Mistero
Deceduto Alvaro Mangino: sopravvisse all’incidente aereo delle Ande. Per salvarsi i superstiti furono costretti al cannibalismo
 
																								
												
												
											Il disastro aereo delle Ande del 13 ottobre 1972 è una delle storie di sopravvivenza più straordinarie e drammatiche della storia moderna. Il volo 571 delle Forze Aeree dell’Uruguay, un charter che trasportava 45 persone, tra cui la squadra di rugby degli Old Christians Club, amici e familiari, si schiantò contro la Cordigliera delle Ande a causa di un errore di navigazione e condizioni meteorologiche avverse. L’incidente avvenne in un periodo di grande fermento politico e sociale in Sud America. Gli anni ’70 erano segnati da tensioni politiche, dittature militari e movimenti di resistenza. In questo contesto, la tragedia delle Ande attirò l’attenzione internazionale, non solo per la drammaticità dell’evento, ma anche per le decisioni estreme prese dai sopravvissuti.
I superstiti delle Ande costretti a ricorrere all’antropofagia
Dopo lo schianto, inizialmente sopravvissero solo 33 persone. Ma il freddo estremo, le ferite e la fame ridussero il numero a 16. I superstiti, tra i quali l’allora diciannovenne Álvaro Mangino Schmid, furono costretti a ricorrere all’antropofagia. Per sopravvivere si nutrirono dei corpi congelati dei compagni deceduti. La situazione peggiorò ulteriormente quando una valanga colpì la fusoliera, uccidendo altre otto persone. La svolta arrivò quando due dei sopravvissuti, Nando Parrado e Roberto Canessa, decisero di attraversare le Ande a piedi per cercare aiuto. Dopo dieci giorni di cammino, incontrarono un contadino cileno che lanciò l’allarme. Il 22 dicembre 1972, 72 giorni dopo l’incidente, i superstiti furono finalmente salvati.
Una storia che ha ispirato libri e film
Questa tragedia ha ispirato numerosi libri – Snow Society – e i film, Alive (1993) e La società della neve, (2023) che raccontano non solo la lotta per la sopravvivenza, ma anche il coraggio, la solidarietà e la resilienza umana in condizioni estreme. Álvaro Mangino Schmid, uno dei sedici sopravvissuti al disastro aereo si è spento a 71 anni a Montevideo a causa di complicazioni legate a una polmonite. La sua incredibile storia di sopravvivenza ha ispirato il film Netflix e il libro Snow Society, che raccontano la drammatica esperienza vissuta dai superstiti.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Mistero
Quel morso nell’anca: la scoperta choc che riscrive la storia dei gladiatori in Britannia
Fino a oggi le prove dei sanguinosi spettacoli tra fiere e gladiatori fuori da Roma erano solo artistiche o letterarie. Ora, per la prima volta, uno scheletro umano con segni compatibili con un morso di leone fornisce la prova materiale che anche nelle province più periferiche dell’Impero si celebrava il macabro culto della violenza. Il teatro? L’antica Eboracum, la moderna York.
 
														C’è un foro nell’osso dell’anca. Profondo, netto, senza margini di guarigione. Un taglio che non lascia spazio ai dubbi: chi ha subito quella ferita non è sopravvissuto. La cosa davvero sorprendente è che quel foro non lo ha provocato una spada, né una lancia, né uno dei tanti strumenti di morte dei gladiatori. È un morso. Di leone.





