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Cronaca

Mario Pincarelli, oggi le nozze in carcere per l’assassino di Willy. Sputi e insulti per i giornalisti.

Il matrimonio con rito civile alla presenza di pochi invitati. La sposa è una commessa di 28 anni, che si è innamorata di Pincarelli vedendolo in tv e ora dice: “Credo alla sua innocenza, lo aspetterò”

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    Oggi, in una cerimonia discutibile presso il carcere di Civitavecchia, Laura R. una commessa 28 enne di Bracciano, ha unito il suo destino a quello di Mario Pincarelli, condannato per omicidio di Willy Montero, ammazzato a calci e pugni senza alcun motivo da un branco di picchiatori in libera uscita.

    L’evento ha suscitato reazioni contrastanti, con l’attenzione concentrata sia sulle azioni della coppia che sui comportamenti dei loro familiari.

    L’immagine di Laura R. che arriva al carcere a bordo di una Fiat 500, con il volto coperto e l’abito rosa carne, ha alimentato polemiche su una scelta apparentemente poco razionale. Come può una persona sposare un individuo condannato per un crimine così grave senza nemmeno conoscerlo a fondo?

    Sulle responsabilità di Pincarelli la donna non sembra avere dubbi: «Io credo in lui e nella sua innocenza», ha riferito all’agenzia stampa Nova che martedì scorso l’ha intercettata all’esterno dell’aula della Suprema Corte. 

    Per i giudici è stato lui, insieme ai fratelli Bianchi e a Francesco Belleggia, ad aver ucciso il ragazzo, pestandolo mentre si trovava a terra inerme. Pincarelli ha ammesso di aver colpito il 21enne con “uno schiaffo”, ma ha sempre negato di averlo ucciso. Una versione la sua, che non ha mai convinto i giudici e che non collima con le testimonianze delle decine di persone presenti sulla scena. Che hanno sempre riportato come sia lui sia gli altri imputati, si siano accaniti sul corpo di Willy Monteiro, anche quando era già a terra. 

    Ancora più scioccante è stato il comportamento dei familiari della sposa, che si sono scagliati contro i giornalisti con insulti e sputi. Un atteggiamento aggressivo perfettamente in linea con il contesto del matrimonio stesso, che avviene in un ambiente di violenza e tragedia.

    All’ingresso del carcere di Civitavecchia, l’unica a parlare è l’avvocato Loredana Mazzenga, legale di Pincarelli e testimone di nozze. La ragazza è «tanto convinta. Sorprendentemente e’ convinta di questa sua decisione, ha detto Mazzenga. Sa che ci vorrà del tempo prima che possa incontrarlo ma lei ha detto che lo aspetterà. Da donna e da avvocato le ho spiegato la vicenda e lei ha detto che lo aspetterà». A proposito del suo ruolo da avvocato e testimone Mazzenga ha detto: «Sono una professionista ma anche un essere umano».

    Il matrimonio di Mario Pincarelli, oltre a sollevare dubbi sulla moralità delle sue decisioni e di quelle della sua sposa, mette in luce una cultura di disprezzo per l’etica e la dignità umana. Sposare un assassino condannato senza nemmeno cercare di comprendere la verità dei fatti è un gesto che desta sgomento e richiede una seria riflessione sulla condizione della nostra società.

    Mentre il matrimonio si è svolto questa mattina, resta da vedere quali saranno le conseguenze di questa unione controversa e quali le implicazioni per coloro che vi sono coinvolti. In un mondo dove la giustizia e il perdono sono messi alla prova, questo evento solleva domande difficili e sfida le nostre convinzioni sulla moralità e la compassione umana.

    La 28enne di Bracciano si è innamorata del 26enne di Artena dopo averlo visto in tv, un colpo di fulmine che l’ha spinta ad inviargli delle lettere dietro le sbarre. Così è nato un lungo rapporto epistolare che si è trasformato in amore a distanza fino alla dichiarazione di matrimonio. Per costruirsi una vita insieme i due però dovranno aspettare ancora un po’. Considerando lo sconto di pena (45 giorni per ogni semestre trascorso in carcere), la libertà anticipata di Pincarelli dovrebbe scattare nel 2036.

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      Mondo

      Scommettere sulla guerra e sulle catastrofi: quando il conflitto diventa merce per trader

      Piattaforme cripto come Polymarket e app-mappe come PolyGlobe trasformano le crisi globali in previsioni – e lucro. Ma dietro la “previsione” si nascondono opacità, conflitti etici e rischi reali.

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      Scommettere sulla guerra

        Con l’avvento delle criptovalute, piazzare scommesse su eventi globali diventati incomprensibili — guerre, carestie, instabilità economiche — non è mai stato così semplice. Al centro di questo nuovo e controverso panorama c’è – oggi – Polymarket: una piattaforma cripto che consente di puntare su catastrofi, conflitti, elezioni e crisi, trattando il destino delle persone come merce.

