Mondo
La moglie di Al-Baghdadi racconta la sua vita d’orrore
Umm Hafida, vedova di Abu Bakr al-Baghdadi, rivela dettagli sconvolgenti sulla sua vita con il leader dello Stato Islamico, raccontando delle restrizioni imposte, delle atrocità dell’ISIS e delle accuse di complicità nei crimini del marito.
Umm Hafida, 48 anni, vedova ed ex-prima moglie di Abu Bakr al-Baghdadi, il leader supremo del sedicente Stato islamico, ha rilasciato una rara intervista alla BBC dal carcere iracheno dove è detenuta. La donna ha offerto uno dei pochissimi ritratti privati di al-Baghdadi, rivelando dettagli intimi e sconvolgenti della sua vita con uno dei più efferati terroristi della storia.
Vita con al-Baghdadi
Umm Hafida ha descritto come doveva guardare la televisione di nascosto, poiché il marito le proibiva di utilizzare telefoni cellulari, computer e qualsiasi strumento tecnologico moderno. Questa rigida restrizione non era solo un atto di controllo, ma rifletteva la trasformazione radicale che al-Baghdadi aveva subito. “Era religioso ma non estremista… conservatore ma di mentalità aperta”, ricorda Hafida. Tuttavia, tutto cambiò dopo l’invasione dell’Iraq guidata dagli Stati Uniti e la successiva detenzione di al-Baghdadi a Camp Bucca. Al suo rilascio, Hafida racconta che il marito era diventato “irascibile e soggetto a scoppi di rabbia”, un cambiamento che segnò l’inizio di un periodo oscuro nella loro vita.
Difficoltà psicologiche e tortura
Dopo il periodo in carcere, al-Baghdadi iniziò a manifestare evidenti problemi psicologici. Quando Umm Hafida chiese spiegazioni, il marito le rispose che “era stato esposto a qualcosa che non poteva comprendere”. Sebbene la donna non lo abbia detto esplicitamente, si ipotizza che al-Baghdadi possa essere stato vittima di tortura sessuale durante la detenzione, una possibilità che il media britannico ha suggerito ma non confermato.
Durante l’intervista, Umm Hafida ha parlato con voce calma ma ferma, indossando un burqa nero che le copriva quasi tutto il viso. Non ha mai alzato la testa, lasciando intravedere solo una parte del viso fino alla base del naso. Questo atteggiamento riflessivo e riservato ha sottolineato la gravità delle sue parole.
Atrocità dell’ISIS
Interrogata sulle atrocità commesse dall’ISIS, Umm Hafida ha ammesso con un tono di rassegnazione che “spargere sangue ingiustamente è una cosa orrenda e in questo senso l’ISIS ha oltrepassato il limite dell’umanità”. Ha rivelato un episodio in cui ha sfidato il marito, dicendogli di avere sulle mani “il sangue di quelle persone innocenti”. Secondo la vedova, avrebbe detto al marito che “secondo la legge islamica ci sono altre cose che si sarebbero potute fare, come guidarli verso il pentimento”. Queste parole dimostrano che, nonostante la sua posizione, Umm Hafida cercava di opporsi alle azioni violente del marito.
Scoperta del califfato
Pur avendo capito che suo marito era diventato un jihadista, Hafida racconta di aver scoperto per caso che al-Baghdadi era il califfo dell’ISIS. Nel 2014, le guardie del marito vennero a prelevare i loro due figli, dicendo che li avrebbero portati a fare dei corsi di nuoto. Rimasta sola nella casa di Raqqa, Hafida accese la televisione, che non poteva guardare da ben sette anni per il divieto imposto dal marito. L’apparecchio era rimasto nella loro abitazione solo perché al-Baghdadi credeva che fosse guasto. Così, iniziò a guardare un programma e, a un tratto, vide il marito ripreso mentre parlava in una moschea, con i figli in prima fila ad ascoltarlo. Era il sermone alla Grande Moschea di Mosul, nel luglio 2014, in cui al-Baghdadi chiedeva ai musulmani di tutto il mondo di mobilitarsi contro l’Occidente, segnando una svolta nella guerra dell’ISIS.
