Connect with us

Mondo

La cantante potrebbe essere la chiave per battere Trump

Con Donald Trump in avvicinamento alla nomination repubblicana, Biden cerca un boost per la sua campagna elettorale. I suoi consulenti stanno puntando sull’appoggio di personalità di spicco come Taylor Swift, il cui endorsement potrebbe influenzare fino a un milione di voti secondo gli esperti politici. Trump sembra sottovalutare il potenziale impatto della superstar sulla corsa alla presidenza.

Avatar photo

Pubblicato

il

    Mentre il processo di avvicinamento di Donald Trump alla nomination repubblicana si fa sempre più evidente, il presidente Joe Biden si impegna a dare nuova linfa alla sua candidatura, che appare al momento in affanno. In questo contesto, i suoi consiglieri più fidati stanno lavorando instancabilmente alla compilazione di una lista di cosiddetti “surrogati”, individui di spicco disposti ad appoggiare pubblicamente Biden nella speranza di influenzare positivamente gli elettori e garantire il loro sostegno al presidente in carica.

    Tra le personalità che si candidano ad essere il volto pubblico della sua campagna, spicca in maniera sorprendente la superstar della musica Taylor Swift. Con i suoi impressionanti 279 milioni di seguaci su Instagram, Swift potrebbe benissimo rappresentare l’arma segreta di Biden in vista delle elezioni del 2024.

    Secondo gli analisti politici, un endorsement pubblico da parte di Taylor Swift potrebbe avere un impatto significativo sulle elezioni, stimato in circa un milione di voti. Un effetto che evoca alla mente il sostegno decisivo che Oprah Winfrey ha fornito a Barack Obama nel 2008, contribuendo a garantirgli oltre un milione di voti.

    L’entourage di Trump sta già mettendo a punto una strategia per affrontare un possibile endorsement da parte della celebre cantante, tuttavia sembra che l’ex presidente sottovaluti il potenziale impatto che Swift potrebbe avere sull’elettorato.

    Taylor Swift, nominata persona dell’anno dalla rivista TIME nel 2023 per il suo ruolo di “maestra narratrice dell’era moderna”, ha dimostrato di avere un’influenza significativa nel campo politico. Nel 2018, ha espresso il suo sostegno ai candidati democratici alle elezioni del Congresso del Tennessee. La sua canzone “Only the Young”, ispirata a quelle elezioni, affronta temi come le sparatorie nelle scuole e le preoccupazioni sulla manomissione del voto, incoraggiando i giovani a lottare per le proprie idee.

    La capacità di Swift di mobilitare i suoi follower è stata dimostrata anche attraverso un breve messaggio su Instagram per incoraggiare la registrazione al voto, che ha portato a un aumento significativo degli utenti registrati, soprattutto tra i diciottenni. Inoltre, la sua popolarità e il suo impatto sociale potrebbero giocare un ruolo chiave nel plasmare l’opinione pubblica in vista delle elezioni del 2024.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Mondo

      Trump contro Rosie O’Donnell: “Le revocherò la cittadinanza”. Ma lei replica: “È un vecchio pericoloso e senza anima”

      Rosie O’Donnell, in esilio volontario in Irlanda dopo la seconda elezione di Trump, è finita nel mirino del presidente che ora vuole toglierle la cittadinanza. La replica dell’attrice è durissima: “Ha la demenza, è un truffatore senza empatia”

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        Donald Trump non dimentica e, soprattutto, non perdona. Nel mirino del presidente Usa finisce ancora una volta Rosie O’Donnell, attrice e comica americana che da oltre vent’anni lo attacca pubblicamente. Questa volta, però, l’ex conduttrice di “The View” è diventata bersaglio di una minaccia senza precedenti: la revoca della cittadinanza.

        “Dal momento che Rosie O’Donnell non è nel migliore interesse del nostro Grande Paese – ha scritto Trump su Truth Social – sto seriamente prendendo in considerazione l’idea di toglierle la cittadinanza. È una minaccia per l’umanità e dovrebbe restare nella meravigliosa Irlanda, se la vogliono. Dio benedica l’America!”.

        L’affondo arriva a pochi mesi dall’insediamento per il secondo mandato alla Casa Bianca. La faida tra Trump e O’Donnell, una delle più note e longeve della cultura pop americana, risale al 2006. All’epoca Rosie lo aveva attaccato in diretta tv per la sua “mancanza di bussola morale”, dando inizio a un botta e risposta feroce e mai sopito.

