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Steven Seagal: “Morirei per Putin”. E la Russia è pronta a spedirlo in guerra sul fronte ucraino

Steven Seagal non si limita a recitare nei film d’azione: si dice pronto a “morire” per Vladimir Putin, guadagnandosi il supporto dei Veterani di Russia. Ma dietro la retorica patriottica c’è la controversa carriera di un attore che ha rotto con gli USA.

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    Steven Seagal, icona dei film d’azione degli anni ’80 e ’90, è passato dal combattere sul grande schermo a dichiararsi pronto a morire per il suo idolo: Vladimir Putin. Una deriva surreale per l’attore 72enne, che ha interrotto i suoi legami con gli Stati Uniti – dove, per inciso, non è ben visto e ha qualche problema legale, tra multe salate per violazioni fiscali e accuse di violenza sessuale – per abbracciare il regime russo, di cui è diventato cittadino nel 2016.

    Seagal non si è limitato solo a sostenere a parole la Russia, ma ha deciso di fare le cose sul serio, almeno sulla carta. In una lettera al leader russo, che fa parte del suo ultimo documentario intitolato In nome della giustizia, si dice pronto a combattere al fianco del suo “amico Vladimir” e, se necessario, a sacrificare la sua vita per lui. Parole forti che non sono passate inosservate al partito Veterani di Russia, il quale ha subito preso al volo l’occasione per proporre a Seagal di unirsi al conflitto in Ucraina.

    “Vorremmo offrirle tutto il sostegno necessario qualora decidesse di prendere parte all’operazione speciale”, si legge nella lettera inviata dal presidente del partito, Ildar Reziapov, e diffusa dall’agenzia Ria Novosti. La proposta è chiara: arruolarsi per combattere contro l’Ucraina al fianco dei soldati russi. Che l’attore decida davvero di vestire la mimetica e prendere un fucile è ancora tutto da vedere, ma di certo il partito dei veterani ha esaltato il suo “patriottismo” e la sua lealtà verso la causa.

    Non è una novità che Seagal sostenga Putin e la Russia, anzi: negli anni è diventato un volto simbolico del Cremlino, tanto da ottenere il ruolo di “Rappresentante speciale” per promuovere la cultura russa all’estero. Presenza fissa a ogni cerimonia e evento ufficiale, compreso l’ultimo insediamento di Putin nel maggio scorso, Seagal ha difeso sin dall’inizio l’invasione dell’Ucraina. Nel documentario ha anche visitato Mariupol e altre città occupate dalle forze russe, non risparmiando elogi alla strategia di Putin.

    Con dichiarazioni come “Sono sempre al fianco del mio presidente” e “Combatterò al suo fianco se necessario”, l’ex star di Hollywood sembra aver abbandonato ogni legame con il suo passato statunitense per diventare una pedina di propaganda del Cremlino. Ma, come spesso accade con le parole forti di Seagal, il rischio che siano solo fumo negli occhi è elevato. Che l’attore decida davvero di andare in prima linea o di limitarsi alle ospitate nei documentari propagandistici, resta da vedere. Nel frattempo, non c’è dubbio che Seagal sappia come far parlare di sé, anche se in modo piuttosto controverso.

    O Seagal finirà davvero tra i soldati russi o continuerà a difendere Putin a suon di dichiarazioni roboanti. Di sicuro, l’ex action star sembra aver scelto il lato sbagliato della storia. Ma in fondo, cosa ci si poteva aspettare da un ex eroe da videonoleggio?

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      Mondo

      Medvedev gioca con la Mano morta, Trump risponde con due sottomarini: bentornati nella Guerra Fredda

      Dmitry Medvedev tira fuori la Mano morta sovietica come una carta da film horror, e Donald Trump, per non essere da meno, spedisce due sottomarini nucleari verso la Russia. La nuova Guerra Fredda è fatta di like, minacce e scacchiere atomiche.

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        Bastano quattordici parole su Telegram per far rivivere l’incubo nucleare. Dmitry Medvedev, ex presidente russo e oggi vice del Consiglio di Sicurezza, ha premuto invio e il mondo si è ritrovato catapultato agli anni Ottanta. Nel suo post evoca la leggendaria Mano morta, il sistema di rappresaglia automatica sovietico capace di lanciare missili nucleari anche senza un comando umano. Una frase, e la Guerra Fredda torna a battere col suo cuore gelido.

