Storie vere
Gaya Spolverato: la chirurga dei record che cambia la Sanità italiana
Da Padova a New York e ritorno, la storia della più giovane primaria d’Italia. Competenza, determinazione e innovazione per sfidare tumori inoperabili e stereotipi di genere.

Gaya Spolverato, 40 anni, è la più giovane primaria d’Italia e un simbolo di innovazione nel mondo della chirurgia oncologica. Guida la Chirurgia Generale 3 dell’Ospedale di Padova, dove affronta casi limite e tumori considerati inoperabili, restituendo speranza a pazienti che arrivano da tutta Italia. Con oltre 3000 interventi chirurgici eseguiti, più di 250 articoli scientifici pubblicati e una lunga esperienza internazionale, Spolverato è una pioniera che sta riscrivendo le regole della chirurgia italiana. Nata ad Albignasego, un paese in provincia di Padova, è madre di due figli e combina alla perfezione una brillante carriera con una vita familiare intensa. È anche una convinta sostenitrice dell’uguaglianza di genere, fondatrice di Women in Surgery Italia, una rete a sostegno delle chirurghe italiane, e delegata dell’Università di Padova alle pari opportunità.
Dalla provincia veneta alle eccellenze internazionali
La dottoressa ha costruito una carriera straordinaria partendo dalla provincia padovana. Dopo gli studi iniziali in Italia, si è formata nei centri medici più prestigiosi del mondo. Ha studiato e lavorato presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York e la Johns Hopkins di Baltimora, dove ha affinato le sue competenze in chirurgia oncologica complessa. Rientrata in Italia, ha portato con sé un bagaglio di esperienza internazionale, contribuendo alla crescita dell’ospedale di Padova. Qui, come professoressa associata di Chirurgia, ha avviato importanti progetti, tra cui la prima fellowship nazionale in chirurgia oncologica, e ha promosso un centro di formazione per la chirurgia robotica.
Una carriera tra sfide e innovazione
La chirurgia oncologica è il cuore della sua missione. Specializzata in interventi gastrointestinali complessi e tumori avanzati, affronta quotidianamente sfide ritenute impossibili. Tra i suoi interventi più difficili ci sono le exenteratio pelviche, operazioni che richiedono la rimozione di tutti gli organi pelvici, e la resezione multiviscerale per sarcomi retroperitoneali, una tecnica appresa e migliorata grazie alla collaborazione con l’Istituto Tumori di Milano.
Innovazione continua: un must per la dottoressa Spolverato
Gaya Spolverato è una delle principali promotrici della chirurgia robotica e dell’uso dell’intelligenza artificiale in sala operatoria, strumenti che stanno rivoluzionando il settore. Nel suo reparto gli interventi robotici sono aumentati del 200% nell’ultimo anno, e il centro di formazione di Padova è diventato un punto di riferimento nazionale.
Combattere gli stereotipi di genere e promuovere l’uguaglianza
In un ambiente tradizionalmente maschile come quello della chirurgia, Spolverato ha dovuto affrontare non solo le sfide professionali, ma anche gli ostacoli culturali. “La chirurgia è storicamente maschile – spiega – e le poche donne presenti sono spesso bloccate nella carriera. Per questo ho fondato Women in Surgery Italia, per creare reti di sostegno e favorire il cambiamento“. La sua esperienza come donna giovane e preparata l’ha portata a combattere pregiudizi, anche nel linguaggio. “Chiamatemi chirurga e primaria – insiste – perché ciò che non si nomina, non esiste“. E per il futuro?
Per il futuro, Gaya Spolverato ha le idee chiare, vuole dedicarsi anche allo sport
Vuole continuare a innovare in Italia e creare le condizioni per formare una nuova generazione di chirurghe e chirurghi di alto livello. “Voglio portare cambiamento a Padova, nella mia città – dichiara – e mi sono data dieci anni per riuscirci“. Nonostante le offerte di lavoro dall’estero, rimane legata al suo ruolo in Italia, dove sente di poter fare la differenza. “Il mio obiettivo principale è prendermi cura dei pazienti e affrontare senza paura le sfide. La paura in sala operatoria c’è sempre, ed è giusto che ci sia: avere coraggio significa imparare a convivere con la paura“. Tra sala operatoria, responsabilità amministrative e famiglia, Spolverato trova il tempo per lo sport, che definisce una fonte di energia. Appassionata di yoga e corsa, non rinuncia a prendersi cura di sé per affrontare al meglio le sfide quotidiane.
