Mondo
Pentagono: addio a Milk e Ginsburg, cambiano i nomi delle navi intitolate ai leader civili
Dalla Usns Harvey Milk alla Thurgood Marshall, la Marina Usa cambia i nomi delle navi cisterna dedicate a figure dei diritti civili. La decisione – criticata da Nancy Pelosi e da Sean Penn – fa parte di una revisione più ampia voluta dal capo del Pentagono Hegseth per “rispecchiare le priorità del Comandante in Capo”.

Il Pentagono rimuove i nomi delle icone dei diritti civili dalle navi cisterna della Marina militare americana. In base a una decisione che ha già suscitato forti polemiche, il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha avviato un piano di revisione che coinvolge navi come la Usns Harvey Milk – dedicata al primo gay dichiarato a ricoprire un incarico pubblico negli Stati Uniti – e la Thurgood Marshall, che portava il nome del primo giudice afroamericano della Corte Suprema.
Pulizia omofobica?
«Hegseth – ha dichiarato un portavoce – è impegnato a garantire che i nomi associati a tutte le installazioni e risorse del Dipartimento della Difesa riflettano le priorità del Comandante in Capo, la storia della nostra nazione e l’etica del guerriero». Nessun dettaglio ufficiale sui nuovi nomi, che verranno annunciati «al termine delle revisioni interne».
Le navi coinvolte sono tutte unità cisterna della classe John Lewis, la stessa dedicata all’icona dell’attivismo afroamericano. Tra i nomi destinati a sparire figurano la Ruth Bader Ginsburg, la Harriet Tubman, la Cesar Chavez e la Dolores Huerta – figure simbolo della lotta per l’uguaglianza e i diritti civili. L’operazione di “cancellazione” non riguarda solo Milk o i leader afroamericani, ma anche figure femminili come la suffragetta Lucy Stone e la giudice Ginsburg, scomparsa nel 2020.
Addio Harvey Milk
La Usns Harvey Milk era stata battezzata nel 2021, proprio per celebrare il primo politico dichiaratamente gay degli Usa, assassinato nel 1978 a San Francisco. Un destino amaro per una nave diventata simbolo di inclusione: la notizia del cambio di nome è arrivata durante il mese dedicato all’orgoglio LGBTQ+, in un clima politico sempre più ostile alle celebrazioni delle diversità.
Non si è fatta attendere la reazione di Nancy Pelosi, ex speaker della Camera e storica paladina dei diritti civili: «È vergognoso», ha commentato a caldo la decisione di Hegseth. Anche Sean Penn, che interpretò Harvey Milk nel film premiato con due Oscar nel 2008, ha ironizzato: «Non ho mai visto un segretario alla Difesa declassarsi al grado di capo sottufficiale».
Il segretario Hegseth aveva già fatto discutere per la sua posizione critica verso la valorizzazione delle minoranze nelle forze armate, definendo “stupida” la frase “la nostra diversità è la nostra forza”. Contestualmente, la nuova politica del Pentagono si accompagna all’uscita di scena di figure come l’ammiraglio Lisa Franchetti – la prima donna a capo della Marina Usa – e il generale C.Q. Brown, secondo afroamericano nella storia a guidare lo stato maggiore congiunto.
In un momento in cui la società americana celebra la memoria e il contributo delle minoranze, la decisione del Pentagono suona come un passo indietro. Resta da vedere quali saranno i nuovi nomi, e se davvero “rispetteranno la storia e l’etica militare”, come assicura il Dipartimento della Difesa.
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Mondo
007 in allarme: il telefono di Trump è una minaccia nazionale?
Il presidente risponde a numeri anonimi con estrema disinvoltura, ignorando i rischi di intercettazione da parte di hacker cinesi e iraniani. Gli agenti di sicurezza temono per la sicurezza nazionale.

Già da ex presidente Donald Trump è stato un pericolo. Da presidente lo è ancra di più. Il motivo? Semplice: risponde alle chiamate che riceve con il suo telefono. E negli ambienti della CIA e del Secret Service il telefono personale di Trump è diventato un incubo tecnologico perchè ignora ogni avvertimento e continua a rispondere a chiamate da numeri sconosciuti, mettendo a rischio la sicurezza delle comunicazioni presidenziali.