        Donald Trump non poteva ignorarlo. Ha risposto a modo suo, trasformando la diplomazia in un reality. Prima ha scherzato in diretta su Newsmax: «Quando sento la parola “nucleare”, i miei occhi si illuminano». Poi il colpo di teatro: due sottomarini nucleari statunitensi spostati più vicino alle acque russe. «Voglio solo assicurarmi che siano parole, non fatti», ha detto, con quel mezzo sorriso che suona più come una minaccia che come una battuta.

        Dietro al nome da film di zombie, la Mano morta è tutt’altro che fantasia. Nome in codice Perimeter, nasce nel 1985 per assicurare alla Russia la “mutua distruzione garantita”. Monitora radiazioni, vibrazioni sismiche e silenzi sospetti da Mosca: se rileva un attacco nucleare e il comando centrale non risponde, un razzo di comando sorvola la Russia dando l’ordine di lanciare tutto il suo arsenale. Anche se il Cremlino fosse ridotto in polvere, la vendetta partirebbe comunque.

        Per anni è stata un mito da romanzo post-apocalittico, poi la conferma ufficiale del generale Karakaev: «Garantisce la distruzione degli Stati Uniti in 30 minuti». Ogni volta che la Russia la nomina, mezzo mondo sente un brivido sulla schiena. E questa volta Trump ha scelto di rispondere sullo stesso terreno, mescolando arroganza e calcolo politico. L’amico di Putin si è trasformato all’improvviso in un Reagan con smartphone: “Vuoi giocare alla Guerra Fredda? Giochiamo”.

        Il risultato è una scena che sembra scritta a Hollywood: Medvedev che fa la Mano morta a Trump, Trump che muove sottomarini come fossero pedine di poker nucleare. Nessuna diplomazia, solo muscoli e vanità in mondovisione. E il mondo, spettatore obbligato, riscopre che la storia non insegna mai abbastanza: la Guerra Fredda non è mai finita, ha solo cambiato piattaforma.

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          Mondo

          La foto-bomba che sbugiarda Donald Trump: con Epstein, Ghislaine Maxwell e il principe Andrea a Mar-a-Lago

          Donald Trump ha sempre minimizzato i rapporti con Jeffrey Epstein, sostenendo di averlo allontanato da Mar-a-Lago e di non conoscere il principe Andrea. Ma una foto riemersa lo smentisce: il tycoon, la futura moglie Melania, Epstein, Ghislaine Maxwell e il duca di York tutti insieme nella tenuta di Palm Beach. La stessa storia della vittima Virginia Giuffre, morta suicida ad aprile, torna come un’ombra inquietante.

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            Donald Trump ha sempre raccontato la sua versione: Epstein era solo un vecchio conoscente, cacciato da Mar-a-Lago dopo un episodio alla spa. «Non vogliamo che tu rubi il nostro personale», avrebbe detto al finanziere, vantandosene pubblicamente. Eppure, una fotografia scattata il 12 febbraio 2000 lo mette con le spalle al muro.

            Nello scatto, ottenuto da RadarOnline.com, il futuro presidente 53enne sorride accanto a Jeffrey Epstein, 46 anni all’epoca, con la complice Ghislaine Maxwell, il principe Andrea d’Inghilterra e Melania Knauss, allora 29enne. Tutti insieme, allegri, proprio a Mar-a-Lago. Un’immagine che racconta molto più di mille smentite.

            Il problema è duplice. Primo: Trump ha sempre detto di aver interrotto i rapporti con Epstein proprio nel 2000. Secondo: ha negato pubblicamente di conoscere il principe Andrea, oggi in disgrazia per le sue frequentazioni con il giro del finanziere pedofilo. Eppure, eccoli lì, tutti nello stesso salone, a posare come vecchi amici.

            La foto riporta alla mente la storia di Virginia Giuffre, la ragazza che denunciò di essere stata reclutata a 15 anni da Ghislaine Maxwell nella spa di Mar-a-Lago. Era il 2000, lo stesso anno dello scatto. Nei suoi diari, Giuffre raccontava il primo incontro con Epstein: nudo su un lettino da massaggi, pronto a trasformare una proposta di lavoro in un incubo sessuale. Da lì iniziò il suo calvario di abusi e addestramento come “schiava domestica”, sempre sotto il controllo di Maxwell.

