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Politica

Santanchè, la ministra incollata alla poltrona: inchiesta Visibilia verso il processo per falso in bilancio

La “dama di ferro” del Turismo non molla: nonostante le richieste dei pm per un processo in piena regola, Santanchè resiste come se niente fosse. Oggi la giudice Magelli ha esaminato le accuse dei pm, che hanno dipinto un quadro inquietante: bilanci falsati e silenzi omertosi, tutto per tenere a galla l’impero Visibilia e i suoi cda. Ma chi si aspettava un passo indietro rimarrà deluso.

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    Doveva essere una giornata qualsiasi in aula, ma l’udienza sulla vicenda Visibilia ha riservato più di qualche sorpresa. I pm chiedono un processo per la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, e 17 indagati, tra cui anche volti noti della famiglia e del management, colpevoli, a quanto pare, di aver “sotterrato” i conti. Ma dimissioni? Neanche per sogno.

    Le accuse sono di quelle che farebbero sbiancare molti, ma non Daniela Santanchè. Mentre i pm di Milano – Maria Giuseppina Gravina e Luigi Luzi – illustrano al gup Anna Magelli una serie di presunte “omissioni di bilancio” e “manovre azzardate” che avrebbero ridotto in fin di vita Visibilia Editore e azzerato il suo valore azionario, la ministra sembra più che mai intenzionata a restare salda in sella. “Tutti sapevano e hanno taciuto”, affermano i pm, ma la sua poltrona? Intoccabile.

    I dettagli del caso
    Tra i volti indagati figurano, oltre a quello di Santanchè, suo compagno Dimitri Kunz, sua sorella Fiorella e la nipote Silvia Garnero. A far partire l’inchiesta, un esposto dei piccoli azionisti, esasperati da bilanci che sembrano aver seguito una logica più “creativa” che contabile. “Piani ottimistici”, li chiama la procura, con previsioni che non si sono mai avverate. Si arriva così a chiedere al giudice di processare 15 persone (più la ministra), mentre il Codacons, tentando la parte civile, si vede rifiutare la richiesta.

    La sconcertante tenacia della ministra
    Le parole “dimissioni” o “responsabilità” non paiono far parte del vocabolario della ministra, che, mentre il pubblico ministero parla di bilanci inaffidabili e previsioni fuori controllo, prosegue con le sue dichiarazioni sul turismo, come se nulla fosse. Visibilia potrebbe essere ridotta a un guscio vuoto, ma lei – inossidabile – tira dritta. Non è che qualcuno possa avere l’ardire di pensare che il turismo italiano stia per subire la stessa sorte?

    Conclusione? Ancora tutto da vedere
    Il giudice Magelli ha fissato l’ultima udienza per il 26 novembre, ma intanto il sipario mediatico è bello che calato su questa faccenda. E a prescindere dall’esito giudiziario, la figura della Santanchè appare ben più solida di quella della sua Visibilia.

      Politica

      Guerra è il più amato. Fedriga al top fra i governatori. Lo dice un sondaggio nazionale

      Un sondaggio ha evidenziato che le strade di sindaci e presidenti di Regione seguono tendenze divergenti. Mentre il calo di gradimento è fisiologico per un governatore su due, tre sindaci su quattro perdono consenso. Il ruolo dei presidenti di Regione è percepito come più incisivo, influenzato anche dal dibattito sull’autonomia differenziata che ha aumentato il loro protagonismo a livello nazionale.

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        Il Governance Poll 2024, condotto dall’Istituto demoscopico Noto Sondaggi per il Sole 24 Ore, ha svelato le classifiche di gradimento per sindaci e presidenti di Regione. In vetta alla classifica dei sindaci troviamo Michele Guerra di Parma con il 63%, seguito da Gaetano Manfredi di Napoli con il 62% e Michele De Pascale di Ravenna con il 61%, completando così un podio tutto di centrosinistra. Al quarto posto si piazzano Luigi Brugnaro (Venezia), Giuseppe Cassì (Ragusa), Claudio Scajola (Imperia) e Matilde Celentano (Latina).

