Mondo
Il nipote rompe il silenzio: “Zio Trump ha i segni dell’Alzheimer”
“Riconosco quei segnali”: il nipote dell’ex presidente rompe il silenzio e chiede trasparenza. Sintomi, storia familiare e un memoir che riaccende il dibattito. Intanto la politica americana si interroga sull’età dei suoi leader

La domanda che aleggia da mesi nei corridoi della politica americana ora arriva da dentro casa: Donald Trump sta mostrando i primi segni dell’Alzheimer? A rompere il muro di silenzio non sono avversari politici o analisti, ma un parente diretto. Fred Trump III, figlio del fratello maggiore dell’ex presidente, ha parlato apertamente della sua preoccupazione per lo zio, evocando ricordi dolorosi legati alla lunga malattia del nonno Fred Trump Sr., morto nel 1999 dopo otto anni di lotta contro l’Alzheimer.
«Non sono un medico, ma riconosco quei segnali», ha detto il nipote in un’intervista a SiriusXM. Il riferimento è a momenti di incoerenza nei discorsi pubblici di Donald Trump, pause sospette, divagazioni improvvise, che – a suo dire – ricordano il declino cognitivo già vissuto all’interno della famiglia. Nessuna accusa, precisa Fred Trump III, ma un invito alla trasparenza. «Chi guida una nazione ha il dovere di essere lucido. E se ci sono dubbi, vanno chiariti. Anche per rispetto del ruolo».
Il caso non arriva a caso. Il nipote ha appena pubblicato il libro “All in the Family: The Trumps and How We Got This Way”, un memoir che racconta luci e ombre della dinastia Trump. Tra le pagine, si parla della disabilità del figlio William, di conflitti familiari mai sopiti e di un isolamento che avrebbe colpito i Trump “di serie B”, esclusi dal cuore del potere. Ma il passaggio che ha fatto più rumore è proprio quello sulla salute dell’ex presidente: una possibile ereditarietà genetica e il timore che i primi sintomi vengano ignorati o sottovalutati.
Nel 2020, fu lo stesso Donald Trump a vantarsi dei risultati ottenuti nel Montreal Cognitive Assessment, una sorta di test per verificare le funzioni cognitive di base. Lo usò come clava politica contro Joe Biden. Oggi, però, la parte si inverte: Fred Trump III chiede che sia lo zio a sottoporsi a un nuovo test, per dissipare ogni dubbio. «Non è una questione di parte», ha detto. «È un tema di salute pubblica».
I segnali a cui il nipote fa riferimento sono quelli noti agli esperti: dimenticanze ripetute, discorsi sconnessi, calo del linguaggio fluido, cambiamenti d’umore, disorientamento. Presi da soli potrebbero sembrare normali segni dell’invecchiamento. Ma quando si presentano insieme e con frequenza, è bene non ignorarli. Tanto più se riguardano un leader globale.
Trump ha oggi 77 anni ed è, con Biden, uno dei candidati più anziani alla Casa Bianca nella storia americana. La questione dell’età e della lucidità mentale è ormai parte integrante del dibattito elettorale, e non senza motivo: nel luglio 2024 Joe Biden ha annunciato il proprio ritiro dalla corsa alla rielezione, lasciando il testimone a Kamala Harris. Le pressioni sul suo stato mentale erano diventate insostenibili.
Nessuna replica ufficiale finora da parte di Trump o del suo staff alle dichiarazioni del nipote. Ma la sensazione, a Washington e dintorni, è che il tema sia destinato a esplodere, in un’America sempre più spaccata, dove anche la salute diventa arma politica.
E quando la battaglia si combatte in famiglia, diventa ancora più difficile ignorarla.
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Mondo
Melania Trumpenko, l’eroina di Kiev: “Lavora sotto copertura per l’Ucraina”
Dopo le parole di Donald Trump che rivelano il ruolo della moglie nel condannare gli attacchi russi, i social ucraini si scatenano. Melania viene celebrata come un’agente segreta pro-Kiev, tra fotomontaggi, citazioni da “Dune” e applausi digitali per la sua freddezza slava.

