Politica
Caso Boccia: quando il cellulare vibra come un terremoto, scosse di magnitudo politica
I dispositivi sequestrati alla manager campana, ex amante dell’ex ministro Sangiuliano, potrebbero contenere prove che aggravano la posizione di Gennaro “Genny Delon”. Intanto, lei sfida i pm con messaggi provocatori sui social.

Maria Rosaria Boccia sembra non avere paura. Anzi, sfida apertamente gli inquirenti che hanno sequestrato i suoi dispositivi elettronici, pubblicando foto di nuovi iPhone e scrivendo “Operativa”. Ma, dietro questa ostentazione, si nasconde una vera bomba a orologeria per l’ex ministro Sangiuliano. Perché, se è vero che i carabinieri stanno analizzando i 15 device sequestrati – tra cellulari, tablet, pc e pen drive – ciò che potrebbero trovare non riguarda solo le bravate sentimentali di Boccia, ma anche documenti riservati e conversazioni compromettenti che coinvolgono il Ministero della Cultura e lo stesso Gennaro.
In questo gioco di potere e ricatti, l’ex amante si è mossa con disinvoltura tra conversazioni al limite dell’intrusione e messaggi apparentemente innocui, ma potenzialmente devastanti per la carriera politica di Sangiuliano. Basti pensare alle sue telefonate alla moglie di lui, Federica Corsini, per raccontarle ogni dettaglio della loro relazione, inclusi i viaggi istituzionali e gli appuntamenti privati. “Mi sento la moglie di un ministro” – scriveva lei, e intanto lo teneva in pugno. Ma, se i pm trovassero prove di un coinvolgimento attivo di Genny Delon nel traffico di informazioni riservate, la situazione per lui si complicherebbe ulteriormente.
Amore, ricatti e screenshot: cosa c’è nei device di Boccia
Si sa che Maria Rosaria, dopo essere stata scaricata come un sms non letto, non l’ha presa bene. Invece di andare avanti con il suo ruolo di influencer, ha deciso di puntare in alto, sfruttando quella che credeva essere una polizza d’assicurazione a vita: le chat e i documenti raccolti durante la relazione con l’ex ministro. “Sono arrivato al punto di non farmi problemi se tu fossi incinta di me, anzi sarei felicissimo” scriveva Sangiuliano, in un momento di debolezza. Ma questo messaggio, più che una dichiarazione d’amore, suona come una resa.
È evidente che l’ex ministro era alle corde. Non è chiaro se per amore o per paura, ma di certo non aveva più il controllo della situazione. E Maria Rosaria, forte di questa consapevolezza, non ha esitato a fare pressioni, minacciare rivelazioni, inventare false gravidanze e simulare la sua presenza in luoghi privati frequentati da Sangiuliano. Il tutto, per ottenere un posto da consigliera per i Grandi Eventi, mai arrivato. Alla fine, quello che ha ottenuto è stato solo un avviso di garanzia.
Un’ombra lunga sul ministero
Il sequestro di 600 giga di dati elettronici fa tremare molti, dentro e fuori dal Ministero della Cultura. Gli inquirenti cercheranno prove non solo di pressioni indebite, ma anche di eventuali informazioni riservate passate dalla scrivania del ministro a quella della sua amante. Qualsiasi cosa emerga, la posizione di Sangiuliano potrebbe aggravarsi, con l’accusa di rivelazione di segreto e peculato che rischia di assumere contorni ben più seri.
La “Poppea di Pompei” contro il governo
La presenza di Boccia nel mondo istituzionale, pur non avendo nessun titolo ufficiale, ha sollevato più di una perplessità. Come ha fatto ad avere accesso a determinati ambienti e a ricevere documenti riservati? Quali promesse le sono state fatte e da chi? Sono tutte domande che, per ora, rimangono senza risposta.