        Per quanto riguarda i presidenti di Regione, Massimiliano Fedriga (Friuli Venezia Giulia) conquista la prima posizione con il 68%, superando Stefano Bonaccini (Emilia Romagna, 67%) e Luca Zaia (Veneto, 66%). Fedriga scalza così Bonaccini e Zaia, mantenendo invariato il trio di testa rispetto agli anni precedenti, ma con piazzamenti invertiti.

        Sindaci: cala la popolarità

        Un dato significativo del Governance Poll 2024 è il calo di popolarità della maggior parte dei sindaci. Solo uno su quattro ha visto un incremento di consenso rispetto al giorno delle elezioni. Clemente Mastella (Benevento) guida questo gruppo con un +6,3%, seguito da Jamil Sadegholva (Rimini, +6,2%) e Luigi Brugnaro (Venezia, +5,9%).

        Al contrario, tre sindaci su quattro hanno registrato una flessione nei consensi. Roberto Gualtieri (Roma) ha subito un calo del 15,2%, posizionandosi penultimo con il 45%, insieme a Roberto Lagalla (Palermo). Anche Giuseppe Falcomatà (Reggio Calabria) ha perso il 12,9%, piazzandosi al 77° posto con il 45,5%. Stefano Lo Russo (Torino) è sceso al 57° posto con il 51,5% (-7,7%), mentre Matteo Lepore (Bologna) ha registrato un calo del 7,4%, piazzandosi al 37° posto con il 54,5%. Marco Bucci (Genova) ha perso il 6,5%, scendendo al 67° posto con il 49%. Beppe Sala (Milano) è rimasto stabile al 57%, conquistando il 19° posto.

        Presidenti di Regione: Fedriga in vetta

        Tra i presidenti di Regione, Massimiliano Fedriga ha scalato la classifica con il 68%, seguito da Stefano Bonaccini (67%) e Luca Zaia (66%). Al quarto posto, con il 60%, si trovano Vincenzo De Luca (Campania) e Roberto Occhiuto (Calabria). Francesco Roberti (Molise) e Donatella Tesei (Umbria) condividono il sesto posto con il 57,5%, mentre Renato Schifani (Sicilia) è ottavo con il 57%. Attilio Fontana (Lombardia) è nono con il 55% (+0,3%). Francesco Rocca (Lazio) è in calo del 6,4%, posizionandosi undicesimo con il 47,5%.

        Stefano Bonaccini (+15,6%) e Renato Schifani (+14,9%) hanno registrato i maggiori incrementi di consenso rispetto al giorno delle elezioni.

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          Politica

          Niente sesso, ma un graffio sì: Le Iene confezionano lo scoop, ma che ci faceva Sangiuliano in déshabillé nella camera della Boccia?

          Un mix di selfie, accuse e vendette scandisce l’inchiesta più boccaccesca dell’anno. Mentre la verità si nasconde tra pettegolezzi e (finti?) scoop, ci si chiede se la storia sia vera o solo un episodio di un reality senza fine.

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            Niente sesso tra la Boccia e Sangiuliano? Ma come! Dopo mesi di voci boccaccesche, la verità su questa “non-storia” tra chat torride e selfie insanguinati. Eccoci qua, a guardare Le Iene che, nella puntata di ieri sera, hanno lanciato un altro affondo sul caso Boccia-Sangiuliano, promettendo “una serie di esclusive” con cui Alessandro Sortino ha portato a galla retroscena e segreti. La presunta relazione tra il ministro Gennaro Sangiuliano e l’imprenditrice Maria Rosaria Boccia sembrava ormai un feuilleton da tabloid: passioni segrete, litigi e addirittura ferite fisiche. Ma ieri sera, il plot twist: niente baci, niente amore clandestino, niente incontri proibiti. Solo rancori, selfie drammatici e un pizzico di vendetta.

