Musica
Rock “musica del diavolo”? Più che altro oggi è da… pensionati
I 70-80enni dominano attualmente il settore della musica, con concerti ancora da “tutto esaurito”, fatturati stellati derivanti dal merchandising e una conoscenza trasversale del loro patrimonio artistico. Ma fino a quando durerà questo stato di cose?
Tanti anni fa la musica rock (concetto naturalmente allargabile anche al pop) era la colonna sonora della gioventù. Pochi generi musicali sono riusciti ad esprimere con tale efficacia la distanza generazionale e la rabbia giovanile. Prima del rock’n’roll con Rock around the clock, di Bill Haley and his Comets nel 1954, non esisteva una musica che rappresentasse un mondo giovanile inquieto. Non a caso quella canzone venne inserita nella colonna sonora del film Blackboard Jungle (nella versione italiana Il seme della violenza). Una irrequietudine che nasceva dalla progressiva distanza dai valori e dagli stili di vita dei padri.
Una musica che ambiva a costruirsi il futuro senza guardare indietro
La generazione nata a II guerra mondiale conclusa aveva assaporato nuove forme di benessere e una nuova voglia di libertà si esprimeva nell’esplorazione di uno spazio più ampio. Nel rifiuto della disciplina scolastica e familiare, nel cercare una propria via senza che fossero i genitori ad indicarla. Aspirazioni largamente diffuse che il rock seppe trasformarle in costume sociale, in linguaggio. In un modo informale di vivere, perfino attraverso i vestiri e nel modo di portare i capelli, nonché in una fisicità che il rock’n’roll prima e il rock poi seppero offrire a giovani desiderosi di perdere un autocontrollo imposto dall’esterno.
Il gruppo dei vecchietti terribili
Lo scenario oggi è cambiato perchè le rockstar non conoscono la pensione. Basta dare un’occhiata ai documenti di identità: Mick Jagger degli Stones ha 81 anni, il suo compagno di band Keith Richards 80 e Paul McCartney, “eterno rivale” (più che altro un gioco voluto dai media) con due di più. Bob Dylan ne ha compiuti addirittura 83. E il “giovane” del gruppo, Bruce Springsteen, coi suoi 74 anni avrebbe già pieno diritto a viaggiare gratis sugli autobus. Tutti personaggi che non pensano minimamente ad uscire di scena. Continuando a girare il mondo suonando dal vivo, peraltro con un enorme successo di pubblico.
Un libro utile per fare chiarezza sulla questione
Situazione quantomeno surreale, no? Viene da chiedersi perché la musica leggera, che fonda le sue basi nella giovinezza e nel concetto di novità, al giorno d’oggi sia alle prese con degli ottuagenari di successo. Prova a dare una risposta al quesito il giornalista David Hepworth, attraverso un libro di recente pubblicazione, Hope I Get Old Before I Die. Un titolo che ribalta il celebre verso Hope I die before I get old, cantato da Roger Daltrey in My Generation dei The Who.
Questa non è più una musica per giovani
Una volta suonare pop-rock era un’attività aperta esclusivamente ai giovani e restarci fino ai 30 anni aveva davvero del miracoloso. Peggio ancora nel punk: chi si presentava sulle scene dopo il ’76-77 doveva barare meschinamente spacciandosi per diciottenne, giurando e spergiurando di non ricordare nulla del passato. Poi tutto è cambiato… ma quando esattamente?
Il global jukebox che fece da svolta
Nel libro, fra le varie cose, si parla dell’evento Live Aid nel 1985 come punto di svolta, il concerto-globale capace di dare nuova linfa ai “vecchi” artisti sul palco, da Paul McCartney ai Rolling Stones. Quando il Macca salì sul palco, nella parte finale dello show a Welbley, il pubblico lo vide praticamente come una persona anziana. All’epoca aveva 43 anni, praticamente era in piena mezza età. Eppure, da allora, gli equilibri sono mutati, anche grazie al Britpop. In effetti, sia i Blur sia gli Oasis non hanno mai trascurato il loro debito di gratitudine nei confronti di Kinks e Beatles, anzi…
Un settore che procede più lentamente d’un tempo
Se prima il pubblico era costituito da giovani e gli acquirenti di dischi erano persone di età compresa tra i 14 e i 30 anni, oggi non è più così. Anche i non più giovani – come chi scrive – restano grandi appassionati di questa musica. E anche se si dice che tutto si muove freneticamente nello show business, in realtà è vero il contrario. Tant’è che i concerti della reunion degli Oasis si terranno soltanto l’anno prossimo. Negli anni Settanta e Ottanta sarebbe stato impensabile. Oggi l’intero settore della musica va più lentamente, con il risultato che gli artisti di successo sono più longevi. Taylor Swift è sulle scene già da vent’anni. Quasi tre volte tanto rispetto ai Beatles.
