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Trump contro i pinguini: dazi anche sulle isole disabitate. Ecco la lista dell’assurdo

Cosa esportano i pinguini dell’isola Heard? E quali insidie commerciali pone l’ex base militare di Jan Mayen? Mistero. Ma Donald Trump, nella sua crociata contro il libero scambio, decide di tassare anche loro. La lista delle nuove tariffe Usa è talmente vasta e grottesca da colpire anche isole disabitate, fredde, irraggiungibili, e prive di qualsiasi economia reale. Una dimostrazione plastica della furia cieca di chi scambia la politica estera per uno sport da reality show.

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    Se sei un pinguino, preparati a pagare dazio. E se abiti su un’isola senza anima viva, nel mezzo del nulla antartico, meglio che tu ti affretti a costituire un sindacato: Donald Trump potrebbe decidere che sei un nemico dell’America. Già, perché nella nuova lista delle tariffe Usa presentata dall’ex presidente e candidato in pectore dei repubblicani, finiscono anche loro: le isole disabitate. Quelle fredde, inospitali, e soprattutto inutili dal punto di vista economico.

    È il caso delle isole Heard e McDonald, minuscoli lembi di terra persi nell’Oceano Indiano meridionale, patrimonio Unesco, abitati solo da foche, elefanti marini e pinguini reali. Lì non ci vive più nessuno dal 1877, quando i cacciatori di pellicce capirono che la pacchia era finita. L’attività economica – se così si può chiamare – è ferma da quasi centocinquant’anni. Eppure, eccole lì, colpite da una tariffa del 10%. Una mossa che suona come una dichiarazione di guerra a Madre Natura, o forse solo l’ennesimo colpo di teatro di un leader che ha deciso di combattere tutto ciò che non si chiama “America First”.

    Un’isola senza economia reale

    E non è un caso isolato. Jan Mayen, una remota isola vulcanica tra la Groenlandia e la Norvegia, che ospita una stazione meteo e qualche soldato che si alterna con turni da monaco trappista, è stata colpita dalla stessa tariffa. Un’isola che – per la CNN – “non ha economia, né abitanti permanenti, né alcuna reale interazione con il commercio globale”, eppure ora viene trattata come se fosse la nuova frontiera del dumping scandinavo.

    Ex colonia penale

    Ancora più surreale il caso dell’isola di Norfolk, nel Pacifico sud-occidentale. Un tempo colonia penale britannica, oggi ha circa duemila abitanti e vive di turismo, pesca e un po’ di ortaggi. Niente che possa mettere in crisi Wall Street. Eppure, la tariffa per Norfolk è del 29%, ben 19 punti in più rispetto al resto dell’Australia.

    La concorrenza dei pinguini

    Il premier australiano Anthony Albanese l’ha presa con britannico aplomb: «Non credo che Norfolk Island possa davvero rappresentare un concorrente commerciale per la gigantesca economia americana… ma questa scelta dimostra che nessun posto sulla Terra è al sicuro da Trump».

    Nemmeno le foche. Nemmeno i fiordi. Nemmeno i crateri vulcanici coperti di ghiaccio.

    Nuove tariffe doganali

    La lista delle nuove tariffe doganali volute da Trump è talmente lunga, e priva di qualsiasi discernimento logico, da assomigliare a una lista della spesa fatta bendati. Non si tratta più di una strategia commerciale, ma di una sorta di vendetta indiscriminata contro il mondo esterno, animata dalla paranoia che ogni prodotto straniero sia un sabotaggio ai danni dell’economia Usa. Anche quelli provenienti da luoghi dove non esistono fabbriche, né porti, né internet.

    A chi giova tutto questo? Forse solo alla campagna elettorale di Trump, che nella sua visione distorta e muscolare del mondo, ha bisogno continuo di nemici: la Cina, il Messico, il deep state… e ora anche un paio di isolette artiche dimenticate da Dio e dagli uomini.

    Nel frattempo, il mondo intero si chiede se queste scelte abbiano un senso o siano solo l’ennesima trovata da reality show geopolitico, con Trump a fare il protagonista assoluto di una narrazione in cui ogni cosa è una minaccia, ogni scambio è un inganno, ogni prodotto straniero è un cavallo di Troia.

    La CNN e il Guardian hanno provato a tracciare la logica dietro queste decisioni. Ne è emerso solo un grande punto interrogativo, pieno di cifre, sigle, confini tracciati a caso e provvedimenti tanto scenografici quanto inutili. L’effetto reale di questi dazi? Zero impatto sul PIL americano. Ma grande clamore mediatico, come sempre.

