Politica
Europee 2024: estrema destra avanti in Europa
Una marea nera di estrema destra travolge le elezioni europee 2024, con risultati clamorosi in Francia, Germania e molti altri Paesi dell’Unione.
Le elezioni europee del 2024 hanno segnato un drastico spostamento politico nell’Unione Europea, con una vera e propria marea nera di voti a favore dei partiti di estrema destra. Questo fenomeno ha colpito duramente molte nazioni, compresi alcuni dei Paesi storicamente più europeisti. I risultati sono clamorosi, soprattutto in Francia e Germania, dove i partiti nazionalisti hanno ottenuto vittorie significative. Questo scenario evidenzia un cambiamento radicale nelle dinamiche politiche del continente, con l’estrema destra che avanza in numerosi Stati membri.
Francia
In Francia, l’estrema destra di Rassemblement National (RN) guidata da Marine Le Pen e dal capolista Jordan Bardella ha ottenuto il 32,4% dei voti, secondo gli exit poll Ifop-Fiducial per TF1, LCI e Le Figaro. Questo risultato è il doppio rispetto a Renaissance, il partito del presidente Macron, con la candidata Valérie Hayer, che ha raccolto solo il 15,2%. Anche il piccolo partito della destra nazionalista di Marion Maréchal, Reconquest!, ha superato la soglia del 5%, attestandosi al 5,1%. Di fronte a questi risultati, Emmanuel Macron ha deciso di sciogliere l’Assemblea Nazionale e indire elezioni anticipate, previste per il 30 giugno (primo turno) e il 7 luglio (secondo turno). Macron ha dichiarato: “Ho sentito il vostro messaggio e non lo lascerò senza risposta”.
Germania
In Germania, i Socialdemocratici del cancelliere Olaf Scholz hanno subito una battuta d’arresto, classificandosi dietro ai conservatori e alla destra nazionalista. Secondo i sondaggi delle emittenti pubbliche ARD e ZDF, l’SPD di Scholz ha ottenuto il 14% dei voti, mentre i Conservatori (CDU e CSU) sono primi con il 29,5-30%, e l’estrema destra AfD al secondo posto con il 16,5-16%.
Spagna
In Spagna, il Partido Popular ha vinto le elezioni europee con il 34% delle preferenze e 22 seggi, superando i socialisti al 30% con 20 eurodeputati. Terza forza è l’ultradestra di Vox, con il 9,6% dei voti e 6 seggi. Le sinistre di Sumar e Podemos hanno ottenuto ciascuna 3 seggi, mentre il partito populista Se acabó la fiesta ha ottenuto 3 deputati. Ciudadanos è scomparso, non riuscendo a mantenere i sette deputati ottenuti nelle precedenti elezioni europee.
Grecia
In Grecia, il partito di destra del primo ministro Kyriakos Mitsotakis ha ottenuto il 28-32% dei voti, secondo gli exit poll del canale ERT. Syriza, guidato da Stefanos Kasselakis, ha seguito con il 15,2%.
Austria
In Austria, la destra nazionalista del FPO ha ottenuto il 27% dei voti, diventando la forza politica più importante del Paese per la prima volta nella sua storia. I conservatori (ÖVP) e i socialdemocratici (SPÖ) sono alla pari con poco più del 23%, mentre i Verdi hanno ottenuto il 10,5%.
Ungheria
In Ungheria, il partito Fidesz del premier Viktor Orban ha ottenuto il 44,1% delle preferenze, mentre il nuovo partito Tisza, guidato da Péter Magyar, ha raggiunto il 30,09%. Nonostante i proclami di vittoria di Orban, Fidesz ha registrato il peggior risultato elettorale europeo di sempre.
Belgio
In Belgio, i nazionalisti fiamminghi di estrema destra e di destra hanno ottenuto il 14% dei voti ciascuno con il partito nazionalista Vlaams Belang e l’N-Va, assicurandosi sei seggi complessivamente. Nella Vallonia, i socialdemocratici e l’estrema sinistra hanno dominato, con il Partito Socialista Belga e il Ptb-Pvba ottenendo due deputati ciascuno. I liberali del Mouvement Réformateur (MR) hanno conquistato tre seggi, portando il premier Alexander De Croo a dimettersi.