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Storie vere
La donna con la barba più giovane al mondo è Harnaam Kaur, Guinness World Records nel 2016.
Soffre della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), una patologia che può causare, tra le altre cose, una crescita eccessiva di peli (irsutismo).

La storia di Harnaam Kaur è una vera e propria rivoluzione. Questa donna britannica di 34 anni, affetta dalla sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), ha trasformato la sua caratteristica più evidente – la barba – in un simbolo di forza e autoaccettazione. Harnaam non è solo un’icona visiva, ma soprattutto una voce potente nel movimento body positivity. L’ovaio policistico è una espressione di una complessa alterazione funzionale del sistema riproduttivo. Una alterazione dovuta all’aumento degli ormoni maschili (androgeni), causa di segni e sintomi quali: irsutismo (eccesso di peluria su viso e corpo), e alopecia androgenetica (acne e calvizie di tipo maschile).
La bellezza della diversità
Fin dall’infanzia, Harnaam ha affrontato il bullismo e il giudizio sociale per il suo aspetto. Inizialmente, come molte persone che si sentono diverse, ha cercato di conformarsi, radendosi la barba per adeguarsi agli standard tradizionali di bellezza femminile. Tuttavia, questo non ha fatto altro che accrescere il suo disagio interiore. La svolta è arrivata quando ha deciso di abbracciare la sua unicità e smettere di lottare contro la sua natura. Ha trasformato quella che molti consideravano una debolezza in un punto di forza, trovando nella sua barba non un motivo di vergogna, ma una “corona” da indossare con fierezza.
Un’attivista per l’autoaccettazione
Oggi, Harnaam Kaur è una delle voci più influenti nel mondo della body positivity. Attraverso i social media e le sue apparizioni pubbliche, trasmette un messaggio chiaro. Ovvero che la bellezza non è un concetto rigido e predefinito, ma un’espressione autentica di sé. Il suo motto, “Non abbiamo bisogno di rientrare in schemi per essere belli”, è un invito a chiunque si senta inadeguato rispetto ai modelli imposti dalla società. La sua storia ha ispirato migliaia di persone a rivalutare il proprio valore personale, al di là delle etichette. Harnaam ha collaborato con importanti brand di moda impegnati a promuovere la diversità, sfidando gli stereotipi e dimostrando che la bellezza risiede nella fiducia in se stessi.
Per Harnaam Kaur un messaggio di coraggio e amore per sé
Molto più di una semplice detentrice di un record mondiale – riconosciuto ufficialmente dal Guinness World Records nel 2016 – l’esistenza e il coraggio di Harnaam Kaur dimostrano che la vera forza sta nell’accettarsi e nell’amarsi incondizionatamente. Un esempio che insegna quanto non si debba permettere agli altri di definire chi siamo o quanto valiamo. Nel suo percorso, Harnaam ha trasformato la sua esperienza personale in un movimento più ampio, aiutando chiunque si senta escluso o giudicato a trovare la forza di essere se stesso.
Storie vere
Non è mai troppo tardi: condannato per bancarotta, finisce in carcere a 94 anni
Un uomo di 94 anni entra nel carcere di Sollicciano, Firenze: la sua condanna per bancarotta fraudolenta è diventata definitiva. Una vicenda che interroga il rapporto tra giustizia, età e dignità.

Un ex imprenditore fiorentino è stato incarcerato all’età di 94 anni in seguito a una condanna per bancarotta fraudolenta. Il reato risale a oltre 15 anni fa, ma la giustizia ha seguito il suo corso fino alla definitiva esecuzione della pena. Le sue condizioni fisiche sono fragili, ma la legge non ha previsto alternative alla detenzione in carcere. Un caso che solleva interrogativi sulla gestione giudiziaria delle persone ultra-novantenni.
Il caso
I fatti risalgono a oltre quindici anni fa, quando l’azienda da lui amministrata andò incontro a un fallimento considerato doloso. All’epoca l’uomo aveva già 80 anni. La condanna iniziale – quattro anni e otto mesi – era stata emessa in primo grado e confermata in appello nel 2024. Nessun ulteriore ricorso è stato presentato, e la pena si è quindi trasformata in esecutiva.