            Negli “audio esclusivi in possesso della trasmissione di Italia 1” la Boccia nega con forza qualsiasi intimità con il ministro, descrivendo una situazione ben lontana da ogni sospetto amoroso. La donna, intervistata da Sortino e parlando con il sindaco di Scafati, Pasquale Aliberti, si dichiara un fiume in piena: “Non c’è stato neanche un bacio tra me e il ministro,” confessa. Poi, come a voler mettere la parola fine al pettegolezzo, aggiunge: “Domani escono delle foto che dicono sia uno scoop, no? Ma in nessuna di quelle foto ci baciamo o ci abbracciamo. Io ho dei fogli di lavoro in mano, lui va avanti e io dietro, come si fa sempre con i ministri.”

            Ma la Boccia non si limita a smentire la relazione: rivendica di non essere stata lei a parlarne per prima e di sentirsi, anzi, vittima di una violazione della privacy. Insomma, nessuna storia d’amore segreta, nessuna passione proibita: solo una serie di coincidenze mal interpretate e montate a dovere. Ma allora, perché questa “sputtanata” mediatica?

            La risposta è tanto semplice quanto esplosiva. Boccia confida al sindaco il motivo dietro questa “uscita” mediatica: “Mi sono sentita amareggiata quando lui mi ha tolto l’incarico e quindi ho deciso di sputtanarlo perché non avevo avuto quello che volevo.” Una dichiarazione schietta, quasi disarmante. Alessandro Sortino precisa che “l’audio ascoltato non è integrale, e non si può essere certi che Maria Rosaria stia riferendo quello che l’ha spinta davvero a comportarsi così o se invece stia riportando soltanto un’intenzione che altri le attribuiscono.”

            In ogni caso, la motivazione lascia il pubblico senza parole. Qui non si parla di amore, ma di orgoglio ferito e di un bisogno quasi spietato di rivalsa, una dinamica che di romantico non ha assolutamente nulla. Neppure il ruolo del sindaco di Scafati che si inserisce nella storia con una doppiezza che meriterebbe un premio Oscar. Da un lato ascolta con aria complice le confidenze di Maria Rosaria, dall’altro non si fa scrupolo di registrate tutto e passare i file audio e schermate di messaggini alle Iene, senza risparmiare dettagli. Un doppio gioco che aggiunge pepe alla vicenda, rendendola quasi un dramma da commedia dell’arte.

            Se c’è un dettaglio che tutti ricordano di questa vicenda, è il taglio sulla testa del ministro Sangiuliano. Ma ieri sera Le Iene aggiungono un tassello inedito: i selfie insanguinati, che il ministro si è scattato subito dopo l’incidente. Un’espressione drammatica, una mano insanguinata, e una cover del ministero ben visibile: come a voler suggellare un momento epico. Queste immagini, confluite in un esposto contro la Boccia per aggressione, diventano ora la “prova” di una notte a dir poco movimentata, ma anche un ulteriore enigma. Perché scattarsi selfie in un momento simile? Nel bagno della Boccia? Cosa voleva dimostrare il ministro? E, se come dice la Boccia “manco un bacio” che ci faceva il ministro in desabillé in camera sua.

            Tra gli ingredienti da thriller che Sortino introduce c’è anche una misteriosa telefonata anonima, che ha dato il via a tutto il caso mediatico. Alex Fiumara, il paparazzo autore delle foto, racconta di aver ricevuto una chiamata da una voce femminile con accento romano che gli annuncia uno scoop clamoroso: “Il ministro Sangiuliano ha l’amante, una donna che lavora nel ministero e che sta creando scompiglio.” La donna aggiunge, con toni quasi minacciosi, che è ora di “darla in pasto alla stampa” per “vedere se si ferma”. Una frase che lascia poco spazio a interpretazioni.

            Sortino si chiede: chi c’è dietro questa voce anonima? Qualcuno che voleva mettere la Boccia in riga? Qualcuno stanco di un’influenza troppo grande da parte della donna? La teoria del complotto ministeriale sembra farsi sempre più reale, ma senza prove definitive tutto resta nel campo delle ipotesi.

            Come se la storia non fosse già abbastanza intricata, Le Iene rivelano una chat mai vista prima in cui la Boccia chiede al ministro di poter controllare il suo cellulare “a distanza.” Non proprio una richiesta usuale, soprattutto per una “non amante.” Sangiuliano risponde secco e infastidito: “Nel mio telefono ci sono chat riservate, con ministri, presidenti di Regione e sindaci. Non sono cose che puoi leggere.” Una richiesta curiosa e inusuale, che apre ulteriori dubbi su quale fosse il vero rapporto tra i due.