Pronto chi parla? Donald Trump of course
Secondo un’inchiesta di The Atlantic, gli hacker cinesi e iraniani potrebbero ascoltare ogni conversazione, raccogliendo informazioni preziose per attività di spionaggio. Non sarebbe la prima volta. Già in passato, pirati informatici iraniani hanno violato il sistema di posta elettronica della campagna elettorale di Trump, mentre gruppi legati a Pechino hanno infiltrato le email del Comitato Nazionale Repubblicano. Eppure, mentre altri membri della sua squadra hanno adottato precauzioni, come cambiare numero di telefono o utilizzare cellulari usa e getta, Trump non è mai sembrato preoccuparsene. Il tycoon è talmente affezionato al suo telefono che ha persino impostato come salvaschermo una foto di sé stesso.
Ma è davvero un rischio reale per la sicurezza nazionale?
Gli 007 americani temono che proprio questo atteggiamento disinvolto possa trasformarsi in un vettore di attacchi informatici. Se il telefono del presidente può essere protetto dagli hacker, le chiamate che lui stesso effettua potrebbero esporre dati sensibili. L’intelligence ha già messo in allarme la Casa Bianca, sollecitando misure di sicurezza più stringenti. Ma riuscire a far cambiare abitudini a Trump potrebbe essere una missione più difficile di qualsiasi operazione segreta. Nel frattempo, il timore cresce: la sicurezza nazionale può davvero dipendere dalle chiamate spericolate di un uomo così attaccato al suo telefono? Gli agenti del Secret Service incrociano le dita e tengono i firewall pronti.
Mondo
Referto medico implacabile: Imane Khelif costretta a rivedere la sua carriera sportiva?
Il referto trapelato fornisce un dato genetico (cariotipo XY), ma non è la prova definitiva per squalificare Imane Khelif o per affermare che sia un uomo.

Il dibattito sulla partecipazione di Imane Khelif alle competizioni di pugilato femminile si è intensificato dopo la diffusione online di un presunto referto medico. Il documento, attribuito al Dr. Lal PathLabs di Nuova Delhi, indicherebbe la presenza di un cariotipo maschile (46,XY) in 30 cellule della pugile analizzate. Tuttavia, la sua interpretazione è ben più complessa di quanto possa sembrare a prima vista.
La questione del referto: è autentico e cosa implica?
Il referto circolato online non ha ricevuto conferma ufficiale né dal laboratorio né dalla stessa Imane Khelif. Sebbene il documento indichi un cariotipo XY, questo dato da solo non è sufficiente a sostenere con certezza che Khelif sia biologicamente un maschio nel senso comune del termine, né che vi sia stato un “imbroglio”. Lo stesso laboratorio, infatti, nel referto specifica che non sono state osservate anomalie cromosomiche numeriche o strutturali macroscopiche. Ma sottolinea che il test non rileva microdelezioni o mutazioni genetiche più sottili. Queste ultime potrebbero essere alla base di condizioni di Differenze dello Sviluppo del Sesso (DSD), che includono diverse forme di intersessualità. Il documento, inoltre, invita espressamente a una “correlazione clinica” («Results to be clinically correlated»). Ovvero una valutazione medica completa che tenga conto di anatomia, ormoni ed eventuali sindromi genetiche.
Cariotipo XY: la scienza oltre la semplificazione
La scienza medica ha da tempo chiarito che possedere un corredo cromosomico XY non equivale automaticamente a essere un uomo. Esistono condizioni genetiche rare, come la sindrome da insensibilità agli androgeni (AIS), in cui un individuo con cromosomi XY sviluppa caratteristiche femminili. Come spiegato dall’Istituto Superiore di Sanità, lo sviluppo delle caratteristiche sessuali è il risultato di una complessa interazione tra cromosomi e ormoni. Ci sono diverse condizioni che possono portare a uno sviluppo sessuale diverso da quello atteso in base al cariotipo di partenza. In tali casi, come ribadito dalla Società Italiana di Endocrinologia (SIE), pur essendo geneticamente XY, l’organismo potrebbe non rispondere agli ormoni maschili, portando a uno sviluppo femminile già in fase embrionale e all’attribuzione del genere femminile alla nascita.
