Mondo
Il capo dell’FBI? Cercatelo al nightclub! Le accuse dei suoi sottoposti scuotono Kash Patel, l’uomo voluto da Trump
Sparisce dagli uffici e riappare tra dj, drink e cantanti: l’FBI è nel caos, parola dell’ex vice direttore Figliuzzi

Altro che briefing, indagini e sicurezza nazionale: il vero talento del nuovo direttore dell’FBI Kash Patel sembra essere quello di apparire nei locali notturni più alla moda d’America. Secondo Frank Figliuzzi, ex vicedirettore dell’FBI con 25 anni di carriera sul campo, Patel «si vede più spesso nei nightclub che al settimo piano dell’edificio Hoover». Tradotto: più luci strobo che luci blu. Più vodka tonic che rapporti top secret.
Nominato da Donald Trump per dirigere il cuore della sicurezza americana, Patel – ex difensore d’ufficio senza un giorno di esperienza operativa nel Bureau – ha già conquistato una fama non proprio da agente modello. Le sue priorità? I party a Las Vegas, i voli con jet governativi per andare a vedere l’UFC e le partite di hockey, dove lo si è visto seduto accanto a Wayne Gretzky. Il tutto mentre l’FBI, a detta di chi ci lavora ancora, è immersa in un “caos totale”.
«I briefing con lui? Da tutti i giorni a due volte a settimana. Il resto del tempo non sappiamo dove sia», accusa Figliuzzi in un’intervista a MSNBC. E la situazione sarebbe talmente fuori controllo da far rimpiangere i peggiori film sulla CIA corrotta. Ma questa è realtà, e il rischio è che l’uomo che dovrebbe proteggere gli Stati Uniti stia usando la poltrona più importante del Bureau come fosse un palco per la sua esibizione personale.
Intanto, mentre Patel flirta con la fama e la fidanzata – la giovane cantante Alexis Wilkins, 26 anni, con cui divide residenze e selfie – la gestione dell’FBI si fa sempre più opaca. E sospetta. I senatori democratici vogliono vederci chiaro sull’uso privato della flotta aerea dell’agenzia, e sul caso (poco trasparente) della giudice Hannah Dugan, arrestata e denunciata via social da Patel in un post poi cancellato, come una storia Instagram finita male.
A oggi, nessuno sa davvero chi comandi al Bureau. Ma una cosa è certa: se cercate Kash Patel, provate in pista. Lì, tra un cocktail e una hit del momento, magari sta decidendo il futuro della sicurezza americana. O semplicemente scegliendo l’outfit per la prossima serata.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Mondo
iPhone a 2.300 dollari? Colpa dei dazi (e di Apple che resta in Cina)

Preparatevi: l’era dell’iPhone a 799 dollari potrebbe finire molto presto. Secondo le stime di Rosenblatt Securities, il modello base dell’iPhone 16 potrebbe arrivare a costare 1.142 dollari se Apple dovesse scaricare sui consumatori l’effetto dei nuovi dazi imposti da Donald Trump. E per chi sogna il top di gamma, la doccia fredda è ancora più gelida: l’iPhone 16 Pro Max, oggi in vendita a 1.599 dollari, rischia di volare a 2.300 dollari, con un rincaro del 43%.
Il motivo? I dazi. E la testardaggine (o il pragmatismo) di Apple, che nonostante i tentativi di diversificazione produce ancora il 90% degli iPhone in Cina, paese ora colpito da un’imposta del 54%. E non va meglio altrove: al Vietnam è stato imposto un dazio del 46%, e all’India il 26%. La tanto annunciata delocalizzazione, insomma, non ha evitato la tempesta.
La notizia ha fatto sbandare anche Wall Street: il titolo Apple ha perso il 9,3% in un solo giorno, la peggior caduta dai tempi del lockdown nel 2020. Gli analisti si dividono: Angelo Zino (CFRA Research) ritiene che Cupertino farà di tutto per assorbire i costi, almeno fino all’uscita dell’iPhone 17 prevista in autunno. Ma Neil Shah, cofondatore di Counterpoint Research, è meno ottimista: «Apple dovrebbe aumentare in media i prezzi di almeno il 30% per compensare l’impatto dei dazi».