        Dopo la seconda elezione di Trump, O’Donnell si è trasferita in Irlanda, dove vive oggi, lontana dai riflettori politici statunitensi ma sempre pronta a commentare. E infatti non ha perso tempo nel rispondere: “Trump è un truffatore, un criminale e un bugiardo che danneggia la nostra nazione per servire se stesso – ha scritto sui social –. È un vecchio pericoloso, senz’anima, con la demenza, privo di empatia e compassione. Per questo ho lasciato l’America. Sono in opposizione diretta a tutto ciò che rappresenta”.

        La minaccia di revocare la cittadinanza, però, sembra destinata a rimanere solo uno sfogo social. Come ricordano diversi giuristi americani, la cittadinanza per nascita è protetta dal XIV emendamento della Costituzione e non può essere revocata arbitrariamente, a meno di rinuncia volontaria o frode documentale comprovata.

        Eppure l’episodio alimenta le crescenti tensioni tra politica e libertà di espressione negli Stati Uniti. Trump, più che punire un’avversaria, sembra voler lanciare un messaggio: chi lo ostacola pubblicamente, anche dall’estero, rischia di finire nel tritacarne mediatico e istituzionale. Rosie, come sempre, incassa e rilancia.

          Continua a leggere

          Mondo

          La Danimarca alza il muro contro le IA: copyright personale su volto e voce per fermare i deepfake

          Una proposta di legge rivoluzionaria riconosce a ogni danese il diritto esclusivo sulla propria immagine, impedendone l’uso per addestrare IA o creare deepfake. Sanzioni per le piattaforme che non si adeguano. L’Europa osserva

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            La Danimarca è pronta a diventare il primo Paese europeo a riconoscere a ogni cittadino un diritto esclusivo sul proprio volto, sulla propria voce e sui propri tratti fisici. In tempi in cui le intelligenze artificiali generano video falsi e clonano identità con allarmante facilità, Copenhagen prova a riscrivere le regole del gioco. L’obiettivo? Fermare l’abuso dei dati biometrici prima ancora che vengano raccolti.

            La proposta arriva dal ministro della Cultura Jakob Engel-Schmidt, che ha già incassato l’appoggio della maggior parte dei partiti politici. Il messaggio è chiaro: la propria immagine non è un bene pubblico, né può essere sfruttata senza consenso. “Ogni individuo ha il pieno diritto alla propria identità – ha spiegato il ministro – e non possiamo più tollerare che venga usata, modificata o riprodotta senza autorizzazione”.

            Il disegno di legge, che sarà discusso in autunno, punta a riconoscere un vero e proprio “copyright personale” su lineamenti e voce, impedendo che vengano usati per addestrare IA o creare contenuti deepfake. E prevede il diritto per i cittadini di chiedere la rimozione dei materiali generati senza permesso. In caso di violazione, scatteranno multe salate. Nei casi più gravi, potrà intervenire direttamente la Commissione europea.

            Una novità che interessa non solo la gente comune, ma anche volti noti: attori, cantanti, comici e influencer sono oggi bersaglio privilegiato delle IA generative, capaci di imitare ogni inflessione vocale e ogni espressione con inquietante precisione. L’unica eccezione prevista? Satira e parodia, purché chiaramente identificabili come tali.

            Nel frattempo, il resto d’Europa arranca. L’AI Act approvato da Bruxelles classifica i deepfake come contenuti ad “alto rischio”, da etichettare obbligatoriamente. Ma la messa in pratica del regolamento resta complessa. Qualcuno prova a correre ai ripari: la Francia ha introdotto pene severe per i deepfake sessuali, il Regno Unito discute nuove sanzioni per chi diffonde immagini false.

            La Danimarca però va oltre: non vuole solo punire l’abuso, ma impedirlo alla radice. Vuole stabilire che i volti non appartengano agli algoritmi, ma alle persone. È un cambio di paradigma: l’identità torna a essere un diritto, non un dato. E forse, con un passo così, l’Europa può iniziare a governare la tecnologia, invece di inseguirla.