Incredibile ma vero: Melania Trump è diventata l’idolo degli ucraini. E no, non si tratta di un colpo di scena geopolitico né di una mossa diplomatica ufficiale. È bastata una frase di Donald Trump – e qualche battuta sulla freddezza della consorte – per accendere i social media dell’Ucraina, che ora la ritraggono come una sorta di agente segreto infiltrato nella Casa Bianca a favore di Kiev.

Il tutto nasce da una confidenza dell’ex presidente americano – anzi, presidente in carica, purtroppo – che ha raccontato di come Melania gli abbia fatto notare più volte le incongruenze tra i toni accomodanti del Cremlino e la brutalità degli attacchi contro le città ucraine. “Ho parlato con Vladimir oggi, è stata un’ottima conversazione”, avrebbe detto lui una sera. E lei, glaciale: “Davvero? Perché nel frattempo ha bombardato una casa di cura”.
Un commento asciutto, tagliente. E, come spesso accade nell’epoca dei meme, destinato a diventare virale. Su X (ex Twitter), Telegram e Instagram, la fantasia degli utenti ucraini si è scatenata. C’è chi l’ha ribattezzata “Melania Trumpenko”, agente speciale al servizio della libertà. Chi la ritrae con un cappotto blu e giallo e il tridente ucraino sul petto, in pose da spia sotto copertura. E chi, con più cultura pop, la paragona addirittura alle sorelle Bene Gesserit di Dune, potenti e misteriose manipolatrici del destino politico.
“Non è lui che comanda: è lei che lo guida”, scrive un utente, accostando una foto della ex modella slovena al classico sguardo da femme fatale degli 007. “Melania è una di noi”, dice un altro, condividendo un’immagine della first lady che osserva Trump firmare un decreto con aria di chi, in cuor suo, sa già che sarà lei a cambiare le carte in tavola.
La rivista Business in Ukraine ha registrato il fenomeno con un certo stupore: “Sui social c’è amore per Melania. Silenziosa, enigmatica, ma evidentemente molto più influente di quanto si credesse”.
La verità, come sempre, sta nel mezzo. Forse Melania non ha davvero una linea diretta con Zelensky. Ma la sua capacità di mettere in crisi il marito con una sola frase ben piazzata le ha valso qualcosa di più raro di una nomina ufficiale: l’affetto del popolo social ucraino. E la consacrazione a icona postmoderna della resistenza, suo malgrado.
Mondo
Il fantasma di Epstein perseguita ancora Trump: «Aveva foto con ragazze giovanissime sulle ginocchia»
Tra accuse di riciclaggio, gelosie immobiliari, ragazze dall’età incerta e una cassaforte piena di Polaroid compromettenti, l’ombra di Epstein torna a perseguitare Trump. E stavolta a suonare l’allarme sono proprio i suoi ex fedelissimi, inferociti per l’improvviso dietrofront sulla pubblicazione dei file del caso.

