le analogie saranno confermate, il reato di plagio si aggiungerà al quadro, aggravando ulteriormente la posizione della Boccia.

        Per ora la diretta interessata non ha rilasciato dichiarazioni. Ma il caso è destinato ad avere conseguenze anche fuori dall’aula di tribunale, soprattutto per i legami politici e istituzionali che la donna aveva coltivato negli ultimi anni. E resta aperta la domanda più semplice e più spinosa: quella laurea, c’è davvero?

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          Mondo

          Khaby Lame espulso dagli USA. Invidia o sgarbo? L’influencer Maga rivendica il merito

          Bo Loudon, amico di Barron Trump, afferma di aver orchestrato l’espulsione del tiktoker: “Nessuno è al di sopra della legge”.

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            C’è del clamore mediatico attorno alla recente espulsione dagli Stati Uniti di Khaby Lame. Il popolare tiktoker italo-senegalese, che con il suo stile minimalista ha conquistato oltre 162 milioni di follower, è stato preso di mira. Dietro il provvedimento della sua espulsione c’è un nome sorprendente: Bo Loudon. Il giovane influencer legato alla famiglia Trump, presunto migliore amico di Barron, figlio minore dell’ex presidente è noto per la sua vicinanza ai circoli conservatori americani. Loudon ha rivendicato apertamente di aver avuto un ruolo determinante nell’espulsione. In una serie di post su X, ha dichiarato di aver “preso personalmente provvedimenti” per far sì che il 25enne venisse fermato. Ha lavorato “con i patrioti dell’amministrazione Trump” per ottenere l’arresto del tiktoker all’aeroporto di Las Vegas.

            Loudon vs. Lame. una rivalità tra Tiktoker?

            Secondo le autorità, Lame sarebbe rimasto oltre la scadenza del suo visto temporaneo. Lame è entrato negli USA il 30 aprile per partecipare al Met Gala a New York il 5 maggio. E’ stato fermato dagli agenti dell’US Immigration and Customs Enforcement (ICE) il 6 giugno allo scalo Harry Reid. Gli è stata concessa la “partenza volontaria”, lasciando così il Paese senza ulteriori conseguenze legali. Loudon, da parte sua, esulta per l’operazione: “Nessuno lavora più velocemente dell’amministrazione Trump“, ha scritto, sottolineando il ruolo che lui e Barron Trump avrebbero avuto nel garantire l’applicazione della legge.

            Dal comitato elettorale a poliziotto

            L’influencer di Palm Beach, nonostante la giovane età, è stato reclutato ufficiosamente nel team elettorale di Donald Trump. Il suo compito è quello di intercettare il voto della Generazione Z e il cosiddetto “bro vote”, ovvero il consenso dei giovani uomini americani. Ma dietro questo attivismo politico, alcuni vedono anche un velato sentimento di invidia. Lame è una star internazionale, mentre Loudon, pur vicino ai circoli di potere, resta una figura controversa e di nicchia. Il sospetto che questa espulsione sia stata motivata più da personalismi che da una reale emergenza legale è stato sollevato da diversi osservatori, soprattutto in un momento in cui Trump è alla ricerca di consensi tra i giovani. E Lame che fa? Risponderà? Forse sceglierà il silenzio e un’espressione sarcastica per dire tutto senza dire nulla.

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              Storie vere

              La donna con la barba più giovane al mondo è Harnaam Kaur, Guinness World Records nel 2016.

              Soffre della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), una patologia che può causare, tra le altre cose, una crescita eccessiva di peli (irsutismo).

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                La storia di Harnaam Kaur è una vera e propria rivoluzione. Questa donna britannica di 34 anni, affetta dalla sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), ha trasformato la sua caratteristica più evidente – la barba – in un simbolo di forza e autoaccettazione. Harnaam non è solo un’icona visiva, ma soprattutto una voce potente nel movimento body positivity. L’ovaio policistico è una espressione di una complessa alterazione funzionale del sistema riproduttivo. Una alterazione dovuta all’aumento degli ormoni maschili (androgeni), causa di segni e sintomi quali: irsutismo (eccesso di peluria su viso e corpo), e alopecia androgenetica (acne e calvizie di tipo maschile).

                La bellezza della diversità

                Fin dall’infanzia, Harnaam ha affrontato il bullismo e il giudizio sociale per il suo aspetto. Inizialmente, come molte persone che si sentono diverse, ha cercato di conformarsi, radendosi la barba per adeguarsi agli standard tradizionali di bellezza femminile. Tuttavia, questo non ha fatto altro che accrescere il suo disagio interiore. La svolta è arrivata quando ha deciso di abbracciare la sua unicità e smettere di lottare contro la sua natura. Ha trasformato quella che molti consideravano una debolezza in un punto di forza, trovando nella sua barba non un motivo di vergogna, ma una “corona” da indossare con fierezza.

                Un’attivista per l’autoaccettazione

                Oggi, Harnaam Kaur è una delle voci più influenti nel mondo della body positivity. Attraverso i social media e le sue apparizioni pubbliche, trasmette un messaggio chiaro. Ovvero che la bellezza non è un concetto rigido e predefinito, ma un’espressione autentica di sé. Il suo motto, “Non abbiamo bisogno di rientrare in schemi per essere belli”, è un invito a chiunque si senta inadeguato rispetto ai modelli imposti dalla società. La sua storia ha ispirato migliaia di persone a rivalutare il proprio valore personale, al di là delle etichette. Harnaam ha collaborato con importanti brand di moda impegnati a promuovere la diversità, sfidando gli stereotipi e dimostrando che la bellezza risiede nella fiducia in se stessi.

                Per Harnaam Kaur un messaggio di coraggio e amore per sé

                Molto più di una semplice detentrice di un record mondiale – riconosciuto ufficialmente dal Guinness World Records nel 2016 – l’esistenza e il coraggio di Harnaam Kaur dimostrano che la vera forza sta nell’accettarsi e nell’amarsi incondizionatamente. Un esempio che insegna quanto non si debba permettere agli altri di definire chi siamo o quanto valiamo. Nel suo percorso, Harnaam ha trasformato la sua esperienza personale in un movimento più ampio, aiutando chiunque si senta escluso o giudicato a trovare la forza di essere se stesso.

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