L’innovazione del web
Da considerare anche due altri aspetti. Prima di internet chi non riusciva a passare in tv o in radio praticamente non esisteva. Oggi, grazie al web, tutti esistono per sempre. È impossibile che un vecchio gruppo musicale finisca nell’oblio. Con lo streaming poi, tutti i dischi diventano accessibili a ogni tipo di pubblico, quindi anche ai giovani. Poi c’è la questione dei soldi collegati ai tour che riempiono gli stadi, che fanno gola a molti: una faccendo dal potenziale economico straordinario, soprattutto con il merchandising e gli altri oggetti collegati almusicista di riferimento.
Concerti come grandi greatest hits
Ai giorni nostri, il pubblico è ben contento di andare a vedere show come questi, con scalette piene zeppe di brani storici. Perchè la questione è semplice: i biglietti dei concerti costano molto e gli artisti suonano i pezzi preferiti dal pubblico, invece di quelli che vogliono loro. Perchè il pubblico (che paga) comanda il gioco.
Viva le donne
All’inizio, il rock possedeva una carica deflagrante di ribellione, contro le generazioni precedenti. Soprattutto ai suoi inizi, il pubblico apparteneva tutto a una sola generazione. Invece adesso è in grado di coinvolgere stagioni diverse che si sono avvicinate alla musica in momenti differenti e con interazioni tutte loro. Attraverso il successo di un personaggio come Taylor Swift, si assiste ad un’ulteriore sfumatura del fenomeno. Molti artisti della generazione degli anni ’60 e ’70 erano uomini. Oggi, invece, le star più brillanti della musica pop sono donne. Una volta, salvo rare eccezioni, la musica dal vivo era “roba da maschi”, adesso le donne sono padrone del campo, sul palco e fra il pubblico.
Il tempo cancellerà tutto?
Interessante cercare di capire cosa succederà dopo la morte dei cosiddetti “mostri sacri”. A parte la certezza che il livello qualitativo che verrà sarà quasi sicuramente inferiore… niente può garantire che i nostri cari “nonnetti” saranno apprezzati e celebrati anche dalle generazioni future o, se invece scompariranno, magari a beneficio di artisti che oggi non conosciamo. D’altronde… provate a chiedere a un 18enne chi siano stati dei veri e propri GIGANTI della musica come Louis Armstrong, Duke Ellington, Jimi Hendrix o Frank Zappa. Al 99% vedrete solo dei volti con l’espressione da punto interrigativo.
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Musica
Una challenge quasi impossibile da vincere: il Whamageddon (video)
Si tratta di un sempre più diffuso gioco social nel quale riuscire a sopravvivere è impresa davvero ardua: sei mai riuscito/a a trascorrere il mese di dicembre senza aver mai ascoltato almeno una volta il brano Last Christmas?!?
La sfida è davvero proibitiva. Si tratta dal Whamageddon, pura sopravvivenza, salvezza eterna e oltretutto coinvolge gli amanti della musica di tutto il mondo. Il nome del gioco è una crasi tra il nome della band inglese Wham! e la parola biblica Armageddon. Obiettivo: riuscire nell’impresa di non imbattersi mai nel (peraltro famosissimo) brano Last Christmas dal primo dicembre alla mezzanotte del 25, tradizionale istante di nascita di Gesù Bambino. Tutti ci giocano, tutti ne parlano… anche il sottoscritto nel suo spazio blog.
Una canzone che, peraltro, non c’entra col Natale
La canzone venne pubblicata il 3 dicembre 1984 come primo estratto dell’album Music from the Edge of Heaven e, malgrado siano passati quarant’anni, il suo successo planetario non ha mai accennato a diminuire. Al contrario, solo a inizio 2021 è riuscita a conquistare per la prima volta la vetta delle classifiche britanniche (davanti peraltro a un altro super classico del periodo come All I Want for Christmas Is You di Mariah Carey). Un evento ancora più bizzarro se si pensa che in realtà il Natale con Last Christmas c’entra poco, dato che il testo parla essenzialmente del sofferto naufragio di una relazione amorosa («Lo scorso Natale ti ho dato il mio cuore / Ma il giorno dopo l’hai buttato via / Quest’anno, per evitare di piangere / Lo darò a qualcuno di speciale», recita il ritornello).
