Politica
Scatti hard, ricatti e massoneria: il caso Cocci scuote Fratelli d’Italia a Prato e rischia di travolgere le Regionali toscane
La Procura di Prato indaga da cinque mesi. Cocci ammette la foto inviata in chat e conferma il ruolo di segretario della loggia Sagittario, la stessa finita nell’inchiesta che ha portato alle dimissioni dell’ex sindaca Bugetti. Il Pd attacca: «Perché ha taciuto sulla sua affiliazione?»

Una vicenda di ricatti, scatti hard e massoneria rischia di far saltare i piani del centrodestra toscano in vista delle Regionali di ottobre. Al centro c’è Tommaso Cocci, 34 anni, avvocato e fratello dell’attore Marco, capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio comunale a Prato fino al commissariamento di giugno. Doveva essere uno dei nomi forti della lista meloniana, ma ora la sua candidatura è appesa alle indagini della Procura.
Tutto inizia a gennaio, con un adescamento online. Una foto privata inviata in chat viene usata come arma di ricatto: «Se ti candidi ti distruggiamo la vita», recitano le lettere anonime arrivate nelle settimane successive. Oltre all’immagine, sono state fatte circolare accuse pesanti: droga, comportamenti sessuali e legami con la massoneria. A marzo la segnalazione arriva ai pm, guidati dal procuratore Luca Tescaroli, che aprono un fascicolo per revenge porn ed estorsione.
Cocci ha denunciato pubblicamente la trappola: «Un caso di revenge porn all’interno di un tentativo di estorsione». In un video sui social ha accusato gli autori di aver orchestrato «un’infamia che spinge le persone a gesti estremi». L’ombra del movente politico, interno allo stesso partito, resta sul tavolo: «Sospetto che ci sia la mano di un collega in competizione per le Regionali», avrebbe confidato agli inquirenti.
Ma il caso si intreccia con un’altra vicenda che ha travolto la politica pratese: l’inchiesta della Dda fiorentina che a giugno ha portato alle dimissioni della sindaca Pd Ilaria Bugetti, accusata di corruzione. In entrambe le storie compare la loggia Sagittario, storicamente legata a Riccardo Matteini Bresci, imprenditore tessile e grande elettore locale, indagato per aver promesso pacchetti di voti. Cocci ammette di essere stato segretario della loggia, salvo precisare di essersi «messo in sonno» proprio a giugno.

Il cortocircuito politico è evidente: FdI aveva usato per mesi l’arma della “questione massonica” contro il Pd, e ora si ritrova con il suo uomo di punta nella stessa rete di sospetti. Il Partito Democratico ha colto l’occasione per passare al contrattacco. «Perché Cocci non ha dichiarato subito la sua appartenenza alla loggia? – attacca il segretario provinciale Marco Biagioni – E se Fratelli d’Italia lo sapeva, perché ha coperto la notizia?».
Intanto, la decisione sul futuro politico di Cocci è rimandata ai prossimi giorni. Il responsabile organizzativo FdI Giovanni Donzelli e la deputata pratese Chiara La Porta valutano se confermare la sua candidatura o puntare su un altro nome. Sullo sfondo resta un’inchiesta giudiziaria che promette di gettare nuove ombre su un voto già avvelenato.
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Politica
Meloni torna social dopo il silenzio d’agosto: selfie con cappellino patriottico e occhiali neri, parte la campagna per le Regionali
Occhiali da sole, cappellino grigio con la scritta “Italia Original 1861” e un mezzo sorriso: Giorgia Meloni riaccende Facebook, Instagram e TikTok. Finite le ferie, comincia la maratona verso le Regionali di ottobre, dove il centrodestra rischia più di una scoppola.

Ferragosto con la figlia Ginevra, poi il silenzio. Nessuna foto di mare, nessuna passeggiata estiva, zero contenuti extra. Giorgia Meloni ha spento la macchina social per oltre due settimane, limitandosi alle uscite istituzionali. Ma adesso, con settembre alle porte e le Regionali in arrivo, la premier ha deciso che è tempo di riaccendere i motori della sua comunicazione digitale.

Il ritorno avviene con un selfie. Occhiali scuri a coprire lo sguardo, cappellino grigio con la scritta “Italia Original 1861”, lo stesso anno dell’Unità del Paese, e l’immancabile mezzo sorriso studiato a metà tra il familiare e il rassicurante. Non un discorso, non un proclama: una foto asciutta, senza fronzoli, il primo post “non istituzionale” dalla metà di agosto.
A Palazzo Chigi la chiamano “bestia in formato Meloni”, prendendo in prestito il termine che rese celebre la macchina social della Lega. In realtà, la premier ha costruito un suo modello: meno aggressivo di quello salviniano, ma capace di mescolare linguaggio diretto, immagini familiari e rimandi identitari. Un mix che, nelle ultime campagne elettorali, ha garantito risultati solidi.
Ora, però, la sfida è più delicata. Ottobre porta in dote una tornata di Regionali che rischiano di trasformarsi in un boomerang. Alcuni sondaggi interni segnalano il rischio di cadute pesanti in zone considerate roccaforti, e i malumori nella coalizione non mancano. Da qui la necessità di occupare ogni spazio mediatico: televisione, stampa e, soprattutto, i social.
Il messaggio del selfie è semplice: ci sono, riparto da qui. Con l’aggiunta del cappellino patriottico a ricordare le radici del partito e a strizzare l’occhio all’elettorato più fedele. Un simbolo da merchandising politico, buono per parlare tanto ai follower su Instagram quanto agli elettori di provincia che scrollano TikTok.
Le vacanze sono finite, la tregua digitale pure. Meloni sa che ogni voto passa anche da uno scatto studiato e che, in un’epoca in cui il consenso si misura a colpi di like, la vera campagna si combatte a colpi di stories e reel.
Politica
Dalla Grecia dei Pink Floyd alla Puglia dei trulli: le lunghe vacanze extralusso di Giorgia Meloni (con Giambruno a sorpresa)
La premier ha scelto un’estate a tappe: dieci giorni a Lindos, ospite in una villa di charme con vista sull’Egeo, poi la Valle d’Itria con figlia, sorella e l’ex Giambruno. Tra piscine segrete, trulli di lusso e notti al “Sanctuary”, le ferie blindate della leader finiscono inevitabilmente nel mirino del gossip.