    E così, tra una bandiera sventolata e una fake news rilanciata, Trump continua a interpretare se stesso, a disegnare un mondo in bianco e nero dove gli amici si premiano e i nemici si bastonano, anche se si chiamano Jan Mayen o Heard Island e sono abitate solo da pinguini che non hanno mai sentito parlare di Washington.

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      Mondo

      Elon Musk: “Hanno provato a uccidermi due volte. Costruirò un’armatura da Iron Man”

      Elon Musk, patron di Tesla e SpaceX, rivela su Twitter di essere stato bersaglio di due tentativi di omicidio negli ultimi otto mesi, suggerendo ironicamente la costruzione di un’armatura alla Iron Man per proteggersi.

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        La foto iconica di Donald Trump che alza il pugno al cielo, circondato dagli agenti del Secret Service, rappresenta l’attentato sventato contro l’ex presidente. In questo clima di tensione, Elon Musk ha preso la parola sul suo social, X (ex Twitter), per rispondere ai commenti che lo coinvolgevano direttamente.

        Ian Miles Cheong, amico di Musk, ha scritto: «Se arrivano a Trump, verranno anche per te». Musk ha risposto rivelando che due persone hanno già cercato di ucciderlo negli ultimi otto mesi, aggiungendo che sono stati arrestati con delle pistole vicino al quartier generale di Tesla in Texas.

        L’idea dell’armatura di metallo

        In seguito a un altro tweet, Musk ha accennato ironicamente alla possibilità di costruire un’armatura volante di metallo per proteggersi, ispirata a quella indossata da Tony Stark, il miliardario protagonista del fumetto Iron Man. Questo personaggio della Marvel Comics è noto per aver costruito un’avanzatissima armatura tecnologica che gli conferisce superpoteri. Musk, noto per le sue visioni futuristiche e audaci, ha fatto questa dichiarazione in risposta a un suggerimento su come rafforzare la sua sicurezza personale.

        Una nuova sfida per Musk?

        Elon Musk non è estraneo alle idee visionarie e ai progetti audaci. Che si tratti di viaggi nello spazio con SpaceX, di rivoluzionare il settore automobilistico con Tesla, o di sviluppare l’Hyperloop, Musk ha sempre spinto i confini dell’innovazione. L’idea di un’armatura alla Iron Man potrebbe sembrare uscita da un fumetto, ma con Musk alla guida, nulla sembra impossibile. I suoi progetti spesso combinano tecnologia avanzata e immaginazione senza limiti, rendendo plausibile che possa effettivamente lavorare su una protezione personale ispirata ai supereroi.

        Protezione e sicurezza ai massimi livelli

        Con due tentativi di omicidio alle spalle, Musk ha tutte le ragioni per prendere sul serio la sua sicurezza personale. La creazione di un’armatura avanzata, sebbene al momento sia solo un’idea ironica, potrebbe rappresentare un passo verso nuove frontiere nella protezione personale. E chi meglio di Musk potrebbe trasformare un’idea apparentemente fantastica in realtà?

        Come Iron Man

        Mentre il mondo osserva e commenta, Elon Musk continua a sfidare le convenzioni e a immaginare un futuro che sembra uscito direttamente dalle pagine di un fumetto. Che l’armatura alla Iron Man diventi realtà o rimanga un’ironica suggestione, una cosa è certa: Musk non smetterà mai di sorprenderci con le sue trovate fuori dagli schemi.

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          Mondo

          Altro che Kung Fu Panda! Shaolin shock: l’abate “monaco Ceo” cacciato tra soldi, donne e scandali

          Il maestro del kung fu e degli affari, simbolo del Tempio Shaolin, è stato ridotto allo stato laicale. Accuse di appropriazione indebita, figli illegittimi e un impero commerciale sotto indagine

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            La meditazione non basta. Nemmeno le arti marziali, a quanto pare. In Cina, il colpo di gong non arriva da una sfida di kung fu, ma da un’inchiesta. Che travolge Shi Yongxin, l’abate più famoso del Tempio Shaolin, la culla millenaria del buddismo Chan e delle acrobazie marziali da film.

            Le accuse? Appropriazione indebita di fondi del monastero, gestione opaca dei beni del tempio e gravi violazioni dei precetti buddisti. Quest’ultima voce, che in Occidente farebbe sorridere, in Cina ha il peso di uno scandalo morale. Relazioni con più di una donna e almeno un figlio illegittimo, in aperto contrasto con la vita monastica.

            A confermare le voci è stato lo stesso Tempio Shaolin, attraverso una nota ufficiale su WeChat. Shi Yongxin è stato sospeso dal ruolo di guida spirituale. E ridotto allo stato laicale. Una caduta rovinosa per colui che per vent’anni era stato il volto del monastero e del kung fu nel mondo, trasformandolo in un brand globale.