Nel frattempo, la domanda rallenta, i margini si assottigliano e Samsung osserva silenziosa, pronta a sfruttare l’occasione per rosicchiare quote di mercato.
E mentre Cupertino prova a uscire dal vicolo cieco, l’unica certezza è che l’iPhone – da sempre simbolo di status e innovazione – sta per diventare ancora più esclusivo. Forse troppo.
Mondo
Quando vendere su Vinted diventa un incubo: foto rubate e molestie sui social
Anche nelle piattaforme pensate per il commercio può nascondersi un pericolo insidioso per le donne.

Per prima cosa chiariamo che cos’è Vinted. Nasce come una piattaforma di compravendita di abiti usati, un servizio creato per dare nuova vita ai capi e promuovere il riciclo nel mondo della moda. Ma per molte utenti, il sogno della sostenibilità si è trasformato in un vero incubo. Negli ultimi mesi, sempre più donne hanno denunciato di essere sommerse da messaggi a sfondo sessuale, inviati da falsi acquirenti che fingevano interesse per gli articoli in vendita. Questi utenti chiedevano insistentemente foto indossate, spesso da ogni angolazione, con il pretesto di voler verificare la vestibilità del capo. La realtà dietro questi messaggi si è rivelata ancora triste e inquietante. Le immagini delle venditrici venivano rubate e pubblicate su un canale Telegram chiamato “Girls of Vinted”, uno spazio che raccoglieva foto rubate da centinaia di profili, principalmente di donne.
Foto rubate e pubblicate su Telegram: il caso esplode in Europa
L’inchiesta della testata Süddeutsche Zeitung e delle emittenti Norddeutscher Rundfunk e Westdeutscher Rundfunk ha rivelato che le vittime del canale Telegram erano in gran parte italiane, francesi e tedesche. Le foto, originariamente caricate su Vinted per scopi di vendita, venivano ricondivise senza consenso, in un contesto che favoriva commenti e interazioni a sfondo sessuale. Molte utenti hanno iniziato a ricevere messaggi molesti, e alcune hanno scoperto per caso che le loro immagini erano state pubblicate su quel canale. “Ormai faccio fatica a trovare i veri compratori“, ha raccontato Bella, un’utente ventiseienne, al telegiornale tedesco Tagesschau, sottolineando il drastico cambiamento della piattaforma. Altre venditrici hanno condiviso esperienze simili. “Un utente mi ha chiesto una foto indossata di un costume da bambina taglia 13-14 anni“, ha scritto una donna su Reddit, esprimendo preoccupazione per la sicurezza e la privacy.
La tesi del canale Girls of Vinted
A gestire il canale Telegram Girls of Vinted era una donna che si faceva chiamare Sara, dichiarando di essere di Milano. L’account pubblicava link diretti agli articoli di Vinted inframezzati da offerte per chat erotiche e video a pagamento. “Pubblichiamo semplicemente post pubblici, le donne ottengono più visibilità e vendono meglio“, ha dichiarato l’amministratrice, ignorando l’impatto sulla privacy delle venditrici coinvolte. Secondo lei, il canale era solo “pubblicità gratuita”, senza alcuna violazione. Ma dopo la denuncia delle testate giornalistiche, il canale è scomparso improvvisamente. Telegram ha confermato la chiusura del gruppo e il ban degli account coinvolti, riconoscendo la violazione dei termini di utilizzo della piattaforma.
Privacy e sicurezza che fare?
Dopo questa vicenda, molte utenti si sono chieste come proteggersi da simili abusi. Ecco alcuni accorgimenti possono aiutare a ridurre il rischio. Per prima cosa evitare di caricare foto indossate quando possibile. Non condividere immagini private con utenti sospetti. Verificare le etichette di spedizione, evitando di mostrare indirizzo e nome completo. Segnalare comportamenti sospetti alla piattaforma. L’impatto di questa vicenda ha sollevato importanti questioni sulla sicurezza online e sul rispetto della privacy nei social e nelle piattaforme di vendita.
Mondo
Per capire il Conclave ci vuole un dizionario! Ecco le parole che contano
L’elezione di un nuovo papa segue un rituale millenario, ricco di formule in latino che scandiscono ogni passaggio. Dal famoso Habemus Papam al misterioso Extra omnes, ecco le parole chiave per non perdersi nulla e vivere il Conclave come un vero esperto.