Una detenzione che fa discutere
L’uomo si trova ora recluso in una cella del reparto clinico del carcere fiorentino. Le sue condizioni fisiche sono fragili: cammina con un bastone e necessita dell’aiuto di un altro detenuto per i piccoli spostamenti. La decisione di procedere comunque all’incarcerazione, nonostante l’età avanzata e la salute compromessa, ha già acceso un dibattito tra giuristi e opinione pubblica.
Giustizia o accanimento
Il caso pone interrogativi etici e giuridici. La legge italiana prevede possibilità alternative alla detenzione per le persone in gravi condizioni di salute o molto anziane, ma queste misure devono essere richieste e approvate attraverso procedimenti specifici. Non risulta che siano state presentate istanze per detenzione domiciliare o differimento pena, e dunque l’uomo è stato trasferito in carcere come qualsiasi altro condannato.
Un sistema da ripensare
Questa vicenda è diventata emblematica di un sistema che, pur nella sua rigidità normativa, rischia di perdere di vista il senso di umanità. È giusto che un uomo di quasi cento anni finisca in carcere per un reato finanziario commesso decenni prima? O è forse il momento di aprire una riflessione seria su come il sistema penale gestisce la fragilità, l’età e la dignità? Un fatto di cronaca che, oltre il caso singolo, certamente racconta molto del nostro rapporto collettivo con il concetto di giustizia.
Storie vere
Stregato dalla luna! Il bandito Albino Carioli dichiarato pazzo per evitare il carcere
Dai furti milionari alle crisi in prigione, la storia del “parigino” che scivolava tra Milano e Pigalle e fu dichiarato pazzo per evitare la condanna.

Nella Milano del dopoguerra, il nome di Albino Carioli circolava nei corridoi del Palazzo di Giustizia tanto quanto tra le strade della città. Arrestato cento volte e cento volte assolto, la sua figura era quella di un bandito astuto, difficile da incastrare, capace di scivolare tra processi e prigioni con la stessa abilità con cui svaligiava le gioiellerie. Lo chiamavano “il profumiere”, perché da giovane gestiva un negozio vicino a casa sua, in corso XXII Marzo, a Milano. Poi “il parigino”, per via della sua fuga a Place Pigalle, quando aveva deciso di allontanarsi dal suo ambiente milanese dopo un colpo da 45 milioni di lire in una oreficeria di via Savona.
Furti, rapine e poi la perizia svizzera: il ladro impazzisce con la luna
Lontano dall’Italia, per campare si dedicava a furti meno spettacolari: portafogli, valigie, oggetti di lusso rubati nei vicoli di Parigi. Ma quando la polizia francese lo acciuffò per un furtarello, si rese conto di aver messo le mani su un ricercato internazionale. Eppure il colpo più incredibile lo fece a livello giudiziario. Arrestato in Svizzera per una rapina, durante la detenzione iniziò ad avere crisi violentissime, con urla laceranti udite persino dalle case vicine. Il suo caso finì sotto l’analisi di due psichiatri, che dopo 18 mesi di osservazione firmarono un verdetto che lo rese una leggenda: “Il bandito che impazzisce quando cambia la luna”. Secondo i medici, soffriva di un disturbo psichico ciclico, simile alla licantropia, che lo rendeva non imputabile. Rimandato in Italia, si liberò di tutte le accuse, e tornò alla sua vita da fuggitivo.
Il declino di Albino il “parigino”
Nel 1956 fu ricercato per un furto clamoroso alla stazione Centrale: una valigetta contenente francobolli rari del Regno delle Due Sicilie, per un valore altissimo. Ma questa volta i giornali lo raccontarono con un tono diverso. Non più il ladro elegante e sfuggente, ma un uomo sulla via del declino. Il “profumiere”, che un tempo faceva tremare le gioiellerie, si era ridotto a rubare in treno, come un comune borseggiatore. Il destino di Albino Carioli rimane avvolto nel mistero: nessuno conosce la sua data di nascita, né quella della sua morte. Ma la sua leggenda, tra colpi spettacolari, fughe, assoluzioni e una follia lunare, continua.
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