              Continua a leggere

              Mondo

              Papa Prevost e il nome mancato: “Aveva pensato di chiamarsi Agostino”

              Il cardinale Filoni svela che Leone XIV avrebbe voluto omaggiare il suo ordine religioso scegliendo il nome del grande Dottore della Chiesa. Poi la decisione: “Ha ritenuto più opportuno ispirarsi alla tradizione di Leone XIII e dei grandi pontefici del passato”

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                In un momento di solennità assoluta, quando la voce del cardinale protodiacono ha annunciato dalla loggia centrale di San Pietro il nome del nuovo Papa – Leone XIV – in pochi avrebbero potuto immaginare che quel nome, destinato a entrare nei libri di storia, non fosse stata la prima scelta del neoeletto Pontefice. Robert Francis Prevost, infatti, aveva preso seriamente in considerazione un’altra possibilità, più intima e forse più personale: chiamarsi Agostino.

                A rivelare questo retroscena è stato il cardinale Fernando Filoni, uno dei porporati presenti in Conclave, intervistato da Il Fatto Quotidiano. “Inizialmente Prevost aveva anche pensato alla possibilità di chiamarsi Agostino – ha raccontato – ma, alla fine, ha ritenuto che fosse meglio Leone”. Parole brevi, che però svelano molto più di quanto sembri.

                Perché quel nome accarezzato e poi lasciato da parte, Agostino, non era un vezzo personale né una semplice suggestione. Era il riflesso profondo della vocazione religiosa di Papa Prevost, membro dell’Ordine di Sant’Agostino, uno degli istituti più antichi e colti della Chiesa cattolica, custode del pensiero del Dottore della Grazia. Un pensiero che ha segnato secoli di teologia, filosofia, spiritualità, cultura europea.

                Agostino, per un agostiniano, non è solo un riferimento spirituale: è un punto di origine, una visione del mondo, un modo di vivere il sacro. Avrebbe potuto essere – se scelto – un programma pontificale fortemente identitario, incentrato sulla centralità dell’interiorità, sull’inquietudine come motore della fede, sulla tensione costante tra libertà e grazia.

                Ma poi, nel momento cruciale, Robert Prevost ha scelto diversamente.

                Ha scelto Leone. E questo, se possibile, racconta ancora di più.

                Secondo molti osservatori, Leone XIV ha voluto rendere omaggio a Leone XIII, il pontefice che a cavallo tra XIX e XX secolo diede avvio a una nuova stagione della Chiesa nel mondo moderno, con l’enciclica Rerum Novarum e un impegno costante su lavoro, diritti, giustizia sociale. Il cosiddetto “Papa dei lavoratori”, ponte tra dottrina e contemporaneità, tra autorità e compassione.

                Ma la scelta del nome Leone potrebbe contenere anche richiami più antichi, come quello a Leone I Magno, il Papa che fermò Attila, non con la forza delle armi ma con l’autorità morale e spirituale della parola. Un richiamo alla leadership forte ma non autoritaria, alla capacità di reggere la Chiesa nei tempi di burrasca.

                La doppia suggestione – Agostino e Leone – mostra le due anime del nuovo Pontefice: una spirituale e contemplativa, radicata nella tradizione monastica agostiniana, e una pastorale e riformista, consapevole del bisogno di guidare la Chiesa in un’epoca complessa e polarizzata.

                Il cardinale Filoni, parlando di quella scelta, ha sottolineato anche il clima positivo che ha accolto l’elezione di Prevost nel Conclave: “Personalmente sono molto soddisfatto, ma credo di poter dire che tutti quelli che ho incontrato tra i confratelli cardinali hanno manifestato grande gioia. Una gioia che si è rafforzata per la simpatia umana e la cordialità che Papa Leone ha espresso fin da subito”.

                E infatti la scelta di Leone XIV sembra voler unire in un unico nome ciò che i cardinali hanno cercato nel nuovo Papa: solidità e apertura, carisma e dottrina, fermezza e ascolto.

                Il nome “Agostino”, sebbene non sia stato scelto, resta come un’ombra luminosa, un riferimento interiore che probabilmente continuerà a guidare il pensiero del Pontefice. È la radice invisibile da cui sgorga un pontificato che molti già immaginano improntato alla riflessione, alla giustizia sociale, alla spiritualità più profonda.

                Se Leone sarà il volto pubblico del Papa, Agostino ne sarà forse l’anima.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù