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E se fosse Harry a diventare il nuovo “Re” d’Inghilterra?

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    La solida monarchia inglese, esempio regale per tutto il mondo… non è mai stata così vulnerabile. Considerando la salute di Re Carlo, quella della Principessa Kate – sempre meno decifrabile – e le lotte intestine all’interno del clan. Secondo alcuni analisti, anche se l’augurio è che si tratti di un’ipotesi-limite… l’erede naturale William potrebbe passare la corona al figlio George. Anche se, in questo caso, occorrerebbe la figura di un “reggente”…

    Antonio Capranica fa un’ipotesi suggestiva

    Un grande esperto e cultore di british style come Antonio Capranica racconta il declino della “perfida Albione” nel suo ultimo saggio che esce per Sperling&Kupfer – La fine dell’Inghilterra – dove dettaglia l’inesorabile declino di un impero e la fine della Cool Britannia degli anni 2000. Attraverso avvenimenti di vario tipo ed incidenza, come la crisi economica, la brexit e – su tutti – la scomparsa di Elisabetta II: tutte spiegazioni della perdita di prestigio da parte di Londra.

    Fragile Inghilterra

    Spiega Capranica, per anni corrispondente Rai dalla capitale inglese: «Trovo straordinariamente simbolico il fatto che Elisabetta II, fino all’arrivo di Boris Johnson, avesse avuto 13 primi ministri durante tutto il suo regno. Poi muore e in due mesi si succedono ben tre premier. È la certificazione che lei era un monumento, teneva tutto fermo, conferiva un margine di perennità al Paese. Una volta scomparsa sono venute fuori l’entità della crisi e l’instabilità delle istituzioni. Senza di lei la Gran Bretagna si è riscoperta fragile».

    I giovani inglesi non sono monarchici

    Una Corona che, oggi più che mai, appare senza futuro: «Crescono i sentimenti repubblicani e i dubbi sull’opportunità di conservare questa istituzione. Un quinto degli inglesi arriva da altri mondi e culture, per loro la Corona non è un ancoraggio identitario rassicurante, ma simbolo di qualcosa da dimenticare, come l’oppressione coloniale. Inoltre, i giovani hanno totale disinteresse verso la royal family. Quanto può durare ancora la monarchia? Le prospettive sul medio-lungo termine sono dubbie».

    Il Re attuale, avvolto dall’ombra della sua ex moglie

    Un Re che il popolo ha accettato ma sul quale pesa e peserà sempre la figura della sua ex moglie Diana. Una figura di tutt’altro spessore regale potrebbe essere Kate: intelligente, empatica, bella, madre premurosa. Avrebbe tutte le carte in regola per trasformarsi in un’icona, anche se la sua attuale malattia getta su di lei un’aura di “maledizione”: lei Principessa del Galles… come fu Lady Diana ai tempi. Ormai sono cinque mesi che non compare in pubblico, una cosa mai successa prima in epoca moderna. Un contesto nel quale sempre più sudditi sarebbero favorevoli al ritorno di Harry.

    La figura-chiave potrebbe essere proprio Harry

    Sul ruolo del “rosso”, Capranica appare fantasioso ma al contempo lucido: «Se mancassero sia Carlo che Kate, come potrebbe reagire William, che si ritroverebbe da solo con tre bambini piccoli? È un uomo complicato, che agisce d’impulso, non ascolta nessuno. Potrebbe decidere di passare la corona al figlio George. Ma chi può esercitare la reggenza fino ai suoi 18 anni? Solo una persona: Harry». Bisogna però tenere conto che Harry appare estremamente lontano da una possibile riconciliazione, almeno allo stato attuale delle cose. E più di lui … sua moglie Meghan. Per lei la Gran Bretagna è morta, non vuole metterci piede. Anche i reali, in questioni di liti in famiglia, sono uguali a noi, poveri mortali.

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      Mondo

      L’uomo Del Monte ha detto stop: bancarotta storica per l’icona americana delle conserve

      Fondata nel 1886, la Del Monte era sinonimo di qualità e praticità. Ma frutta in scatola, verdure conservate e succhi oggi non bastano più. Il debito di 1,2 miliardi e la perdita d’identità mettono fine a un’epoca.

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        L’uomo Del Monte ha detto stop. Stavolta per davvero. Dopo 139 anni, la leggendaria azienda alimentare statunitense Del Monte Foods ha dichiarato bancarotta. Il 1° luglio 2025, la società ha fatto ricorso al Chapter 11, lo strumento legale che permette la ristrutturazione del debito sotto il controllo del tribunale, nel tentativo di salvare ciò che resta di un impero ormai in frantumi.

        Una crisi annunciata. Le vendite crollano, il debito supera 1,2 miliardi di dollari, e la storica azienda — resa celebre da uno spot iconico degli anni ’80 con un distinto signore in bianco che assaggiava frutta matura — non riesce più a reggere il confronto con un mercato profondamente mutato.

        Oggi i consumatori chiedono freschezza, sostenibilità, tracciabilità. La frutta in scatola è passata da simbolo di progresso a prodotto percepito come vecchio e superato. E anche le private label, con prezzi più bassi e qualità crescente, hanno rosicchiato quote di mercato al colosso americano.

        Del Monte ha provato a rispondere. Packaging sostenibili, linee “healthy”, porzioni monodose. Ma la trasformazione è arrivata tardi e con scarso impatto. Nemmeno il prestito d’emergenza da 900 milioni di dollari, concesso da alcuni creditori, sembra sufficiente a evitare il collasso.