Per vincere… occorre una fortuna sfacciata
Radio, tv, social network, piattaforme video di ogni genere: in questo periodo dell’anno il “rischio” di imbattervi in Last Christmas è sempre dietro l’angolo. Non c’è modo di adottare precauzioni, a meno di non passare tutto il giorno in casa con i tappi nelle orecchie! Per centrare l’obiettivo è necessaria un’enorme dose di fortuna. Grazie al web il Whamageddon deve la propria nascita. Alcune delle prime tracce del gioco-meme sono state rinvenute nelle chat dei portali online Maniac-Forum.de (novembre 2009) e GTPlanet.net (novembre 2010, in questo caso sotto il nome di «GTPlanet vs. Wham! – Last Christmas»). Tuttavia è solo nel 2016 quando, prima su una pagina Facebook e poi attraverso un sito in tema, che sono state codificate le regole del gioco.
Le quattro regole ufficiali
- L’obiettivo è resistere il più a lungo possibile senza ascoltare il classico natalizio degli Wham! Last Christmas.
- Il gioco comincia il primo dicembre e termina alla fine del 24 dicembre. Si può considerare il proprio fuso orario locale.
- Solo la versione originale è valida: remix e cover si possono liberamente ascoltare.
- Si viene eliminati non appena si entra in contatto sonoro con la canzone.
E se perdi… devi dichiararlo sui social
C’è anche una quinta «regola bonus» espressamente pensata per favorire la viralità della sfida: quella di rendere pubblica la propria eliminazione pubblicando sui social un post accompagnato dall’hashtag #whamageddon. E se, come è probabile, non riuscirete a rimanere illesi da questo bombardamento canzonettistico… cercate di vivere la cosa con umorismo. Non come è accaduto al deejay Linus che l’anno scorso è finito al centro delle inferocite lamentele di numerosi ascoltatori di Radio Deejay, dopo aver avuto la malaugurata idea di trasmettere Last Christmas proprio il primo dicembre…
Musica
Dissing sotto il murale: Fedez e Tony Effe, amici di rima (e di bacio)
Pace fatta tra Fedez e Tony Effe: è il nuovo murale dello ‘street artist’ TvBoy a Milano.
Potremmo tirarla per le lunghe ma questa volta cerchiamo di farla breve. Succede che per mesi, Fedez e Tony Effe si sono sfidati con post al vetriolo e brani pungenti che hanno tenuto banco sui social e nelle playlist. Il loro scontro è iniziato con provocazioni sui social, si è trasformato in un duello musicale e ha toccato sia ambiti professionali sia personali. Da insinuazioni su ex fidanzate e rifiuti di collaborazioni a reciproci attacchi sulla vita privata, i due rapper hanno portato il concetto di dissing a nuovi livelli, con brani come 64 Bars di Tony Effe e L’infanzia difficile di un benestante di Fedez. Una faida a colpi di rime…
…e un murale per fare pace
Ora, però, la rivalità sembra archiviata in favore di una sorprendente riconciliazione. A suggellare la tregua è lo street artist TvBoy, famoso per i suoi murales provocatori, che ha ritratto Fedez e Tony Effe in via Ventimiglia, a Milano, mentre si scambiano un bacio a stampo, circondati da un cuore rosso. Il murale arriva poco prima della partecipazione di entrambi i rapper al prossimo Festival di Sanremo, alimentando la curiosità. Sarà pace definitiva o ci sarà spazio per nuovi “dissing” sul palco dell’Ariston?
Fedez e Tony Effe… son ragazzi
Come ha commentato il conduttore Carlo Conti: “Sono ragazzi intelligenti, canteranno e basta“. Per ora, l’immagine simbolica del murale ha già fatto discutere, diventando virale e offrendo ai fan un’insolita rappresentazione di pace: se prima c’erano rime al vetriolo, ora ci sono cuori e baci. Almeno su muro.
Musica
Riki: prima il successo, poi la depressione. Ora ci riprova con un nuovo disco
L’ex concorrente di Amici, che ha conquistato il pubblico con la sua simpatia, sta attualmente cercando di fare i conti con le sfide personali e professionali che lo hanno messo a dura prova. Ripartendo da “Casa base”, il suo nuovo disco di inediti.
