Mondo
Julian Assange: “Colpevole di giornalismo, non di crimini”. l fondatore di WikiLeaks parla dopo la scarcerazione
Dopo oltre un decennio di battaglie legali e detenzione, Julian Assange racconta la sua esperienza a Strasburgo: la prigione, la libertà conquistata a caro prezzo e la sua ferma difesa del giornalismo come strumento essenziale per la democrazia.
Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, è tornato a parlare in pubblico dopo la sua scarcerazione lo scorso giugno, avvenuta grazie a un patteggiamento con il Dipartimento di giustizia americano. Nel suo discorso al Consiglio d’Europa, a Strasburgo, Assange ha fatto una dichiarazione potente: “Alla fine ho scelto la libertà, piuttosto che una giustizia irrealizzabile”. Visibilmente provato, ha descritto i lunghi anni di detenzione a Belmarsh, una prigione di massima sicurezza a Londra, come un’esperienza che ha segnato profondamente la sua salute fisica e psicologica.
Assange ha spiegato che non è libero oggi grazie al sistema giudiziario, ma perché si è dichiarato “colpevole di giornalismo”. “Mi sono dichiarato colpevole di aver cercato informazioni, di averle ottenute e di averle rese pubbliche”, ha affermato, sottolineando come il suo lavoro fosse semplicemente giornalismo investigativo, un’attività che considera fondamentale per la democrazia.
Accompagnato dalla moglie Stella e dal direttore di WikiLeaks, Kristinn Hrafnsson, Assange ha criticato duramente il sistema giudiziario americano e ha svelato che l’accordo di estradizione gli ha impedito di rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti Umani. “La giustizia per me è ormai esclusa”, ha dichiarato, ribadendo che la sua lotta era volta a informare l’opinione pubblica su verità scomode, come quelle sui crimini di guerra in Afghanistan e Iraq.
Nel suo intervento, Assange ha voluto ricordare al mondo che il giornalismo investigativo è essenziale per una società libera. Ha voluto far capire che, nonostante la sua scarcerazione, le battaglie legali e politiche non sono finite.
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Mondo
Sudditi in apprensione per Re Carlo: il sovrano interrompe le cure e partono i preparativi per il funerale.
Carlo interrompe momentaneamente le cure contro il cancro, mentre nel Regno Unito cresce l’apprensione. I preparativi per il funerale sono già in corso, ma il sovrano si sente pronto a tornare ai suoi impegni ufficiali.
Nelle ultime settimane, la notizia della sospensione delle cure contro il cancro per Re Carlo ha sollevato non poche preoccupazioni nel Regno Unito. Il sovrano, che aveva annunciato la sua malattia tempo fa, ha momentaneamente interrotto il trattamento medico, scatenando voci su una possibile imminente fase terminale.
Nonostante i timori, fonti vicine alla Famiglia Reale rassicurano che questa pausa sia una decisione positiva. Re Carlo, infatti, si prepara a partire per un viaggio ufficiale di dieci giorni in Australia, con partenza fissata per il 18 ottobre. Questo segnale potrebbe indicare che le sue condizioni non siano così gravi come si temeva inizialmente.
Parallelamente, è stato confermato l’avvio dei preparativi per il funerale di Stato, una prassi tradizionale che viene attivata anche quando la salute del sovrano non è necessariamente critica. L’operazione Menai Bridge, il nome in codice per i piani legati al funerale di Re Carlo, prosegue senza sosta, come richiesto dal protocollo reale, e ha destato non poche reazioni nei media britannici.
Il Regno Unito resta comunque in apprensione, e la notizia che il Re si senta abbastanza in forma da sospendere le cure per adempiere ai suoi impegni ufficiali è stata accolta con sollievo. Tuttavia, resta il clima di incertezza: l’annuncio del proseguimento dell’operazione Menai Bridge ricorda ai sudditi che, nonostante l’ottimismo, il sovrano potrebbe essere più fragile di quanto non sembri.
Tra le figure istituzionali, il sindaco di Londra e altri leader politici hanno espresso i loro auguri al sovrano, auspicando una ripresa stabile e duratura delle sue funzioni, sottolineando quanto la sua presenza e guida siano ancora fondamentali per il Regno Unito.
Mondo
Trump in missione a Detroit… per insultare Detroit! La gaffe che fa discutere nel Michigan
La battaglia per la Casa Bianca si fa sempre più accesa, ma Trump inciampa in una dichiarazione contro Detroit. Le reazioni politiche non si fanno attendere, con il sindaco e la governatrice del Michigan pronti a rispondere colpo su colpo.
Donald Trump non smette mai di far parlare di sé e stavolta il suo bersaglio è stata proprio la città che lo ospitava: Detroit. Durante un discorso tenuto all’Economic Club, in un contesto cruciale come quello dell’industria automobilistica, il tycoon ha lanciato una stoccata che ha lasciato a bocca aperta molti dei presenti: “Se Kamala Harris diventerà presidente, l’intero Paese finirà per essere come Detroit. Avrete un disastro tra le mani”. Una dichiarazione pesante che ha sollevato un’ondata di critiche da parte delle autorità locali.