            Shi non era un monaco qualunque. Dalla sua nomina ad abate nel 1999, ha reso Shaolin un impero commerciale. Tour per turisti, spettacoli internazionali di arti marziali, film e merchandising a tema monaco volante. Da Hollywood a Bollywood, chiunque abbia visto un calciatore saltare in aria in Shaolin Soccer ha assaggiato la sua idea di business spirituale. E così è arrivato il soprannome impietoso: “monaco Ceo”, più a suo agio con i conti bancari che con il silenzio della meditazione.

            Ora però, i conti li sta facendo con la polizia e con le autorità anticorruzione. L’indagine congiunta coinvolge forze dell’ordine, organi religiosi e uffici statali, decisi a fare chiarezza su un patrimonio che si è trasformato in una rete di società e fondazioni. Shi, secondo i registri di Qichacha, risultava legato a otto aziende, di cui cinque già liquidate. Tra quelle ancora attive spiccano l’Associazione buddista di Zhengzhou, la provinciale dello Henan e la China Songshan Shaolin Temple, la cassaforte fondata nel 1995 per monetizzare l’aura spirituale del monastero. Ma i controlli si allargano: 17 altre entità tra scuole di kung fu, centri di meditazione e aziende di medicina tradizionale sono finite sotto la lente.

            Non è la prima volta che Shi finisce al centro di un giallo finanziario e morale. Nel 2015 un monaco “dissidente” lo accusò di amanti, auto di lusso e figli segreti, mentre il tempio progettava un resort da 300 milioni di dollari in Australia con campo da golf e accademia di kung fu vista oceano. All’epoca le accuse furono archiviate nel 2017 e lui riapparve in pubblico come se nulla fosse, pronto a riprendersi applausi e flash. Ma stavolta l’aria è diversa: la sospensione è ufficiale, la laicizzazione definitiva, e la sua immagine di maestro serafico sembra destinata a rimanere solo sulle locandine dei vecchi spettacoli itineranti.

            Nel frattempo, il tempio Shaolin cerca di ripulire la sua immagine, ricordando al mondo che oltre ai colpi di kung fu ci sono ancora monaci pronti a meditare tra le nebbie del monte Song. E Shi? Lui, il monaco imprenditore, il campione delle arti marziali e della finanza creativa, ora sembra avere davanti un solo avversario che non si può battere a calci volanti: la legge.

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              Chi di Epstein ferisce di Epstein perisce, c’è il nome di Elon Musk nei file segreti. E con lui c’è il fratello Kimbal

              Secondo il Daily Mail, tra le oltre 100 personalità citate da Ghislaine Maxwell ci sarebbero anche i fratelli Musk. Un effetto boomerang dopo le accuse lanciate da Elon contro Trump.

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                Nove ore. Tanto è durato il faccia a faccia tra Maxwell e il segretario alla Giustizia americana Todd Blanche. Un incontro riservatissimo, che avrebbe avuto come obiettivo non solo l’ampliamento dell’elenco dei nomi coinvolti, ma anche – e forse soprattutto – la costruzione di una cornice utile ad alleggerire la posizione di Donald Trump. L’ex presidente, infatti, aleggia da mesi come un’ombra tra i dossier, e coinvolgere una miriade di altri personaggi potrebbe servire a diluire responsabilità e attenzioni.

                In questo quadro, l’ironia è evidente. A tirare in ballo Trump era stato proprio Musk, accusandolo via social di voler insabbiare la pubblicazione dei file perché coinvolto. Ora, secondo le fonti, anche il patron di X (ex Twitter) figurerebbe nei documenti. Con lui, il fratello Kimbal. Non è chiaro in quale veste o per quali rapporti, ma il fatto stesso che siano stati nominati nell’interrogatorio non passa inosservato.

                Maxwell, ex compagna e socia di Epstein, ha risposto – si legge – “onestamente e sinceramente” a tutte le domande. Ha parlato del principe Andrea, che ha sempre negato ogni accusa e che anni fa ha chiuso con un risarcimento milionario la causa intentata da Virginia Giuffre, poi morta suicida. E ha fatto nomi: Bill Gates, Bill Clinton, Alan Dershowitz, Les Wexner, Leon Black, solo per citarne alcuni.

                Ora si apre un’altra fase. Il ritorno di Blanche da un viaggio in Scozia coinciderà con un incontro a porte chiuse con Trump. Sul tavolo, la possibilità di una grazia a Ghislaine Maxwell, in cambio della sua collaborazione. Un’operazione delicata, che potrebbe scoperchiare nuovi dettagli o insabbiare per sempre quelli più scomodi. Intanto, tra le pieghe dei file, Elon e Kimbal fanno capolino. E forse cominciano a capire quanto possa essere pericoloso giocare col fuoco.

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