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Putin annuncia una tregua pasquale in Ucraina, speriamo che sia la volta buona!

Da Mosca l’ordine di cessare il fuoco fino a domenica sera. Zelensky denuncia: «Allarmi antiaerei in tutto il Paese». Il precedente del Natale ortodosso del 2023 pesa come un macigno.

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    Vladimir Putin ha annunciato un cessate il fuoco in Ucraina in occasione della Pasqua. Il presidente russo ha ordinato una sospensione delle ostilità a partire dalle 17 di sabato 19 aprile (ora italiana) fino alla mezzanotte di domenica 20, data in cui ortodossi e cattolici celebrano contemporaneamente la resurrezione di Cristo. Un gesto che, secondo il leader del Cremlino, risponderebbe a “considerazioni umanitarie” e rappresenterebbe un tentativo per testare la disponibilità di Kiev a intraprendere un percorso di pace.

    «Ordino la cessazione di tutte le azioni militari per questo periodo», ha dichiarato Putin durante un incontro televisivo con il capo di Stato maggiore Valery Gerasimov, specificando che le truppe dovranno comunque restare pronte «a respingere eventuali provocazioni».

    Ma in Ucraina le parole del Cremlino sono accolte con profonda diffidenza. «Quanto all’ennesimo tentativo di Putin di giocare con le vite umane, in questo momento gli allarmi antiaerei si stanno diffondendo in tutta l’Ucraina», ha scritto su X il presidente Volodymyr Zelensky. «Alle 17:15, appena quindici minuti dopo l’inizio della presunta tregua, droni d’attacco russi sono stati rilevati nei nostri cieli», ha aggiunto il leader ucraino, denunciando l’ipocrisia dell’iniziativa russa. Secondo Zelensky, il vero volto del cessate il fuoco proclamato da Mosca si nasconderebbe dietro i droni Shahed iraniani ancora attivi e visibili nei cieli ucraini.

    Anche il sindaco di Kiev, Vitaliy Klitschko, ha confermato l’attivazione della difesa aerea nella capitale, invitando i cittadini a restare nei rifugi. «Le forze di difesa stanno lavorando contro i droni nemici sulla riva sinistra della città», ha scritto su Telegram, evidenziando la fragilità di una tregua che, nella pratica, sembra già infranta.

    Al momento, da Kiev non sono arrivate risposte ufficiali all’offerta di cessate il fuoco, mentre sul terreno la situazione appare tutt’altro che stabile. Il ricordo della precedente “tregua natalizia” proposta da Putin nel gennaio 2023 pesa ancora sulle valutazioni ucraine. All’epoca, il Cremlino aveva annunciato una sospensione di 36 ore in coincidenza con il Natale ortodosso, promessa violata poche ore dopo con un’intensa offensiva missilistica che colpì città come Kharkiv e Bakhmut, causando vittime tra i civili.

    Anche stavolta, l’impressione da Kiev è che la mossa di Mosca sia più una manovra propagandistica che un reale gesto di distensione. Il messaggio di Putin appare destinato più al pubblico internazionale che al nemico sul campo, nella speranza di mostrarsi come leader magnanimo e ragionevole mentre, nei fatti, le operazioni militari proseguono.

    La decisione di proclamare il cessate il fuoco arriva in un momento particolarmente critico per Mosca, alle prese con sanzioni economiche sempre più dure e con una guerra che, nonostante la propaganda interna, sta comportando costi altissimi in termini di vite umane e risorse.

    Resta da vedere se e quanto effettivamente questa tregua durerà. Per ora, a parlare più delle dichiarazioni ufficiali sono i radar ucraini che continuano a segnalare minacce nei cieli e il suono inconfondibile delle sirene antiaeree. In una guerra dove la parola “fiducia” è da tempo uscita dal vocabolario, anche la Pasqua sembra non riuscire a fermare la violenza.

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      Trump e i repubblicani contro il porno: dopo Stormy Daniels ipocrisia suprema?