Accuse contro Umm Hafida
Nel servizio della BBC, varie donne della minoranza Yazidi, familiari di ragazze rapite e abusate sessualmente dai militanti dell’ISIS, hanno accusato Umm Hafida di complicità. Secondo loro, era lei a fare la selezione delle ragazze rapite, decidendo se dovevano lavorare come serve o diventare schiave sessuali. “Ero scioccata, mi vergognavo”, sostiene Umm Hafida, ma le donne degli Yazidi la contraddicono: “Era responsabile di tutto. Era lei a fare la selezione, a decidere se una ragazza andava tenuta a lavorare come serva o se diventava la schiava sessuale di un uomo. Hafida era la moglie di un criminale ed è una criminale lei stessa”.
Messa di fronte alle accuse, Umm Hafida ha negato ogni responsabilità, affermando: “Non nego che mio marito sia stato un criminale. Ma le accuse contro di me sono false. Mi dispiace molto per quello che è successo a quelle giovani”. Tuttavia, la sua difesa non sembra convincere le donne Yazidi, che continuano a vederla come una complice dei crimini del marito.
Oggi, Umm Hafida è detenuta e indagata per crimini legati al terrorismo. Cerca di difendersi presentandosi come una vittima dell’ISIS e del suo defunto marito, ma le testimonianze delle sopravvissute Yazidi gettano ombre sulla sua versione dei fatti. La sua storia è un complicato intreccio di terrore, controllo e accuse che riflette le atrocità commesse dall’ISIS e le profonde cicatrici lasciate su coloro che sono stati coinvolti, volontariamente o meno, nelle sue operazioni.
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Mondo
Kamala Harris nella tana del leone: scontro acceso su Fox News, la tv pro Trump
Nell’intervista a Fox News, Kamala Harris ha cercato di fare breccia negli elettori repubblicani, ma l’incontro è diventato subito incandescente. Tra interruzioni e affermazioni pungenti, la vicepresidente si è detta pronta a portare idee fresche alla Casa Bianca, voltando pagina rispetto all’era Biden e l’era Trump.
Kamala Harris si è trovata faccia a faccia con il giornalista veterano di Fox News, Bret Baier, in una delle interviste più combattive della sua campagna elettorale. Fox News, da sempre vicina a Donald Trump, non è certo il terreno più amichevole per un’esponente democratica, ma Harris ha deciso di giocare d’attacco. L’attuale vicepresidente, che ha dichiarato di voler voltare pagina rispetto all’era Biden, ha cercato di conquistare un pubblico tradizionalmente ostile, quello degli elettori repubblicani, cercando di mostrare una visione di leadership personale e indipendente.
Nonostante i tentativi, il dialogo si è trasformato presto in un botta e risposta incandescente. Harris ha più volte chiesto al giornalista di lasciarla terminare, in quello che è sembrato un déjà vu delle sue strategie nei dibattiti al Congresso. “Deve lasciarmi finire”, ha affermato all’inizio dell’intervista, cercando di rispondere a domande pungenti su immigrazione e altre questioni calde.
Un momento particolarmente teso è stato quando Baier ha incalzato Harris sui suoi precedenti commenti a favore dell’uso dei fondi pubblici per il supporto di genere ai detenuti transgender. Ma Harris non ha arretrato di un millimetro, ribadendo con fermezza le sue posizioni progressiste.
La discussione è poi virata su Trump, con Harris che ha colto l’occasione per lanciare un monito agli elettori americani. “Le persone sono stufe di qualcuno che si professa leader, ma che passa il suo tempo a fare rimostranze personali e sminuire gli altri. Trump non è stabile”, ha dichiarato con tono perentorio.
In conclusione, mentre Harris ha cercato di dimostrarsi combattiva, consapevole del contesto in cui si trovava, Baier ha continuato a insistere su questioni scottanti per il pubblico conservatore, compresi i crimini commessi da immigrati clandestini.
Sia Harris che Fox News hanno ottenuto quello che cercavano: da una parte, una vicepresidente decisa a farsi valere anche tra i leoni della stampa conservatrice, dall’altra una rete capace di mettere in difficoltà uno degli avversari più temibili di Trump.
Mondo
Scoperto a Jebel Irhoud il volto del più antico Homo Sapiens
Il cranio di Jebel Irhoud ha una rilevanza fondamentale poiché ha permesso di anticipare la data di nascita della nostra specie di Homo sapiens di almeno 100 mila anni. Definito un volto forte e sereno da Moraes e dall’aspetto moderno dal Max Planck Institute, il cranio rappresenta una pietra miliare nello studio dell’evoluzione umana.