Intanto, mentre gli inquirenti cercano di fare luce sui dettagli più sordidi di questa vicenda, la “Poppea di Pompei” si gode il suo momento di celebrità sui social, sfoggiando nuovi dispositivi e rilanciando con ironia i suoi hashtag. Ma tra un post e l’altro, la situazione per lei si fa sempre più critica. È vero che ha perso il posto al ministero, ma potrebbe aver guadagnato un altro tipo di riconoscimento: quello di principale testimone (e imputata) in uno dei più clamorosi scandali politici degli ultimi anni.
E Genny Delon? Per lui, il peggio potrebbe ancora venire. Chissà cosa spunterà fuori da quei cellulari sequestrati. Forse non sono solo i fedelissimi del ministero a dover tremare, ma anche qualche volto noto del governo. Un consiglio a Genny: quando si parla d’amore e potere, meglio usare la testa e non solo il cuore.
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Politica
Tajani sorride, i Berlusconi comandano: Forza Italia a Cologno fra consigli, statuti e voglia di rinnovamento
Antonio Tajani arriva a Cologno Monzese per un incontro “tra amici”, ma la regia politica di Forza Italia è ormai tutta nelle mani degli eredi del Cav. Pier Silvio parla di “rinnovamento”, e il segretario obbedisce: nuovo statuto, nuova comunicazione, stesso sorriso forzato.

«Parleremo di tutto, del futuro e anche di Forza Italia». Antonio Tajani prova a recitare il copione del leader saldo, mentre si presenta alla villa di Marina Berlusconi a Cologno Monzese. Lo accompagna il mantra di sempre: «Li conosco da quando sono ragazzi, questi incontri li abbiamo sempre fatti». Ma dietro le parole di circostanza, la fotografia è chiara: chi comanda davvero sono gli eredi del Cavaliere.
A tavola con lui ci sono Marina e Pier Silvio, veri azionisti politici e finanziari del partito – il loro credito verso Forza Italia sfiora i 90 milioni di euro – e Gianni Letta, garante della liturgia familiare. L’incontro era stato rinviato due settimane fa tra voci di malumori, ora torna come se nulla fosse: «Un incontro tra amici», dice Tajani, cercando di smussare i rumors su un partito percepito come troppo appiattito sugli alleati e incapace di ritagliarsi uno spazio proprio.
La realtà è che basta una frase di Pier Silvio Berlusconi per orientare la rotta: quando ha parlato di “rinnovamento”, Tajani ha eseguito. In pochi giorni è arrivato il nuovo statuto, è stato scelto Simone Baldelli come coordinatore della comunicazione e si è dato il via a un lifting silenzioso della catena di comando. Tutto senza clamori, ma con un messaggio inequivocabile: Forza Italia è un marchio di famiglia, e chi la gestisce in politica lo fa in affitto.
Intanto, le voci di insofferenza per il segretario crescono: la linea prudente di Tajani, fatta di piccoli compromessi e temi secondari come lo Ius scholae, convince poco i custodi del brand berlusconiano. «Ascolto i consigli che arrivano dagli amici», ripete lui, ma gli amici hanno appena deciso quali note dovrà suonare.
Per ora Tajani sorride e incassa. La regia resta a Cologno, la bacchetta pure.
Politica
Pier Silvio, lo sapevamo! E ora se ne accorge anche Elon Musk…
È bastato un sondaggio su X per confermare quello che in pochi osavano dire ad alta voce: l’aria attorno a Pier Silvio si è fatta politica. E i segnali, per chi li sa leggere, c’erano già tutti.

Che Pier Silvio Berlusconi si stia preparando al grande salto, lo diciamo da mesi. Altro che operazione estemporanea, altro che voce di corridoio estiva. Chi ha seguito davvero l’evoluzione di questo “uomo nuovo” della galassia berlusconiana — il figlio silenzioso, manageriale, quasi allergico ai riflettori — sa bene che certi segnali non arrivano mai per caso. Ora a certificare l’odore di politica è anche Andrea Stroppa, l’uomo-ombra di Elon Musk in Italia, che da X lancia l’endorsement più bizzarro dell’estate: “Pier Silvio in politica sarebbe positivo. E divertente”. In tempi normali, verrebbe da sorridere. Ma qui si parla della piattaforma social preferita dai potenti, e di un nome che, con tutto il suo low profile, fa tremare ancora qualche sismografo.