Jeffrey Epstein è morto, sì. Ma non ha mai smesso di tormentare il presidente Donald Trump. Secondo Michael Wolff, giornalista e biografo del tycoon, i due “sono stati migliori amici per quasi quindici anni”, un sodalizio basato su affari, feste e donne molto, molto giovani. La rottura? Una questione immobiliare a Palm Beach. Trump avrebbe soffiato una villa al finanziere, che reagì accusandolo di riciclare soldi per conto dei russi. E, soprattutto, minacciò vendetta.
Wolff racconta di aver visto con i propri occhi delle foto compromettenti nella villa di Epstein: Polaroid dove si vede il presidente con “ragazze dall’età incerta, due a seno nudo sedute sulle sue ginocchia”. In una terza immagine, Trump sorride con i pantaloni macchiati mentre le giovani ridono e lo indicano. Tutto questo nel cuore della famigerata residenza di Palm Beach, la stessa in cui Epstein organizzava i suoi “appuntamenti”.
Le immagini, secondo Wolff, erano custodite nella cassaforte che l’FBI svuotò durante il blitz del 2019, poco prima che Epstein venisse trovato impiccato in carcere. E proprio da lì partono nuove teorie: c’è chi, nel fronte pro-Trump, accusa il suo entourage di nascondere quei file. Il giornalista e attivista Mike Cernovich ha scritto: “Nessuno crede alla copertura. Questo farà parte della tua eredità, Donald”. Anche tra i fedelissimi MAGA cresce la frustrazione: se il presidente prometteva trasparenza, perché i file Epstein non sono mai stati resi pubblici?
E mentre Pam Bondi, ex procuratrice e oggi alleata di Trump, ha detto di “averli sulla scrivania” ma di non volerli più mostrare, la base si spacca. Il caso Epstein, che per anni è stato usato dai trumpiani contro i democratici, ora torna indietro come un boomerang. E colpisce dritto nella cassaforte del presidente.
Mondo
Trump contro Rosie O’Donnell: “Le revocherò la cittadinanza”. Ma lei replica: “È un vecchio pericoloso e senza anima”
Rosie O’Donnell, in esilio volontario in Irlanda dopo la seconda elezione di Trump, è finita nel mirino del presidente che ora vuole toglierle la cittadinanza. La replica dell’attrice è durissima: “Ha la demenza, è un truffatore senza empatia”

Donald Trump non dimentica e, soprattutto, non perdona. Nel mirino del presidente Usa finisce ancora una volta Rosie O’Donnell, attrice e comica americana che da oltre vent’anni lo attacca pubblicamente. Questa volta, però, l’ex conduttrice di “The View” è diventata bersaglio di una minaccia senza precedenti: la revoca della cittadinanza.
“Dal momento che Rosie O’Donnell non è nel migliore interesse del nostro Grande Paese – ha scritto Trump su Truth Social – sto seriamente prendendo in considerazione l’idea di toglierle la cittadinanza. È una minaccia per l’umanità e dovrebbe restare nella meravigliosa Irlanda, se la vogliono. Dio benedica l’America!”.
L’affondo arriva a pochi mesi dall’insediamento per il secondo mandato alla Casa Bianca. La faida tra Trump e O’Donnell, una delle più note e longeve della cultura pop americana, risale al 2006. All’epoca Rosie lo aveva attaccato in diretta tv per la sua “mancanza di bussola morale”, dando inizio a un botta e risposta feroce e mai sopito.
Dopo la seconda elezione di Trump, O’Donnell si è trasferita in Irlanda, dove vive oggi, lontana dai riflettori politici statunitensi ma sempre pronta a commentare. E infatti non ha perso tempo nel rispondere: “Trump è un truffatore, un criminale e un bugiardo che danneggia la nostra nazione per servire se stesso – ha scritto sui social –. È un vecchio pericoloso, senz’anima, con la demenza, privo di empatia e compassione. Per questo ho lasciato l’America. Sono in opposizione diretta a tutto ciò che rappresenta”.
La minaccia di revocare la cittadinanza, però, sembra destinata a rimanere solo uno sfogo social. Come ricordano diversi giuristi americani, la cittadinanza per nascita è protetta dal XIV emendamento della Costituzione e non può essere revocata arbitrariamente, a meno di rinuncia volontaria o frode documentale comprovata.
Eppure l’episodio alimenta le crescenti tensioni tra politica e libertà di espressione negli Stati Uniti. Trump, più che punire un’avversaria, sembra voler lanciare un messaggio: chi lo ostacola pubblicamente, anche dall’estero, rischia di finire nel tritacarne mediatico e istituzionale. Rosie, come sempre, incassa e rilancia.
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