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Trump fa cassa con profumi, sneakers e una Bibbia d’oro

Donald J, Trump è a caccia di finanziamenti per la campagna elettorale e lo fa ‘firmando’ col suo nome una serie di prodotti: dalle ormai famose snakers dorate ai profumi fino a una speciale edizione della Bibbia.

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    Donald J. Trump è a caccia di finanziamenti per la campagna elettorale e lo fa ‘firmando’ col suo nome una serie di prodotti: dalle ormai famose sneakers dorate ai profumi, fino a una speciale edizione della Bibbia. In attesa delle elezioni presidenziali i due contendenti hanno da tempo intrapreso la raccolta dei fondi necessari per sostenere i costi di una lunga campagna elettorale. Ad aiutare il presidente in carica Biden, scendono in campo gli ex presidenti Obama e Bill Clinton raccogliendo in una sola serata oltre 25 milioni di dollari. Trump replica con una campagna di merchandising. Ovvero mette il suo nome su alcuni oggetti simbolo come sneakers, profumi e, ultima trovata, una speciale edizione della Bibbia.

    La Bibbia “God bless America”

    In un lungo e ben informato articolo il quotidiano Washington Post sospetta che queste iniziative, per sostenere la campagna elettorale, in realtà realizzino guadagni che andrebbero direttamente nelle tasche di Trump. La speciale edizioni della Bibbia è stata messa in vendita proprio durante la Settimana Santa sul sito GodBlessTheUSABible.com a 59,99 dollari (poco meno di 56 euro). Nel video promozionale, Trump invita gli americani ad avere “più religione e spirito cristiano”, una dichiarazione che ha scatenato reazioni sia tra i Repubblicani che i Conservatori. Tra i detrattori dell’ex presidente c’è chi lo invita proprio a leggere i passi della Bibbia sulla santità del matrimonio, considerati i suoi due divorzi.

    Le Gold Trump Sneakers 3

    Diverse settimana fa aveva fatto scandalo la messa in vendita delle sneakers dorate “Never Surrender”. Nonostante un prezzo elevato, 399 dollari, le mille paia di scarpe disponibili sul sito GetTrumpSneakers.com, sono andate a ruba dopo pochi minuti. A questo si aggiungono dieci esemplari firmati da Trump che oggi hanno valutazioni da record sui siti di aste online. Un successo replicato con le magliette realizzate a tempo di record con la foto segnaletica scattata ad Atlanta. Immagine che riproduce Trump in stato d’arrestato per l’accusa di aver influenzato il risultato delle presidenziali nello stato della Georgia.

    “not guilty”, non colpevole

    Magliette, felpe e tazze con la foto segnaletica e la scritta “not guilty”, non colpevole, vanno a ruba tra i giovani afro-americani, che si sentono perseguitati da un sistema legale ingiusto. E infine il profumo. Trump ha messo in vendita il profumo “Victory 47”, dove 47 è un riferimento al fatto che, se vincesse, diventerebbe il 47° presidente degli Usa. Prezzo? 99 dollari che, secondo il sito “sono destinate a chi prende il destino per le corna e fa la storia”. Insomma il team di Trump ce la sta mettendo propria tutta per inventarsi occasioni e battere cassa. Ma la raccolta fondi grazie ai gadget, secondo i media, non riuscirà a colmare la distanza che separa i repubblicani e i democratici. Almeno in termini economici.

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      Putin resuscita Intervision per sfidare l’Occidente e annuncia: “Gli Stati Uniti ci saranno sul palco”

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        Mancano 78 giorni. Un maxi-schermo in piazza del Maneggio, davanti al Cremlino, scandisce il conto alla rovescia verso un evento che sembra uscito dagli archivi della Guerra fredda: il ritorno di Intervision, la versione sovietica dell’Eurovision. E la notizia che scuote la diplomazia internazionale è una sola: tra i partecipanti ci saranno anche gli Stati Uniti.

        Sì, proprio loro. Lo conferma la Tass, agenzia stampa russa: Washington invierà una delegazione al festival musicale voluto da Vladimir Putin per riaffermare i “valori tradizionali” contro le derive “globaliste” di Eurovision. La kermesse andrà in scena a Mosca il 20 settembre, con delegazioni di Paesi “amici” come Cina, Iran, Venezuela, Cuba, Bielorussia, Qatar e Serbia. E ora anche gli Usa.

        Intervision, o Intervidenie in russo, è molto più di un concorso musicale. È una dichiarazione di intenti. Dopo l’esclusione della Russia da Eurovision nel 2022 – a causa della guerra in Ucraina – il Cremlino ha scelto di creare una propria vetrina musicale, completamente scollegata dai valori occidentali. “Un festival per famiglie, patriottico e sovrano”, ha detto il ministro della Cultura russo. E lo sarà: a rappresentare Mosca ci sarà Shaman, idolo pop ultranazionalista, famoso per il brano “Sono russo”. Nella giuria siederà anche Igor Matvienko, fondatore dei Liubè, il gruppo preferito di Putin.