Una fuga tra mare e gossip, con il Mediterraneo come sfondo. Giorgia Meloni ha scelto di spezzare l’estate tra Grecia e Puglia, alternando la riservatezza delle ville con vista sull’Egeo alla mondanità della Valle d’Itria. Prima tappa: Lindos, sull’isola di Rodi, luogo che negli anni Settanta conquistò David Gilmour dei Pink Floyd. Proprio lì, dove il chitarrista compose alcune delle sue pagine più note, la premier si è concessa dieci giorni di relax lontano dai riflettori italiani.
A rivelarlo, a vacanza conclusa, è stato Manos Nikolidakis, manager delle Lindos & Pefkos Hill Villas: «Abbiamo avuto l’onore e il piacere di accogliere il Primo Ministro italiano, in assoluta riservatezza», ha dichiarato con orgoglio. In effetti, la visita è filata liscia, con passeggiate discrete e un soggiorno blindato tra natura, mare e tramonti greci.
Ma le vacanze non si sono fermate lì. Dopo il passaggio a Washington per l’incontro con Trump e i leader europei, Meloni ha cambiato scenario: destinazione Locorotondo, cuore verde della Valle d’Itria. Qui, insieme alla figlia Ginevra e alla sorella Arianna, ha ritrovato anche Andrea Giambruno, l’ex compagno. Una presenza che ha subito acceso i riflettori del gossip: archiviata la separazione burrascosa, i due sembrano ora vivere un armistizio familiare in nome della figlia.
Il gruppo si è sistemato al Leonardo Trulli Resort, struttura esclusiva immersa tra ulivi e muretti a secco. Non un semplice hotel: 14 alloggi di charme, ville private, arredi raffinati e persino una piscina scavata in una vecchia cantina, già diventata virale sui social. Qui la premier si è concessa giorni di privacy, alternati a serate pubbliche. Come la cena al “Sanctuary” di Fasano, locale a metà tra ristorante e discoteca, dove la premier si è lasciata andare a chiacchiere e brindisi con musica techno di sottofondo.
E così, mentre la politica resta sospesa e il Paese si divide tra chi critica e chi applaude, l’estate di Giorgia Meloni si trasforma in un romanzo balneare: tra ville da sogno, trulli di lusso, ex fidanzati riciclati come compagni di vacanza e una Puglia che l’accoglie tra curiosità e malizia.
Politica
Se i 16enni potessero votare? Non cambierebbe niente (ma FdI, PD e M5S direbbero grazie)
In Gran Bretagna l’età per votare è stata abbassata a 16 anni. In Italia si parla da anni di una possibile riforma simile, ma secondo la sondaggista Alessandra Ghisleri non cambierebbe nulla: “A beneficiarne sarebbero i partiti che già hanno radicamento: Fratelli d’Italia, M5S, PD. Niente rivoluzioni, solo continuità”. Ma servirebbe una scuola più attrezzata per formarli davvero.

In Inghilterra si cambia musica: alle prossime elezioni, anche i sedicenni potranno votare. È un’apertura storica, annunciata dal neo-premier Starmer. E qui da noi? Si può sognare una mossa analoga? Tecnicamente sì, ma con una premessa chiara: “Bisognerebbe modificare l’articolo 48 della Costituzione”, dice Alessandra Ghisleri. “E prima ancora, sperimentare. Valutare. E riformare l’educazione civica, oggi praticamente inesistente”.
Numeri alla mano, in Italia si tratterebbe di circa 1,6 milioni di nuovi potenziali elettori, una fascia anagrafica che oggi vive immersa nei social, tra TikTok, YouTube e Instagram. Proprio lì dove — secondo Ghisleri — si gioca la vera battaglia del consenso: “I ragazzi si informano online. Ma sono anche esposti all’influenza di artisti, cantanti e creator. Capire chi ascoltano e perché diventa decisivo”.
Chi ci guadagnerebbe? Nessuna sorpresa: “Le forze politiche che già funzionano. FdI, M5S, PD, Lega, Avs e alcuni centristi. Non esisterebbe una frattura generazionale netta, semmai un rafforzamento dell’esistente”. Altro che voto di protesta o boom dei movimenti “green”: gli adolescenti finirebbero col premiare ciò che già conoscono — o che vedono più spesso in rete.
Ma i sedicenni sono pronti? Ghisleri è netta: “Lo sono per studiare, per lavorare, possono esserlo anche per votare. Ma bisogna aiutarli. Dargli gli strumenti per comprendere cosa significa esercitare un diritto democratico”. E poi, basta con la retorica dei giovani “manipolabili”: “Anche gli adulti lo sono. Cambiano solo i linguaggi”.
La vera sfida? “Prepararli, non usarli”. E dare un senso al loro ingresso nella politica, senza trasformarlo in marketing elettorale.
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