L’elezione di un nuovo Papa è un evento che segue un rituale millenario, un processo scandito da parole e formule in latino, la lingua ufficiale della Santa Sede. Chi vuole seguire ogni passaggio con attenzione, deve conoscere i termini chiave che accompagnano il Conclave. Ma non solo. Anche la celebrazione liturgica e l’annuncio dell’elezione usano parole in latino. Il latino utilizzato nel Vaticano non è esattamente quello classico di Cicerone. Si trata infatti di una forma di latino ecclesiastico che si è evoluta nei secoli all’interno della Chiesa. Sebbene oggi la messa sia celebrata nelle lingue moderne, il latino rimane fondamentale nei documenti ufficiali, nelle encicliche e nei riti solenni, come quello del Conclave.
Uno dei primi concetti legati all’elezione papale è proprio il termine “Conclave“, che ha un’origine suggestiva. Deriva dal latino “cum clave“, che significa “chiuso a chiave“. E ricorda una pratica iniziata nel XIII secolo, quando gli abitanti di Viterbo rinchiusero i cardinali in un palazzo per accelerare l’elezione del nuovo pontefice. Era il 1271 e dopo 1006 giorni senza papa, la città non poteva più aspettare.
Pro Eligendo Romano Pontefice
La fase iniziale dell’elezione prevede la celebrazione della Santa Messa “Pro Eligendo Romano Pontifice“, ovvero la liturgia “per l’elezione del Romano Pontefice“. L’uso del gerundio “eligendo“, che con la preposizione “pro” indica il fine della celebrazione, cioè la scelta del nuovo capo della Chiesa cattolica. Il titolo “pontífice“, che oggi è sinonimo di Papa, ha un’origine ancora più antica e curiosa. Proviene da “pontifex“, che nella Roma antica designava un membro del collegio sacerdotale incaricato di conservare le tradizioni religiose e giuridiche della città, con il pontefice massimo come capo. Questo titolo, a partire dal V secolo, fu attribuito ai vescovi, per poi identificare definitivamente il Papa.
Extra omnes quando la Cappela Sistina di chiude
Quando arriva il momento della scelta del nuovo pontefice, i cardinali elettori devono pronunciare un solenne giuramento all’interno della Cappella Sistina, subito dopo il canto del Veni Creator. Le parole chiave di questa fase è “Extra omnes“, che significa “Fuori tutti” e viene pronunciata quando le porte della Cappella vengono chiuse, escludendo chiunque non sia elettore dal luogo sacro della votazione. Ogni cardinale riceve una scheda di votazione con la frase “Eligo in Summum Pontificem“, ovvero “Scelgo, eleggo come Sommo Pontefice“, dove viene scritto il nome del prescelto. Quando qualcuno raggiunge il numero sufficiente di voti, gli viene fatta la domanda decisiva. “Acceptasne electionem de te canonice factam in Summum Pontificem?“, ovvero “Accetti l’elezione a Sommo Pontefice?“. Se il cardinale accetta, risponde semplicemente “Accepto“, senza troppi formalismi.
Quo nomine vis vocari? Come vuoi essere chiamato?
Segue poi la scelta del nome, a cui viene rivolta la domanda “Quo nomine vis vocari?”, ovvero “Con quale nome vuoi essere chiamato?“. Negli ultimi secoli, non ci sono stati casi di mancata accettazione dell’elezione, il che rende questa fase un semplice passaggio formale. Il momento più atteso è senza dubbio l’annuncio dell’avvenuta elezione, pronunciato sulla loggia centrale della Basilica di San Pietro. La famosa formula latina inizia con “Annuntio vobis gaudium magnum: habemus Papam!“, ovvero “Vi annuncio una grande gioia: abbiamo un Papa!“. Seguono poi il nome di battesimo dell’eletto, il suo cognome e il nome papale scelto, con il nuovo pontefice che si affaccia sulla piazza per impartire la solenne benedizione “Urbi et Orbi“, destinata “alla città di Roma e al mondo intero“. Con questa proclamazione si chiude il periodo chiamato “Vacantis Apostolicae Sedis“, ovvero “Sede Apostolica vacante“, iniziato con la morte o le dimissioni del pontefice precedente.
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