Slovenia
In Slovenia, l’ex primo ministro Janez Jansa ha dichiarato che il suo Partito Democratico Sloveno ha sconfitto il partito al governo, il Movimento per la Libertà, ottenendo quattro seggi contro i due seggi del partito al potere.
Repubblica Ceca
Nella Repubblica Ceca, il partito dell’ex premier Andrej Babiš ha vinto con il 26,14% dei voti, assicurandosi sette seggi. La coalizione di governo SPOLU ha ottenuto sei mandati, mentre la nuova coalizione di estrema destra Prísaha e Motoristé ha conquistato due mandati.
In tutta Europa, i partiti di estrema destra hanno registrato significativi avanzamenti, segnando un cambiamento notevole nello scenario politico del continente.
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Politica
Boccia, Sangiuliano e la strana omonimia tra il marito della ragazza e uno dei maggiori esperti italiani di disinformazione online.
L’account “Politica&Amori” sarebbe opera di un professionista del web, secondo le indagini. Due settimane fa, La City aveva già collegato i puntini tra un esperto di disinformazione e l’ex marito di Maria Rosaria Boccia.
Ora ci stanno arrivando tutti. Anche i giornali più noti come Il Fatto Quotidiano iniziano a puntare i riflettori sull’account Instagram “Politica&Amori”, che ha dato il via allo scandalo tra Maria Rosaria Boccia e l’ex ministro Sangiuliano. Per citare proprio Il Fatto: “C’è una domanda, nel caso Boccia-Sangiuliano, alla quale la Procura di Roma dovrà rispondere: chi c’era dietro l’account Instagram “Politica&Amori” che dall’8 agosto imbecca il giornalista Gabriele Parpiglia affinché racconti la liaison tra i due?”
E poi ancora: “Politica&Amori non soltanto, dopo le comunicazioni su Maria Rosaria Boccia e Sangiuliano, non esiste più, ma nei fatti è stato distrutto: difficilmente si potrà risalire a chi lo gestiva in quelle ore. Ed è il lavoro di un professionista. Le comunicazioni su Sangiuliano e Boccia sono state le ultime: poi è scomparso nel nulla attraverso un know how molto raffinato”.
Il Fatto ha chiesto addirittura a un esperto di digital forensic di analizzare il profilo: “Non si trattava di un comune utente dietro un account anonimo. Era un professionista che ha messo a disposizione di qualcuno – per questo è importante capire chi – un’identità che in passato s’è mossa come un bot e avrebbe anche rubato le “generalità” ad altri profili reali. Negli ultimi sei anni ha cambiato identità circa 800 volte. In alcuni casi è stato utilizzato per spammare commenti su siti pornografici. E ancora: le Vpn (reti virtuali private) utilizzate per mascherare le reali localizzazioni, sono via via cambiate, ma hanno sempre fatto riferimento a paesi dell’est Europa (Romania e Bulgaria)”.
Ed ecco le conclusioni dei colleghi: “Qualcuno, quindi, prima di contattare Parpiglia, ha cercato sul mercato chi gli potesse procurare un account non individuabile. Dietro questo profilo si celava un esperto del settore, forse un’agenzia, che, secondo le fonti interpellate vendono questo tipo di servizi tra i 15 e 20 mila euro. È il segno di un piano studiato a tavolino. Con lo scopo di far esplodere il caso Boccia-Sangiuliano. Altro fatto certo: la persona che interloquiva con il giornalista aveva informazioni molto riservate e, in alcuni casi, piuttosto precise”.
Ma per noi de La City, questa non è una novità.
Due settimane fa avevamo già anticipato che dietro questa vicenda potesse nascondersi qualcosa di più complesso di una semplice storia d’amore e tradimenti. Ci siamo accorti subito di un particolare interessante: la coincidenza dei nomi tra l’ex marito della Boccia, Marco Mignogna, e un altro Marco Mignogna, esperto di disinformazione online, che nel 2017 era finito sotto i riflettori del New York Times come uno dei maggiori esperti italiani di “disinformatia” e propaganda digitale. Coincidenza? Forse. Ma troppe variabili si incastrano alla perfezione per non prendere seriamente in considerazione questa ipotesi.
