Mondo
“Non mi pento delle mie foto nuda”: Melania Trump si racconta e annuncia la sua autobiografia
Melania Trump, in un video diffuso sui social, rivendica il valore artistico delle sue foto senza veli scattate durante la carriera da modella e attacca i giornalisti per averle usate per denigrarla. Un’iniziativa che arriva a poche settimane dall’uscita del suo libro autobiografico, in cui la moglie dell’ex presidente si racconta e si difende dalle polemiche, lasciando intravedere un conflitto tra il suo passato e il futuro politico del marito

Melania Trump è tornata sotto i riflettori con un video che ha sorpreso i suoi follower e scatenato un dibattito sui social. In soli 45 secondi, l’ex First Lady difende con fermezza il suo passato da modella di nudo, ricordando le critiche ricevute e rivendicando il valore artistico di quegli scatti. Il video è stato pubblicato in vista dell’uscita del suo libro autobiografico, prevista per ottobre, ed è accompagnato dalla copertina del volume, che sarà venduto a un prezzo non certo modesto: 250 dollari a copia.
Modella di nudo. E allora?
Nelle immagini, Melania appare sicura di sé e lancia un messaggio chiaro: “Perché resto orgogliosa del mio lavoro di modella di nudo?”. A questa domanda, l’ex First Lady risponde puntando il dito contro i media, che secondo lei avrebbero scelto di utilizzare quelle foto in modo strumentale, ignorando l’aspetto artistico. “La domanda più pressante è questa: perché i media hanno scelto di scrutinare la mia celebrazione della forma umana, in foto scattate per la moda? Non siamo più in grado di apprezzare la bellezza del corpo”, afferma con tono risentito.




Evoca Michelangelo
Nel video, Melania evoca i grandi maestri dell’arte, mostrando immagini di capolavori come il David di Michelangelo e la Lady Godiva di John Collier, a sottolineare come il corpo umano sia stato sempre un soggetto centrale nella storia dell’arte. L’intento sembra essere quello di mettere le sue foto sullo stesso piano di queste opere, invitando il pubblico a considerarle non come un semplice scandalo, ma come un’espressione di bellezza e libertà artistica.
Il tempismo dell’iniziativa non è casuale: Melania ha sempre mantenuto un basso profilo durante la carriera politica del marito, evitando di farsi coinvolgere in prima persona nelle questioni più spinose. Questa volta, però, ha scelto di rompere il silenzio proprio mentre Donald Trump si prepara alla nuova campagna elettorale per tentare di tornare alla Casa Bianca. La sua mossa ha suscitato perplessità e domande: perché riproporre proprio ora le foto che tanto scandalo avevano suscitato durante la prima campagna presidenziale del 2016?


Donald ha difeso la moglie
Le immagini in questione erano state pubblicate dal New York Post con il titolo provocatorio “Non avete mai visto una potenziale First Lady così!”, scatenando una valanga di polemiche. All’epoca, Donald Trump aveva difeso la moglie, definendo quelle foto “molto eleganti e comuni”. Alcuni media avevano speculato sul passato di Melania, insinuando che avesse lavorato come escort, insinuazioni che furono poi smentite e portarono a condanne in tribunale.
Nonostante le ripetute voci su un possibile divorzio, Melania è rimasta accanto al marito, anche nei momenti più difficili, come durante l’indagine dell’FBI su Mar-a-Lago. La scelta di riproporre il tema delle foto senza veli, proprio adesso, potrebbe essere un modo per rilanciare la propria immagine pubblica e, al contempo, sostenere la campagna presidenziale di Trump. O forse, semplicemente, è un’occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa e vendere qualche copia in più del suo libro.
Per ora, resta il mistero sul perché Melania abbia scelto proprio questo argomento per il suo ritorno mediatico. Il video si conclude con un invito a “onorare i nostri corpi ed abbracciare la tradizione senza tempo di usare l’arte come potente strumento di espressione”, ma la sensazione è che, dietro queste parole, ci sia molto di più da scoprire.
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Mondo
Trump e i repubblicani contro il porno: dopo Stormy Daniels ipocrisia suprema?
Dopo gli scandali con Stormy Daniels, il GOP ora vuole “castrare” i siti per adulti con leggi restrittive. La Corte Suprema discute l’obbligo di verifica dell’età, ma i rischi per la privacy preoccupano.