            Giuffre ha sempre precisato di non aver mai subito avances da Trump, ma ricordava il tycoon come parte del giro di Epstein. La sua morte per suicidio, il 25 aprile scorso, ha aggiunto una coda tragica e misteriosa alla vicenda.

            E non è tutto. Altri materiali recentemente riemersi confermano la presenza di Epstein al matrimonio di Trump con Marla Maples nel 1993 e mostrano i due uomini ridere insieme a una sfilata di Victoria’s Secret nel 1999. Trump, in campagna elettorale, aveva promesso di rendere pubblici tutti i dossier Epstein. Tornato alla Casa Bianca, la promessa è rimasta lettera morta.

            Oggi, quell’immagine di gruppo a Mar-a-Lago rischia di fare più rumore di qualsiasi teoria del complotto. Perché i sorrisi immortalati raccontano legami che nessuna smentita potrà cancellare. E la sensazione, per l’America, è che il fantasma di Epstein stia tornando a bussare alla porta del presidente.

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              Elon Musk: “Hanno provato a uccidermi due volte. Costruirò un’armatura da Iron Man”

              Elon Musk, patron di Tesla e SpaceX, rivela su Twitter di essere stato bersaglio di due tentativi di omicidio negli ultimi otto mesi, suggerendo ironicamente la costruzione di un’armatura alla Iron Man per proteggersi.

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                La foto iconica di Donald Trump che alza il pugno al cielo, circondato dagli agenti del Secret Service, rappresenta l’attentato sventato contro l’ex presidente. In questo clima di tensione, Elon Musk ha preso la parola sul suo social, X (ex Twitter), per rispondere ai commenti che lo coinvolgevano direttamente.

                Ian Miles Cheong, amico di Musk, ha scritto: «Se arrivano a Trump, verranno anche per te». Musk ha risposto rivelando che due persone hanno già cercato di ucciderlo negli ultimi otto mesi, aggiungendo che sono stati arrestati con delle pistole vicino al quartier generale di Tesla in Texas.

                L’idea dell’armatura di metallo

                In seguito a un altro tweet, Musk ha accennato ironicamente alla possibilità di costruire un’armatura volante di metallo per proteggersi, ispirata a quella indossata da Tony Stark, il miliardario protagonista del fumetto Iron Man. Questo personaggio della Marvel Comics è noto per aver costruito un’avanzatissima armatura tecnologica che gli conferisce superpoteri. Musk, noto per le sue visioni futuristiche e audaci, ha fatto questa dichiarazione in risposta a un suggerimento su come rafforzare la sua sicurezza personale.

                Una nuova sfida per Musk?

                Elon Musk non è estraneo alle idee visionarie e ai progetti audaci. Che si tratti di viaggi nello spazio con SpaceX, di rivoluzionare il settore automobilistico con Tesla, o di sviluppare l’Hyperloop, Musk ha sempre spinto i confini dell’innovazione. L’idea di un’armatura alla Iron Man potrebbe sembrare uscita da un fumetto, ma con Musk alla guida, nulla sembra impossibile. I suoi progetti spesso combinano tecnologia avanzata e immaginazione senza limiti, rendendo plausibile che possa effettivamente lavorare su una protezione personale ispirata ai supereroi.

                Protezione e sicurezza ai massimi livelli

                Con due tentativi di omicidio alle spalle, Musk ha tutte le ragioni per prendere sul serio la sua sicurezza personale. La creazione di un’armatura avanzata, sebbene al momento sia solo un’idea ironica, potrebbe rappresentare un passo verso nuove frontiere nella protezione personale. E chi meglio di Musk potrebbe trasformare un’idea apparentemente fantastica in realtà?

                Come Iron Man

                Mentre il mondo osserva e commenta, Elon Musk continua a sfidare le convenzioni e a immaginare un futuro che sembra uscito direttamente dalle pagine di un fumetto. Che l’armatura alla Iron Man diventi realtà o rimanga un’ironica suggestione, una cosa è certa: Musk non smetterà mai di sorprenderci con le sue trovate fuori dagli schemi.

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