Stroppa, senza un partito né un programma, si spinge a dichiarare che un eventuale movimento guidato da Pier Silvio sarebbe già intorno al 15%. Con che base, non si sa. Ma il messaggio è chiaro: da oltreoceano l’ipotesi piace. E quando Musk fiuta qualcosa, anche solo per gioco, c’è sempre qualcuno che prende nota. A partire da chi ha interesse a vedere cambiare volto (e stile) al centrodestra.
Certo, ufficialmente Pier Silvio continua a dirsi estraneo alla politica. Ma intanto ha ripulito Mediaset, ha imposto una nuova linea editoriale, ha tagliato le unghie al trash di partito, ha ricostruito un’identità aziendale fatta di ordine e sobrietà. E ora viene celebrato da quelli che — a parole — odiano la “casta”, ma in fondo cercano proprio un nuovo principe ereditario a cui aggrapparsi.
Non serve che parli, per essere ascoltato. Non serve che si candidi, per fare paura. Pier Silvio c’è, eccome. E chi lo ha capito in tempo, oggi non ha bisogno di sondaggi per fiutare dove tira il vento.
Politica
Meloni sul Time: dalla fiamma al glamour, ora Giorgia conquista la copertina del magazine americano.
Giorgia Meloni è la nuova star del Time: “Figura interessante d’Europa”. Il profilo elogia la sua ascesa, il pragmatismo e la postura internazionale. Ma tra omissioni, ambiguità e scatti patinati, l’operazione profuma più di rebranding che di rivoluzione politica.

Altro che l’Italia degli spaghetti e mandolino: ora ci sono i tacchi, i dossier sottobraccio e le copertine patinate. Giorgia Meloni si prende il Time. E non un trafiletto laterale: la copertina. “Una delle figure più interessanti d’Europa”, scrive il magazine. Tradotto: la destra in tailleur è finalmente presentabile anche in salotto, purché non urli troppo.
Il ritratto firmato da Massimo Calabresi è lungo, curato, levigato. E racconta una Meloni capace di sorprendere: meno barricadera di quanto i suoi stessi elettori forse speravano, più atlantista di molti centristi in doppiopetto. Una premier che affascina Washington, piace a Bruxelles, si fa fotografare in posa riflessiva mentre promette riforme “presidenziali” con un occhio a Mattarella e l’altro a Trump.
Ma il punto non è chi l’ha intervistata. È chi ha scelto di dimenticare. Perché nel ritratto non c’è traccia di certi provvedimenti sgraziati, né delle leggi che strizzano l’occhio al voto nostalgico. Scompare magicamente il piglio muscolare sui migranti, l’offensiva contro la stampa, i sussurri autoritari che sanno tanto di passato che non passa mai. E il pragmatismo? Viene scambiato per democrazia, come se bastasse non salire su un balcone per essere Churchill.
Certo, l’articolo ricorda che Biden l’aveva presa con le molle. Ma oggi la benedice, come fanno Von der Leyen e i repubblicani Usa. Tutti affascinati da una leader che parla chiaro, cammina dritta e non fa troppe onde. In fondo, Meloni non rompe con Bruxelles: cerca solo di renderla un po’ più FdI-friendly. Altro che rivoluzione: è la normalizzazione del post-fascismo a colpi di selfie e parole misurate.
E se oggi il mondo applaude Giorgia, è anche perché fa comodo una destra “gestibile” nel cuore dell’Europa. Una che non alza la voce, ma tiene saldo il timone. E soprattutto non si vergogna di portare in copertina la fiamma del MSI, pur illuminata da un riflettore americano.
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