Cronaca
Gli artisti minacciano di bloccare la cerimonia di apertura
Gli occhi del mondo sono puntati su Parigi, sperando che tutte le parti coinvolte possano trovare un accordo che garantisca il successo dell’evento inaugurale delle Olimpiadi 2024.

Parigi si prepara a inaugurare le imminenti Olimpiadi con alcune tensione da quelle politiche, deve essere ancora scelto il primo ministro che formerà il governo, a quelle sindacale. La federazione dei lavoratori degli spettacoli (Sfa-Cgt) ovvero i 3000 artisti coinvolti nella spettacolare cerimonia di apertura dei Giochi ha indetto uno sciopero per protestare contro le “palesi disparità di trattamento”.
Disparità di trattamento tra i lavoratori
La sera del 26 luglio, tremila ballerini, musicisti e attori si esibiranno lungo le rive della Senna in uno spettacolo grandioso atteso da 320mila spettatori. La Federazione dei lavoratori degli spettacoli (Sfa-Cgt) ha denunciato gravi disparità di compensi: dai 60 euro per alcuni artisti ai 1.610 euro per altri, assunti grazie a contrattazioni collettive di successo. Bernard Thibault, presidente del Comitato della Carta Sociale di Parigi 2024, ha sottolineato come queste differenze siano ingiustificabili e contrarie allo spirito dei Giochi, il cui slogan è “Fare meglio insieme“.
Il comitato organizzatore in allerta
Il comitato organizzatore delle Olimpiadi ha dichiarato di prendere molto sul serio la questione e sta lavorando per migliorare le condizioni di lavoro di tutti gli artisti coinvolti. La società Paname 24, responsabile dello show, è sotto pressione. Solo pochi privilegiati conoscono i dettagli dell’evento di 3 ore e 45 minuti, che combina uno spettacolo artistico e la parata olimpica nel cuore di Parigi, con una sfilata di atleti sulla Senna e un finale mozzafiato al Trocadero.
Un evento di portata mondiale
La cerimonia promette di essere un evento senza precedenti, con quasi 80 schermi giganti installati lungo le banchine per permettere al pubblico di seguire lo spettacolo. Un’audience globale di oltre un miliardo di telespettatori è prevista. Dodici scene lungo il percorso celebreranno gli atleti e racconteranno la storia della Francia come paese di “diversità”. La colonna sonora, curata da Victor Le Masne, includerà un mix di pop, orchestra sinfonica, cori e musica elettronica. Artisti come Aya Nakamura e forse Céline Dion e Dua Lipa arricchiranno la serata, mentre l’identità dell’ultimo tedoforo rimane un segreto. La situazione è monitorata attentamente e il rischio di sciopero potrebbe ancora compromettere la cerimonia di apertura.
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Italia
Italia sempre più anziana: un ultracentenario ogni tre nuovi nati, ma i giovani scompaiono dal Paese
Secondo i dati Istat, negli ultimi dieci anni i centenari sono cresciuti del 36% e le nascite sono crollate del 26%. Il saldo demografico spinge l’Italia verso uno scenario in cui la popolazione attiva diminuisce e il welfare rischia il collasso.

L’Italia assomiglia sempre di più a una grande casa di riposo. La fotografia scattata dall’Istat racconta con chiarezza una metamorfosi demografica che non accenna a fermarsi: la popolazione cala, ma la fascia anziana cresce senza sosta. E all’interno di quest’ultima, il gruppo che aumenta di più è quello degli ultracentenari, insieme agli over 85.
Dal 2014 a oggi i residenti nel nostro Paese sono scesi da oltre 60 milioni a meno di 58 milioni. In parallelo, il numero di chi ha 65 anni e più è salito da poco meno di 13 milioni a oltre 14 milioni e mezzo, con un incremento relativo del 12%. Il dato diventa ancora più impressionante se si guarda agli over 85, cresciuti del 31%, e ai centenari, che in dieci anni sono aumentati addirittura del 36%.
