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Politica

Beppe Grillo licenziato da Giuseppe Conte: fine del contratto d’oro per il garante ribelle

E alla fine anche Beppe Grillo si ritrova fuori. Fine dei giochi per il garante del Movimento 5 Stelle che, secondo Giuseppe Conte, ha trascorso più tempo a fare contro-comunicazione che altro. E se saboti, perché ti dovrei pagare?

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    Giuseppe Conte non è uno che ama essere preso in giro, e di certo non lo si può biasimare. “Atti di sabotaggio”, così definisce quello che Grillo avrebbe fatto negli ultimi mesi. E, giustamente, se il fondatore del Movimento 5 Stelle passa il tempo a trasformare il proprio blog in una fanzine contro Conte, perché mai continuare a versargli quei 300mila euro l’anno di consulenza per la comunicazione? I maligni dicono che Grillo senta la botta proprio lì, nel portafoglio, ma questa è un’altra storia. Conte è chiaro: Grillo ha messo su una contro-comunicazione che non lascia più spazio a una collaborazione contrattuale. Come a dire: grazie e arrivederci, Beppe, ma non ti possiamo più pagare per farci la guerra in casa.

    Quando i soldi pesano più dei valori morali

    C’è poi il colpo di classe: “Grillo ha rivendicato il compenso come garante anche nelle ultime lettere che mi ha scritto”. Parole di Conte, che poi aggiunge, con una puntina di veleno: “Io non ho mai accettato che fosse pagato per questa funzione”. Il garante dovrebbe avere un “intrinseco valore morale”, mica venire pagato come un consulente qualsiasi. Ma l’ex comico genovese non l’ha mai vista così, evidentemente. Così Conte tira il freno a mano: basta soldi, basta equivoci.

    Da via di Campo Marzio, però, si sentono altri rumori. “Il contratto è ancora in vigore”, dicono dallo staff di Grillo. Per loro, il fondatore ha ancora qualche mese da fatturare. Ma Conte tira dritto: quel contratto, in queste condizioni, non si rinnoverà. E così si apre la faida definitiva. Davide Casaleggio, sempre pronto a gettare benzina sul fuoco, lo dice chiaramente: “È strano che Conte lo dica a Vespa e non a Beppe”. Ecco servita l’ennesima stilettata. Casaleggio aggiunge un altro tocco di classe: “Ne resterà solo uno, ma di elettore se continuano così…”. Insomma, è una partita senza esclusione di colpi, e pare che le battute taglienti siano l’arma preferita di tutti.

    La grande ipocrisia (finalmente) svelata

    Tutto questo? L’epilogo di una grande ipocrisia. Due anni e mezzo di tira e molla, di finte pacificazioni, e alla fine si è spezzato qualcosa di irreparabile. Grillo non è più il “padre nobile”, ma un disturbatore professionista che non perde occasione per sabotare quel che rimane degli ideali del Movimento. Conte, ferito, lo fa notare con un certo fastidio: “Umanamente sono molto colpito. Vedere oggi Grillo che contrasta in maniera così plateale un processo di partecipazione democratica che ci riporta agli ideali originali di Casaleggio mi ha rattristato moltissimo”. Lacrime di coccodrillo? Forse, ma la resa dei conti era nell’aria da tempo.

    Chi conosce Conte lo sa: ha fatto fuori prima Casaleggio, poi Di Maio. Ora è il turno di Grillo, il garante che non fa più da garante. Del resto, ormai nel Movimento 5 Stelle, di simboli del passato ce ne sono pochi. C’era bisogno di un’altra scissione, e ora è chiaro chi pagherà il prezzo più alto.

    Il “blog” di Grillo: una fiera delle vanità

    Chi si ferma a dare un’occhiata al blog di Grillo lo sa bene: il Movimento 5 Stelle lì non c’è mai stato. Un contratto da 300mila euro che, in termini di comunicazione, ha prodotto poco o nulla. Alcuni temi ricorrenti? Certo: salario minimo, tutela ambientale, lotta alla povertà. Ma del simbolo del Movimento, degli inviti al voto, dei grandi appelli alla base? Neanche l’ombra. Sembra che l’unico motivo per tenere quel contratto in piedi fosse proprio evitare il conflitto con il vecchio fondatore. Una “super mancia” per tenerlo buono. Ma alla fine, nemmeno quella è servita.

    Grillo non si faceva più vedere agli eventi pubblici, e quando lo faceva, sembrava più annoiato che ispirato. L’apoteosi del disinteresse: la sua stessa Genova, quando fu chiamato a votare per il Comune, lo vide disertare persino le urne. Da lì, una spirale discendente: dall’indifferenza alla guerra dichiarata, con attacchi su ogni fronte a Conte. Il culmine? Le lettere pubbliche e le invettive per difendere il passato, mentre Conte si apprestava a smontare pezzo per pezzo le fondamenta del Movimento.