        Polymarket non è una semplice linea di scommesse sportive: permette di comprare e vendere “contratti di probabilità” su eventi reali, trasformando l’incertezza geopolitica in un prodotto finanziario. Alcuni definiscono questi strumenti “mercati predittivi”, altri li chiamano — senza mezzi termini — casinò digitali.

        Perché molti puntano sull’orrore

        La logica che spinge un mercato come Polymarket è semplice: il conflitto globale, gli scenari politici instabili, gli eventi catastrofici generano incertezze. Dove c’è incertezza, c’è domanda di “previsioni”. In un mondo che consuma notizie e reazioni in tempo reale, la speculazione sulle conseguenze di guerre, elezioni, crisi economiche diventa una commodity — e un’occasione per scommettere.

        Alcuni analisti spiegano che questi mercati possono — almeno in teoria — riflettere “il sentiment collettivo”, offrendo uno specchio in tempo reale delle aspettative globali.

        Tuttavia il confine tra previsione e scommessa è labile, e le conseguenze etiche sono tangibili: quando si scommette su morti, distruzioni o esiti tragici, il profitto diventa direttamente collegato al dolore altrui. Critici e avvocati lo definiscono «cynical», immorale.

        Dalla mappa al portafoglio: l’ascesa di PolyGlobe

        Per seguire questi mercati si è diffusa recentemente un’app — PolyGlobe — pensata per “mappare” le scommesse su eventi globali. In pratica trasforma le probabilità in geo-punti visualizzabili su una mappa: così un conflitto in Ucraina, una crisi in Medio Oriente o una potenziale guerra globale diventa un’opportunità finanziaria navigabile.

        Secondo i suoi sviluppatori, l’app fornisce anche dati “open source in tempo reale” (tweet, report, fonti OSINT) per seguire l’evoluzione degli eventi, e un’interfaccia con grafici che ricordano quelli di un listino azionario. Il mercato diventa immediatamente visibile, tracciabile, speculabile.

        Ma quanto sono affidabili questi mercati?

        Diversi esperti mettono in guardia:

        • Il meccanismo di risoluzione dei contratti può essere opaco o arbitrario. Il risultato di una scommessa — su guerre, vittorie politiche o eventi economici — spesso viene deciso da comitati anonimi o token holder crittografici, non da decisioni oggettive. Questo apre a rischi di manipolazione.
        • Anche in mercati “trasparenti”, basta una grande puntata iniziale di un professionista per alterare drasticamente le probabilità, creando un consenso artificiale: le probabilità non riflettono più un’opinione collettiva, ma le scelte di pochi.
        • Dal punto di vista etico, scommettere su guerra, crisi o disastri significa mettere la propria posta sul destino di vite umane, deprivandolo di qualsiasi rispetto. Trasforma tragedie in grafici e numeri.

        Regole, chi decide? Il quadro normativo è in bilico

        Fino a poco tempo fa, in molti paesi questi mercati erano in un limbo legale. Commodity Futures Trading Commission (CFTC), autorità americana, considerava Polymarket come una piattaforma di derivati non registrata — e nel 2022 costrinse la società a bloccare gli utenti statunitensi, multandola.

        Ma nel 2025 la situazione è cambiata: grazie a una acquisizione e a un nuovo accordo, Polymarket ha ottenuto il via libera per operare nuovamente negli USA come exchange regolamentato.

        Questo riporta il dibattito su un terreno controverso: se da un lato si legittima il mercato predittivo, dall’altro si rafforza la critica che identifica in queste piattaforme una forma di gioco d’azzardo legalizzato, con tutte le implicazioni che ne derivano.

        Mercato, ma a quale prezzo?

        Mercati come Polymarket e strumenti come PolyGlobe rappresentano un’innovazione tecnologica e finanziaria: prevedere eventi, speculare sull’incertezza, raccogliere informazioni. Ma trasformare guerra, crisi e tragedie umane in scommesse e token traduce la sofferenza collettiva in profitto individuale. La promessa di “trasparenza” e “intelligenza collettiva” — per quanto seducente — non cancella il fatto che dietro ogni dato, ogni probabilità, ci siano vite reali.

        E anche se oggi queste piattaforme possono essere regolamentate in alcuni paesi, il dibattito etico resta. Perché certi mercati sono costruiti non su desideri o sogni, bensì su paura, morti e disperazione. In definitiva: un “mercato predittivo” può forse anticipare eventi, ma non rende giustizia al valore della vita.

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          Cronaca

          Corrado Augias lascia “Più Libri Più Liberi”: “La mia tolleranza si ferma davanti al nazismo”, dopo Zerocalcare un altro addio eccellente

          Corrado Augias ha annunciato che non sarà presente a “Più Libri Più Liberi”, dove avrebbe dovuto parlare di Gobetti. Motivo: la presenza, tra gli espositori, di una casa editrice dichiaratamente neonazista. “Nulla in contrario che esista”, scrive, “ma non voglio avere nulla a che spartire con lui”. Una decisione che segue quella di Zerocalcare e riaccende il dibattito.