La scoperta arriva da York, nel Regno Unito, un tempo colonia romana nota come Eboracum, e cambia radicalmente la narrazione storica sugli spettacoli gladiatori fuori dalle mura di Roma. Lo scheletro appartiene a un uomo tra i 26 e i 35 anni, morto circa 1.800 anni fa, il cui corpo è stato sepolto con una cerimonia che suggerisce un certo rispetto. Eppure, di lui oggi resta solo quel foro nell’osso, la firma inconsapevole di un grande felino. E l’ipotesi di una morte sotto le zanne di una belva, in uno spettacolo pubblico.
Il ritrovamento è parte di un’indagine archeologica durata oltre vent’anni, coordinata dalla Maynooth University e da un consorzio di università e istituti britannici. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Plos One e rappresenta la prima prova osteologica diretta di un combattimento tra uomo e leone in territorio britannico.
La ferita, ricostruita in 3D, è stata confrontata con diversi modelli di dentature animali: quella del leone, per forma e dimensioni, è l’unica compatibile. “Una scoperta che apre una finestra terribile ma concreta sulla brutalità del potere romano”, spiega John Pearce del King’s College.
La tomba è stata rinvenuta nel sito di Driffield Terrace, noto per essere una delle necropoli gladiatorie meglio conservate del mondo romano. Già nel 2010 erano stati ritrovati 82 scheletri, molti dei quali con segni evidenti di vita da combattente: corpi robusti, fratture cicatrizzate, articolazioni rovinate dall’eccesso di sforzi. Uno di questi, oggi, parla con un morso.
Secondo l’archeologa Malin Holst, si trattava di un bestiario, il tipo di gladiatore addestrato a combattere con animali feroci. Le ossa di cavallo trovate accanto a lui, i traumi multipli e persino le tracce di malnutrizione infantile raccontano una vita di fatica, addestramento e probabilmente schiavitù. Un’esistenza passata a sfidare la morte — fino a che, un giorno, la morte ha vinto.
Eppure York non ha mai restituito tracce dirette di un anfiteatro romano. E allora dov’è avvenuto lo scontro? Forse in una struttura lignea temporanea. Forse in un’arena più piccola e già scomparsa. Di certo la ricchezza di Eboracum — la città che vide l’ascesa dell’imperatore Costantino nel 306 d.C. — giustifica la presenza di simili spettacoli. La provincia non era poi così lontana dal cuore pulsante dell’Impero.
Non erano solo giochi, erano messaggi politici. Simboli della forza romana, della sua capacità di domare le bestie, reali e metaforiche. La presenza di un leone a York ci ricorda un dettaglio spesso ignorato: l’impero catturava e deportava migliaia di animali esotici. Leoni, pantere, orsi dai monti dell’Atlante, tigri dall’India, giraffe, coccodrilli e ippopotami dall’Egitto. Viaggi impossibili, durissimi, solo per garantire al popolo quel miscuglio di orrore e meraviglia che teneva in piedi il consenso imperiale.
Quello che oggi possiamo chiamare intrattenimento era, in realtà, propaganda fatta carne. Carne umana, carne animale. E sangue.
Il foro nel bacino dell’uomo di York racconta tutto questo. Non servono mosaici, né affreschi, né epigrafi. Basta un morso. E un osso che ha atteso quasi due millenni per farsi sentire.
Mistero
Rituali e miti Egizi: il mistero del vaso di Bes e l’intruglio allucinogeno del passato
Gli antichi Egizi bevevano un mix di alcol, fluidi corporei e allucinogeni: la prova in una tazza di Bes.
 
														Nel cuore del Tampa Museum of Art, tra le collezioni permanenti esposte nella mostra “Prelude: An Introduction to the Permanent Collection”, riproposta dopo varie integrazioni, brilla un pezzo unico che svela un aspetto intrigante dell’Antico Egitto. Si tratta di un vaso di Bes, la cui analisi scientifica ha rivelato segreti di antichi rituali religiosi. Questo manufatto, datato al periodo tolemaico, custodiva al suo interno residui di una miscela affascinante e allo stesso tempo molto inquietante. Si tratta di un intruglio di alcol, sostanze allucinogene e fluidi corporei. Questo miscuglio sembra aver avuto un ruolo simbolico e rituale, aiutando i partecipanti a rievocare la potenza di un mito epico legato alla divinità Bes e alla dea Hathor.
La scoperta scientifica dietro il mito di Bes
Il vaso di Bes è stato sottoposto a una serie di analisi avanzate, tra cui la spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier (FTIR) e l’estrazione di DNA antico. Le analisi hanno rivelato la presenza di sostanze come ruta selvatica, loto egiziano e una pianta del genere Cleome, tutte note per le loro proprietà psicotrope. Il contenuto era arricchito con ingredienti simbolici come miele, uva, semi di sesamo e pinoli, che contribuivano a rendere la miscela simile al sangue, evocando il mito dell’Occhio Solare. Secondo la leggenda, Bes riuscì a calmare l’ira della dea Hathor offrendole una bevanda allucinogena camuffata da sangue, inducendo in lei un sonno profondo e pacificante.
Riti di evocazione e significato religioso
Questa miscela non era solo una bevanda, ma un ponte verso il trascendente. Gli antichi Egizi la utilizzavano probabilmente in rituali che combinavano l’assunzione della sostanza con danze, canti e preghiere, tentando di ricreare un momento mitico di grande significato. La presenza di fluidi corporei nel composto, come saliva e sangue, potrebbe essere un simbolo di connessione tra umano e divino, oppure il risultato di pratiche di preparazione rituale.
Bes, il protettore di tutti
La divinità Bes, rappresentata come un nano grottesco con tratti leonini, è una figura enigmatica del pantheon egizio. Protettore della fertilità, delle partorienti e degli infanti, Bes era anche un dio popolare e accessibile. La sua immagine, spesso associata a rituali di protezione e gioia, viaggiò fino a raggiungere il Mediterraneo occidentale, portata dai navigatori fenici e cartaginesi.
Una nuova luce sul passato
Come ha sottolineato il professor Davide Tanasi della University of South Florida, il ritrovamento scientifico non solo conferma la veridicità di certi aspetti dei miti egizi, ma apre una finestra sui rituali poco conosciuti legati al culto di Bes e di altre divinità. Grazie a questa scoperta, la ricca cultura spirituale dell’Antico Egitto si arricchisce di nuovi dettagli, rivelando l’intima connessione tra mito, rituale e sostanze simboliche.
Mistero
Dracula sepolto a Napoli? Decifrata l’iscrizione sulla tomba misteriosa che riaccende la leggenda
Secondo una nuova ipotesi, Vlad l’Impalatore – ispiratore del Dracula letterario – non sarebbe morto in battaglia ma portato a Napoli dalla figlia e sepolto in una tomba nobiliare. La recente decifrazione di un’antica iscrizione potrebbe confermare tutto.
 