Gli ultracentenari oggi sono 23.548, mentre nel 2014 erano 17.252 e appena 7.200 nel 2004. Significa che in un decennio l’Italia ha guadagnato un over 100 ogni tre e ha perso un neonato su quattro. Le nascite, infatti, nello stesso periodo sono diminuite del 26%, consolidando un trend che dura da oltre quarant’anni: il tasso di fecondità resta sotto 1,5 figli per donna, ben lontano dalla soglia di due necessaria a garantire l’equilibrio tra generazioni.
Se da un lato la crescita della popolazione anziana rappresenta il riflesso positivo della riduzione della mortalità infantile e di una maggiore sopravvivenza oltre i 65 anni, dall’altro solleva interrogativi cruciali. Oggi un neonato ha oltre il 90% di probabilità di arrivare a 65 anni, quando fino a poche generazioni fa la quota era appena di un terzo. Ma a crescere è soprattutto la vita in condizioni di cattiva salute: chi raggiunge i 65 anni ha davanti a sé in media 11 anni in buona salute, dopodiché aumenta il rischio di malattie croniche e disabilità.
Questo scenario mette a dura prova la sostenibilità economica e sociale del Paese. La riduzione della popolazione giovane-adulta indebolisce la componente da cui dipendono crescita e produttività. Meno lavoratori significa meno contributi per finanziare pensioni e servizi, in un sistema già sotto pressione. Se il trend non si inverte, il rischio è quello di un welfare pubblico insufficiente, con pensioni mediamente più basse e la prospettiva che solo una parte della popolazione possa permettersi di vivere a lungo e in buone condizioni.
Gli esperti parlano da tempo di un “autunno demografico” che rischia di trasformarsi in inverno. Non basta celebrare la longevità come un traguardo: servono politiche attive che incentivino la natalità, favoriscano l’occupazione giovanile e investano in servizi di cura e assistenza. Altrimenti, la residenza per anziani rischia di diventare l’unico modello abitativo a cui guardare per il futuro dell’Italia.
Italia
Stangata d’autunno: famiglie italiane sotto pressione con spese record da 3mila euro tra bollette, Tari e scuola
Secondo l’Osservatorio Federconsumatori, la batosta sarà di 2.981 euro a nucleo. Bollette, riscaldamento, Tari e spese scolastiche si sommano a rincari alimentari e costi condominiali, in un quadro aggravato dalla stagnazione dei salari e dalla perdita di potere d’acquisto.

Le vacanze, per chi ha potuto permettersele, sono già un ricordo. All’orizzonte non c’è solo il ritorno alla routine lavorativa e scolastica, ma un conto salatissimo da pagare: quasi 3mila euro di spese extra che graveranno sul portafoglio delle famiglie italiane nei prossimi mesi. È quanto emerge dal nuovo rapporto dell’Osservatorio nazionale Federconsumatori, che parla senza mezzi termini di “stangata autunnale”.
L’associazione ha messo in fila le principali voci che peseranno sul bilancio domestico. Bollette di luce e gas, Tari, riscaldamento, materiale scolastico e spese mediche compongono una cifra da 2.981,10 euro a nucleo familiare. Una somma in aumento dello 0,4% rispetto allo scorso anno, nonostante la frenata dei costi energetici e il rallentamento dell’aumento dei testi scolastici.
A preoccupare maggiormente è la voce “salute”: +1,5%. Tempi di attesa sempre più lunghi nella sanità pubblica spingono molti cittadini verso visite ed esami privati, con costi aggiuntivi che spesso si traducono in rinunce alle cure. Un dato che racconta, meglio di qualsiasi statistica, le difficoltà quotidiane.
Il capitolo alimentazione, poi, continua a pesare. I rincari degli ultimi mesi hanno già ridotto la capacità di spesa e costretto a tagli sulle abitudini alimentari. Federconsumatori stima che in autunno le famiglie arriveranno a sborsare 1.697,50 euro solo per questa voce. A questo si sommano i maggiori costi dei condomini, che quest’anno segnano un +3,3%.
Un piccolo spiraglio arriva dal fronte carburanti, che rispetto ai picchi degli scorsi anni registrano un calo. Un sollievo parziale, però, che non compensa l’impatto del resto delle spese.