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            Il caso esploso attorno a “Più Libri Più Liberi” continua ad allargarsi. Dopo la rinuncia di Zerocalcare, anche Corrado Augias ha deciso di fare un passo indietro. Lo ha comunicato con una lettera a Repubblica, spiegando motivazioni e limiti di una scelta che non vuole essere un atto divisivo, ma una questione di coerenza. Perché, come scrive, «la mia tolleranza si ferma davanti al nazismo».

            La lettera che cambia il clima della fiera
            Augias avrebbe dovuto intervenire oggi pomeriggio in un incontro dedicato a Piero Gobetti, figura cardine dell’antifascismo italiano. Un contesto che rende ancora più significativo il suo ritiro. Lo scrittore precisa di non opporsi alla presenza di un editore dalle “dichiarate simpatie neonaziste”, ma di non voler condividere con lui alcuna forma di partecipazione pubblica. Un confine netto, tracciato con fermezza.

            Un gesto che segue quello di Zerocalcare
            La sua scelta arriva a poche ore dall’annuncio di Zerocalcare, che aveva già spiegato le ragioni del proprio rifiuto. Il risultato è un effetto domino che travolge il programma della fiera e obbliga organizzatori e pubblico a confrontarsi con la questione politica e morale legata agli spazi condivisi. La presenza di quell’editore sta diventando il punto di frattura del dibattito culturale di queste ore.

            Il dibattito cresce anche fuori dalla fiera
            Sui social, la notizia ha generato reazioni opposte: c’è chi difende la coerenza di Augias e chi ritiene che una fiera debba essere un luogo plurale, senza esclusioni. Ma nel cuore della discussione emerge una domanda più profonda: che cosa è accettabile condividere in uno spazio pubblico? E dove si colloca il limite tra libertà e convivenza?

            Un segnale che peserà sulle prossime edizioni
            Indipendentemente dalle posizioni, la doppia rinuncia ha già lasciato un segno. “Più Libri Più Liberi” si trova per la prima volta al centro di un cortocircuito tra cultura, etica e identità politica. E l’assenza di Augias, con il suo linguaggio misurato e deciso, rende impossibile ignorare la questione.

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              Cronaca Nera

              Antonella Clerici si smarca dai talk sul caso Garlasco: “Non ce la farei a parlarne sempre”, la conduttrice rompe il silenzio

              Antonella Clerici interviene sul modo in cui il caso Garlasco viene trattato dalla tv italiana. «Io non ce la farei a parlare sempre della stessa cosa», afferma, lanciando un messaggio chiaro ai talk show che continuano a dedicare intere puntate al delitto. Un commento che riapre il dibattito sui limiti del racconto mediatico della cronaca nera.

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                Quando Antonella Clerici decide di entrare in un dibattito pubblico, lo fa con la schiettezza che la contraddistingue. Questa volta il tema è il caso Garlasco, tornato al centro dell’informazione televisiva con una frequenza quasi quotidiana. E la conduttrice, con la sua sincerità disarmante, ha preso posizione: «Io non ce la farei a parlare sempre della stessa cosa». Una frase che fotografa un malessere diffuso.

                Il peso della cronaca nei palinsesti
                La televisione italiana ha sempre avuto un rapporto complesso con la cronaca nera, ma il caso Garlasco ha superato ogni soglia di esposizione. Puntate speciali, approfondimenti, dibattiti infiniti: un’attenzione martellante che, secondo molti spettatori, rischia di trasformare il dolore in intrattenimento. La posizione di Clerici intercetta questa sensibilità e la amplifica.

                Una voce fuori dal coro
                Abituata a gestire programmi legati alla cucina, all’intrattenimento e alla quotidianità, Antonella rappresenta l’altra faccia della tv: quella che preferisce raccontare la vita, non dissezionare ossessivamente un delitto. La sua presa di distanza non è una critica diretta alle colleghe e ai colleghi dei talk, ma una riflessione personale su un linguaggio televisivo che sente distante.

                La reazione del pubblico
                Il suo commento è stato accolto con un misto di sollievo e approvazione. Molti spettatori si riconoscono nella fatica emotiva di seguire l’ennesima puntata identica alla precedente. Altri sottolineano come la tv abbia il potere di scegliere cosa raccontare e con quale equilibrio. In mezzo, il solito dibattito social che trasforma ogni frase in un caso.

                Una discussione più ampia sulla tv di oggi
                L’intervento della Clerici apre un varco su una questione più grande: cosa vuole davvero il pubblico? E soprattutto, cosa dovrebbe offrire la tv generalista nel 2025? La risposta, forse, è nella misura. E nelle parole di una conduttrice che non ha bisogno di forzare la mano per far passare un messaggio semplice e potentissimo.

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