Ma quindi quali saranno le mplicazioni per la carriera sportiva di Khelif?
La World Boxing ha stabilito che Imane Khelif non può partecipare a futuri eventi femminili senza sottoporsi a test cromosomici. Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO), tramite il suo presidente Thomas Bach, ha suggerito che i risultati trapelati siano frutto di una campagna di disinformazione russa, dato il disconoscimento dell’IBA da parte del CIO per dispute etiche e finanziarie. Tuttavia, l’autenticazione del laboratorio indiano che ha condotto i test aumenta la pressione sul CIO affinché chiarisca la sua posizione. Per quanto riguarda eventuali vantaggi sportivi, la SIE ha sottolineato che non ci sono evidenze scientifiche che dimostrino un beneficio atletico in queste condizioni.
Il referto trapelato fornisce un dato genetico (cariotipo XY), ma non è la prova definitiva per squalificare Khelif o per affermare che sia un uomo. La situazione richiede una comprensione più approfondita delle complesse intersezioni tra genetica, sviluppo sessuale e regolamenti sportivi.
Mondo
Trump e gli “Epstein files”: cosa sono e perché potrebbero diventare un boomerang
Elon Musk rilancia un’accusa pesante: “Trump è nei file di Epstein e per questo non sono stati pubblicati”. Ma cosa sono davvero questi documenti? Ecco i dossier segreti che legano il finanziere al potere, tra jet privati e nomi altisonanti. La verità, dicono i complottisti, sarebbe pronta a emergere.

Si chiama “Epstein files” la nuova arma di Elon Musk nella battaglia a colpi di post con Donald Trump. Secondo il patron di Tesla e X, proprio lì ci sarebbe la vera “bomba” capace di mettere in imbarazzo il presidente americano: “Donald Trump è nei file di Epstein. Questa è la ragione vera del perché non sono stati resi pubblici”, ha scritto Musk sui social, alimentando la curiosità e il sospetto. Ma cosa sono questi file e cosa contengono davvero?
I cosiddetti “Epstein files” sono un insieme di documenti legati a Jeffrey Epstein, il finanziere di New York arrestato nel 2019 per traffico sessuale di minorenni e morto suicida in carcere poco dopo. Quattro i dossier principali: il primo è il “Black Book”, una rubrica segreta con centinaia di contatti, tra politici, imprenditori e celebrità. Ci sono nomi come Tony Blair, Rupert Murdoch, Richard Branson e Mick Jagger. La sola presenza nel “libro nero” però non significa un coinvolgimento diretto negli abusi.
Il secondo fascicolo è il “logbook” dei voli sul jet privato di Epstein, il famigerato “Lolita Express”, usato per portare ospiti nelle sue ville o nell’isola privata caraibica. Anche qui, i nomi illustri non provano di per sé comportamenti illeciti. Il terzo filone riguarda le testimonianze di vittime e collaboratori, mentre il quarto contiene gli atti processuali contro Epstein e la sua collaboratrice Ghislaine Maxwell, condannata a vent’anni.
Il nome di Trump è già emerso nel “Black Book”, dove comparivano numeri di telefono suoi e di alcuni familiari. Negli anni ’90, il tycoon vantava un’amicizia con Epstein, ricordando che a entrambi “piacevano le belle donne, anche giovani”. Ma dopo l’arresto del finanziere, Trump si affrettò a prenderne le distanze. Nei registri di volo, non esiste prova che abbia mai preso parte ai viaggi sul “Lolita Express”.
Tuttavia, Musk, nel suo stile provocatorio, suggerisce che esisterebbero verità più esplosive, tenute nascoste dal dipartimento di Giustizia guidato da Pam Bondi, ex alleata di Trump. “Segnatevi questo post. La verità verrà fuori”, ha scritto il miliardario. I complottisti trumpiani, però, finora avevano sempre accusato i Democratici di coprire i nomi scomodi.
Insomma, nel gioco di accuse reciproche, gli “Epstein files” tornano a fare da sfondo a un duello tra i due uomini più influenti e, forse, più divisivi del mondo. Ma se davvero la verità dovesse emergere, non risparmierebbe nessuno.
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