														Dracula potrebbe essere morto a Napoli. Non è il plot di un film, ma una teoria che da anni incuriosisce studiosi, turisti e appassionati di misteri storici. Al centro di tutto, una tomba nel complesso monumentale di Santa Maria la Nova, a due passi dal cuore antico della città. E ora, una svolta clamorosa: la decifrazione di un’iscrizione funebre finora rimasta oscura rilancia la possibilità che sia davvero la sepoltura di Vlad III di Valacchia, il famigerato Impalatore passato alla leggenda come Dracula.
Ad anticiparlo è Giuseppe Reale, direttore del complesso, che dalla Romania fa sapere che un gruppo di studiosi ha interpretato la scritta come un elogio funebre dedicato proprio al principe valacco vissuto tra il 1431 e il 1477. Secondo la teoria, Vlad non sarebbe morto in battaglia, ma catturato dai turchi e poi liberato dalla figlia Maria Balsa, rifugiatasi a Napoli dopo essere stata adottata da una nobile famiglia locale.
Alla sua morte, Vlad sarebbe stato tumulato nella cappella Turbolo, nella tomba del suocero della figlia. La tomba, decorata con simboli egizi, draghi e iconografie non riconducibili alla tradizione locale, era già al centro di speculazioni fin dal 2014. Ora, però, la decifrazione dell’epigrafe – datata attorno al Cinquecento – dà nuova linfa alla leggenda.
Napoli, del resto, è abituata a ospitare l’impossibile: santi che fanno miracoli, sangue che si scioglie, teschi che parlano. E ora anche un Dracula… in trasferta definitiva. Non resta che attendere conferme, ma intanto il fascino resta intatto. Perché forse l’Impalatore non è mai tornato in Transilvania. Ha solo cambiato castello.
- 
																	   Gossip2 anni fa Gossip2 anni faElisabetta Canalis, che Sex bomb! è suo il primo topless del 2024 (GALLERY SENZA CENSURA!) 
- 
																	   Sex and La City1 anno fa Sex and La City1 anno faDick Rating: che voto mi dai se te lo posto? 
- 
																	   Cronaca Nera1 anno fa Cronaca Nera1 anno faBossetti è innocente? Ecco tutti i lati deboli dell’accusa 
- 
																	   Speciale Grande Fratello1 anno fa Speciale Grande Fratello1 anno faHelena Prestes, chi è la concorrente vip del Grande Fratello? Età, carriera, vita privata e curiosità 
- 
																	   Speciale Olimpiadi 20241 anno fa Speciale Olimpiadi 20241 anno faFact checking su Imane Khelif, la pugile al centro delle polemiche. Davvero è trans? 
- 
																	   Speciale Grande Fratello1 anno fa Speciale Grande Fratello1 anno faShaila del Grande Fratello: balzi da “Gatta” nei programmi Mediaset 
- 
																	   Gossip1 anno fa Gossip1 anno faLa De Filippi beccata con lui: la strana coppia a cavallo si rilassa in vacanza 
- 
																	   Gossip1 anno fa Gossip1 anno faÈ crisi tra Stefano Rosso e Francesca Chillemi? Colpa di Can? 

 
												 
																	
																															 
									 
																		
								 
									 
																		
								 
									 
																		
								 
									 
																		
								 
									 
																		
								 
									 
																		
								 
														 
														 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											