Donald Trump ai tempi si divertiva con una pornostar, oggi i repubblicani vogliono bloccare l’accesso ai siti per adulti. Sembra una sceneggiatura surreale, ma è la realtà. La Corte Suprema americana sta valutando l’adozione di restrizioni che potrebbero obbligare i siti porno a verificare l’identità degli utenti, imponendo un controllo rigoroso sui documenti di chi vuole accedere.
Un paradosso che non passa inosservato: mentre il tycoon cerca di tornare alla Casa Bianca nonostante il processo per il presunto pagamento a Stormy Daniels, il suo partito si lancia in una crociata morale per “salvare” i giovani americani dalla pornografia.
Il piano repubblicano: documenti obbligatori per accedere ai siti porno
La legge al centro del dibattito è la HB 1181, già approvata in Texas nel 2023, che obbliga i siti per adulti a verificare l’età degli utenti attraverso un documento governativo. In pratica, chi vuole accedere a Pornhub & Co. dovrebbe caricare il proprio ID per dimostrare di essere maggiorenne. Il Texas non è solo: altre 16 legislature statali (tutte a guida repubblicana) stanno spingendo per norme simili, tra cui Florida, Alabama e Utah.
Pornhub ha già reagito nel suo stile: blocco totale del servizio in Texas, lasciando gli utenti frustrati e spingendoli verso le VPN per aggirare il divieto.
Libertà d’espressione vs. privacy: la Corte Suprema si spacca
Il cuore della questione è un altro: il Primo Emendamento. La Corte Suprema americana, pur incline a dare ragione ai repubblicani sull’accesso dei minori, deve fare i conti con la libertà d’espressione. Chi si oppone alle restrizioni teme che l’obbligo di fornire dati personali metta a rischio la privacy degli utenti, aprendo la porta a ricatti, abusi e fughe di informazioni sensibili.
E poi, c’è il punto chiave: i minorenni accedono comunque ai siti porno con metodi alternativi. E se il vero problema fosse l’educazione sessuale, anziché la censura digitale?
L’ipocrisia a stelle e strisce
In tutto questo, la contraddizione è evidente. Trump, lo stesso uomo che finì al centro di uno scandalo per il pagamento a Stormy Daniels, è ora il leader di un partito che vuole moralizzare l’America. Un partito che predica libertà assoluta per le armi, ma vuole imporre controlli rigidissimi sul sesso online.
E mentre i giudici decidono, la pornografia resta il grande tabù americano: demonizzata in pubblico, ma consumata senza sosta nel privato.
Mondo
Elon Musk nel mirino dell’Europa: maxi-multa da 1 miliardo per X?
L’Unione Europea prepara la scure contro Elon Musk e il suo social “X”: secondo fonti interne, Bruxelles potrebbe infliggere una sanzione superiore al miliardo di dollari per violazione del Digital Services Act. Tra i punti contestati: contenuti illeciti, scarsa trasparenza e un approccio troppo “libero” alla disinformazione. Musk grida alla censura, ma intanto si apre un potenziale scontro istituzionale senza precedenti tra Bruxelles e uno degli uomini più ricchi (e influenti) del pianeta.