      Dopo gli scandali con Stormy Daniels, il GOP ora vuole “castrare” i siti per adulti con leggi restrittive. La Corte Suprema discute l’obbligo di verifica dell’età, ma i rischi per la privacy preoccupano.

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        Donald Trump ai tempi si divertiva con una pornostar, oggi i repubblicani vogliono bloccare l’accesso ai siti per adulti. Sembra una sceneggiatura surreale, ma è la realtà. La Corte Suprema americana sta valutando l’adozione di restrizioni che potrebbero obbligare i siti porno a verificare l’identità degli utenti, imponendo un controllo rigoroso sui documenti di chi vuole accedere.

        Un paradosso che non passa inosservato: mentre il tycoon cerca di tornare alla Casa Bianca nonostante il processo per il presunto pagamento a Stormy Daniels, il suo partito si lancia in una crociata morale per “salvare” i giovani americani dalla pornografia.

        Il piano repubblicano: documenti obbligatori per accedere ai siti porno

        La legge al centro del dibattito è la HB 1181, già approvata in Texas nel 2023, che obbliga i siti per adulti a verificare l’età degli utenti attraverso un documento governativo. In pratica, chi vuole accedere a Pornhub & Co. dovrebbe caricare il proprio ID per dimostrare di essere maggiorenne. Il Texas non è solo: altre 16 legislature statali (tutte a guida repubblicana) stanno spingendo per norme simili, tra cui Florida, Alabama e Utah.

        Pornhub ha già reagito nel suo stile: blocco totale del servizio in Texas, lasciando gli utenti frustrati e spingendoli verso le VPN per aggirare il divieto.

        Libertà d’espressione vs. privacy: la Corte Suprema si spacca

        Il cuore della questione è un altro: il Primo Emendamento. La Corte Suprema americana, pur incline a dare ragione ai repubblicani sull’accesso dei minori, deve fare i conti con la libertà d’espressione. Chi si oppone alle restrizioni teme che l’obbligo di fornire dati personali metta a rischio la privacy degli utenti, aprendo la porta a ricatti, abusi e fughe di informazioni sensibili.

        E poi, c’è il punto chiave: i minorenni accedono comunque ai siti porno con metodi alternativi. E se il vero problema fosse l’educazione sessuale, anziché la censura digitale?

        L’ipocrisia a stelle e strisce

        In tutto questo, la contraddizione è evidente. Trump, lo stesso uomo che finì al centro di uno scandalo per il pagamento a Stormy Daniels, è ora il leader di un partito che vuole moralizzare l’America. Un partito che predica libertà assoluta per le armi, ma vuole imporre controlli rigidissimi sul sesso online.

        E mentre i giudici decidono, la pornografia resta il grande tabù americano: demonizzata in pubblico, ma consumata senza sosta nel privato.

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          Mondo

          Elon Musk nel mirino dell’Europa: maxi-multa da 1 miliardo per X?

          L’Unione Europea prepara la scure contro Elon Musk e il suo social “X”: secondo fonti interne, Bruxelles potrebbe infliggere una sanzione superiore al miliardo di dollari per violazione del Digital Services Act. Tra i punti contestati: contenuti illeciti, scarsa trasparenza e un approccio troppo “libero” alla disinformazione. Musk grida alla censura, ma intanto si apre un potenziale scontro istituzionale senza precedenti tra Bruxelles e uno degli uomini più ricchi (e influenti) del pianeta.

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            Altro che tweet. Elon Musk si prepara a una battaglia a colpi di avvocati con l’Unione Europea, che ha messo nel mirino X, la piattaforma social ex Twitter, per presunte violazioni al Digital Services Act (DSA). Secondo fonti autorevoli, Bruxelles starebbe valutando una multa da oltre un miliardo di dollari, la più pesante mai inflitta sotto la nuova legge europea per i servizi digitali.

            Il motivo? Disinformazione, contenuti illeciti, scarsa trasparenza sugli inserzionisti e utenti “verificati” senza reali controlli. Insomma, X – secondo le accuse – sarebbe diventata una sorta di centro di smistamento per fake news, odio e propaganda, con buona pace della moderazione promessa.