    La resa dei conti finale

    E ora, eccoci qui. La consulenza non verrà rinnovata, e il resto lo deciderà la solita assemblea congressuale. Ma qualcuno davvero crede che si tornerà indietro? Conte ha ormai preso il largo, e Grillo è il passato che non vuole passare. In via di Campo Marzio lo sanno bene: la riappacificazione è un sogno che nessuno in realtà si aspetta. E così si prepara il prossimo capitolo. Dopo Di Maio e Casaleggio, ora tocca a Grillo essere messo alla porta. Chi sarà il prossimo a cadere?

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      Politica

      Andrea Giambruno e Federica Bianco, il bacio che fa rumore: la nuova coppia “ufficiale” finisce in copertina

      Il settimanale pubblica il primo bacio tra Andrea Giambruno e Federica Bianco, insieme da oltre un anno e sempre molto riservati. La relazione, finora schermata per discrezione e prudenza, torna al centro del gossip. E spuntano i precedenti selfie di coppia poi cancellati dai social, alimentando dubbi e domande.

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        Andrea Giambruno torna in prima pagina. Non per un fuorionda, non per un nuovo capitolo politico, ma per un bacio. Un bacio a stampo, catturato da Gente, che lo ritrae accanto a Federica Bianco, sua compagna da circa un anno e mezzo. Una foto che segna di fatto il loro debutto pubblico come coppia, dopo mesi trascorsi a dosare ogni uscita, ogni passo, ogni scatto.

        Lei, 42 anni, “beauty coach” — definizione che continua a dividere il pubblico del web — ed ex compagna del leghista Andrea Crippa. Lui, 44 anni, volto Mediaset ed ex della premier Giorgia Meloni, con cui condivide la figlia Ginevra. Insieme, fino a oggi, si erano concessi solo apparizioni di sfuggita, movimenti cadenzati e pochissimi segnali social.

        Un anno fa, sempre Gente, li aveva immortalati mentre cercavano di uscire di casa a distanza di pochi secondi, con la classica strategia degli innamorati “ma non troppo ufficiali”. Poi un parco, una passeggiata con i rispettivi figli — la famiglia allargata che si intravede ma non si dichiara. E poi il silenzio.

        A incrinare la riservatezza, qualche settimana fa, erano stati alcuni selfie pubblicati da Federica Bianco: abbracci, sguardi compiacenti, un accenno di normalità che sembrava preludere all’ufficialità. Poi, improvvisamente, le foto erano sparite. Rimosse. Nessuna spiegazione. Qualcuno aveva fatto pressione? Era stato un ripensamento? O semplicemente un eccesso di prudenza, vista la posizione dell’ex compagno della premier?

        Il tempismo rende tutto più interessante. Perché da quando, nell’ottobre 2023, Giorgia Meloni annunciò la fine della relazione via social dopo i fuorionda di Striscia la Notizia, la presidente del Consiglio ha mantenuto una riservatezza adamantina. Nessuna dichiarazione, nessun commento, nessun contatto pubblico con Giambruno. Una scelta personale, ma anche una linea politica: separare vita privata e ruolo istituzionale con rigore assoluto.

        Da qui la domanda inevitabile: come accoglierà questi nuovi scatti? Non tanto per gelosie superate, quanto per l’attenzione mediatica che ogni movimento dell’ex compagno inevitabilmente scatena.

        Giambruno e Bianco, dal canto loro, non sembrano più intenzionati a nascondersi. Il bacio di Gente sancisce un passaggio: la fine della fase “sotto traccia” e l’ingresso nel territorio delle coppie che non hanno più nulla da dissimulare.

        Il gossip ringrazia. E la politica osserva, leggermente divertita, leggermente infastidita, leggermente incuriosita. Anche perché, da queste parti, i baci non sono mai “solo” baci.

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          Politica

          Nuovo amore per Maria Elena Boschi: dopo Berruti arriva l’avvocato Roberto Vaccarella. Prima fuga romantica a New York

          Avvistati a Capalbio e pronti per un viaggio insieme negli Stati Uniti, Boschi e Vaccarella sembrano intenzionati a vivere questo nuovo legame lontano dal clamore. Per la deputata di Italia Viva si apre una nuova fase sentimentale: discreta, sorridente e con il passo leggero di chi ricomincia.

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            Archiviata una storia lunga e mediatica, se ne apre un’altra, più silenziosa ma non per questo meno intensa. Maria Elena Boschi sembra aver ritrovato il sorriso accanto a Roberto Vaccarella, avvocato penalista e fratello di Elena, da anni compagna del presidente del CONI Giovanni Malagò.

            Dopo cinque anni con l’attore Giulio Berruti — relazione intensa, raccontata e spesso sotto i riflettori — l’ex ministra di Italia Viva sceglie oggi un passo diverso. Meno esposizione, più vita reale. La notizia è circolata nelle ultime ore dopo le indiscrezioni sui primi avvistamenti a Capalbio, poi confermati da più fonti. Passeggiate, cene riservate, niente ostentazione.