Inizialmente, Trump sembrava voler fare retromarcia, descrivendo la città come “in via di sviluppo”. Tuttavia, il danno era ormai fatto, e le sue parole non sono passate inosservate. Il sindaco di Detroit, Mike Duggan, ha risposto immediatamente, definendo il commento “un insulto gratuito” e sostenendo che molte città dovrebbero seguire l’esempio di Detroit, che ha saputo rialzarsi senza l’aiuto di Trump. Anche la governatrice democratica del Michigan, Gretchen Whitmer, ha risposto su X (precedentemente noto come Twitter), assicurando che “gli abitanti di Detroit non dimenticheranno queste parole a novembre”.
Nel frattempo, a Pittsburgh, Barack Obama ha ripreso a martellare il suo ex rivale, non risparmiando colpi ironici e sarcasmo. “Trump è come Fidel Castro”, ha affermato l’ex presidente democratico, “farfuglia per ore e fa discorsi sconclusionati”. Obama ha continuato il suo attacco ironizzando sulla presunta incapacità del miliardario di svolgere compiti comuni, come cambiare la gomma di un’auto, e ha scherzato sulla sua tendenza a lamentarsi per anni delle elezioni. Tuttavia, non ha perso l’occasione per parlare seriamente della questione economica: “La sua economia sembrava buona solo perché era la mia”, ha detto Obama, sottolineando che un ritorno di Trump al potere significherebbe “mettere le mani nelle tasche degli americani”.
L’incontro tra Obama e Trump attraverso le loro dichiarazioni ha acceso ulteriormente il clima pre-elettorale. Da un lato, Trump continua a promettere misure estreme, tra cui la pena di morte per gli immigrati illegali che uccidono cittadini americani e l’applicazione di una vecchia legge del 1798 per espellere gli stranieri irregolari. Dall’altro, Obama ha cercato di galvanizzare l’elettorato democratico, esortando a votare Kamala Harris e dipingendo Trump come un pericolo per la democrazia americana.
La battaglia verbale tra i due ex presidenti e le risposte dei leader locali come Duggan e Whitmer sono solo l’ultimo esempio di come la corsa alla Casa Bianca stia diventando sempre più tesa, con ogni commento che potrebbe rivelarsi decisivo nelle urne. Detroit, uno dei principali centri industriali del Michigan, stato chiave per la vittoria presidenziale, è diventata così il nuovo campo di battaglia simbolico tra i due colossi della politica americana.
Cronaca
Contro i bracconieri è consentito l’uso dell’arma nucleare… nessuna pietà per chi spara ai rinoceronti
“Rhisotope” è un progetto innovativo che prevede l’innesto di materiali radioattivi nei corni dei rinoceronti per renderli rintracciabili e non edibili.
Non si tratta di un annuncio di un gruppo di facinorosi difensori delle specie animali. Tranquilli. Nessuna bomba verrà sganciate contro i bracconieri. Ma qualcosa di radioattivo c’è per davvero. Dopo tre anni di studi, il progetto sperimentale “Rhisotope” è entrato nella sua fase realizzativa. Il progetto prevede l’innesto di materiali radioattivi nei corni dei rinoceronti per renderli rintracciabili e non edibili. Circa venti esemplari hanno già ricevuto il trattamento.
Perché è stata adottata questa soluzione e che conseguenze ha sugli animali
L’obiettivo principale è fermare il bracconaggio. E fin qui siamo tutto d’accordo. Ma siamo sicuri che i rinoceronti non subiranno dei danni? I radioisotopi permettono di individuare i corni alle frontiere e nei porti, rendendoli anche inutilizzabili per il consumo umano. James Larkin, direttore dell’unità di Fisica delle radiazioni e della salute dell’Università del Witwatersrand, ha guidato il progetto. L’iniezione dei radioisotopi nei corni avviene senza dolore per gli animali, utilizzando dosi bassissime che non impattano la loro salute né l’ambiente.
Obiettivo: ridurre il commercio illegale dei corni
La presenza di materiale radioattivo dovrebbe fungere da deterrente per i bracconieri, rendendo i corni meno attraenti sul mercato nero. Questo metodo si aggiunge ai tentativi già effettuati in precedenza, come la colorazione con vernici speciali e il taglio preventivo dei corni. Pratiche che non hanno avuto molto successo. I promotori sperano che questo approccio possa ridurre significativamente il commercio illegale.
Controllo e monitoraggio
Dopo l’innesto dei radioisotopi, gli animali saranno monitorati e sottoposti a controlli periodici, incluso il prelievo di sangue. Il progetto prevede di estendere il trattamento ad altri rinoceronti in diverse riserve. La radioattività nei corni durerà circa cinque anni, dopodiché sarà necessario un richiamo. Questo metodo rappresenta una soluzione potenzialmente più efficace rispetto al taglio del corno. L’implementazione di rilevatori a livello globale, già presenti in numerosi aeroporti e posti di frontiera, contribuirà a intercettare il commercio illegale, sperando di portare un cambiamento significativo nella lotta contro il bracconaggio.
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