            Non è solo una questione di soldi: il caso è simbolico, perché rappresenta il primo banco di prova per il DSA, e Bruxelles sembra intenzionata a fare di Musk un esempio. O meglio, un monito. Il fatto che Elon sia anche un notorio supporter di Donald Trump non aiuta: i regolatori europei temono che qualsiasi concessione venga letta come un cedimento politico in un contesto già teso tra USA e UE.

            Dal canto suo, Musk non ci sta. Dopo la pubblicazione dell’indiscrezione, X ha reagito duramente: “È censura politica, un attacco alla libertà di espressione”, ha dichiarato il colosso tech, promettendo di “fare tutto il possibile per difendere la libertà di parola in Europa”.

            Un accordo, tuttavia, resta ancora sul tavolo. Se X decidesse di apportare le modifiche strutturali richieste – migliorando il controllo sui contenuti e aumentando la trasparenza – la sanzione potrebbe essere evitata o ridimensionata. Ma Elon, si sa, non è esattamente tipo da compromessi.

            E mentre l’UE costruisce un secondo dossier ancora più esplosivo, che accusa la piattaforma di essere strutturalmente dannosa per la democrazia, Musk ribadisce la sua posizione: pronto a sfidare l’Europa in tribunale e in pubblico, anche a costo di uno scontro istituzionale senza precedenti.

            Una cosa è certa: con o senza dazi, censure o meme, questa guerra digitale è appena iniziata. E promette fuochi d’artificio.

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              Quel Boeing da 400 milioni potrebbe diventare il nuovo “Trump Force One”

              Il lussuoso 747-8i, inizialmente progettato per la famiglia reale del Qatar, potrebbe trasformarsi nel jet presidenziale di Donald Trump. Dotato di camere da letto, lounge, uffici e persino una suite di sicurezza, il “palazzo volante” è già in un hangar in Texas per i primi adeguamenti.

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                Un Boeing 747-8i da 400 milioni di dollari, progettato per essere la dimora volante della famiglia reale del Qatar, potrebbe presto cambiare destinazione e diventare il nuovo Trump Force One. Due piani, stanze da bagno, lounge private, una camera principale per il presidente e persino una più piccola per gli ospiti. Questo jumbo jet si distingue per arredi di lusso, seggiolini in pelle, cuscini ricamati e una dotazione tecnologica di altissimo livello.

                Il palazzo reale volante commissionato dagli Al-Thani

                L’aereo, soprannominato “palazzo reale volante”, è stato originariamente commissionato dagli Al-Thani, ma ora sembra destinato a una nuova funzione. Donald Trump, accogliendo la proposta del Qatar, potrebbe utilizzarlo per sostituire l’Air Force One tradizionale. Il suo arrivo negli Stati Uniti è stato tracciato su FlightRadar24, con un viaggio che ha toccato Parigi, il Maine. E infine San Antonio, Texas, dove l’aereo è attualmente in un hangar per adeguamenti di sicurezza.

                Un Boeing davvero special

                L’azienda svizzera Amac Aerospace ha curato gli interni tra il 2012 e il 2015, scegliendo materiali pregiati e dotazioni tecnologiche avanzate. Il jet possiede telecamere esterne, un sistema di comunicazione satellitare, serbatoi d’acqua e televisioni, rendendolo uno degli aerei privati più sofisticati mai costruiti. Il passaggio ufficiale al presidente non è ancora confermato, ma gli interventi di sicurezza e difesa sono già in corso, segno che il progetto potrebbe concretizzarsi presto. Se Trump accetterà il jet, sarà uno dei regali più costosi mai ricevuti da un presidente americano, sollevando inevitabili polemiche sulla sua indipendenza nei confronti del Qatar. Ora resta da vedere se il Boeing extralusso solcherà i cieli americani con il sigillo presidenziale, trasformandosi nel nuovo Trump Force One. Di certo, se l’accordo andrà in porto, sarà la cabina più sontuosa che abbia mai ospitato un presidente.

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