«Queste cifre risultano ancora troppo onerose per molte famiglie, considerate la stagnazione dei salari e la notevole perdita di potere d’acquisto dei redditi fissi» afferma Michele Carrus, presidente di Federconsumatori. E aggiunge: «In una fase di indebolimento della bilancia commerciale e di incertezza sul mercato energetico, questi aumenti non si ripercuoteranno soltanto sulla vita dei cittadini, ma anche sull’intero sistema economico e produttivo, riducendo la domanda interna proprio quando andrebbe rafforzata».
Il quadro che emerge è quello di un Paese dove il costo della vita cresce più rapidamente dei redditi, lasciando le famiglie sempre più esposte. Un autunno di spese obbligate che rischia di erodere ulteriormente la capacità di consumo, aggravando la sensazione diffusa di precarietà economica.
Cose dell'altro mondo
Mille miliardi per Musk: il Cda Tesla gli promette l’assegno più grande della storia, ma solo se diventa un dio dell’auto e dei robot
Per incassare, il ceo dovrà portare Tesla a una capitalizzazione di 8,5 trilioni, vendere milioni di auto elettriche, robotaxi e androidi con intelligenza artificiale. Un obiettivo titanico, che aumenterebbe il suo potere al 25% del gruppo.

È il pacchetto retributivo più folle mai messo nero su bianco nella storia del capitalismo: mille miliardi di dollari, ma solo se Elon Musk riuscirà a trasformare Tesla nell’azienda più preziosa mai esistita. Il consiglio di amministrazione ha presentato agli investitori un piano che non prevede stipendi né bonus, ma un rilascio progressivo di azioni, legato a traguardi da fantascienza.
La presidente Robyn Denholm lo ha detto chiaramente: «Fidelizzare e incentivare Elon è fondamentale affinché Tesla diventi l’azienda più preziosa della storia». La formula è pensata per allineare “uno straordinario valore azionario di lungo periodo con incentivi che favoriranno le massime prestazioni del nostro leader visionario”. Tradotto: se Musk porta Tesla dove promette, diventa il padrone assoluto.
Gli obiettivi sono titanici. La capitalizzazione dovrà passare dagli attuali 1,09 trilioni a 8,5 trilioni di dollari. Sul fronte industriale, Musk dovrà vendere altri 12 milioni di auto elettriche, mettere in strada 1 milione di vetture a guida autonoma nella rete Robotaxi, commercializzare 1 milione di robot dotati di intelligenza artificiale e moltiplicare per 24 gli utili rettificati, fino a quota 400 miliardi.
Un percorso che sembra scritto per un supereroe piuttosto che per un imprenditore, eppure non è nuovo per Musk. Nel 2018 aveva già ottenuto un maxi-piano da oltre 50 miliardi, poi annullato da un tribunale del Delaware che lo giudicò eccessivo e mal calibrato. Oggi la scommessa è ancora più alta, con una posta che potrebbe portare Musk a detenere almeno il 25% della società, garantendogli un controllo quasi assoluto.
I mercati osservano con una miscela di entusiasmo e scetticismo. Tesla è già il gruppo automobilistico più discusso del pianeta, capace di spostare miliardi di dollari in Borsa con un semplice tweet del suo fondatore. Ma gli obiettivi del nuovo piano implicano rivoluzioni tecnologiche e industriali che, al momento, sono più nei sogni di Musk che nei bilanci dell’azienda.
Se anche una parte di queste promesse si avverasse, Musk rafforzerebbe la sua posizione di uomo più ricco del mondo e imprimerebbe una svolta epocale al settore. Se fallisse, però, resterebbe il dubbio su quanto il mito del visionario possa ancora reggere di fronte alla realtà di numeri impossibili da raggiungere.
Insomma, il futuro di Tesla si gioca su un tavolo da poker: Musk rilancia con mille miliardi, ma a decidere se il bluff funziona saranno i mercati e, soprattutto, la sua capacità di trasformare l’automotive in un laboratorio di robot e intelligenze artificiali.
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