Per circa tre anni Riki (all’anagrafe Riccardo Marcuzzo, nato a Segrate nel 1992), ha rappreentato uno dei volti più amati della musica pop italiana degli ultimi anni. Attualmente sta attraversando un periodo piuttosto complicato, come ha avuto modo di raccontare di recente in un’intervista. Dopo aver vinto nel 2017 il talent Amici nella categoria Canto, ha collezionato un successo dopo l’altro. Milioni di copie vendute, 8 dischi di platino, i concerti sold out numerose volte: tutto sembrava essere perfetto. Ma poi tutto è crollato, un vero e proprio black out interiore…
La crisi nata all’apice del successo
E’ lui stesso a parlarne: «Dopo tutto il successo ho vissuto la caduta, la crisi e il periodo di down della carriera, coincide con la conseguenza dlla crisi. Non riuscivo a fermarmi. Con il successo e gli instore ero al settimo cielo, ma quando facevo i firma copie stavo in piedi, cercavo di dare più amore possibile, dovevo fare massimo 20 secondi a persona. Se ci sono 5000 persone non puoi fare di più. Una ragazza mi diceva che la mia musica l’aveva salvata e aveva i tagli sul polso, io cercavo di fermarmi più tempo possibile. Tutto meraviglioso ma dipende da come lo vivi. Molti colleghi hanno fatto un successo enorme, le ragazze mi davano tanto e volevo dare indietro. Però è una cosa che dopo un po’ ti scarica. Mi sono detto, devo fermarmi. C’è stato un giorno in cui ero in hotel e mi sono guardato allo specchio, mi sono detto “devo fermarmi”, qua non andrò avanti tanto. La crisi è nata quando avevo tutto, non dopo».
Il futuro che appare sempre più incerto
Riki ha sperimentato sulla sua pelle cosa sia la depressione e, aprendo il cuore, ha parlato delmomento di difficoltà che sta ancora vivendo. Ammettendo, con estrema sincerità, di sperimentare attualmente un periodo di incertezze, in cui i l futuro appare più nebuloso che mai.
Quando la pressione della fama ti schiaccia
“Cosa faccio ora?” ha dichiarato, apparendo piuttosto disorientato. “Mi sento un po’ perso. La depressione è una cosa con cui devo fare i conti ogni giorno, non è facile”. Un’ammissione che mostra quanto, a volte, sia difficile gestire la pressione del successo e delle aspettative che, spesso, possono risultare schiaccianti. Soprattutto quando si è giovani come lui e la fama ti coglie di sorpresa, con tutte le sue seduzioni ammalianti ma anche con responsabilità spesso estremamente difficili da gestire correttamente.
La rottura con Facchinetti
Nel corso dell’intervista, Riki ha anche parlato di un altro aspetto personale che lo ha colpito duramente: la separazione professionale con Francesco Facchinetti, un tempo suo agente artistico. Un rapporto che sembrava promettere grandi cose e che, invece, si è interrotto bruscamente, lasciando il cantante con un peso in più da affrontare. “La nostra separazione professionale è stata un duro colpo per me”, ha ammesso l’artista, “non avrei mai immaginato che finisse così”.
Le spietate logiche del mercato
Prosegue Riki nella sua coraggiosa “messa a nudo”: “Ho vissuto tre anni molto importanti dove però non ero padrone del mio destino, infatti tante volte sfogavo la mia solitudine e la mia rabbia, la gabbia dorata in cui mi sentivo, nel mio essere impulsivo. Così ho fatto un po’ di cavolate. Dovevo per forza seguire le logiche del mercato e a un certo punto mi sono incagliato”. Non c’è stato un episodio brusco che lo ha messo in crisi; è stata una dinamica che si è sviluppata pian piano ma, al contempo, in maniera inesorabile.
Quella “brutta bestia” della depressione, subdola malattia
“Succede piano piano, non te ne rendi conto subito perché intanto le cose vanno velocissime e non puoi fare pause. Non voglio neanche imputare la colpa alle persone che avevo intorno perché veniva tutto anche da me: era un sistema drogato e volevamo sempre di più”. L’esperienza con Facchinetti ha avuto un forte impatto sul suo stato emotivo, e il cantautore ha ammesso di essere stato molto deluso dalla fine della loro collaborazione.
Un percorso di rinascita da affrontare coi piedi per terra
Nonostante tutto Riki non sembra volersi arrendere, rivelando una grande determinazione nell’affrontare i suoi demoni interiori e il desiderio di ritrovare la strada della musica, che da sempre gli ha dato tanta soddisfazione. Un cammino che appare ancora lungo, anche se lui si dichiara pronto a rimettersi in gioco e a non perdere di vista i suoi sogni, stavolta con i piedi ben piantati a terra. Che sia questo il momento giusto per reinventarsi? Per ora, l’artista resta in silenzio, riflettendo su come ripartire da ciò che lo ha reso speciale.
Analogie fra colleghi
La sua storia, per certi versi, ricorda quello del collega Sangiovanni, anche lui conosciuto grazie ad Amici di Maria De Filippi. Il cantante, infatti, via social ha dichiarato che fosse arrivato il momento di prendersi una pausa fino a data da destinarsi. Riki dice: “Succede a tanti, so come ci si sente e io non l’ho mai voluto dire perché avevo paura. Ero orgoglioso, molto competitivo. Non avevo il coraggio di dire ‘sono in crisi, non sto bene, mi fermo’, ma poi ti rendi conto che non puoi farcela da solo e tante persone al tuo fianco non ti supportano come potrebbero”.
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