Altro che tweet. Elon Musk si prepara a una battaglia a colpi di avvocati con l’Unione Europea, che ha messo nel mirino X, la piattaforma social ex Twitter, per presunte violazioni al Digital Services Act (DSA). Secondo fonti autorevoli, Bruxelles starebbe valutando una multa da oltre un miliardo di dollari, la più pesante mai inflitta sotto la nuova legge europea per i servizi digitali.
Il motivo? Disinformazione, contenuti illeciti, scarsa trasparenza sugli inserzionisti e utenti “verificati” senza reali controlli. Insomma, X – secondo le accuse – sarebbe diventata una sorta di centro di smistamento per fake news, odio e propaganda, con buona pace della moderazione promessa.
Non è solo una questione di soldi: il caso è simbolico, perché rappresenta il primo banco di prova per il DSA, e Bruxelles sembra intenzionata a fare di Musk un esempio. O meglio, un monito. Il fatto che Elon sia anche un notorio supporter di Donald Trump non aiuta: i regolatori europei temono che qualsiasi concessione venga letta come un cedimento politico in un contesto già teso tra USA e UE.
Dal canto suo, Musk non ci sta. Dopo la pubblicazione dell’indiscrezione, X ha reagito duramente: “È censura politica, un attacco alla libertà di espressione”, ha dichiarato il colosso tech, promettendo di “fare tutto il possibile per difendere la libertà di parola in Europa”.
Un accordo, tuttavia, resta ancora sul tavolo. Se X decidesse di apportare le modifiche strutturali richieste – migliorando il controllo sui contenuti e aumentando la trasparenza – la sanzione potrebbe essere evitata o ridimensionata. Ma Elon, si sa, non è esattamente tipo da compromessi.
E mentre l’UE costruisce un secondo dossier ancora più esplosivo, che accusa la piattaforma di essere strutturalmente dannosa per la democrazia, Musk ribadisce la sua posizione: pronto a sfidare l’Europa in tribunale e in pubblico, anche a costo di uno scontro istituzionale senza precedenti.
Una cosa è certa: con o senza dazi, censure o meme, questa guerra digitale è appena iniziata. E promette fuochi d’artificio.
Mondo
Quel Boeing da 400 milioni potrebbe diventare il nuovo “Trump Force One”
Il lussuoso 747-8i, inizialmente progettato per la famiglia reale del Qatar, potrebbe trasformarsi nel jet presidenziale di Donald Trump. Dotato di camere da letto, lounge, uffici e persino una suite di sicurezza, il “palazzo volante” è già in un hangar in Texas per i primi adeguamenti.

Un Boeing 747-8i da 400 milioni di dollari, progettato per essere la dimora volante della famiglia reale del Qatar, potrebbe presto cambiare destinazione e diventare il nuovo Trump Force One. Due piani, stanze da bagno, lounge private, una camera principale per il presidente e persino una più piccola per gli ospiti. Questo jumbo jet si distingue per arredi di lusso, seggiolini in pelle, cuscini ricamati e una dotazione tecnologica di altissimo livello.
Il palazzo reale volante commissionato dagli Al-Thani
L’aereo, soprannominato “palazzo reale volante”, è stato originariamente commissionato dagli Al-Thani, ma ora sembra destinato a una nuova funzione. Donald Trump, accogliendo la proposta del Qatar, potrebbe utilizzarlo per sostituire l’Air Force One tradizionale. Il suo arrivo negli Stati Uniti è stato tracciato su FlightRadar24, con un viaggio che ha toccato Parigi, il Maine. E infine San Antonio, Texas, dove l’aereo è attualmente in un hangar per adeguamenti di sicurezza.
Un Boeing davvero special
L’azienda svizzera Amac Aerospace ha curato gli interni tra il 2012 e il 2015, scegliendo materiali pregiati e dotazioni tecnologiche avanzate. Il jet possiede telecamere esterne, un sistema di comunicazione satellitare, serbatoi d’acqua e televisioni, rendendolo uno degli aerei privati più sofisticati mai costruiti. Il passaggio ufficiale al presidente non è ancora confermato, ma gli interventi di sicurezza e difesa sono già in corso, segno che il progetto potrebbe concretizzarsi presto. Se Trump accetterà il jet, sarà uno dei regali più costosi mai ricevuti da un presidente americano, sollevando inevitabili polemiche sulla sua indipendenza nei confronti del Qatar. Ora resta da vedere se il Boeing extralusso solcherà i cieli americani con il sigillo presidenziale, trasformandosi nel nuovo Trump Force One. Di certo, se l’accordo andrà in porto, sarà la cabina più sontuosa che abbia mai ospitato un presidente.
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