Il nostro antenato visse 315 mila anni fa in Marocco. Secondo lo scienziato brasiliano Cicero Moraes aveva un viso forte e sereno e dall’aspetto moderno.
L’istantanea ricavata da un fossile
Il fossile del cranio era stato trovato per caso negli anni ’60 a Jebel Irhoud, in Marocco, durante un’estrazione mineraria. Oggi, grazie al lavoro del ricercatore brasiliano Moraes, quel teschio di 315 mila anni fa, il più antico mai scoperto di Homo Sapiens, ha finalmente un volto. Moraes ha pubblicato il suo studio sulla rivista di computer grafica 3D OrtogOnLineMag. Recentemente, lo studioso aveva anche ricostruito anche il volto di una donna di Neanderthal.
Come funziona il processo di ricostruzione
Moraes, esperto nella ricostruzione di volti, ha delineato i lineamenti facciali di Irhoud utilizzando la Ricostruzione Facciale Forense (RFF). Ha scansionato in 3D il teschio utilizzando uno strumento di fotogrammetria, OrtogonBlender. Il lavoro è stato reso possibile grazie ai dati forniti dal Max Planck Institute, che ha contribuito con informazioni su vari elementi appartenenti ad altri individui. Moraes ha usato la tomografia di un umano moderno, deformandola per adattarla al cranio di Jebel Irhoud.
Il volto del nostro antenato
Il risultato finale mostra una scatola cranica grande ma arcaica, mentre la dentatura è già moderna. Moraes ha generato due gruppi di immagini: uno oggettivo con elementi tecnici, senza capelli e in scala di grigi. Un altro artistico con colore della pelle e capelli.
Per Moraes, il fossile assomiglia al teschio di Homo sapiens Skhul V, ritrovato nel 1932 in Israele e datato intorno ai 120 mila anni fa.
L’importanza di questa scoperta
Il cranio di Jebel Irhoud ha una rilevanza fondamentale poiché ha permesso di anticipare la data di nascita della nostra specie di Homo Sapiens di almeno 100 mila anni. Definito un volto forte e sereno da Moraes e dall’aspetto moderno dal Max Planck Institute, il cranio rappresenta una pietra miliare nello studio dell’evoluzione umana.
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Sudditi in apprensione per Re Carlo: il sovrano interrompe le cure e partono i preparativi per il funerale.
Carlo interrompe momentaneamente le cure contro il cancro, mentre nel Regno Unito cresce l’apprensione. I preparativi per il funerale sono già in corso, ma il sovrano si sente pronto a tornare ai suoi impegni ufficiali.
Nelle ultime settimane, la notizia della sospensione delle cure contro il cancro per Re Carlo ha sollevato non poche preoccupazioni nel Regno Unito. Il sovrano, che aveva annunciato la sua malattia tempo fa, ha momentaneamente interrotto il trattamento medico, scatenando voci su una possibile imminente fase terminale.
Nonostante i timori, fonti vicine alla Famiglia Reale rassicurano che questa pausa sia una decisione positiva. Re Carlo, infatti, si prepara a partire per un viaggio ufficiale di dieci giorni in Australia, con partenza fissata per il 18 ottobre. Questo segnale potrebbe indicare che le sue condizioni non siano così gravi come si temeva inizialmente.
Parallelamente, è stato confermato l’avvio dei preparativi per il funerale di Stato, una prassi tradizionale che viene attivata anche quando la salute del sovrano non è necessariamente critica. L’operazione Menai Bridge, il nome in codice per i piani legati al funerale di Re Carlo, prosegue senza sosta, come richiesto dal protocollo reale, e ha destato non poche reazioni nei media britannici.
Il Regno Unito resta comunque in apprensione, e la notizia che il Re si senta abbastanza in forma da sospendere le cure per adempiere ai suoi impegni ufficiali è stata accolta con sollievo. Tuttavia, resta il clima di incertezza: l’annuncio del proseguimento dell’operazione Menai Bridge ricorda ai sudditi che, nonostante l’ottimismo, il sovrano potrebbe essere più fragile di quanto non sembri.
Tra le figure istituzionali, il sindaco di Londra e altri leader politici hanno espresso i loro auguri al sovrano, auspicando una ripresa stabile e duratura delle sue funzioni, sottolineando quanto la sua presenza e guida siano ancora fondamentali per il Regno Unito.
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