La storia risale al 2017, quando il New York Times, in un’inchiesta firmata dalla prestigiosa penna di Jason Horowitz, aveva identificato tal Marco Mignogna, campano di Afragola (che dista da Pompei meno di trenta chilometri) come uno dei principali attori nel panorama della disinformazione digitale in Italia. Secondo il quotidiano americano e altre fonti come il Quotidiano Nazionale, quel Mignogna era collegato a una rete di siti che spacciavano fake news a favore di Putin, della Lega e del Movimento 5 Stelle, e che avevano l’obiettivo di minare la credibilità dell’allora governo Renzi.
Il Mignogna del 2017
Il Mignogna di oggi
Ora, alla luce delle nuove rivelazioni del Fatto, appare sempre più chiaro che l’account “Politica&Amori” – quello che ha lanciato l’affaire Boccia – non fosse opera di un dilettante, ma di qualcuno con un know-how specifico nel manipolare l’informazione online. Secondo il Fatto Quotidiano, l’account è scomparso nel nulla subito dopo aver diffuso i dettagli sulla relazione tra Boccia e Sangiuliano. Gli esperti hanno definito questa scomparsa come il lavoro ad altissimo livello di un professionista, capace di distruggere ogni traccia in tempi brevissimi.
Noi de La City avevamo già collegato i puntini. Non c’è bisogno di andare lontani. Sapete come si chiama l’ex marito (ex non troppo visto che risultano ancora sposati perché non esiste un divorzio) di Maria Rosaria Boccia? Marco Mignogna! Un’omonimia. Certo, può essere. Noi facciamo un’ipotesi, non diamo alcuna risposta. Anche se, restringendo il cerchio, che esistano due Marco Mignogna della stessa fascia d’età in un raggio geografico così ridotto… beh, è perlomeno difficile da ipotizzare.
Ma se l’ex marito della Boccia, fosse lo stesso uomo citato in precedenza come esperto di disinformazione, è qualcosa che non può essere ignorato. Le analogie ci sono tutte: stessa fascia d’età, stesso contesto geografico (Napoli e dintorni), stesso settore di competenza, ovvero l’informatica. E, cosa ancor più interessante, lo stesso volto. Una vecchia foto di Mignogna ripresa dal Quotidiano Nazionale è praticamente identica a quella mostrata recentemente durante un’intervista esclusiva di Paolo De Debbio con l’ex marito della Boccia.
Le rivelazioni attuali ci danno ragione: l’account in questione, secondo gli esperti interpellati dal Fatto, era frutto di un’operazione orchestrata da qualcuno che sa perfettamente come funzionano i meccanismi del web e come manipolare le informazioni. Un esperto, insomma. E se fosse davvero il nostro Mignogna, colui che anni fa veniva indicato come una delle menti dietro le fabbriche di troll e disinformazione a sostegno di partiti italiani anti-establishment?
E il movente? Come in ogni delitto quello è la cosa più importante, lo insegnano milioni di libri gialli. E qui c’è pure quello e non è certo la rabbia e la frustrazione di una giovane sedotta e abbandonata dal potente di turno. Il Mignogna, quello del New York Times, lavorava per la Lega e per Salvini oltre che per Mosca. E entrambi potrebbero – è un’ipotesi, chiariamoci – essere molto interessati a minare l’immagine del Governo Meloni troppo atlantista.
Fantascienza? Mere ipotesi? Può darsi…
Per ora, le nostre sono solo supposizioni basate su indizi, ma il quadro si sta componendo, e la nostra intuizione iniziale sta trovando sempre più conferme. Se anche i grandi giornali come Il Fatto Quotidiano si stanno muovendo in questa direzione, è segno che il nostro lavoro di inchiesta ha colto nel segno: ci sono troppi elementi che non possono essere sottovalutati e la pista dell’esperto informatico va approfondita. Aspettiamo ulteriori sviluppi, ma una cosa è certa: noi l’avevamo detto prima.
Politica
Pier Silvio Berlusconi furioso per il caso delle foto: tensione alle stelle con Signorini, tra smentite e pressioni politiche
Mentre Berlusconi nega categoricamente di aver saputo delle foto di Sangiuliano e Boccia, e respinge ogni accusa di volerle usare a fini politici, il rapporto con Alfonso Signorini si incrina. Le voci su un complotto contro Giorgia Meloni scuotono il mondo politico e mediatico, alimentando il sospetto di giochi di potere dietro le quinte.