        Ma è la presenza americana a rendere l’evento esplosivo. Per ora non si conosce l’identità del cantante o del gruppo che rappresenterà gli Usa. C’è chi ipotizza un artista vicino all’ambiente trumpiano, magari per lanciare un messaggio preciso in vista delle elezioni. Intanto, l’Ucraina protesta: “È propaganda russa”, ha detto il ministero degli Esteri, invitando i Paesi alleati a boicottare il festival.

        La verità è che Putin vuole riscrivere la geopolitica anche con le canzoni. E questa volta, il microfono diventa un’arma.

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          Crisi, frodi, milioni di debiti: così Trump era sull’orlo del fallimento prima di tornare alla Casa Bianca

          Tra sentenze miliardarie, tasse non pagate e aziende in perdita, il patrimonio di Donald Trump era a un passo dal crollo. Poi le elezioni e il business delle criptovalute hanno riscritto la storia

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            Solo un anno fa, Donald Trump era a un passo dal baratro finanziario. Gli affari andavano male, i grattacieli producevano utili ridotti, i golf club arrancavano, le aule di tribunale lo aspettavano a ogni angolo. Il quadro lo tratteggia il New York Times, che ha ricostruito la fase più oscura dell’impero del tycoon, con carte, numeri e documenti processuali. Oggi, invece, l’uomo più potente d’America è anche tornato a essere uno dei più ricchi.

            Nel 2023, durante un processo per frode, Trump aveva dichiarato di avere tra i 300 e i 400 milioni di dollari in contanti. Ma era un’illusione. Solo pochi anni prima, il suo patrimonio liquido risultava intorno ai 52 milioni. Le sentenze di condanna lo avevano travolto: 355 milioni da pagare per frode fiscale a New York, altri 88 milioni a favore della scrittrice Jean Carroll, che lo aveva querelato per diffamazione. A tutto questo si aggiungevano oltre 600 milioni di spese legali e almeno 100 milioni di tasse arretrate. Eppure, in pochi mesi, la situazione si è ribaltata.

            A cambiare il destino del tycoon è stato un mix esplosivo: la vittoria elettorale e l’arrivo sul mercato della criptovaluta di famiglia. Oggi, grazie alla World Liberty Financial, società cripto gestita dal clan Trump, sono già stati incassati più di 350 milioni di dollari con il lancio del Trump Memecoin. E gli investimenti non si fermano: tornei di golf in partnership con gli emiri, grattacieli in Arabia e Qatar, resort in Vietnam e gadget firmati Make America Great Again, dalle Bibbie alle chitarre.

            I legali parlano apertamente di conflitto di interessi, perché il presidente controlla sia la politica sulle criptovalute sia i suoi affari. Ma alla Casa Bianca minimizzano: “Trump difende solo gli interessi degli americani”, ha dichiarato la portavoce Karoline Leavitt. Eppure, mai come oggi, è chiaro che il potere politico di Trump sia tornato a muovere milioni, in una spirale dove affari e governo coincidono.

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              Lo Chef italiano alla corte saudita: «Il sovrano adora la vaniglia»

              Lo chef Daniele Chiari di Genzano ha conquistato il regno saudita. Dalla modernizzazione della tavola reale alla creazione di piatti innovativi, il suo viaggio culinario è un esempio di eccellenza e adattabilità.

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                Il sovrano va matto per il gelato alla vaniglia, ma non disprezza neppure altri piatti tipici della cucina italiana. Dai Castelli Romani all’Arabia Saudita, lo chef Daniele Chiari ha portato il suo talento culinario ai vertici del protocollo reale. Da sette anni, il 42enne di Genzano guida un team di 60 cuochi, creando menu per gli eventi ufficiali del governo di re Salman. La sua missione? Modernizzare l’etichetta della tavola reale.

                “Mi hanno chiamato per un incarico segreto. Poi ho scoperto che dovevo modernizzare la tavola per i capi di stato in visita al re,” racconta Chiari. Al suo debutto, ha puntato sui sapori mediterranei, introducendo piatti come la burrata, il tartufo, il tiramisù e la panna cotta, sconosciuti ai palati sauditi. Solo dopo la pandemia, lo chef ha iniziato a rivisitare piatti tradizionali sauditi: “Con la pasta integrale Margog creo una lasagnetta aperta con carne di cammello,” spiega.

                Chiari, che ha cucinato per personalità come Biden, Putin, e Xi Jinping, è noto per il suo riserbo, essenziale nel protocollo reale. “Anche se non mi sono mai avvicinato al sovrano, gli apprezzamenti arrivano attraverso il Protocollo reale. Re Salman ama l’agnello arrosto, il filetto di manzo con tartufo e la panna cotta ai mirtilli, ma soprattutto il gelato alla vaniglia,” svela Chiari.

                Per gli chef come lui, la preparazione dei menu richiede attenzione alle intolleranze e alle preferenze degli ospiti, per evitare gaffe. “Non riceviamo richieste particolari, solo liste di intolleranze,” aggiunge.

                Chiari è un maestro nel combinare tradizione e innovazione, anche con dessert come il tiramisù al caffè saudita al cardamomo. “Noi chef italiani siamo apprezzati per la nostra flessibilità,” conclude Chiari, che ha trasformato la sua passione per la cucina in un viaggio stellato dall’Italia al cuore dell’Arabia Saudita.

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