            A questo si aggiunge un dettaglio che racconta bene l’evoluzione del rapporto: i due sarebbero pronti a partire per New York per la loro prima vacanza a due. Un viaggio simbolico, di quelli che segnano il passaggio da conoscenza promettente a coppia ufficiale. E chi conosce Boschi racconta di una serenità nuova, più matura, più protetta.

            La parabola è chiara: dalle copertine alla discrezione, dall’amore cinematografico a una relazione che sembra preferire il passo lento e gli occhi bassi sulle cose piccole. Il resto, al momento, resta fuori dall’inquadratura. Nessun annuncio, nessuna foto insieme, nessuna conferma social.

            Per lei è un ritorno a una normalità voluta, dopo anni in cui la vita privata è stata materia di dibattito pubblico. Oggi la narrazione cambia: c’è spazio per un sorriso nelle vie del centro, per un viaggio programmato con calma, per un tempo personale che non chiede applausi.

            Se son rose fioriranno, dice il proverbio. Qui, per ora, c’è un bocciolo custodito, e la scelta precisa di lasciarlo crescere senza fretta. In un mondo che corre, Maria Elena Boschi — almeno sul fronte del cuore — sembra aver deciso di fermarsi dove il ritmo è più umano. E di ripartire, stavolta, solo quando sarà il momento.

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              Politica

              “Cerchiamo di non dare notizie sulla villa di Giorgia Meloni”: il messaggio di Ghiglia e il caso privacy che agita Palazzo Chigi

              La vicenda nasce dall’interrogazione di Italia Viva sui lavori dell’abitazione della premier. Nei messaggi agli uffici, il componente del Garante Privacy chiedeva se fosse possibile “coprire” alcuni dati. In aula, il governo respinse la richiesta di dettagliare i fornitori per motivi di riservatezza.

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                Quando un messaggio diventa un caso politico, il confine tra diritto alla privacy e trasparenza pubblica si fa sottile. È il cuore della storia ricostruita da “Report”, che punta i riflettori su Agostino Ghiglia, componente dell’Autorità garante per la Privacy in quota Fratelli d’Italia, e sul suo intervento a tutela della premier Giorgia Meloni.

                Il messaggio agli uffici
                Il programma di inchiesta riporta una comunicazione interna di Ghiglia, risalente ai primi giorni del 2025, in cui il componente dell’Autorità chiede di approfondire l’interrogazione parlamentare presentata da Francesco Bonifazi e Maria Elena Boschi. Il tema era la villa acquistata dalla presidente del Consiglio per 1,1 milioni di euro nella zona del Torrino, a Roma. Il messaggio è netto: «Cercatemi interrogazione Bonifazi. Approfondiamo se è suo diritto ad avere risposta a tutte le domande, in dettaglio. O se qualcosa si può coprire in termini di protezione dati, al netto della trasparenza e dell’interesse pubblico. Urgente».

                Le interrogazioni e la linea del governo
                Secondo “Report”, quell’indicazione puntava a verificare se fosse possibile limitare la quantità di informazioni fornite. Una strategia che si riflette poi nella risposta dell’esecutivo: in aula il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, rifiuta di comunicare l’elenco dei fornitori impegnati nei lavori di ristrutturazione della villa, richiamando la tutela della riservatezza. «Verrebbe meno l’aspettativa di privacy», spiegò.

                La cronologia del trasferimento
                Il dossier sulla residenza della premier era già emerso mesi prima delle Europee del 2024, quando Meloni lasciò l’abitazione messa a disposizione in comodato dal senatore di Fratelli d’Italia Giovanni Satta per trasferirsi nella nuova casa. L’acquisto, perfezionato nel gennaio 2025 senza mutuo, riguardava una villa “chiavi in mano”, come la stessa premier aveva puntualizzato, chiamandosi fuori da eventuali domande su precedenti abusi edilizi e specificando che ogni responsabilità era prevista nel contratto di compravendita.

                Il nodo politico: privacy o opacità?
                Il caso apre una riflessione: fino a che punto la riservatezza può legittimare il silenzio della pubblica amministrazione quando si parla di figure istituzionali? Da un lato il diritto alla privacy, dall’altro il principio di trasparenza legato alla gestione della cosa pubblica. Una tensione che torna ciclicamente, soprattutto quando si intrecciano ruoli di governo, interrogazioni parlamentari e controlli istituzionali.

                Se per alcuni si tratta di legittima tutela della sicurezza e della privacy di una figura apicale, per altri è un precedente delicato. Nel mezzo, ancora una volta, l’equilibrio sottile che separa ciò che i cittadini hanno il diritto di sapere e ciò che resta nelle stanze dei palazzi romani.

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