Pier Silvio Berlusconi è inviperito. Le voci che circolano da giorni insinuano che lui fosse a conoscenza delle famose foto compromettenti di Gennaro Sangiuliano e Maria Rosaria Boccia, immagini che sarebbero state bloccate dall’intervento di Alfonso Signorini, il direttore di Chi. Questi rumors, che hanno agitato il panorama mediatico e politico, avanzano persino l’ipotesi che Pier Silvio avrebbe potuto utilizzare le foto per far pressione politica su Giorgia Meloni, una teoria che ha fatto montare un’ondata di indignazione. Ma Berlusconi non ci sta e, attraverso Fininvest, ha subito smentito categoricamente ogni coinvolgimento.
“Non è nostra prassi intervenire sulle scelte editoriali delle redazioni del Gruppo,” ha dichiarato un portavoce di Fininvest. Ma la reazione rabbiosa di Pier Silvio non si ferma alle smentite ufficiali. Secondo fonti interne a Mediaset, il figlio del Cavaliere sarebbe furioso con Signorini, il quale è considerato troppo coinvolto in uno scandalo che rischia di danneggiare non solo la sua immagine, ma anche i delicati equilibri tra il gruppo Mediaset e il mondo politico. La tensione tra i due è palpabile, con alcuni che ipotizzano addirittura che questo potrebbe segnare la fine della collaborazione tra Berlusconi e il direttore di Chi.
La trama dietro le foto sparite
Il cuore del problema è legato a un servizio fotografico che ritraeva l’allora ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e l’imprenditrice Maria Rosaria Boccia in atteggiamenti privati. Le immagini avrebbero confermato una relazione tra i due, alimentando le voci di una separazione tra Sangiuliano e la moglie Federica Corsini. Quelle foto, mai pubblicate, sono state bloccate dall’intervento di Signorini, che le avrebbe acquistate per evitare che finissero su altre testate. Un’operazione che ha suscitato domande e che ha spinto alcuni a credere che dietro ci fosse Pier Silvio, con l’intento di utilizzare quelle immagini per fini politici.
L’accusa, nonostante le smentite, ha sollevato un polverone. Si vocifera che Berlusconi, preoccupato per l’ascesa di Giorgia Meloni e il crescente peso politico di Fratelli d’Italia, potesse aver pensato di utilizzare le foto per indebolire la leader di governo. “Niente di più lontano dalla verità,” ribadiscono fonti vicine a Berlusconi, sottolineando che “l’idea che Pier Silvio volesse intraprendere un’azione del genere è pura fantasia”.
Un favore che costa caro
Nell’intervista a Il Centro, Maria Rosaria Boccia ha affermato che la famiglia Berlusconi fosse a conoscenza delle foto, aggiungendo che un consigliere di Sangiuliano l’aveva informata di tutto. Dichiarazioni che hanno ulteriormente alimentato la tensione, gettando ombre su possibili contatti tra il clan Berlusconi e l’entourage di Sangiuliano.
Il ruolo di Alfonso Signorini, in tutto questo, è diventato cruciale. Il direttore di Chi non ha solo agito da mediatore, bloccando la pubblicazione delle foto, ma avrebbe anche cercato di proteggere la reputazione del ministro e di Boccia. Signorini ha parlato apertamente di un “favore” fatto a Sangiuliano, aggiungendo che in cambio avrebbe ricevuto in passato il supporto del politico per una recensione sul suo libro. Questo intreccio di favori reciproci ha sollevato sospetti su possibili conflitti d’interesse e accordi sottobanco.
Tensione tra Berlusconi e Signorini
La collaborazione tra Berlusconi e Signorini, fino ad ora basata su stima reciproca e fiducia, è stata messa a dura prova da questa vicenda. Pier Silvio, già impegnato nel delicato processo di consolidamento del gruppo Mediaset, non avrebbe mai voluto trovarsi al centro di uno scandalo di questo tipo. La sua posizione è chiara: nessun coinvolgimento diretto o indiretto nella vicenda delle foto, nessuna pressione politica. Tuttavia, il danno di immagine rischia di essere significativo, e la gestione della crisi non ha aiutato a placare le tensioni interne.