            Un ultimo dettaglio, quasi da romanzo, è il mistero della “chiave d’oro.” Durante un’intervista a Piazzapulita, la Boccia nega con fermezza di averla mai posseduta, ma Sortino ne parla come di un elemento centrale, un simbolo che sembra legare la Boccia al potere, o a qualche ruolo che non ci è ancora del tutto chiaro. Chi ha questa chiave e cosa rappresenta davvero?

            Insomma, si lanciano pietre, ma non si danno risposte. E il dubbio viene. Davvero la storia di Maria Rosaria Boccia e Gennaro Sangiuliano è tutt’altro che un semplice scandalo amoroso? Tra selfie sanguinanti, telefonate anonime, chat inedite e una chiave misteriosa, Le Iene ci hanno portato dentro un intrigo fatto di vendette, segreti di Stato e orgogli feriti. La Boccia ha lanciato il suo guanto di sfida, mettendo in piedi una “sputtanata” senza mezzi termini, mentre Sangiuliano, ferito nel fisico e nell’onore, è il protagonista involontario di una saga che sembra ben lontana dal suo epilogo.

            Quello che resta è una storia fatta di ombre, di non-detti e di colpi di scena. Fatto sta che questa storia boccaccesca continua a tenere incollati gli spettatori, affamati di gossip più che mai. Insomma, una telenovela in tutto e per tutto, con tanto di colpo di scena settimanale. Ora resta da capire come risponderà la Boccia e se davvero avrà l’ultima parola, lo scopriremo solo alla prossima puntata.

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              Politica

              Report e Le Iene contro Giuli e Sangiuliano, ma i tanto strombazzati scoop si rivelano una “minestrina riscaldata”

              Alla vigilia, Report e Le Iene annunciano scoop esplosivi, ma finiscono per ripetere accuse già note. Tra omissioni, consulenti improbabili e l’ombra di Evola, il Ministero della Cultura si riduce a una commedia triste che non riesce più neppure a indignare.

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                Tanto tuonò che… non piovve. Chi attendeva il doppio appuntamento di Report e Le Iene con grandi aspettative e secchielli di popcorn, sperando in scoop imperdibili capaci di terremotare nuovamente la compagine di Governo, probabilmente è rimasto deluso. Certo, la trasmissione di Sigfrido Ranucci ha sparato ad alzo zero contro il neo-ministro Alessandro Giuli, accusandolo di vicinanza a posizioni neonaziste e movimenti esoterici. Ne ha passato ai raggi X la formazione in ambienti di estrema destra, per arrivare alle consulenze per la Lega e all’amicizia con Giorgia Meloni.

                Giuli non ne esce bene

                Il titolare del dicastero di via del Collegio Romano, dal canto suo, non ne è uscito certo bene, finendo per fare la figura del dilettante allo sbaraglio: prima alla direzione del Maxxi – dove ha confessato ai suoi dipendenti di “non sapere nemmeno da dove cominciare a dirigere un museo” – e poi addirittura al Ministero della Cultura, dove è partito con il piede sbagliato nominando capo gabinetto il fedelissimo Francesco Spano. Dimessosi poi dopo neppure quindici giorni – tra gli insulti irripetibili degli immancabili esponenti omofobi di Fratelli d’Italia – per aver confermato al marito avvocato incarichi di consulenza a molti zeri.

                Cose risapute

                “Giuli negli anni ha dichiarato di essersi profondamente allontanato dalla destra neonazista. Tuttavia – dice Sigfrido Ranucci – ogni tanto nei suoi scritti e discorsi emerge ancora l’eco dell’influenza di Julius Evola, filosofo del nazismo e figura cardine della Scuola di mistica fascista degli anni ’30. Da giovane il neo-ministro ha militato nella formazione neofascista romana Meridiano Zero. E più recentemente, nel 2017, ha realizzato il programma culturale della Lega di Salvini premier: ‘Questa è la cultura di Giuli?’ si chiede Ranucci.” Parole sante: in un Paese civile ce ne sarebbe abbastanza per mandarlo a casa, ma sono cose già sapute e risapute.