        Fondata in California nel 1886, la società aveva resistito a guerre, crisi e rivoluzioni industriali. Ma non ha superato la rivoluzione culturale del carrello della spesa.

        Niente chiusura immediata, ma la Del Monte che conoscevamo non esiste più. Quel sì sussurrato dall’uomo in panama ora è diventato un no secco, definitivo. E per una volta, nessuno può dargli torto.

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          Elon Musk lancia l’idea dell’“America Party”: così può fregare Trump e aiutare i Democratici

          Il sogno di Elon Musk non è solo spaziale: ora punta alla politica. E nel giorno del 4 luglio, la festa dell’Indipendenza americana, ha pubblicato su X un sondaggio destinato a far discutere: “Dovremmo creare il partito dell’America?” La proposta è quella di un terzo soggetto politico, indipendente, capace di spaccare il sistema bipartitico USA e diventare ago della bilancia alle prossime elezioni. Una provocazione? Forse. Ma anche una strategia. E Grok, la sua intelligenza artificiale, ha già fatto i conti

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            Il post di Musk ha totalizzato in poche ore oltre 30 milioni di visualizzazioni e più di 45 mila commenti. Ma non è una sparata a caso: risponde infatti a chi gli chiedeva che impatto potrebbe avere un “America Party” alle elezioni di medio termine del 2026 o, peggio per Trump, alle presidenziali del 2028.

            Musk ha una sua teoria molto chiara: non serve conquistare tutto, basta colpire bene. «Concentrarsi su 2 o 3 seggi chiave al Senato e 8-10 collegi alla Camera – ha spiegato – sarebbe sufficiente per diventare decisivi sulle leggi più controverse. Con i margini attuali, ogni voto conta».

            Grok analizza: “Basta il 5% per cambiare tutto”

            A elaborare la visione è Grok, il sistema IA integrato su X e creato proprio da Musk. Secondo Grok, un partito alternativo potrebbe ottenere tra il 5 e il 10% in diversi Stati incerti come Pennsylvania, Georgia, Wisconsin, Nevada, Michigan e Arizona. Abbastanza per spezzare l’asse repubblicano e, paradossalmente, favorire i Democratici. Esattamente come accadde con Ross Perot nel 1992, che tolse voti a Bush padre e spianò la strada a Clinton.

            Nel suo report, Grok sottolinea: “Il successo dipenderà dall’accesso alle schede elettorali e dai finanziamenti”. E sui soldi Musk non ha problemi: con il suo patrimonio personale può autofinanziare una campagna nazionale e, soprattutto, controllare direttamente la piattaforma di comunicazione più efficace: X.

            Il vero rischio per Trump

            La mossa è di quelle che potrebbero tagliare le gambe al tycoon. Perché anche un 7-8% di voti in meno in alcuni Stati chiave potrebbe fare la differenza nel Collegio Elettorale. E se Trump si ritrovasse beffato da Musk, non sarebbe solo uno smacco politico, ma personale. La guerra dei miliardari, insomma, è appena cominciata. E questa volta non si combatte su Marte, ma nei seggi americani.

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              Putin resuscita Intervision per sfidare l’Occidente e annuncia: “Gli Stati Uniti ci saranno sul palco”

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                Mancano 78 giorni. Un maxi-schermo in piazza del Maneggio, davanti al Cremlino, scandisce il conto alla rovescia verso un evento che sembra uscito dagli archivi della Guerra fredda: il ritorno di Intervision, la versione sovietica dell’Eurovision. E la notizia che scuote la diplomazia internazionale è una sola: tra i partecipanti ci saranno anche gli Stati Uniti.

                Sì, proprio loro. Lo conferma la Tass, agenzia stampa russa: Washington invierà una delegazione al festival musicale voluto da Vladimir Putin per riaffermare i “valori tradizionali” contro le derive “globaliste” di Eurovision. La kermesse andrà in scena a Mosca il 20 settembre, con delegazioni di Paesi “amici” come Cina, Iran, Venezuela, Cuba, Bielorussia, Qatar e Serbia. E ora anche gli Usa.

                Intervision, o Intervidenie in russo, è molto più di un concorso musicale. È una dichiarazione di intenti. Dopo l’esclusione della Russia da Eurovision nel 2022 – a causa della guerra in Ucraina – il Cremlino ha scelto di creare una propria vetrina musicale, completamente scollegata dai valori occidentali. “Un festival per famiglie, patriottico e sovrano”, ha detto il ministro della Cultura russo. E lo sarà: a rappresentare Mosca ci sarà Shaman, idolo pop ultranazionalista, famoso per il brano “Sono russo”. Nella giuria siederà anche Igor Matvienko, fondatore dei Liubè, il gruppo preferito di Putin.

                Ma è la presenza americana a rendere l’evento esplosivo. Per ora non si conosce l’identità del cantante o del gruppo che rappresenterà gli Usa. C’è chi ipotizza un artista vicino all’ambiente trumpiano, magari per lanciare un messaggio preciso in vista delle elezioni. Intanto, l’Ucraina protesta: “È propaganda russa”, ha detto il ministero degli Esteri, invitando i Paesi alleati a boicottare il festival.

                La verità è che Putin vuole riscrivere la geopolitica anche con le canzoni. E questa volta, il microfono diventa un’arma.

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