Le voci che girano nei corridoi di Cologno Monzese parlano di un clima sempre più teso. Signorini, da parte sua, ha cercato di mantenere un profilo basso, minacciando azioni legali contro chi ha diffuso indiscrezioni sui suoi interventi legati alle foto. Ma il rapporto con Berlusconi sembra irrimediabilmente compromesso. “Non si può più tornare indietro,” avrebbe confidato una fonte vicina alla famiglia.
Il ruolo di Meloni e il possibile impatto politico
Seppur lontana dalle polemiche dirette, anche Giorgia Meloni non può ignorare gli effetti che questo scandalo potrebbe avere. Le accuse su un possibile tentativo di pressione politica attraverso le foto di Sangiuliano e Boccia potrebbero alimentare speculazioni sul suo rapporto con il gruppo Mediaset e su quanto Berlusconi sia disposto a difendere i propri interessi politici.
Il caso non si risolverà presto e le ombre sui legami tra potere mediatico e potere politico restano fitte. Resta da vedere quali saranno le prossime mosse di Pier Silvio Berlusconi e se Signorini riuscirà a rimanere saldo alla guida di Chi, nonostante le crescenti pressioni.
Politica
Artisti contro Trump: chi ha vietato l’uso delle proprie canzoni nella campagna elettorale del tycoon
Trump, in corsa per diventare il 47esimo presidente degli Stati Uniti, ha incontrato la resistenza di numerosi artisti che non vogliono vedere la loro musica associata alla sua candidatura. Nel frattempo, Kamala Harris ottiene l’appoggio di Taylor Swift.
Le elezioni per il 47° presidente degli Stati Uniti si avvicinano a grandi passi, con Donald Trump in corsa per il Partito Repubblicano e Kamala Harris come rappresentante dei Democratici. Entrambi i candidati stanno intensificando i loro sforzi per guadagnare consensi, facendo leva su dibattiti, social media e il sostegno delle celebrità. Taylor Swift, ad esempio, ha dichiarato apertamente il suo sostegno a Harris. Tuttavia, sul fronte musicale, Trump si è trovato spesso in contrasto con diversi artisti che hanno vietato l’uso delle loro canzoni durante la sua campagna elettorale.
La denuncia di Neil Young e altri artisti contrari
Oltre ai numerosi artisti già noti per essersi opposti all’uso della loro musica, tra cui The Rolling Stones, Rihanna, Adele, Queen ed Elton John, anche Neil Young ha intrapreso azioni legali contro Trump, chiedendogli 150 mila dollari di risarcimento. Young ha presentato una denuncia in cui si legge: «Questa denuncia non intende mancare di rispetto ai diritti e alle opinioni di cittadini americani, liberi di scegliere il loro candidato preferito. Tuttavia, il querelante in buona coscienza non può tollerare che la sua musica sia usata come tema per una campagna di ignoranza e odio, che mira a dividere e che non riflette i valori dell’America».
Jack White e la reazione a “Seven Nation Army”
Anche Jack White, leader dei White Stripes, ha espresso il suo disappunto, vietando a Trump di utilizzare le sue canzoni. Dopo aver visto un video postato sui social in cui Trump saliva su un aereo con in sottofondo Seven Nation Army, White ha reagito duramente sui social media, scrivendo: «Non pensateci nemmeno di usare la mia musica, fascisti. C’è in arrivo una denuncia dai miei avvocati per questo».
ABBA, Aerosmith e Rolling Stones in lotta con Trump
Il gruppo svedese ABBA ha diffidato Trump dopo l’uso non autorizzato delle loro hit Dancing Queen, Money, Money, Money e The Winner Takes It All durante un comizio. Anche gli Aerosmith sono da tempo in contrasto con Trump. Dal 2015, Steven Tyler ha ripetutamente chiesto di non utilizzare i loro brani a scopo politico, e in un post su X ha scritto: «La nostra musica è per le cause delle persone, non per le campagne politiche».
Infine, i Rolling Stones potrebbero portare Trump in tribunale per l’uso non autorizzato delle loro canzoni, nonostante i vari ammonimenti. La band inglese, come molti altri, non vuole essere associata alla propaganda del magnate.
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