                La sua gestione del Maxxi

                Report passa poi alla sua gestione del Maxxi, inaugurata con una serata “culturale” a dir poco pecoreccia in compagnia di Vittorio Sgarbi e del cantante Morgan, criticata dagli stessi dipendenti del museo per la trivialità del linguaggio e la volgarità degli argomenti trattati. Segue il raffronto dei dati sulle mostre e sui visitatori del museo, che evidenzia un netto calo nel 2023 rispetto all’anno precedente. “Tutte le risorse perse con la diminuzione di biglietti e il crollo degli sponsor sono state ripianate con soldi pubblici”, chiosa Report, aprendo così il capitolo della “gestione allegra” dei fondi statali. Ma anche qui, novità?

                Il Marchese del Grillo

                Forse la parte più scandalosa è proprio quando, intercettato per strada, Giuli si rifiuta sdegnosamente di chiarire. “No, non devo smentire nessuno. Portatemi le carte, grazie” risponde in modo stizzito all’autore dell’inchiesta Giorgio Mottola, come se rendere conto al popolo fosse un di più e non la sintesi del suo lavoro. Una sorta di Marchese del Grillo rivisitato in chiave moderna.

                Taglia e cuci

                Alla fine, quello di Report si rivela un taglia e cuci di cose risapute e ampiamente anticipate, da cui emerge il ritratto di un ministro inadeguato e dal passato tutt’altro che cristallino. E di una gestione del Ministero della Cultura – prima con Sangiuliano e ora con Giuli – squallida e dilettantesca, tra favoritismi, saluti romani e intrecci da operetta.

                Osho consulente

                Non manca neppure il tocco surreale quando Ranucci racconta come Osho – nome d’arte di Federico Palmaroli, il vignettista satirico che la destra al governo sembra aver assurto a maître à penser – sia stato nominato “consulente culturale” per la grande mostra sull’arte futurista. Il quadro (e mai termine fu più consono all’argomento) dipinto da Ranucci & C. è quello di una specie di sagra della porchetta, dove basta essere “amico di…” per ottenere lo status di luminare, avere una nomina a consulente e accedere così ai fondi dello Stato.

                Le Iene, di male in peggio

                A completare il quadro ci pensano Le Iene, che montano uno scoop sulla chiave d’oro da 12mila euro donata dal comune di Pompei a Sangiuliano quando era ministro. E sparita nel nulla. Ma anche qui, niente di nuovo, anzi… tutto è già stato anticipato parola per parola nei giorni scorsi da giornali e agenzie: il gioiello potrebbe essere finito nelle mani di Maria Rosaria Boccia? Saperlo, visto che Gennaro Sangiuliano sbatte in faccia il telefono a chi fa domande scomode e la sua amante-consulente manda a sua volta a quel paese l’inviato di Italia Uno e si rifiuta di parlare.

                Il parente povero

                Alla fine, il servizio di Alessandro Sortino non riesce neanche a dare un accenno di risposta al mistero e fatica a proporre un qualsiasi spunto nuovo che vada oltre al già trito e ritrito dei giorni scorsi. Una minestrina riscaldata imbarazzante che rivela il peso reale di una trasmissione forse troppo sopravvalutata. Con il malcapitato Sortino, obbligato a metterci la faccia, che finisce per fare la figura del poveraccio che tenta d’imbucarsi alla festa (di Report) per raccoglierne almeno le briciole.

                Lo avevamo detto

                Il problema, a conti fatti, è proprio quello che noi di LaC avevamo già denunciato alla vigilia: troppe anticipazioni, trailer e indiscrezioni hanno reso la puntata di Report una specie di sonnolento déjà-vu, privo di qualsiasi spunto capace di far saltare i telespettatori sulla sedia. Certo, è un affronto vedere la cultura italiana – patrimonio inestimabile dell’umanità – maltrattata come il concorrente stonato di una puntata della Corrida di Corrado. Ma purtroppo è una storia triste e risaputa. Non certo un’esclusiva da prima pagina.

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